domenica 28 novembre 2010

La crisi e la Camusso

Si è svolta una manifestazione della Cgil a Roma. Non ci sono stato a differenza di quella della Fiom, e quindi non posso fare paragoni sulla partecipazione, ma quello che mi preme di osservare è che con la Camusso si è accentuata una connotazione negativa della Cgil e del sindacato in generale. Premetto che Cisl e Uil non li considero sindacati, perchè i  processi di regressione e alterazione  in queste  organizzazioni siano irreversibili, perchè traggono legittimazione solo ed esclusivamente dalle controparti e non dal numero degli iscritti. In un sistema di regole precise sulla rappresentanza credo che non avrebbero molto spazio. Ma il problema è propio questo, infatti anche la Camusso sorvola sul problema della rappresentanza, e si incammina decisamente su una "politicizzazione" in senso deteriore della Cgil, e in sovrappiù una politicizzazione di segno populista, senza nemmeno poter partecipare alle elezioni, per il momento. Certo mi sembra che il suo punto di forza sia la proposizione di un leaderismo al femminile, che trascende e oscura i temi propri di una contattazione vincente sui luoghi di lavoro. Credo che la Fiom sia l'unica organizzazione che si pone il problema. Se rimarrà sola in questa battaglia,  (questo è il compito prioritario che pare si sia assunto la Camusso) la vedo nera per il futuro, e non è che l'oggi sia granchè bello. Che almeno si cominci a chiamre le cose col loro nome, e la Cgil si assuma l'impegno a combattere il neoschiavismo in tutte le sue forme, anche tendenziali,  ma a partire dalla tutela dei lavoratori in carne ed ossa sui posti di lavoro.  Altrimenti è tutto inutile. E quando parlo di neoschiavismo non voglio fare retorica. Pensate che la definizione di Marx ( 1800) del proletario suona pressappoco così: il proletario è colui che non ha altri mezzi di sussistenza se non il lavro delle sue braccia con cui mantenere se stesso e la propria capacità di riproduzione. Ora sfido qualunque famiglia dei nostri tempi a mantenersi con il salario medio di un operaio.  E mi scuso per l'aprossimazione della citazione di Marx.

sabato 27 novembre 2010

La fatidica "questione di Stalin" e le stragi italiane

Leggo sul Corriere della Sera di oggi un trafiletto a pag. 21 "Il massacro degli ufficiali polacchi" e poi il titolo del trafiletto "La svolta del Parlamento russo: "L'eccidio di Katyn ordinato da Stalin" E non riesco a sopprimere un certo fastidio, quello stesso fastidio che mi prende ad ogni manifestazione di "pensiero unico". Il problema è che non sono stalinista e non lo sono mai stato nemmeno negli anni settanta, quando esserlo non era così disdicevole come lo è diventato oggi. Al contrario mi sono nutrito, all'esordio della mia esperienza politica, di antistalinismo. Il problema mio, e l'auspicio conseguente, è che si elabori, si rifletta, e si discuta  in modo diffuso, anche e soprattutto a sinistra, con il maggiore  distacco possibile di questi problemi. Al fine di concretizzare una operazione politica e,  al tempo stesso, storica  culturale che movendo dalla "questione di Stalin" ( parafrasando uno scritto del Cirlolo Lenin di Puglia degli anni settanta,  elaborato da Pietro Mita,  anche se non più citato, se sono stato attento, neanche dalle più recenti rievocazioni di questo  gruppo, di cui mi vanto di averne fatto parte),  procuri  alcuni prerequisiti, secondo me ancora mancanti,   per la migiore comprensione di una pagina importantissima della storia del '900 non archiviabile nel limbo dell'accademia , o peggio di un morboso e impossibile tentativo di "riabilitazione" di Stalin. Questo passato ha conseguenze nell'oggi.   Alcuni importanti  autori lo fanno ma sono voci ancora isolate al di là dell'apprezzabile successo delle loro opere. Tuttavia uno strumento di analisi auspico che venga abbandonato, e consiste nella conta delle sue vttime. Francamente non ne posso più. Fosse anche vero ( ma ho qualche perplessità a riguardo) che l'eccidio di Katyn fu ornato da Stalin, difficilmente su questo versante si raggiungerebbe il pareggio con tutte le stragi che si sono perpetuate e si perpetuano  in regimi "democratici" per definizione, e che  vogliono trarre e in sia pur  piccola parte, effettivamene traggono, legittimazione dalla denuncia dei "crimini di Stalin", a partire da Krusciov .E mi riferisco a fatti  storici, inoppugnabili, che comproverebbero quanto asserisco. Ma uno dei  problemi è, a ben vedere, il linguaggio. Se di Stalin sono crimini, se di presidenti americani, sono incidenti, misteri da chiarire e via discorrendo. Del resto noi in Italia ne sappiamo qualcosa. Qualche giorno fa si è celebrato   l' esaurimento dell'ennesimo incolcludente processo su una strage italiana. Obiettivamente Stalin non c'entra, ma i mandanti e gli esecutori sono e rimangono e temo, rimarranno chissà per quanto, sconosciuti. Auspico che almeno la sinistra trovi la forza morale e politica , di sottraare il nostro Paese a  questo macabro "schiaffo del   soldato" a partire dalla consapevolezza che la magistratura, buona o cattiva che sia, non ha gli strumenti per risolvere un problema che non ha natura solo giuridica, ma anche e soprattuo, politica e perfino militare, se si vuole. Non lo sideve solo  ai parenti delle vittime. Anzi trovo assurdo che si possa privatizzare anche questo lutto. Noi tutti, fuor di retorica, siamo vittime di queste stragi. Come possiamo considerarci liberi cittadini se non  è possibile sottrarsi  al dubbio che in Italia il ricorso alle stragi possa essere, e in parte, per la cronaca già lo è, un normale strumento di lotta politica?

