domenica 19 agosto 2012

Guerra e Pace. Monti e l’art. di Massimo Riva su “la Repubblica”.


Guerra e Pace non è solo il titolo di un grande capolavoro di Tolstoj ma è anche e soprattutto la nostra attuale condizione di vita. Del resto Tolstoj disegnava un affresco di uno dei passaggi d’epoca della storia, e noi stiamo vivendo un altro passaggio d’epoca. A ben vedere tutti i passaggi d’epoca si svolgono tra la guerra e la pace. Ora anche noi siamo in bilico tra la pace e la guerra ma in un modo nuovo e oserei dire “postmoderno” nel senso che la pace e la guerra non sono, come nel passato, momenti distinti. Ora i due momenti si sovrappongono. Non siamo in guerra, se per guerra si intende qualcosa di analogo agli ultimi conflitti mondiali del secolo scorso, ma al tempo stesso siamo in guerra se solo si voglia far caso alle diverse spedizioni militari in corso, che sono reali operazioni di guerra, con tutte le tragedia di tutte le guerre, ma su scala per così dire “ridotta”. Ciò si traduce in uno stato di guerra strisciante che è e resta fuori dal nostro vissuto quotidiano dove ogni tanto si affaccia in occasione di qualche soldato ucciso, per poi saltare subito fuori. Purtroppo in un sistema di dittatura mediatica, ciò che è fuori dal sistema massmediatico non è reale, nel senso che non è percepito come tale dalle coscienze della gran parte dei cittadini del mondo. Ora dal nostro sistema politico e massmediatico, perfino la parola “guerra” era bandita. La guerra era un taboo, al punto di chiamare missioni di pace queste autentiche missioni di guerra.
Ora qualcosa sta cambiando a riguardo. La parola “guerra” comincia ad essere “sdoganata” . L’esempio più vistoso è dato da una delle sortite  mediatiche del senatore Monti, nonché presidente del consiglio. Egli, senza tema del ridicolo, ha detto che siamo in “guerra” con l’evasione fiscale. Travaglio da par suo, su”Il  Fatto Quotidiano”  di ieri  di ha ridicolizzato a dovere il nostro presidente del consiglio, come se in effetti non dipendesse anche da lui il dato di una normativa troppo accondiscendente con gli evasori, di modo ché in Italia, se non si è lavoratori dipendenti, è affare lucroso evadere il fisco, e il governo che taglia le pensioni, contro l’evasione si limita a una guerra appunto metaforica.  Ma quel che mi interessa è che abbia usato la parola “guerra” certamente in senso metaforico, ma il linguaggio è cosa importante.  Ma fuor di metafora, a me è piaciuto molto l’art. di Massimo Riva su “La Repubblica” di ieri sabato 18 Agosto a pag. 31  dal titolo  “La Versailles di Berlino”.   In realtà l’argomento sarebbe degno di una prima pagina, e del tutto degno di una campagna mediatica, che infine non ci sarà. Probabilmente posterò l’articolo successivamente. Il mio interesse per l’articolo nasce dal fatto che, in periodi come questi in cui tutti ci dobbiamo cimentare con i problemi dell’economia, sino a spingerci a tecnicismi per capire l’ormai famigerato spraed,   sfugge ai più, anche ai commentatori più avveduti e dotatati di onestà intellettuale, comunque schierati politicamente, il cuore politico e storico del problema del debito. Invece Massimo Riva, a mio parere abbia colto nel segno. Ha messo in sequenza come nessun altro che mi sia capitato di leggere in questi giorni, la situazione di oggi con la situazione europea legata agli ultimi due conflitti mondiali. La Versailles di cui parla anche nel titolo, è il luogo degli accordi di pace sul primo conflitto mondiale, in cui gli Usa e le nazioni vincitrici europee inflissero alla Germania, condizioni di pace durissime e praticamente insostenibili politicamente sul piano interno prima e internazionale poi. Loda Maynard Keynes per averlo previsto e denunciato conseguentemente, pur inascoltato. In realtà la letteratura che mete in connessione gli accordi Versailles del 1919 e la nascita del nazismo è abbondante e convincente, pure diffusa, ma pochi ne traggono le conseguenze necessarie. L’articolo di Riva dunque, ricostruisce la storia d’Europa e colloca nella pace susseguente alla seconda guerra mondiale che per certi versi vede la Germania quasi (si fa per dire) compensata dalle ingiustizie degli accordi di Versailles. In pratica, sempre gli Usa  con i paesi europei in funzione subordinata, hanno commesso una ingiustizia di segno opposto a quella di Versailles. Lì la Germania fu punita oltre misura, mentre paradossalmente, dopo la seconda, pur sconfitta, la medesima Germania è stata premiata oltre misura, sino a concederle di fatto il controllo del resto d’Europa, per conto sempre degli Usa. Il paradosso è che la Germania sconfitta in guerra risulta vincitrice in pace, grazie agli Usa, col risultato di creare oggi in Europa condizioni rapportabili a quelle tedesche dopo Versailles, mantenendo in piedi una “questione tedesca” sia pure in subordina agli Usa, che potrebbe essere foriera di una nuova guerra. Ecco ci siamo, qualcuno finalmente l’ha detto, e a me fa piacere che l’abbia detto una firma importante del giornalismo italiano, non un estremista visionario come il sottoscritto.