Noi tutti,
credo, siamo vittime della rivoluzione postmoderna del linguaggio, una rivoluzione sostanzialmente heideggeriana,
da Heidegger, (1889-1976) filosofo tedesco molto amato a
sinistra, al punto da rimuovere, in sede di valutazione critica coerente e generalizzata, il fatto che
fosse nazista delle peggiore specie, perché pur avendo scritto moltissimo,
nessuna riflessione seria ebbe a fare sulle vicende dell’intellettualità
tedesca, completamente stravolta da Hitler, senza neppure un gesto di
solidarietà nei confronti del suo maestro Husserl, filosofo di pari spessore, estromesso
dall’università perché ebreo. Comunque
lo cito perché una delle sue caratteristiche consiste appunto nel aver
rielaborato un linguaggio tutto suo, per cui ogni volta doveva spiegare il
significato che conferiva ai termini che usava, in quanto si discostavano
dall’uso comune. Un po’ come ci succede oggi, quando siamo costretti a
rinominare concetti una volta assai noti ma con altro nome. Ma sin qui è ancora
poco, perché vi sono parole che invece sono state estromesse dal linguaggio
comune, e con essa i concetti che volevano esprimere. Il termine imperialismo
è tra questi, e così pure il concetto sottostante. Oggi non esiste nessun altra
parola che possa spiegare il concetto
e chi si volesse cimentarsi deve
ricorrere necessariamente a circonlocuzioni, perché è innegabile la sua
consistenza e la sua attualità, salvo a credere davvero che i conflitti in atto
in più parti del mondo, in aggiunta a quelli sempre più minacciosi che si
profilano all’orizzonte, siano una effettiva esigenza di “esportare la democrazia”.
La notizia di qualche giorno addietro, dominante
su tutti i massmedia è che Obama è stato rieletto presidente degli Stati Uniti.
In altri post di questo blog mi sono già intrattenuto sull’argomento Usa come
sistema di potere e di apparato politico, economico e militare, in grado di
sottomettere, con chiara tendenza a farlo, tutto il resto del mondo. Ecco tutto
ciò una volta lo si poteva dire con una sola parola, imperialismo appunto, che per la verità implicava
anche dei meccanismi economici, solo che ora è un termine demodé , ed il pronunciarlo suscita ripulsa o derisione. Ma oggi Obama è
stato rieletto e quasi tutta la sinistra italiana festeggia, perché la nostra è
una sinistra prevalentemente obamiana. Sia chiaro che se fossi un cittadino
americano avrei votato Obama anch’io, perché tra Obama e i repubblicani c’è
poco da scegliere, e dirò di più, se a noi italiani fosse concesso di votate
per le presidenziali americane sarei quasi contento, perché sotto il profilo
della democrazia reale sarebbe un passo avanti rispetto alla possibilità di
contribuire seriamente agli assetti di potere che ci riguardano direttamente;
invece siamo una colonia e possiamo votare solo quelli che i presidenti Usa
voglio che si voti. E’ così che mentre su RaiNews24 vedevo la diretta del discorso di
Obama che festeggiava sostanzialmente se stesso per la sua vittoria, ammiravo
la sua retorica e il suo eloquio davvero brillante, e mi veniva da paragonarlo
ai discorsi dei nostri Monti, Napolitano, per tacere della Fornero, capaci solo
di irritare e di dire bugie evidenti. Obama invece non dice bugie, o comunque
non basa la sua retorica sulle bugie come si usa fare da noi, tutt’al più tace
verità incombenti. Quel che a sinistra
in Italia non si vuol capire è che le bugie italiane sono funzionali alle
verità obamiane. Il caso più clamoroso e sintomatico è il caso Marchionne:
cognome italiano, che appare come l’amministratore delegato di una società
italiana, la Fiat appunto, che sta per Fabbrica
Italiana Automobili Torino. Peccato che di italiano la Fiat ha ben
poco. Sfido chiunque, dopo le note vicende sindacali e gli interventi pubblici
di Marchionne a scorgere una qualsivoglia tensione o attenzione per la vendita
di automobili del marchio Fiat nonostante questo dovrebbe essere il suo
mestiere principale. Invece il suo massimo sforzo sta nel destabilizzare i
rapporti sindacali in Italia, in modo conforme a quelli statunitensi. Notoriamente
Marchionne è impegnato anche nella Chrysler che invece va a gonfie vele, grazie
anche alle sovvenzioni di Obama. Peccato che tra tutti i commentatori che hanno
rilevato questa apparente contraddizione nessuno, almeno tra quelli che mi
successo di leggere, ha rilevato che è una contraddizione apparente, perché il
dato è voluto. Obama ha vinto non solo perché sa parlare, ma perché ha
effettivamente invertito un trend occupazionale in Usa che stava diventando
davvero insostenibile per gli alti tassi di disoccupazione, incentivando la