giovedì 25 novembre 2010

Crisi e Postmoderno 2

Cito un passo che condivido pienamente tratto da un art. della rivista "Fenomenologia e società " n.2 /2007 gli autori sono Cassinari e Merlini, il titolo "L'Occidente dopo la storia"  il passo dice "Così accade, appunto, là dove, con la <<retorica della novità>> , la presa di distanza venga presentata come l'unica realtà effettiva o, almeno, come l'unica positiva. La presa di distanza senza riconoscimento di appartenenza, la retorica per cui ogni evento è <<epocale>> in quanto nuovo, rimuove la possibilità della trasformazione perchè rimuove la stessa possibilità di storia e rivoluzione, in una ripetizione che è tale senza accorgersi di esserlo,    perchè non può riconoscere, nell'alterità del passato, le qualità verso cui ha contratto il debito, nonchè quelle dalle quali essa ha preso congedo."  La sottolineatura è mia. Sembrano a me parole di verità, riscontrabili nella quotidianità della vita culturale, sociale e politica di questo benedetto Paese. Quante cose vecchie contrabbandate per nuove con una semplice rinominazione.Valga un esempio per tutti: la cd < flessibilità > nei rapporti di lavoro, sempre rappresentata come necessità di adegamento al "nuovo" della globalizzazione,  non assomiglia terribilmente all'antica abitudine borghese di sfruttare chi lavora oltre ogni limite, anche quelli  che molto faticosamente, la "modernità " aveva procurato?  A me sembra di si.

mercoledì 24 novembre 2010

Crisi e Postmoderno

Sui "giochi linguistici" del postmoderno si potrebbero fare tante riflessioni, alcune ne ho già fatte e altre cercherò di farne, ma le notizie che i giornali danno in questi giorni, dall'immondizia di Napoli, alla riforma Gelmini, alla mancata ricostruzione dell'Aquila e chi ne ha più ne metta, al netto del teatrino della politica per cui gli stessi personaggi in un  parlamento depotenziato, sono un giorno in maggioranza e l'altro all' opposizione, salvo poi fare il percorso inverso, inducono ad una riflessione più urgente delle altre. Se  fosse in uso un linguaggio diverso semplicementre moderno, con diversi paradigmi di significato, e che riflettesse la realtà con maggiore immediatezza, sarebbe comprensibile per l' opinione pubblica, e non ad una cerchia ristretta dire, sulla base dei fatti, e non di una ideologia, che abbiamo un governo di occupazione, preoccupato di arrecare il massimo danno possibile al Paese nell'interesse di altre nazioni? Francamente penso di si.

domenica 21 novembre 2010

Le elezioni anticipate e Vendola.

