Guerra e Pace non è solo il titolo di un grande
capolavoro di Tolstoj
ma è anche e soprattutto la nostra attuale condizione di vita. Del resto
Tolstoj disegnava un affresco di uno dei passaggi d’epoca della storia, e noi
stiamo vivendo un altro passaggio d’epoca. A ben vedere tutti i passaggi d’epoca
si svolgono tra la guerra e la pace. Ora anche noi siamo in bilico tra la pace
e la guerra ma in un modo nuovo e oserei dire “postmoderno” nel senso che la
pace e la guerra non sono, come nel passato, momenti distinti. Ora i due
momenti si sovrappongono. Non siamo in guerra, se per guerra si intende
qualcosa di analogo agli ultimi conflitti mondiali del secolo scorso, ma al
tempo stesso siamo in guerra se solo si voglia far caso alle diverse spedizioni
militari in corso, che sono reali operazioni di guerra, con tutte le tragedia
di tutte le guerre, ma su scala per così dire “ridotta”. Ciò si traduce in uno
stato di guerra strisciante che è e resta fuori dal nostro vissuto quotidiano
dove ogni tanto si affaccia in occasione di qualche soldato ucciso, per poi saltare
subito fuori. Purtroppo in un sistema di dittatura mediatica, ciò che è fuori
dal sistema massmediatico non è reale, nel senso che non è percepito come tale
dalle coscienze della gran parte dei cittadini del mondo. Ora dal nostro
sistema politico e massmediatico, perfino la parola “guerra” era bandita. La guerra
era un taboo, al punto di chiamare missioni di pace queste autentiche missioni
di guerra.
Ora qualcosa sta
cambiando a riguardo. La parola “guerra” comincia ad essere “sdoganata” . L’esempio
più vistoso è dato da una delle sortite mediatiche del senatore Monti, nonché presidente
del consiglio. Egli, senza tema del ridicolo, ha detto che siamo in “guerra”
con l’evasione fiscale. Travaglio da par suo, su”Il Fatto Quotidiano” di ieri di ha ridicolizzato a dovere il nostro
presidente del consiglio, come se in effetti non dipendesse anche da lui il
dato di una normativa troppo accondiscendente con gli evasori, di modo ché in
Italia, se non si è lavoratori dipendenti, è affare lucroso evadere il fisco, e
il governo che taglia le pensioni, contro l’evasione si limita a una guerra appunto
metaforica. Ma quel che mi interessa è
che abbia usato la parola “guerra” certamente in senso metaforico, ma il
linguaggio è cosa importante. Ma fuor di
metafora, a me è piaciuto molto l’art. di Massimo Riva su “La Repubblica” di ieri sabato 18 Agosto a pag. 31 dal titolo “La Versailles di
Berlino”. In realtà l’argomento sarebbe degno di una
prima pagina, e del tutto degno di una campagna mediatica, che infine non ci
sarà. Probabilmente posterò l’articolo successivamente. Il mio interesse per l’articolo
nasce dal fatto che, in periodi come questi in cui tutti ci dobbiamo cimentare
con i problemi dell’economia, sino a spingerci a tecnicismi per capire l’ormai
famigerato spraed, sfugge ai più, anche ai commentatori più
avveduti e dotatati di onestà intellettuale, comunque schierati politicamente,
il cuore politico e storico del problema del debito. Invece Massimo Riva, a mio
parere abbia colto nel segno. Ha messo in sequenza come nessun altro che mi sia
capitato di leggere in questi giorni, la situazione di oggi con la situazione
europea legata agli ultimi due conflitti mondiali. La Versailles di cui parla
anche nel titolo, è il luogo degli accordi di pace sul primo conflitto
mondiale, in cui gli Usa e le nazioni vincitrici europee inflissero alla
Germania, condizioni di pace durissime e praticamente insostenibili
politicamente sul piano interno prima e internazionale poi. Loda Maynard Keynes
per averlo previsto e denunciato conseguentemente, pur inascoltato. In realtà
la letteratura che mete in connessione gli accordi Versailles del 1919 e la nascita
del nazismo è abbondante e convincente, pure diffusa, ma pochi ne traggono le
conseguenze necessarie. L’articolo di Riva dunque, ricostruisce la storia d’Europa
e colloca nella pace susseguente alla seconda guerra mondiale che per certi
versi vede la Germania quasi (si fa per dire) compensata dalle ingiustizie
degli accordi di Versailles. In pratica, sempre gli Usa con i paesi europei in funzione subordinata,
hanno commesso una ingiustizia di segno opposto a quella di Versailles. Lì la
Germania fu punita oltre misura, mentre paradossalmente, dopo la seconda, pur
sconfitta, la medesima Germania è stata premiata oltre misura, sino a
concederle di fatto il controllo del resto d’Europa, per conto sempre degli
Usa. Il paradosso è che la Germania sconfitta in guerra risulta vincitrice in
pace, grazie agli Usa, col risultato di creare oggi in Europa condizioni
rapportabili a quelle tedesche dopo Versailles, mantenendo in piedi una “questione
tedesca” sia pure in subordina agli Usa, che potrebbe essere foriera di una
nuova guerra. Ecco ci siamo, qualcuno
finalmente l’ha detto, e a me fa piacere che l’abbia detto una firma importante
del giornalismo italiano, non un estremista visionario come il sottoscritto.