reindustrializzazione del Paese, dopo la ubriacatura delle delocalizzazioni,
tra cui quella dell’automobile, e in questo avere una concorrente in meno come
la Fiat, fa gioco. Inoltre Obama ed è tornato
ad cercare il consenso dei ceti medi, anche immigrati da ogni dove ma
soprattutto latinos, quei ceti medi
che le amministrazioni Bush avevano penalizzato pesantemente il cui consenso
non era ritenuto necessario per la stabilità del potere in grazie alle
folgoranti vittorie sul campo, che invece si sono tramutate in sconfitte. In
definitiva Obama ha vinto perché ha superato una terribile crisi finanziaria,
foraggiando le banche e scaricando la crisi sull’Europa, potendo lui avere
libertà di spesa, mentre noi dobbiamo rientrare obbligatoriamente dal debito,
per costituzione. Ma Obama, come fenomeno simbolico, come personaggio liberal , di colore, come esponete di quelle forze progressiste americane interessate
più allo sviluppo della nazione che alla conquista del mondo, deve il suo
successo non solo alle sue indubbie capacità politiche e culturali, alle sua
capacità di manipolazione massmediatica, ma anche e soprattutto alle sconfitte
sul campo rimediate da Bush e dalle forze economiche che lo appoggiavano. Ma
noi abbiamo contribuito pesantemente a quella politica di aggressione senza
riuscire a coglierne i significati più autentici, abbiamo versato il sangue di
diversi nostri giovani, e l’abbiamo sostenute economicamente, mentre da noi si
tagliano i posti letto negli ospedali e
si distrugge la scuola pubblica perfino nelle sue strutture edili. Comunque
giovi ricordare che tali politiche aggressive poi sono continuate con Obama, si
veda la Libia e la Siria, perché in politica estera le differenze tra i partiti
che si alternano negli Usa sono praticamente inesistenti. Obama si è limitato a
“scalare la marcia” mantenendo però la stessa direzione. Ma noi abbiamo finanziato, quota parte, per il
resto si vedano Grecia e Spagna ma non
solo, la ripresa americana e la vittoria
di Obama col taglio delle nostre pensioni, con una politica iperliberista buona
in Europa ma cattiva in Usa come in
Germania. Peccato che le cose sono interconnesse e funzionali le une alle altre
sulla base dei dati di cronaca, non di complicate analisi bocconiane. Così
Obama esalterebbe la democrazia perché conta su un sistema elettorale assai discutibile
per più versi, ma almeno consolidato, mentre da noi si modifica ogni volta il
sistema in funzione del vincitore designato, e in questi giorni la legge di
modifica di tale sistema pare un cantiere aperto. Come giustamente osservava
Santoro, nella sua fortunata trasmissione “Servizio Pubblico” in onda su “La 7”
giovedì 8 u.s. succede che in America il sistema elettorale è certo e
tutta l’incertezza si riversa sull’esito, per cui Santoro usava il termine “pedalare”
riferito alle fatiche elettorali di Obama, mente da noi di da per certo l’esito
elettorale, nel senso che nessuna delle forze ora in parlamento si sogna di
ridimensionare Grillo, e pertanto si accingono a truccare le carte nel gioco
elettorale per l’ennesima volta, onde vanificare le scelte dell’elettorato. Notizia commenta sulla stampa del 7 u.s. è che in parlamento si sta una modifica della
legge elettorale, che paradosso dei paradossi, in teoria sarebbe più
democratica perché sposta in alto la soglia per il premio di maggioranza, ma in
pratica lo sposta così in alto, da determinare, nella situazione data, la
impossibilità pratica di raggiungerlo. Con la legge ancora vigente, come dice
opportunamente Travaglio, su “Il fatto Quotidiano” dello
stesso giorno, il vincitore più probabile, sarebbe Grillo appunto, che già capeggia il primo partito Sicilia,
ma non raggiungerebbe il 42% previsto dalle novità introdotte dalla
vecchia maggioranza più Casini. Così l’unica soluzione obbligata sarebbe ancora
un Monti con una coalizione di tutti tranne Grillo, con la benedizione di “Re
Giorgio” come ormai viene chiamato Giorgio Napolitano. Su questa vicenda il giornale “La Repubblica” pubblica un articolo di Gianluigi
Pellegrino dal titolo significativo “Il porcellun
ingrassato”. Il senso è il medesimo di quello di Travaglio, con
l’aggravante che “La Repubblica” non è
sospettabile di pregiudizi contro Monti. Ma noi, la sinistra italiana, oggi festeggiamo stupidamente la vittoria di
Obama, pagando così, al suo successo oltre a un deficit ormai insostenibile
della nostra democrazia, anche un deficit culturale e intellettivo davvero
preoccupante.
sabato 10 novembre 2012
venerdì 19 ottobre 2012
A Leonardo di Cittadella, provincia di Padova.
