Ancora non ero nato, ma immagino che le elezioni politiche
del ’48 siano state vissute dagli
elettori del tempo come evento assolutamente fondamentale, il cui esito doveva
essere tutt’altro che indifferente. Poi, mano a mano, il predominio elettorale
della DC fu un dato acquisito, così come erano certi i nomi degli eletti prima
del voto. Poi la stessa Dc incomincia a subire
una lenta ma continua erosione.
Tuttavia tale erosione fu l’esito di lotte memorabili di contadini, operai,
comuni cittadini prima, e poi degli studenti, che sono giustamente entrate nel
quadro storico del periodo. Insomma erano i mutamenti sociali a determinare gli esiti elettorali e le
rappresentanze politiche, perché la mobilità elettorale era un fenomeno poco
significativo. Le campagne elettorali erano noiosissime, con tribune elettorali in tv
ancora più noiose , o con comizi sul territorio, quelli legati alla
notorietà di chi lo teneva o alla capacità retorica. In questo contesto il
sistema elettorale basato sul proporzionale puro, concedeva alle opposizioni,
e quindi alla democrazia in quanto tale,
spazi di governo indiretto limitati ma reali e significativi. Insomma era la
maggioranza a tenere in conto le spinte delle opposizioni; tutto ciò in un contesto
internazionale bipolare, che ci ha consentito una sorta di indipendenza reale
anche dagli Usa pur essendo schierati inequivocabilmente dalla loro parte. Insomma
la parola chiave del sistema della cd. “prima repubblica”, era “mediazione”,
poi, insieme al mutamento del quadro internazionale si ebbe il passaggio alla cd. “seconda repubblica” e le
elezioni politiche e il loro esito, furono scientemente affidati alla gestione e
al ruolo dei massmedia, restando del tutto scollegate da eventi di natura
sociale essendosi, conformemente al quadro di americanizzazione forzata a
partire dall’ affaire Moro. Così si dissolsero
i partiti che, nel bene e nel male, di
erano effettivi rappresentanti, ed espressione dei vari ceti e classi sociali
che abitavano l’Italia. Ora si valuti l’effetto combinato di due elementi: da
un lato leggi elettorali maggioritarie, sicuramente non democratiche, perché, a
differenza di quel che si sostiene, non garantiscono l’espressione di voto
della maggioranza dei cittadini, ma solo una governabilità purché sia, rivelatasi
spesso illusoria, che potrebbe e di fatto si è configurata come lesione della
effettiva libertà di voto, in quanto appunto garantisce una maggioranza numerica
nelle istituzioni che potrebbe non essere e di fatto non è mai l’ espressione
della maggioranza dei cittadini aventi diritto, e dall’altro il dominio
massmediatico che ha capacità di grandi condizionamenti sublimali che incide
nel profondo sulla psiche, sulla cultura, sulla politica, sui costumi e sui
consumi, insomma su ogni aspetto della vita delle persone. Ebbene è successo
che l’effetto combinato di questi fattori
riducesse e di molto la connotazione democratica e partecipativa della
competizione elettorale, e il restringersi progressivo del numero dei voti
validi è cosa che credo, è una dimostrazione ulteriore di questo assunto, oltre
ogni ragionevole dubbio, ed è in questo contesto che si è reso possibile il cd.
“berlusconismo”. Inoltre a questi
elementi bisogna sommare l’effetto delle remunerazioni esagerate, anche al
netto delle corruttele, che per altro vi sono strettamente connesse, degli
eletti in qualsiasi sede istituzionale. Queste sono progredite nel tempo nel
tempo, sino alla creazione di un ceto politico trasversale che comunemente
viene chiamato “casta” in seguito al successo della pubblicazione nel 2007 dei
due giornalisti Gian Antonio Stella e
Sergio Rizzo, dal titolo che recita appunto “La Casta” (ed. RCS libri).
Si è selezionato per questa via un ceto politico assolutamente parassitario, che
trova, nelle istituzioni, il luogo privilegiato della mobilità sociale, atteso
che la crisi ha progressivamente prosciugato quasi ogni altro luogo. Il
problema non è morale, ma strettamente psicosociale. Nella nostra società il
fenomeno che gli americani chiamano con una sola parola “achivement”, ossia la tendenza, socialmente obbligata, alla
progressione di status economico e
sociale, è radicato nel profondo della nostra psiche. Tutto ciò comunque è
sotteso al fenomeno della corruzione, che altro non è che uno scambio tra
rinuncia al potere decisionale proprio della carica istituzionale, in cambio
appunto di un potente avanzamento di status.