Alcune premesse. Sono un sostnitore convinto di Vendola, ma non ne sono affatto infatuato, (politicamente parlando). Vi sono motivi di fondo di dissenso che credo, in questo momento vadano tralasciati. Non si può avere tutto e subito. Ad es. mentre Nichi è un credente io sono laico, convnto che sul piano anche dei conti pubblici, su cui tanto si blatera strumentalmente, che lo Stato italiano, trarrebbe sollievo se cessasse di sostenere quella finzione giuridica che è lo Stato del Vaticano, con tutti gli annessi che ne derivano grazie all'alibi della religione. Alla pari delle cd  "missioni all'estero" autentiche guerre combattute con voto unanime (o quasi)dei vari parlamenti, contro ogni evidenza di legittimità costituzionale,  e via dicendo. Ma come fare ad ignorare che la sua (quella di Niki) battaglia contro la precarietà è   condota con necessaria conseguenzialità ? e così si potrebbe proseguire. Posta questa premessa, come sottrarsi al dubbio che dietro la controsvolta di Fini vi sia la preoccupazione sua, e non solo sua evidentemente, ma anche di tuto lo schieramento conservatore, che deve includere necesariamentre il PD vi sia la preoccupazione che  eventuali, ma (credo) improbabili elezioni anticipate, consegnino a Nichi un ruolo da protagonista nel pur disastrato scenario politico italiano?.

sabato 20 novembre 2010

Sempre su Formazione e Cultura, continuando le riflessioni del 18 Nov

Né con questo voglio dire che sia impossibile preparare questi ragazzi a fare gli operatori turistici o gli astronauti. Entro certi limiti e sino ad un certo punto è possibile preparare questi ragazzi a svolgere qualsiasi professione;  non dipende da loro se non in misura relativa, ma da noi per la piùparte. Solo che non cisono più risorse per farlo. Servirebbero docenti particolarmente preparati ed esperti, che sono requisiti difficilmente compatibili sia con la condizione di precarietà, e  sia con le mode culturali del momento. A tal proposito soleva ripetere  Enzo Persichella, maestro e amico : non si fanno le nozze con i fichi secchi. Stiamo attraversando una crisi epistemica di grandi proporzioni, per cui le grandi elaborazioni teoriche sono derubricate a "narrazioni" sostanzialmene delegittimate, soprattutto la psicanalisi e buona parte delle teorie sociologiche cd "sistemiche" Parsons in testa, (figuriamoci Marx) e in corrispondenza con ciò vengono a mancare nella nostra società le figure sociali di ruolo "genitoriale" compresi gli insegnanti, molti dei quali ritengono di "colloqiare" con gli allievi senza tener conto del un salto generazionale che li divide di fatto, in modo oggettivo, anagrafico. Il tutto conforme a questa società dello spettacolo per cui non esiste nella vita umana una crescita progressiva per fasi. Saremmo tutti condannati a bruciare l'infanzia, e ad essere "giovani" da 15 anii a 60, col risultato di non diventare mai adulti, e quindi "genitori" . Siamo in una grave crisi, in una transizine lunga e complessa, che sta costando sofferenze e drammi tanto più veri quanto meno attenzionati dalla televisione.   

venerdì 19 novembre 2010

Fini e la crisi

Il sospetto già c'era, e credo che stia arrivando la conferma. Siamo al teatrino. A leggere i giornali e le trasmissioni televisive, si stava vivendo una svolta politica epocale, la fine del cd berlusconismo, e invece Fini ha fatto una sorta di marcia indietro, per cui la "svolta epocale" con corredo di sondaggi preelettorali, è rinviata a data da destinarsi. Non per questo è tutto come prima. A ben vedere un cambio nella gestione del governo è avvenuto. Per un verso, esso ha allargato la sua base parlamentare,  perchè Casini, e Rutelli  restano  allineti  con Fini, e quindi di fattoun sostegno parlamente ipoteticamente più vasto, senza minimamente conferirgli maggiore stabilità per questo; dall'altro, per effetto del  gravissimo intervento mediatore di Napolitano, che stravolge in modo grave e credo irreversibile, creando un precedente di spicco, il profilo della carica che ricopre, si è modificata la reale "cabina di regia" del governo. Così se sin ora vi siedeva  il solo Tremonti, che di fatto era e resta il vero capo del governo, ora deve far posto a  Fini e, in misura crescente, dello stesso Napolitano. Berlusconi si sta rivelando sempre più  quello che ineffetti è: una comparsa. E tale dovrebbe  apparire alla cd opinione pubblica in misura crescente, malgrado l'enorme apparato mediatico che lo sostiene, altro che  berlusconismo.