Lo ha detto il
sottosegretario all'Interno Carlo De Stefano, riferendo alla Camera sul caso
del ragazzino di Cittadella e
dell'esecuzione nei suoi confronti del provvedimento di allontanamento dalla
famiglia materna disposto dal giudice dei minori, eseguito con sollevamento di
peso del nostro Leonardo. “Nella mattinata
dello scorso 10 ottobre il padre del bambino ha comunicato via mail all'Ufficio
minori della questura di Padova che la Corte d'appello di Venezia aveva appena
rigettato il ricorso con il quale la madre aveva chiesto la sospensiva del
provvedimento di allontanamento dall'ambiente familiare materno. Il responsabile
dell'Ufficio minori prendeva contatto con i servizi sociali del Comune per
valutare l'opportunità di eseguire immediatamente l'intervento, al fine di
evitare che la madre, qualora giunta a conoscenza della decisione del giudice,
potesse come già avvenuto in altre due circostanze, rendere impossibile
l'esecuzione del provvedimento. L'assistente sociale, dopo aver consultato il
padre del minore e lo psichiatra, ha ritenuto di procedere all'esecuzione,
individuando l'area antistante la scuola come la piu' idonea per l'intervento,
anche perché i precedenti tentativi fatti nella casa materna erano stati
vanificati dalla resistenza del bambino supportato dai parenti''. Alle 12.15
cosi', ''la polizia, insieme allo psicologo, allo psichiatra e al padre sono andati
nella scuola. Con la direttrice si e' deciso di farlo uscire dall'aula per
prepararlo all'allontanamento. Ma il bambino si e' rifiutato, quindi si e'
deciso di allontanare gli altri alunni dall'aula. Psichiatra e psicologo sono
entrati quindi nell'aula insieme ai poliziotti. Data la difficile situazione
per la resistenza del minore, e' stato chiesto l'intervento del padre affinché
prelevasse il figlio per condurlo all'auto dei servizi sociali che lo avrebbe
portato verso la comunita' di accoglienza. Il padre è riuscito con fatica a
portarlo fuori dall'aula, ma nel corridoio la reazione del minore e' diventata
ancora più energica, sfociando in manifestazioni a carattere violento anche nei
confronti del genitore e' degli operatori intervenuti''. ''Il bambino -
ha detto ancora De Stefano - appena uscito dall'edificio invocava con urla
l'intervento dei familiari della madre che giungevano muniti di telecamere. Due
poliziotti cercavano di fronteggiare i familiari mentre un terzo cercava di
aiutare il padre a portare il figlio in auto. Nonostante la resistenza sempre
più accesa dei familiari, i poliziotti riuscivano ad allontanarli consentendone
la partenza''. “Ai familiari che protestavano chiedendo l'esibizione del
provvedimento di diniego della sospensiva un ispettore capo ha replicato con
espressioni assolutamente non professionali che il grado di parentela con il
minore non giustificava la richiesta''. Come tutti sanno, questo avvenimento ha
avuto la ribalta grazie a delle immagini, girate con un telefonino dalla madre
del ragazzo, e mandate in onda dalla trasmissione della terza rete Rai “Chi l’ha visto?” dal cui sito ho tratto la
relazione del sottosegretario De Stefano che ho riportato integralmente. L’avvenimento ha avuto una grande eco sui
giornali, sulle tv, su fb. Ci sono state: le scuse del governo per il
comportamento poco professionale della polizia, diversamente dai fatidici fatti
del G8 di Genova di infausta memoria,le indagini della procura e quant’altro, l’
intervento di Schifani, presidente del Senato, oltre agli sciacallaggii vari
tentati o effettuati, come quello della Mussolini e quant’altro. Insomma chi più ne ha più ne metta.
Ora una prima
riflessione s’impone. La notizia di
riferimento delle immagini del “rapimento” di Leonardo, proposte da “Chi
l’ha visto?” è la medesima della
relazione che ho riportato, copiata tra
l’altro, proprio dal sito della stessa trasmissione. Ora vorrei chiedere
idealmente a quella larga platea di orientamento democratico che si è indignata
per la “violenza” subita da Leonardo, se
il loro coinvolgimento avrebbe avuto la stessa intensità emotiva che se
avessero appreso la notizia del medesimo
avvenimento con le parole del sottosegretario De Stefano invece che dalle
immagini. In tutta onestà credo di no e
suppongo che, su questo in costanza di onestà intellettuale, tutti ne
possono convenire. Dal mio punto di vista questa vicenda, è l’illustrazione
pratica del post che precede in questo blog, è la dimostrazione di come le
immagini ottengano un effetto gravemente distorcente la realtà dei fatti.
