domenica 29 luglio 2012

Appello pubblicato su “Il Manifesto” del 24.07.2012



“La politica è uno scontro di interessi , e la gestione di questa crisi economica e sociale non fa eccezione. Ma una particolarità c’è e configura a nostro avviso, una grave lesione della democrazia.
Il modo in cui si parla della crisi costituisce una sistematica deformazione della realtà e una sistematica deformazione della realtà e una intollerabile sottrazione di informazioni a danno dell’opinione pubblica. Le scelte delle autorità comunitarie e dei governi europei, all’origine di un attacco alle condizioni di vita e di lavoro e ai diritti sociali delle popolazioni che non ha precedenti nel secondo dopoguerra, vengono rappresentate, non soltanto dalle forze politiche che le condividono ( e ciò è comprensibile) ma anche dai maggiori mezzi d'informazione (ivi compreso il servizio pubblico), come comportamenti obbligati ("non-scelte"), immediatamente determinati da una crisi a sua volta raffigurata come conseguenza dell'eccessiva generosità dei livelli retributivi e dei sistemi pubblici di welfare. Viene nascosto all'opinione pubblica che, lungi dall'essere un'evidenza, tale rappresentazione riflette un punto di vista ben definito (quello della teoria economica neoliberale), oggetto di severe critiche da parte di economisti non meno autorevoli dei suoi sostenitori.
Così, una teoria controversa, da molti ritenuta corresponsabile della crisi (perché concausa degli eccessi speculativi e degli squilibri strutturali nella divisione internazionale del lavoro e nella distribuzione della ricchezza sociale), è assunta e presentata come autoevidente, sottraendo a milioni di cittadini la nozione della sua opinabilità e impedendo la formazione di un consenso informato, presupposto della sovranità democratica. Non possiamo sottacere che, a nostro giudizio, a rendere particolarmente grave tale stato di cose è il fatto che la sottrazione di informazione che riteniamo necessario denunciare coinvolge l'operato delle stesse più alte cariche dello Stato, alle quali la Costituzione attribuisce precise funzioni di garanzia e vincoli d'imparzialità. Tutto ciò costituisce ai nostri occhi un attacco alla democrazia repubblicana di inaudita gravità, che ai pesantissimi effetti materiali della crisi e di una sua gestione politica volta a determinare una redistribuzione del potere e della ricchezza a beneficio della speculazione finanziaria e dei ceti più abbienti assomma un furto di informazione e di conoscenza gravido di devastanti conseguenze per fa democrazia.

Sin qui l’appello e ogni commento è superfluo essendo la mia condivisione totale. Da precisare che qualche giorno dopo la pubblicazione su “ Il Manifesto” di questo appello “Il Fatto Quotidiano” vi ha dato seguito con una intervista a Luciano Gallino, nella quale si dà conto di successive adesioni.  Di seguito i nomi dei primi firmatari. Preciso inoltre che ho dovuto copiare per incapacità mia a riprodurre diversamente il testo.   

Alberto Burgio, Mario Dogliani, Gianni Ferrara, Luciano Gallino, Giorgio Lunghini, Alfio Mastropaolo, Guido Rossi, Valentino Parlato.