giovedì 18 novembre 2010

Sempre su Formazione e Cultura, continuando le riflessioni del 16 Nov

L'affermazione precedente per cui la società postmoderna ha rinunciato all'educazione delle nuove generazioni, non è solo una deduzione intellettuale derivante dalla lettura di Lyotard, ma è anche e soprattutto una constatazione di fatto. Chi, come me, lavora nella formazione professionale, soprattutto in corsi cd. di obbligo formativo, volto cioè a ragazzi che altrimenti risulterebbero evasori dall'obbligo medesimo, può cogliere diverse  contraddizioni, ma tra le tante voglio evdenziarne solo una per ora. Questi sono corsi che dovrebbero preparare i ragazzi, con chiare difficoltà di frequenza nella scuola normale, a svolgere professioni, o meglio dei lavori ben specificati. Per es. il corso su cui sono impegato ora è volto alla preparazione di "Operatori alla accoglienza e alla promozione turistica". Bene, c'è in tutto ciò l'idea per cui ragazzi in difficoltà in processi formativi più complessi, dovrebero trovare sollievo in percorsi formativi più semplici e con maggior ricorso alla "praticità" rispetto a momenti con più forte densità teorica. Basta vivere in questi corsi per capire che così non funziona. Ossia il bisogno di questi ragazzi, i messaggi che porgono con le loro manifestazioni di disagio, vertono su problemi affettivi, molto più che formativi; pongono problemi di "contenimento" in senso psicanalitico, e di ricerca di persone di riferimento solide, in grado si dar loro quelle sicurezze e quelle "tranquillità" che ogni bambino vuole, ma che ormai non sempre e non tutti hanno dai lor genitori. In ultima analisi, se vogliamo restringere la riflessione all'ambito scolastico, esprimono un forte bisogno di "formazione"  quella che secondo Lyotard non và più di moda, perchè a questi ragazzi, gli indirizzi professionali sono indifferenti. L'operatore turistico o l'astronauta per loro pari sono. Mi interrompo quì ma la narrazione proseguirà .   

mercoledì 17 novembre 2010

Sempre sulla crisi italiana e Belusconi

Ogi "La Repubblica" titola : "Crisi congelata per un mese". Credo che il titolo sia rispondente ai fatti. Ora verrebbe da chiedersi: cos'è una crisi di governo?. E' una questione burocratica e formale, indifferente negli esiti? sembrerebbe di si. Ma ammesso che  che siamo in democrazia, sulla qualcosa ho seri dubbi,  e che sia stata posta una mozione di sfiducia al governo, e che una sia pur piccola parte di esso ha presentato le dimissioni, questo stesso goveno può tranquillamente esercitare a pieno tutotolo tute le sue funzioni, senza una verifica immediata sulla questione di fiduzia? La cd  legge finanziaria, viene da chiedersi ancora,  a sua volta è un adempimento buroratico dovuto, indiferente quanto ai contenuti, o è un atto politico importante e qualificante l'azione di governo?. Ecco un esmpio di come si stia declinando la crisi italiana, crisi di sistema che con Berlusconi non centra nulla o quasi. La politica è mero spettacolo, la sostanza dell'azione di governo è atto dovuto che prescinde i nodi cruciali della politica. Non è questa un sintomo importante della crisi di sistema che attanaglia l'Italia e trascende assolutamentre Berlusconi e atraversa tutte le istituzioni?. 

martedì 16 novembre 2010

Ancora sulla formazione e la cultura.