Infatti la maggior parte dei commenti andavano nel segno di una
indignazione nei confronti di chi ha eseguito questo intervento, ci sono
stati articoli di stampa, e mi riferisco principalmente al “La Repubblica” e a “Il Fatto Quotidiano”. Il dato per me preoccupante è che una larga
fetta di opinione democratica, si è lasciata grandemente manipolare da una
montatura perfino banale. Il fine politico della manovra è, come dicevo in
diverse discussioni sulle bacheche di amici di fb, è quello di svilire il
lavoro dei Tribunali per i Minorenni, che invece sono cosa assai meritoria, e
in generale assolvono al loro compito che è quello di tutelare i minori. C’ è
stata una coincidenza di interessi, tra gli ambienti politici interessati a
questa campagna, e i particolari interessi della madre di Leonardo. Sullo
sfondo, a fare da humus pronto alla bisogna, c’è stata una opinione
democratica, di cui, in questa occasione, si è fatto portavoce “Il Fatto Quotidiano” che ha contribuito a stravolgere i fatti.
Innanzi tutto va ribadito che Leonardo è stato prelevato da scuola dal padre
aiutato dalla polizia, che doveva contrastare l’intervento della madre e della
sua famiglia. Che sia chiaro, che per quel che se può sapere, bisogna
concludere che nessuna violenza è stata fatta sul ragazzo. Il distacco dalla
madre, se si vuol essere obiettivi, è equivalente dal distacco dal padre.
Purtroppo si è diffusa nella nostra società, anche per un malinteso senso di
femminismo, secondo il quale la madre e le donne in genere sono superiori agli
uomini, soprattutto per ciò che riguarda la prole. Solo che questo è una sorta
di maschilismo rovesciato. Nella realtà vi sono ottime madri e ottimi padri,
come vi sono pessime madri e pessimi padri. Nel caso specifico, oltre la
sentenza su cui tornerò più avanti, sulla base degli avvenimenti pacificamente
accertati, dirò che una buona madre non induce il figlio a dire bugie gravi su
presunti abusi subiti dal padre, e conseguentemente non impedisce al figlio di
vedere il padre. Inoltre una buona madre nell’interesse del figlio, non attira
l’attenzione dei massmedia, i quali in Italia, da qualche tempo sono utilizzati
come ennesimo grado di giudizio. I perdenti nelle sedi giudiziarie, usano le Tv
come strumento per ribaltare a loro favore nei fatti, sentenze sfavorevoli. Il
terreno è fertile, perché la televisione è logicamente interdetta agli
operatori del settore che per nessun motivo, fatto ovvio e del tutto
comprensibile, possono andare in televisione a rivelare gli esiti della loro
attività professionale. Gli esempi sono tanti e da queste vicende i minori non
vengono minimamente tutelati. Posso citare i casi più clamorosi come quello
della signora Franzoni, nella tragedia di Cogne, in cui fu ucciso il piccolo
Samuele, o come quello dell’ asilo “Olga Rovere” di Rignano Flaminio, in cui un ministro della
Pubblica Istruzione, di un governo di
centrosinistra, sospese d’autorità delle maestre, accusate di abusi orribili
sui bambini loro affidati, nonostante tutti gli organismi interni alla scuola
non ebbero a muovere rilievi di sorta sul loro comportamento. Già le indagini
dei carabinieri nell’immediatezza dei fatti avevano trovato prove del contrario
e che cioè le maestre in questione non avevano commesso abusi. Lì si scatenò il
problema dell’ascolto dei bambini, ma anche su questo dirò più avanti. Per
tornare al nostro Leonardo e a “Il Fatto
Quotidiano” vale invece il dato per cui la magistratura ha
sentenziato a tutela dell’integrità psichica. Comunque è successo che dopo i primi giorni, non potendosi
gonfiare ulteriormente l’argomento della violenza sul ragazzo, si è attaccato
la sentenza che ha legittimato l’intervento del padre. Esattamente come avevo
previsto a caldo sulle bacheche di almeno due amici di fb. A pag. 10 del giornale già citato,del 17 u.s.
c’è un articolo di Sandra Amurri, che ha seguito la vicenda sin dall’inizio. Il
titolo è “Leonardo
e la malattia che non c’è” .
La sostanza è un
attacco assai pronunciato sulla perizia di Rubens De Nicola che è stato il
perito del magistratura sulla quale poi si sarebbe basata la sentenza. Il dato
del contendere è il Pas ossia Parental
Alienation Syndrome che secondo alcuni è una malattia vera e
secondo altri no. La malattia consisterebbe in alterazioni della psiche dei
ragazzini, procurati dalle manipolazioni pronunciate e costanti di un genitore.
