lunedì 5 dicembre 2011

Il governo Monti e la spoliazione dell’Italia


Certamente le premesse c’erano tutte, e non era difficile prevedere quello che è successo, con il condimento di lacrime ministeriali. Addirittura qualcuno su fb, ha definito un fatto rivoluzionario,  la lacrimazione del ministro Fornero, in quanto finalmente questa compagine governativa ha davvero un protagonismo femminile. Sono affermazioni che sollecitano lo sberleffo e persino l’insulto, ma mi sono astenuto per educazione. Il dato è che il sistema pensionistico pubblico, così come lo abbiamo conosciuto è tramontato per sempre, con argomenti assolutamente mistificanti in ordine alla sua necessità. La pensione, altro non è che  salario differito, il che vuol dire che dovrebbe essere, in ultima analisi, a carico dei datori di lavoro e non dei dipendenti. Enucleare una situazione  in modo tale da far intendere che si tratti di una partita contabile chiusa in sé, è ciò che una volta si sarebbe chiamata, appunto, mistificazione. Il problema, posto correttamente, sarebbe  chiedersi se il costo del lavoro in Italia è più o meno decoroso, ma posta così la questione solleciterebbe risposte diverse, ancora più lacrimevoli per i ministro Fornero, che rimarrebbe  davvero impressionata. Allora parlare di sistema contributivo in alternativa a quello retributivo, è una grande sciocchezza, perché, se per ipotesi in un sol colpo raddoppiassero le retribuzioni del lavoro dipendente, e conseguentemente aumentassero in proporzione gli accantonamenti per la pensione, il sistema contributivo potrebbe andare bene, non è una questione di principio, è una questione di soldi.  Inoltre prolungare la attività lavorativa, per ceti aspetti, è qualcosa che assomiglia ad una tortura psicofisica. In Italia di lavoro si muore perfino, ma a prescindera dai casi limite, sui quali tuttavia c'è un cinismo esasperante,  non è un piacere per la grande maggioranza di chi lavora. Ossia bisogna decidere se in Italia sia possibile o meno vivere dignitosamente essendo un lavoratore dipendente. Con questa manovra Monti e le forze che lo sostengono, ossia tutte quelle che gli anno dato la fiducia, rispondono con un NO netto e in equivoco, ancorché criptato; allora che abbiano  il coraggio di dirlo apertamente, ma così non è. E non si dica che è un problema di mercati, perché nulla è più artificioso del concetto di “mercato”. Non c’è nessuna tragedia all’orizzonte che non di possa evitare se lo si voglia.  La questione del  debito pubblico è un problema politico, che non ha nulla di oggettivo. Pensare che gli stati debbano chiedere soldi in prestito col sistema delle aste, è pura follia, perché non consente nessuna  trattativa, anzi con questa manovra il governa italiano garantisce le banche. Cito “La Repubblica” di oggi a pag. 3: “La norma contenuta nella manovra prevede che il ministro dell’Economia fino al 30 giugno 2012 è autorizzato a concedere la garanzia dello Stato sulle passività delle banche italiane, con scadenza da tre mesi fino a cinque anni, o a partire dal 1° gennaio 2012 a sette anni per le obbligazioni bancarie garantite. ”  Insomma, a spese nostre, le banche possono fare ciò che vogliono. Tuttavia al fondo c’è da ribadire che  capitali che ora possono speculare in borsa sul debito pubblico e che ora possono lucrare interessi usurai, sono capitali costituitisi grazie a legislazioni di favore, grazie a precise operazioni politiche che hanno origine negli anni  ‘80  con Reagan e la  Thatcher  che hanno prodotto poi ciò che molti definiscono “economia di carta” che mangia l’economia reale. Il ché   puntualmente accade.  Con questa manovra Monti esegue bene il suo compito che gli era stato affidato; spoglia letteralmente il ceto medio, colpisce  anche le abitazioni che diventeranno sempre più un lusso, mentre si era giunti ad una situazione in cui c’era una buona diffusione della proprietà  della casa. Si parla di una rivalutazione degli estimi catastali del 60%.  Non c’è nulla di equo in questa manovra, perché i bolli sui depositi bancari e sui titoli, non colpiranno in modo progressivo e significativo i grandi patrimoni. Il problema delle tasse, se si vuole davvero risolvere deve vedere una tassazione diretta a preferenza di quella indiretta, deve avere una logica di progressione assai stringente, dopo di che sarebbe giusto anche colpire duramente gli evasori. Invece assistiamo alle sterili polemiche sugli scontrini fiscali e sull’evasione dell’idraulico e simili. Se il sistema fosse davvero equo, tutto sarebbe diverso. Invece i grandi capitali non sono tassati in proporzione, quindi, grazie a ciò si alimentano tendenzialmente all’infinito,  investono nel debito pubblico degli stati e obbligano a tassazioni crescenti chi vive del proprio lavoro. Non solo non è giusto ma è insostenibile. Neppure la sforbiciata alle provincie mi convince, o meglio, sarebbe stata più opportuna, la soppressione  totale di un gran numero di esse, per esempio tutte quelle costituitesi negli ultimi venti anni, in aggiunta alla soppressione delle giunte provinciali, che di fatto sortiscono l’effetto di sopprimere giustamente, i consigli provinciali che si trasformeranno in giunte puramente elettive. Comunque il problema del ceto politico in Italia è che costituisce un inutile corpo a sé stante, selezionato sulla capacità di annuire ad ogni cosa, come se fosse una carriera impiegatizia, caratterizzata da una forte progressione di carriera. Si incomincia dai consigli di circoscrizione, sui quali sarebbe giusto abolire qualsiasi forma di compenso per chi ci partecipa, poi si diventa consigliere comunale, poi provinciale, poi regionale o nazionale, o europeo.   Costoro non decidono nulla, perché non sono le istituzioni elettive  il luogo dove si statuiscono le linee guida della politica, perché decidono tutto i poteri forti della finanza. Se questa casta fosse davvero intaccata, in modo tale da incrinare gli automatismi che la caratterizzano, forse i meccanismi del consenso verrebbero intaccati con l’auspicabile possibilità, almeno in ipotesi, di avviare un nuovo e più democratico sistema di creazione del consenso.