“ La nostra ipotesi di lavoro è che il sapere cambi di statuto nel momento in cui le società entrano nell’ età detta postindustriale e le culture nell’età detta postmoderna”. Sono parole di Lyotard ne "La condizione postmoderna" del 1979, autentico manifesto della portmodernità che spiega in modo davvero mirabile i processi in atto, non solo in ambito culturale, ma anche quelli più propiamente politici, convincendomi, che tutto quello che sta succedendo oggi, risponde ad una pianificazione elaborata altrove, per cui mi vien da chiedere se per caso non non si sia stati in Italia, negli ultimi decenni, sotto un governo di occupazione, che ha provveduto a depapauperare il nostro paese, nell'interesse altrui. Ma questi discorsi dobbiamo rinvialtri ad altri post, perchè qui ci occupiamo di formazione professionale e di cultura, proseguendo il discorso già intrapreso in precedenza. Ancora Lyotard, illuminante, scrive: "L'antico principio secondo il quale l'acquisizione del sapere è inscindibile dalla formazione (Bildung) dello spirito, e anche della personalità, cade e cadrà sempre più in disusso. Questo rapporto fra la conoscenza ed i suoi fornitori ed utenti tende e tenderà a rivestire la forma di quello che intercorre fra la merce ed i suoi produttori e consumatori, vale a dire la forma valore. Il sapere viene e verrà prodotto per essere valorizzato in un nuovo tipo di produzione; in entrambi i casi per essee scambiato.Cessa di essere fine a sè stesso, perde il proprio valore d'uso.  (sott. mia). Ecco svelato il mistero. La tradizionale distinzione che ha caratterizzato la cultura italiana tra cultura come formazione identificativa  o di socializzazione (come Talcott Parsons) e cultura come applicazione alla produzione viene a mancare nel postmoderno. Ormai è tutto "formazione professionale". Quindi  le politiche dei  tagli  alla scuola e la commistione profonda creatasi negli ultimi anni tra Scuola e Università da un lato e Frmazione Professionale dall'altro,  non rispondono a mere contingenze economiche, come ci si vuol far credere, ma ad uan logica politica ben delineata, risulta cioè una opzione precisa tra le altre e non l'esito accidentale degli eventi e della crisi economica. L' educazione delle nuove generazioni, e mi ripeto, la loro socializzazione  non è un fatto contemplato nella società posmoderna. Questa narrazione ovviamente proseguirà nei prossimi post.
 

il PD e le primarie

La questione delle primarie per il PD costituisce una "resa dei conti" col proprio elettorato. Il gruppo dirigente del PD, ha ereditato sin dai tempi del PCI la convinzione di avere un elettorato fidelizzato, cioè disposto a seguire le indicazioni del partitro qualunque esse fossero.  Su questo presupposto hanno introdotto la consuetudine, in vero americaneggiante, di tenere le primarie, sicuri di vincerle tutte. Ora la crisi sociale che attraversiamo, ha spezzato definitivamente ogni legame di questo tipo, ma sembra che loro non se ne siano accorti. Ancora convinti che un elettorato di sinistra non possa che votare PD in grande maggioranza, anche se esprimono posizioni assai moderate, sfidano a "sinistra" con grande disinvoltura. Il problema, per loro, è inseguire il mitico centro. Una storia di decenni ha dimostrato che questo inseguimento del "centro" è inconcludente e controproducente, ma lor signori non imparano mai sino ad un autolesionismo disarmante, come quando si voleva contrapporre nelle primarie in Puglia,  Emiliano appena rieletto sindaco di Bari, a  Vendola, replicando la già disastrosa esperienza nazionale, quando si candidò Veltroni sindaco di Roma, alla presidenza del Consiglio, col risultato di perdere la città di Roma e la presidenza del consiglio. Bisogna imparare dall'esperienza, ma il gruppo dirigente è refrattario a qualsiasi lezione, come dimostra la vicenda più recente di Pisapia a Milano. Forse è tempo che tutto il gruppo dirigente del PD si ritiri a vita privata., lasciando spazio politico ed elettorale perchè in Italia rinasca una sinistra che, in fondo, le appartiene.   

lunedì 15 novembre 2010

Ancora sulla crisi italiana. Berlusconi

Su "La Repubblica " di oggi 15.11.2010 c'un articolo interesante di Ilvo Diamanti, intellettuale serio, non collocabile, per ciò stesso, tra i fans di Berlusconi. Eppure in questo art. "E' finita la colla del cavaliere"   vi è una apologia involontaria di Belusconi. Mi soffermo perchè il contenuto di questo art. corrisponde ad una idea molto diffusa su tutte le latitudini della politica. Ne riporto solo un passo. " Perché Berlusconi, va ribadito, non ha vinto solo per merito delle televisioni e della sua capacità di usare -- prima e meglio degli altri -- il marketing in politica. Ma anche perché ha interpretato il cambiamento sociale -- profondo-- avvenuto in Italia negli anni Ottanta e Novanta".  Poi l'articolo prosegue conl'elencazione dei cambiamenti che Berlusconi avrebbe interpretato. Questo è solo uno spunto e la riprova di una subalternità culturale alla destra che esiste in Italia anche in ambienti non sospettabili di essere in cattiva fede. Ora si può ripercorrere tutta l'opera di Berlusconi, nei suoi interventi, nella sua azione di governo, soprattutto se scissa dall' evidente ed autonoma elaborazione della Lega Nord,  e constatre , credo onestamente, che di questa capacità di   interpretare il cambiamento sociale, non v'è alcuna traccia. La sua azione di governo, quella di suo impulso, si è limitata al problema della giustizia e dei suoi processi, e delle sue prerogative monopolistiche in fatto di comunicazione. Di altro non v'è traccia, ed è il motivo di fondo della crisi che lo attanaglia in questo momento, che non ha altre spiegazioni, almeno che non vogliamo attribuire a Ruby altri meriti, e replicare così l'errore all'infinito. Lo spazio che trova Fini per sottrarsi al suo controllo, è in questa constatazione.  Allora perchè conferire a Berlusconi una dimensione che gli è del tutto estranea.?