In materia per convenzione internazionale fa testo il “Diagnostic
and Statistical Manual of Mental Disorders ” brevemente chiamato DSM
con il numero di aggiornamento. Sembrerebbe che il DSM non elenchi il Pas tra
le malattie mentali riconosciute, e pertanto, sempre secondo l’articolo in
discussione, salta il fondamento della sentenza. Detto francamente questi
articoli mi fanno incazzare, perché sono argomenti del tutto improponibili in
un contesto serio. A riguardo devo fare due tipi di riflessione. Il primo è che
le perizie sono semplicemente il nastro che infiocchetta la sentenza, ossia,
posto che i giudici siano arrivati per altre vie, a determinate conclusioni
includono le perizie confacenti nelle motivazioni delle sentenze. Sia chiaro
che le perizie non sono vincolanti per i giudici. Se posso fare autobiografia
dirò che negli anni ’80 il T.M di Bari, dovendo giudicare ragazzini che avevano
sicuramente commesso dei reati, mi convocava nelle udienze per farmi
relazionare sui ragazzi medesimi, se a me affidati, spesso privi di avvocati di
fiducia e con semplici difensori d’ufficio,
per sentirsi dire cose funzionali
alla formula del cd “perdono giudiziale”
per escludere la reclusione in carcere dei minori in questione, sulla
base della semplice e veritiera considerazione, che il carcere era una grande
fucina di criminalità, per cui mettere in carcere un ragazzino significava
condannarlo a vivere nelle file della grande criminalità. Ora va detto che la
decisione del presidente del tempo di non comminare il carcere ai ragazzini era
una sua decisione, e le mie relazioni erano solo un contorno, non ero certo io
a determinare le sentenze. Ora sul
problema delle perizie psichiatriche, in generale, suggerisco la illuminante
lettura de “
Gli anormali” di Michel Foucault e in particolare della “Lezione
dell’8 gennaio 1975 al
College de France” , Feltrinelli 2000. Per tornare all’art.
della Amurri va detto che la questione di fondo che si è posta davanti ai
giudici che hanno emesso la contestata sentenza non è se il DSM IV o V comprenda
o non comprenda, o escluda il Pas tra le
malattie mentali, ma se la madre di Leonardo abbia manipolato pesantemente il
figlio o meno. Evidentemente hanno concluso che la grave manipolazione ci
fosse, e hanno sentenziato di conseguenza. Usare il DSM come una bibbia è un
po’ come riproporre il metodo con cui la chiesa condannò Galileo. L’esistenza
delle malattie va riscontrata nella realtà sociale, nella pratica
psicoterapeutica, non nel DSM che certamente è uno strumento assolutamente
necessario per gli psicoterapeuti, ma ripeto, non può essere la base di una
sentenza civile in materia di minori. Del
resto la vicenda mediatica, così come l’abbiamo conosciuta lascia pochi dubbi
sulle tendenze manipolatorie della madre di Leonardo; è giunta al punto da dare
al solito “Il Fatto Quotidiano” il testo di una lettera indirizza al marito,
dopo di che risulta difficile dubitare della tendenze manipolatorie della madre
del ragazzino. Dirò di più: per comprendere sino a che punto è giunto il danno inferto al minore dalle manipolazioni materne,
bisogna considerare la resistenza opposta da Leonardo al padre, agli operatori
sociali e di polizia intervenuti. Chiunque abbia esperienza di questo tipo di
intervento sa che i ragazzi di dieci anni, “normali” non trovano in sé la forza
di resistere alle pressioni simultanee di un genitore di operatori sociali e
della polizia, punto da costringere ad
evacuare l’aula per poterlo contenere. Io
solidarizzo col padre, perché delle due l’una: o le resistenze del figlio sono
giustificate dal suo comportamento, il che pare possa escludersi per le stesse
ammissioni indirette della madre, o sono
il frutto di manovre manipolatorie dell’intero nucleo familiare materno, esattamente
come dice la sentenza. Quindi la via del disinteresse per le sorti del figlio
era spianata, e posto che non ci siano risvolti economici, era la via maestra per
uscire da questa situazione, comprensiva
di fiaccolate di mamme della scuola. Ha deciso invece di farsi carico coerentemente dei problemi del figlio e di
ciò sarebbe opportuno dargliene atto. Anche il suo rapporto con i media è
risultato più corretto, tant’è che a differenza della madre, che ha rilasciato
interviste a destra e a manca, è comparso una sola volta in tv col volto
oscurato.
In questi
casi comunque c’è un altro argomento che
spesso viene usato, ed è stato pesantemente usato anche in questa
circostanza, è il cd “ascolto” del
minore per fargli scegliere il genitore cui essere affidato. Tra le punizioni
più severe che si possano infliggere ad un ragazzino , al di sotto della soglia
dell’adolescenza, è proprio quella dell’ascolto. Per un ragazzino i motivi
della separazione dei genitori restano incomprensibili perché il suo bisogno
consiste nel fatto che i genitori
restino insieme. Generalmente tendono anche ad assumere su di loro , la “colpa”
delle loro liti. Ascoltarlo per un giudice significa convocare il ragazzino sia
pure opportunamente accompagnato, in determinato giorno, ad un determinata ora,
per chiedergli di decidere se andare con l’uno o con l’altro. Ciò equivale a
chiedere al ragazzino che in quel contesto vede gonfiarsi il suo senso di
colpa, per quanto infondato, di ripudiare davanti a persone sconosciute, uno
dei due genitori. E’ un po’ come rivoltare una lama rovente in una ferita
aperta, è una afflizione che è bene non comminare a un ragazzino. E’ come se
gli adulti affidassero a un piccolo la soluzione di un problema che loro non sono
in grado di concordare. Quindi i
genitori che consentono questo compiono un atto di grave irresponsabilità.