Di modo che le elezioni servono principalmente alla selezione di questo
tipo di personale, al quale viene richiesto come dote irrinunciabile, solo una
certa capacità manipolatoria, del tutto disgiunta da convinzioni politiche, al
contrario viene premiata l’assoluta indifferenza tra le opzioni politiche che
non a caso cambiano in funzione di interessi contingenti, o addirittura degli
effetti mediatici o che risultano dal loro pronunciamento. In questi giorni la cronaca ci fornisce un
esempio davvero eloquente di queste manipolazioni, basti pensare a Renata
Polverini che si vuol spacciare per un novello cristo che caccia i mercanti dal
tempio, come se ella medesima potesse dirsi estranea al meccanismo politico,
normativo e istituzionale, in cui si inquadra lo scandalo alla regione Lazio;
come se appunto, a quelle stesse persone sarebbe stato consentito di lucrare
quel che hanno lucrato se non avessero votato a scatola chiusa ogni
provvedimento proposto dalla stessa Polverini, tant’ è che sino ad ora si è
trattato di una mera operazione di facciata, perché in pratica continua il suo
lavoro nel solco medesimo sin qui tracciato, a riprova del ricorso massiccio alla manipolazione massmediatica.
Non deve sfuggire che la “non notizia”ha una diffusione più estesa della
notizia vera delle sue dimissioni non
avvenute. In effetti poi le dimissioni annunciate il 24.09, sono state
realmente inoltrate il 27. I tre giorni di distanza dicono molto più di lasso
di tempo accidentale, visto che nel frattempo ha liquidato assessori
“infedeli”, a conferma del quadro che tento di tracciare qui. Comunque questo è il quadro che viene fuori
dalla cd. “seconda repubblica” nata, guarda caso col pretesto di moralizzare il
quadro politico della prima repubblica
viziato, com’è evidente anch’esso da una corruzione diffusa. La differenza sostanziale a riguardo, è, credo
che la vecchia Dc, era un luogo di certo
un luogo di corruzione ma al tempo
stesso anche il luogo delle decisioni politiche come ripeto. Oggi le sede delle
decisioni politiche sono altrove, al di fuori dei nostri confini nazionali e
delle nostre istituzioni, e il Pdl è essenzialmente il luogo che coltiva
corruzione ed esprime direttamente gli interessi della grande criminalità
organizzata, ma al di fuori della tutela degli interessi particolari, non decide
nulla. Non a caso il governo Berlusconi è caduto su pressioni internazionali,
senza neppure un voto parlamentare di sfiducia. Quella vicenda segna la svolta
che fa scivolar via la cd. “seconda repubblica”. Ora la novità consiste a mio
parere proprio dalla esigenza di mettere in sordina, proprio questo ceto politico, esoso perfino agli
occhi degli effettivi padroni, i quali preferiscono a questo punto i cd
“tecnici” che altro non sono che politici selezionati in modo più diretto e
attraverso un percorso diverso dalla carriera nelle istituzioni elettive. La
continuità tra seconda repubblica e
la fase dei tecnici consiste nell’assenza
di mediazione sociale e nella limitativa capacità e/o possibilità di
decidere. La più severa riforma delle
pensioni l’ha messa in atto questo governo tecnico a riprova dell’assenza di
mediazione sociale, e questo con
l’assenso del Pd, il quale come spesso
succede ai servi sciocchi, pagherà, forse, questo sostegno con la sua stessa
esistenza. Infatti non è certo che sopravvivrà all’effetto combinato tra la
presentazione di una “lista Monti” che si va profilando, e le primarie con
Renzi che vi partecipa per conto terzi. Pare accertato che sia un burattino
nelle mani di Giorgio Gori, che non è necessariamente sinonimo di Berlusconi,
ma più probabilmente opera a sostegno dello stesso Monti, anche se su questo fa
l’ondivago, ora conferma di correre per
Monti, ora lo nega. Ma le parole di costoro lasciano il tempo che trovano. Egli non vuole rottamare il gruppo dirigente
del Pd, ma lo stesso Pd in quanto tale. Tutto ciò la dice lunga sulla furbizia
di Bersani, D’Alema, Veltroni, e compagnia bella che introducono primarie senza
regole essenziali, col risultato di vedersi esplodere in mano il meccanismo, da
sinistra a livello locale e da destra a livello nazionale. Tuttavia oggi,
giovi ripeterlo, le decisioni politiche vengono prese dalle banche e in
ultima analisi dalla grande finanza i cui elementi di spicco sono
