Ancora sangue in Europa, questa volta a Bruxelles e parlo
ora di quelli del 22.03.2016. Ancora sangue di persone designate alla condanna
capitale con l’inappellabile criterio della casualità, con il massimo della
spettacolarizzazione. Ormai la guerra postmoderna non si fa più con gli
eserciti schierati a contendersi trasparenti obiettivi territoriali, economici
e politici. La guerra postmoderna la si fa colpendo a caso persone raccolte in
luoghi di qualche rilevanza per lanciare messaggi multipli, subliminali, e quel
che si contende è l’attenzione dei media. Ripeto ciò che ho detto altre volte:
tale sistema è stato collaudato in Italia, a partire dalle bombe a Piazza
Fontana e poi via via replicato nel tempo. Non ripeterò invece esercizi di
dietrologia, se non per esprimere rabbia per le notizie che unanimemente tutti
i media danno per certe senza alcuna verifica. Ossia che i servizi segreti
siano stati lacunosi e mal collegati, escludendo tassativamente che vi possa
essere anche la materiale possibilità che vi siano state delle collusioni. Così
come tutti danno per certo che i mandanti e i responsabili primi di queste
stragi siano mediorientali e di religione mussulmana. Esseri cioè appartenenti
a razze inferiori e perciò capaci di simili atrocità, mentre noi, notoriamente
illuminati da un dio superiore, nulla possiamo avere mai a che spartire con
simili efferatezze. Succede così che il sangue versato tanto a Parigi quanto a
Bruxelles, - perché, si noti bene, se a Bagdad, per esempio, il caso è ben diverso
proprio perché gli abitanti di Bagdad, poveri loro, appartengono, come si
diceva, ad una razza inferiore – diventa l’occasione per celebrare la
superiorità dell’Occidente, sul piano della retorica e del mito. Sul piano
della realtà invece, tale celebrazione avviene nella forma più retriva
possibile, quella della guerra di religione di sapore medioevale, a conferma
che il postmoderno ha in sé formidabili contenuti regressivi. Il sangue versato
e i commenti cui danno origine sui media sono da considerarsi, a questo punto, due
facce della stessa medaglia; sono l’autentica celebrazione della crisi totale e
irreversibile di ciò che era la civiltà occidentale. Purtroppo la guerra
continua, senza frontiere, senza trincee, senza possibili ripari. Non ci sono
possibili deleghe, siamo tutti coinvolti e siamo tutti in prima linea, soli
come da imperativo ideologico, senza poter sapere preventivamente se chi ci è a
fianco è anche solidale o indifferente, o addirittura avverso. La tragedia è
che tale condizione noi l’abbiamo scelta, oserei dire quasi “liberamente”, in nome
delle libertà occidentali, e che dio ce la mandi buona
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