Ascoltare un bambino, o un ragazzino, comunque sotto la soglia
dell’adolescenza, significa tutt’altro, significa cogliere attentamente tutte
le sue manifestazioni, in parole e in comportamenti, liberamente espressi nel suo ambiente
naturale, è una operazione che non si può racchiudere in un momento preciso. Insomma
non si possono convocare i ragazzini in tribunale per porgli questo tipo di
interrogativo. La scuola di pensiero
che invece teorizza “l’ascolto” in tribunale, è una
scuola di pensiero postmoderna, che tende a rimuovere la psicanalisi, la
psicologia dell’età evolutiva, perché nega l’evoluzione stessa della vita
dell’uomo, nega il dato di fatto che ogni età ha specifiche componenti
psichiche di cui bisogna tener conto. Insomma il bambino sarebbe uguale all’adulto ma non è così. Chiunque
abbia a che fare con la sofferenza delle persone sa che non è così. Del resto è
il portato della civiltà dell’immagine, per cui l’importante è apparire, e se
si è diversi da come si appare poco importa. Da piccolo, per concedermi un
attimo di nostalgia vista l’età, avevo rigorosamente i pantaloncini corti anche
d’inverno, e dal freddo mi riparavano calzettoni di lana sotto il ginocchio,
perché i pantaloni lunghi erano cose da grandi, e indossarli, alla prima
comunione, dava il segno di una grande conquista. Ora non è più così ma è certo
che in questa nostra società l’attenzione per le nuove generazioni si riduce
progressivamente. Non è possibile occuparsi di loro solo se vengono in
televisione. Le trasmissioni che un po’ su tutti i canali, infestano i pomeriggi imperniate alla cd. Tv del “dolore”, come
ormai viene definita questa tv spazzatura riecheggia spesso questa teoria. Certo pare assai democratica e fascinosamente
progressiva, ma è disastrosa per i ragazzini. Le madri di
Rignano Flaminio, ad esempio,
quelle coinvolte nel famoso caso, hanno sostenuto addirittura la
necessità di modificare la legge nel senso che la parola del minore deve avere
valore di verità senza nessun tipo di verifica. Ora escludo che si arrivi a
tento, ma ciò accadesse sarebbe un ulteriore passo verso una barbarie senza
uguali.
giovedì 11 ottobre 2012
Libertà di stampa e il caso Sallusti.
Altro punto
forte di quel che è mera propaganda del sistema valoriale dell’Occidente è la cd. Libera
Stampa, in aggiunta alle libere elezioni di cui ho già detto. In realtà per libera stampa, come base di un
sistema politico si dovrebbe intendere l’esistenza della possibilità di un giornale,
o di un gruppo editoriale, di poter pubblicare notizie, ovviamente autentiche,
senza condizionamenti. Questo dibattito esiste da decenni, e un tempo, sarebbe stato possibile sostenere la tesi, valutata come plausibile anche da chi la
contraddiceva, per cui la semplice necessità di raccogliere pubblicità per
consentire la sopravvivenza di una testata, era una sorta di condizionamento
che in qualche modo limitava la libertà di stampa. Oggi non credo esistano aree
politiche che condividano questo argomento. Intanto il quadro si è stravolto nel frattempo, per il proliferare
di mezzi di comunicazione di massa che rendono obsoleto l’argomento. Peccato
che lo sviluppo tecnologico, applicato al sistema delle comunicazioni, non ha
portato se non solo in misura residuale, alla possibilità di uno sviluppo pluralistico
delle fonti di informazione, o almeno di quelle destinate alla massima
divulgazione. Prevalentemente invece, ha
determinato un grandioso processo di omologazione, un restringimento poderoso
delle fonti di notizia a dispetto della moltiplicazione degli strumenti e delle testate giornalistiche e televisive.
In definitiva sono voci corali in grado, come
ripeto e continuerò a ripetere, di incidere profondamente perfino
sull’apparato psichico dell’individuo, e ciò grazie alla sostituzione della parola
con l’immagine come del veicolo prevalente della comunicazione. Julian
Assange, che in Italia ha avuto meno solidarietà di quanta non ne
abbia avuta Sallusti e la vicenda di WikiLeaks è una vicenda conclusiva, a mio
parere, sullo stato delle cose circa la libertà di stampa nel sistema
occidentale; il guaio è quasi nessuno ci
fa più caso. In Italia invece, anche grazie alle consistenti concentrazioni
proprietarie dei gruppi editoriali di ogni genere, la riduzione della
possibilità di fare libera informazione è ancora più grave che nel resto del mondo
relativo alla cd Occidente progredito. Fa senso constatare quando sia grave il
senso di ottundimento delle intelligenze causato dall’apparato massmediatico.