giovedì 11 novembre 2010

Ancora sulla crisi. Lavoro e sindacati.

Ormai tanta parte degli economisti anche di ispirazione  liberista,  sottolineano che la precarietà e i bassi salari sono fattori di crisi anche congiuturali. Resistono solo  pattuglie di fondamentalisti raccolti intorno al partito repubblicano Usa che nemmeno è omogeneo su questo. Ora in Italia, una serie di sindacati a partire da Cisl e Uil continuano a favorire politiche oltransiste in fatto di  livello di retribuzioni e non solo. Si continua a credere o a far credere che i bassi salari siano un fattore di crescita economica, nonostante ogni evidenza di fatto deponga nel senso contrario. Non si capisce perchè la Camusso, neo segreteria  della C.G.I.L , abbia scelto di iniziare il suo mandato all'insegna dell'attacco alla Fiom, unica organizzazione di forte rilievo politico a schierararsi su un fronte opposto. Difficile decifrare questa scelta. Ma come si fa ad esitare sulla questione dei diritti politici dei lavoratori in fabbrica? La società organizzata su due livelli di diritti, che colloca i lavoratori sul piano inferiore nel momento in cui sono sui luoghi in cui prestano la loro opera, è una società tendenzialmente schiavista.  Perchè la Camusso si infila in queste pastoie?.

Crisi di Governo e crisi Italiana

A tutt' oggi Berlusconi non si è dimesso, nè e del tutto chiaro se e quando si dimetterà. Non si può evitare a priori di considerare che quanto succede in questi giorni sia un teatrino. Certamente l'ipotesi più verisimile è che Berlusconi  sia al capolinea. Tuttavia quello che sfugge ai più, temo,  è che Berlusconi  sia una figurina; il concetto di belusconismo, se analizzato compiutamente è fuorviante. Il processo in atto è l'americanizzazione dell'Italia. Berlusconi è una controfigura, un personaggio afflitto da mali ormai incurabili, che si è prestao a recitare una farsa. Ha deciso poco e governato nulla. Si è occupato dei suoi processi e di  belle donnine . La politica la faceva la Lega Nord inclusiva di Tremonti. Da queste vicende non se ne esce positivamente, se essa viene ulteriormente "legittimata". I rapporti tra questo ceto di goveno e la criminalità organizzata, verosimilmente, è di un livello tale da far santificare Andreotti nel confronto. Il fardello che pesa sulla democrazia italiana è pesantissimo. Ma di questo servirebbe una consapevolezza più diffusa e politicamente produttiva. Certo ottimismo di maniera diffuso a sinistra in questi giorni,  può aiutare nel breve periodo, ma alla lunga non paga.Serve, a sinistra, una capacità di guardare avanti e in lontananza, oltre che davanti ai piedi. Il gruppo dirigente del PD ha responsabilità serie, in quello che è accaduto, anzi la sua azione, negli snodi essenziali ha favorito Berlusconi, a partire dal suo atto di nascita e la conseguente caduta di Prodi. Non possiamo dimenticare, e festeggare con loro la caduta di Berlusconi. Il Gattopardo è sempre in agguato.

lunedì 8 novembre 2010

Berlusconi e il berlusconismo

Temo che,  mentre risulta agonizzante il potere personale di Berlusconi, tutti intorno ci si affanna a che, poi nulla cambi. Infatti tutti coloro che sembrano oggi rappresentare l'antiberlusconismo, sono gli stessi che hanno fatto di tutto per assicurargli il successo di questi anni. Le parole "conflitto di interesse" non le pronuncia quasi più nessuno, e la Camusso che critica in TV la Fiom non è proprio il massimo.