sostanzialmente racchiusi nella destra radicale Usa, che ormai gestisce il
mondo occidentale e in particolar modo l’Italia, senza mediazioni di sorta ad
eccezione di quelle del partito democratico di Obama. Come vado sostenendo da
tempo siamo una “colonia” Usa, e ci assoggettiamo al normale destino delle
colonie. Ma la sinistra italiana sembra ancora vittima di quel tipo di
propaganda borghese si direbbe una
volta, per cui le cd “ libere elezioni”, unitamente alla “libera stampa” sono la quintessenza della democrazia. Eppure
rapida scorsa alla storia tout-cour, o
alla storia dei sistemi politici con particolare riferimento alla storia della
Gran Bretagna, patria dei sistemi liberali, vediamo che non è così. Il
suffragio universale è una conquista relativamente recente, tanto in Gran
Bretagna quanto nel resto dell’occidente. E poi ci sono le libere elezioni che
sono tali solo se si vincono, altrimenti se ne può fare a meno, (tra i motivi
della guerra del Vietnam c’è il rifiuto Usa a consentire libere elezioni in
tutto il paese come previsti dagli accordi di Ginevra del ’54) per non parlare
del colpo di stato in Cile che si concluse con la morte di Salvador Allende,
vincitore di libere elezioni, appunto. Ma anche in Algeria l’occidente ha
favorito ogni sorta di manipolazione a partire dal colpo di stato del ’92 per
vanificare la vittoria del Fronte Islamico di Salvezza che costò la vita a
oltre 250.000 algerini, e così via, perché l’elenco potrebbe continuare anche
oltre il 2000 anno in cui Busch senior vinse le elezioni facendo interrompere
il conteggio dei voti in Florida. Poi gettando la maschera, si assale la Libia
e si uccide Gheddafi, senza un motivo diverso da quello dell’assoggettamento
più diretto delle risorse petrolifere della Libia, si tenta la stessa manovra
per motivi diversa in Siria, ma senza appoggio aereo, e questo fa la
differenza. L’Iraq insegna che le truppe americane sono come il cavallo di
Attila, da dove passano si distrugge ogni simulacro di democrazia e si compete
a suon di bombe tra civili inermi. L’Iraq di oggi potrebbe essere l’icona della
democrazia occidentale oggi. Insomma non è vero che le libere elezioni siano
un tratto fondante della suddetta civiltà occidentale, ma la sinistra nostrana
sembra convinta del contrario. Oggi che abbiamo un sistema elettorale così poco
democratico da far sembrare preferibile quello
concepito da Acerbo nel ‘ 23 imperante il Duce, che comunque prevedeva una
soglia minima per il premio di maggioranza per quanto ridicola, mentre quella
in vigore non lo prevede. Insomma ormai definire democratiche le elezioni è un
non senso. Tuttavia in Italia, a sinistra soprattutto, pare che tutto ciò sia
privo di significato, per cui si annette all’esito elettorale una importanza
che non ha né può avere. A sinistra le tematiche relative alla forma dello
stato non trovano udienza, pare che la cosa non sia importante e comunque viene
vista troppo lontana dalla possibile comprensione dei cittadini elettori, per
cui non mette in conto di parlarne. Invece credo sia quello un tema centrale di
questo passaggio d’epoca, in cui i sistemi elettorali cambiano ad ogni piè
sospinto a testimoniare di una crisi
profonda che si aggrava di continuo avvitandosi su sé stessa. Al punto che non si tiene in alcun
conto che i sistemi elettorali siano un tutt’ uno con la forma dello Stato, e
che la costituzione del ‘48 (ormai significativamente rimaneggiata in negativo
) contemplava, pur in assenza di una
norma esplicita, solo il sistema proporzionale puro. Con ciò non voglio indicare
nell’astensionismo una soluzione al problema, al contrario sono convinto che
l’astensionismo non è soluzione di nulla, ragion per cui tra tormenti e
sballottamenti vari alla fine ho sempre votato. Vendola è l’ultimo “baluardo”
di una sinistra democratica, ma credo che anche per lui si stiano chiudendo gli
spazi. Le vicende siciliane con l’estromissione di Fava dalla campagna elettorale
sono un ulteriore sintomo di questo
processo. Il quadro che si apre davanti a noi è drammatico, con moltissimi
interrogativi sui possibili sviluppi, senza che nessuno degli scenari possibili
che si aprono sul prossimo futuro possano rassicurarci sui residui spazi di
democrazia nel nostro paese; peccato che non si possano intravedere
controtendenze.
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