sabato 28 luglio 2012

Taranto, l’Ilva e la proprietà privata, e il furto di informazione


Com’ è noto in questi giorni la magistratura tarantina ha posto sotto sequestro  reparti nocivi dell’Ilva perché fonti di emissioni nocive non solo per l’ambiente “naturale” ma anche e soprattutto per le persone. Gli operai nella terribile scelta di una prospettiva di disoccupazione, e un costo anche pesante sul versante della salute, hanno optato per il posto di lavoro. Del resto come criticarli?. Ora il sindacato ammette ritardi di elaborazione a riguardo della contrapposizione tra occupazione e ambiente, e sono d’accordo. Ma il problema, secondo me sarebbe mal posto in questi termini. La contrapposizione tra salute e lavoro è una contrapposizione artefatta, perché quella vera è tra massimo profitto possibile da un lato e diritti umani dall’altro. Non c’è forse un diritto alla salute? . ovviamente  è  una prima domanda retorica, cui segue la seconda domanda, retorica anch’essa e sarebbe: non c’è forse un diritto al lavoro?. Ora è proprio certo che i due diritti siano inconciliabili?. Ovviamente non credo. La verità è che si ritiene prevalente su questi, il diritto alla proprietà privata. Infatti sarebbe tecnicamente possibile fare in modo che la produzione dell’Ilva non sia nociva, ma questo ha un costo, che verosimilmente la produzione sarebbe in grado di affrontare, ma li potentissimi proprietari dell’Ilva non vogliono, in nome del diritto al massimo profitto possibile, in nome insomma del diritto alla proprietà privata. Nazionalizzare l’Ilva come lo era, e approntare le misure a tutela dell’ambiente e far ripartire la produzione. Ovviamente non se ne parla neppure, nessuno osa mettere in dubbio la proprietà privata, neppure a sinistra. La soluzione sarebbe quella di costituire una operativa di operai che si organizzi per gestire l’impianto dell’Ilva. I Riva vanno espropriati dello stabilimento, perché in un sistema civile degno di questo nome non è possibile gestire un impianto industriale di quella importanza al modo in cui loro è stato gestito in questi anni, con costi enormi dal punto di vista umano e ambientale, a partire dalla salute, a tratti della vita stessa, e dalla dignità umana degli stessi operai che vi lavorano o vi hanno lavorato fino a morirne. Insomma salvaguardare la proprietà privata, la cd libertà d’ impresa sino a questo punto a me pare improponibile. Non sono uno storico di professione, ma la storia di quello stabilimento va elaborata e resa nota, per capire la tragedia che ha comportato. Orbene questo è il limite culturale che ci impedisce di risolvere il problemi. Per carità so bene che passo per vetero, per  visionario e quant’altro, e che nessuno prenderà in considerazione questa ipotesi, eppure, al tempo stesso sono convinto che bisogna incominciare a parlarne, perché le autentiche utopie sono le politiche liberiste, che partendo economiche accumulate grazie anche e soprattutto a generose elargizioni pubbliche. Insomma si è proceduto e si procede  ad una sorta di esproprio all’incontrario che solo un apparato mas mediatico assolutamente dipendente, può far passare questa crisi per un ineludibile esito di complicati processi economici di natura obiettiva. In questo senso condivido e voglio contribuire a diffondere l’appello apparso sul giornale “Il Manifesto” del  24 luglio u. s.  che posterò di seguito e che condivido appieno , sul furto autentico di informazione che è in atto a riguardo della crisi economica. I mezzi di informazione alimentano la tesi appunto dei sacrifici come atto dovuto in seguito ad un tenore di vita che noi comuni cittadini non ci potevamo permettere, identificando in questo la matrice del debito, solo che  è un assurdo detto in malafede. Il tutto in nome dalla sacralità dei privilegi di casta, considerati prevalenti sino ad arrogarsi un vero diritto di esproprio di fatto delle ricchezze che appartengono a noi tutti causando danni incommensurabili. Mentre gli operai di Taranto protestano  comprensibilmente sino la limite dell’autolesionismo, si continua la sceneggiata politichese dello spaed che sale e scende, come mosso da un “mercato” concepito come entità impersonale che agisce solo e soltanto  sulla base di una razionalità economica, mentre, come molti osservatori qualificati e attenti dimostrano il contrario, e cioè che si tratti di manovre politiche ordite da una cerchia relativamente ristretta di persone prevalentemente made in Usa che dispongono di enormi risorse che usano manovrando banche d'affari e istituti di reting in funzione di disegni meramente politici. Ora sull'argomento dei disegni politici ho gia detto su questo blog, e non vale una continua ripetizione.

Melissa Bassi.


Difficilmente ricordo i nomi, ma odio la dittatura mediatica che impone in ogni dove  la sua agenda di discussione. Invece voglio fare ciò che posso perché non ci si dimentichi di Melissa.  Premesso che sui fatti tragici di Brindisi si è detto e scritto di tutto la vicenda è lungi dall’essere conclusa, per cui non vorrei aggiungere altro al momento, se non ricordare il nome di Melissa Bassi, una ragazza che ha pagato una colpa non sua, ha pagato per tutti noi, perché il caso ha voluto che la sua vita, o la sua morte se si vuole,  si trasformasse in  messaggio diretto a tutti noi, e in modo principale, a tutte le ragazze della sua generazione, che  in cominciano ad affrontare una stagione di partecipazione civile.  Ecco queste ragazze hanno avuto il loro tragico “buon giorno”, e noi tutti facciamo un po’ finta di nulla, e non è giusto.