Il semplice annuncio di una notizia, poco importa quanto credibile in sé, o
quanto sia in stridente incompatibilità
con fatti già noti, o quale sia il livello della sua fondatezza, o
l’autorevolezza della fonte, ottiene sempre gli effetti voluti. Particolare
impressione mi fa la capacità manipolatoria delle notizie che mi piace
classificare come attinenti allo scontro di civiltà. Si fa leva al senso di
appartenenza, che è tanto più forte e manipolabile quanto più grave è la crisi
economica. Qualsiasi notizia venga
dalla parte del mondo che si scontra con l’Occidente ottiene l’effetto voluto,
ossia di rafforzare la convinzione della superiorità valoriale del “nostro”
occidente. E poco importa se da noi, qui, sotto i nostri occhi, o nel nostro
mondo, succede manifestamente di più e di peggio, come se da noi non si
uccidessero le donne, non si esercitasse la tortura, non lasciassimo morire per
mare persone di ogni età provenienti dallo stesso mondo al quale pretendiamo di
insegnare la democrazia a suon di bombe.
In Italia le vicende della Rai e delle sue capacità censorie a
partire da Santoro, e poi a risalire
indietro nel tempo a tutta una serie di personaggi oscurati perché provvisti di
pervicace indipendenza di giudizio,
dicono appunto di una mancanza sostanziale della libertà di espressione, che è
un diritto non graduabile, conquistato certamente nell’ambito della civiltà
occidentale, ma dell’Occidente illuminista, cosa diversa e o addirittura
opposta all’ Occidente liberista. La concentrazione proprietaria contraddice la
pluralità delle testate o dei canali televisivi, e la concorrenza, come è noto
ha smesso di essere motore di progresso economico da circa un secolo in modo
irreversibile. La concorrenza esiste ancora e produce effetti, ma in modo del
tutto diverso da quelli tradizionali , e certamente nei massmedia il fenomeno
dell’omologazione trascende assolutamente gli effetti della concorrenza che,
almeno nel settore, sono nulli. Ne
consegue che il sistema massmediatico si è trasformato lentamente nel tempo in
un potente apparato manipolatorio organizzato in sistema di controllo e al
tempo stesso di propaganda di regime, e questo non in virtù della precedente instaurazione di un regime di del
tipo conosciuto nel ‘900, ma della capacità acquisita nel frattempo, di essere
esso stesso uno degli strumenti fondamentali nell’ instaurazione di un regime
postmoderno, all’interno del quale viviamo senza che siano evidenti ai più, gli
aspetti propri che contraddistinguono un
regime. Certo si tratta di un regime per certi aspetti sicuramente più soft rispetto a quelli tradizionali , meno cruenti se volgiamo, ma sempre che ci si
intenda, perché di sangue ne è scorso molto in questo regime scandito da stragi, delitti eccellenti, o di omicidi
di persone inermi usate come veicolo di terrore, che noi assimiliamo e al tempo
stesso rimuoviamo, come nel caso di Melissa Bassi. Per altri versi invece, cioè rispetto alla
capacità di creare consenso pur in presenza di politiche ferocemente
antipopolari, evidentemente incongruenti rispetto agli scopi dichiarati, alla
capacità di distruggere cultura, dignità umana, forze di produzione, questo
regime postmoderno è sicuramente più efficace e incisivo di quelli del passato, e mi riferisco precisamente
al regime fascista. Ho già detto delle questioni connesse all’istituto del
voto, ma spero ci induca a riflessione ulteriore la constatazione che ora siamo
in grado di eleggere “liberamente” i nostri grassatori. Certo una riduzione dei salari della portata
vista in Italia negli ultimi decenni è
senza precedenti perfino nel regime fascista. La libertà di esercitare diritti
in fabbrica, è grosso modo allo stesso livello. Tuttavia questo tipo di regime
è in grado di raggiungere obiettivi non
raggiungibili con l’olio di ricino, a
partire dall’annichilimento di qualsiasi opposizione di sistema. Lo rilevava Marcuse negli anni 60. Per il
resto non si vieta troppo ma si manipolano le possibilità di fruizione delle
libertà sino neutralizzarle, vista la nostra capacità di eleggere “liberamente”
i nostri grassatori. Basti pensare, ad esempio, che in Grecia la
Germania (in conto Usa) ha ottenuto gli
effetti che Hitler e Mussolini non riuscirono a ottenere con l’aggressione
militare, e neppure con la dittatura dei “Colonnelli”. Ma basta riflettere un
attimo per cogliere la portata del potere manipolatorio del sistema
massmediatico. Chi Renzi ? E’ il sindaco
di Firenze accreditato della possibilità di superare Bersani solo da effetti mas
mediatici. Non so come finirà ma di certo che al di fuori di questo sistema le
possibilità di Renzi di battere Bersani e Vendola sarebbero pari a zero. Consapevole
di ciò Rernzi rivendica apertamente la possibilità di far votare alle primarie
elettori di centrodestra, a conferma di una sostanziale omogeneità dei partiti
politici esistenti oggi in parlamento. In questo contesto la vicenda di
Alessandro Sallusti mi fa incazzare.
Tutta la stampa democratica e giornalisti come Travaglio con cui concordo quasi
sempre, hanno preso l’abbaglio garantista. Un garantismo del tutto fuori luogo,
perché basato su presupposti del tutto
inesistenti, quasi fossimo nell’’800 in cui la libertà di stampa coincideva con
la libertà senza aggettivi. Certo anche oggi abbiamo spazi importati di libertà
di stampa e di libertà tout-cout
ancora da salvaguardare, ma le minacce
vengono proprio da persone come Sallusti e dagli organi di stampa da cui dipende. Egli è il prodotto più classico e
riconoscibile di questo nuovo status, di questo nuovo ruolo e nuova funzione
cui gli attuali rapporti di potere così come si sono configurati in questo tipo
di società postmoderna. Sallusti è l’equivalente del mazziere fascista degli
anni trenta, quando gli intellettuali, anche quelli più schierati con il regime
fascista, conservavano una qualche rivendicazione di autonomia in qualunque
situazione, si veda la vicenda Gentile, nella ricostruzione che ne fa Luciano
Canfora, che trovo del tutto condivisibile. (v . Canfora “La sentenza”
Sellerio ed. 1985). L’articolo incriminato che ha portato alla condanna
penale di Sallusti è solo una di una nutrita tipologia di articoli che i
giornali di Berlusconi sfornavano per perseguire gli indocili, quelli che non
si uniformano alle leggi non scritte di questo regime che comunque ha una
grande capacità persecutoria a danno di magistrati che applicano la legge, che
sono i bersagli preferiti in questo contesto. La solidarietà andava ribadita
nei confronti di questa categoria di persone anche in
occasione della condanna di Sallusti, e invece a costoro è giunto un attacco di
ritorno. Il problema di fondo, che
questa vicenda mette in evidenza, è l’enorme arretratezza culturale di una
sinistra italiana che proprio sul problema degli esiti psicologici, politici e
sociali insite nella applicazione delle nuove tecnologie agli strumenti di
comunicazione di massa, che sono in fondo gli strumenti moderni del dominio di
classe, si sarebbe detto un tempo, si dimostra assolutamente impotente. Invece,
ridicolmente, la sinistra italiana ha accetto la nuova situazione come se fosse
un semplice portato “naturale” e politicamente neutro della modernità. Tutto
ciò ha conseguito l’assenza di qualsiasi battaglia sulla enormità del conflitto
di interesse di Berlusconi, cui ha concesso il monopolio quasi assoluto sul
sistema di comunicazione in Italia, ha emarginato al suo interno i singoli
intellettuali che questo problema avevano colto, ha lascito andare
l’interessante sperimentazione del terzo cale della Rai di Angelo Guglielmi, Michele Santoro, Sandro Curzi, e via dicendo, per non parlare
della carta stampata di cui la sinistra non ha colto la marginalità
sopravvenuta, impegnandosi allo spasimo per mantenere piccole testate di
nessuna capacità politica e informativa, visto l’incapacità di attenersi alla
lezione gramsciana a riguardo, e nella totale indifferenza alla necessità di
decifrare per neutralizzare l’efficacia dei nuovi linguaggi imposti dal
postmoderno. Al contrario è stata proprio la sinistra a costituire il terreno
di cultura dei nuovi linguaggi, prospettandoli come neutrali sotto il profilo
socio politico. Su questo, se ne avrò la forza, dovrò scrivere un saggio che
ripercorra l’evoluzione del significato delle parole, e qui parlo solo di
parole considerate come separate dalle immagini, che pure una importanza non trascurabile
continuano a esercitarla . Il tutto a rivestire di neutralità e obbiettività
dati che invece non erano per nulla neutrali. Qui faccio solo un esempio
banale, certamente riduttivo rispetto alla complessità del fenomeno cui alludo,
che attiene ai temi del lavoro. Parole
come “flessibilità” applicate ai rapporti di lavoro hanno effetti devastanti ma
sono accettate da sinistra come se fossero neutre e obbiettive, mentre invece
sono tutt’altro. Per concludere dirò che delle sorti di Sallusti sono del tutto
indifferente, e che certamente in Italia nell’ambito dell’informazione vi sono
sicuramente parecchi “soldati” da salvare, ma non credo che vi sia nessuno che
risponda a questo nome.
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