giovedì 17 novembre 2011

Monti e il grande equivoco

Inutile dire che il dibattito ha appassionato tutti e soprattutto il popolo della sinistra, che ha salutato così, in prevalenza, gli anni del berlusconismo. A questo proposito rilevo che, purtroppo moltissimi tra coloro politicamente schierati con i partiti di centrosinistra,  spesso peccano di ingenuità e approssimazione, e sono vittime dei messaggi massmediatici, introiettati senza spirito critico. Infatti  è nella migliore delle ipotesi, finita solo la parte spettacolare dl berlusconismo, nel senso che non tengono più banco sui masmedia questi personaggi da autentico avanspettacolo di pessima fattura. Non si dà il giusto peso, a mio parere, nonostante Vendola, al fatto che Berlusconi ha la maggioranza al Senato e una quasi maggioranza alla Camera, e credere che non ne faccia uso e da ingenui a dir poco, sarebbe la vittoria dell'ottimismo cieco su qualsiasi intelligenza. Del resto non è un caso che non vi è stato mai un voto di sfiducia. In passato i presidenti della Repubblica, rinviavano alle camere i governi dimissionari, solo e soltanto per far certificare dal  parlamento la caduta dei medesimi. Napolitano, invece ha guidato con grande spregiudicatezza istituzionale,  una crisi seguendo un percorso rigorosamente extraparlamentare e mediatico. Basti pensare al tormentone dello spraed,  che continua nella sua altalena senza apprezzabili discontinuità tra le ultime fasi del periodo Berlusconi e quelle iniziali del governo Monti. Solo che nessuno rinfaccia a Monti di non avere la fiducia dei mercati.  Bersani a riguardo rasenta il grottesco. Ovviamente solo la stampa di proprietà berlusconiana ha rilevato la contraddizione. A sinistra invece a riguardo ci sono posizioni più articolate, ma a grande maggioranza sono per Monti. E’ tuttavia una maggiore prudenza sarebbe del tutto opportuna. C’è stata poi un minoranza che ha gridato allo scandalo, sostanzialmente, per gli stessi motivi di cui sopra, solo che sono stati considerati dirimenti e non derubricabili.  Dal mio punto di vista, ho invece apprezzato il profilo “tecnico” ossia il fatto che ci siano ministri competenti, convinto come sono che la competenza negli uomini di governo è un presupposto assolutamente necessario, pur non sufficiente, della democrazia. Per i problemi formali, vorrei ricordare invece il dibattito che suscitò la sortita  di Asor Rosa sul Manifesto del 13.04.2011, quando sembrava invocasse un golpe del presidente Napolitano. I più condannarono quell’intervento proprio in virtù del fatto che l’eventuale intervento del Capo dello Stato sarebbe stato incostituzionale. A quei medesimi critici vorrei ricordare che Napolitano è andato oltre per certi aspetti, l’ipotesi di Asor Rosa. Egli contemplava una supplenza dei poteri del presidente, in via del tutto eccezionale in una ben delineata parentesi temporale, per poi tornare alle urne e ripristinare la normale vita istituzionale. Invece Napolitano, per un verso ha operato una forzatura neppur lieve ma in direzione opposta, nel senso che ha impedito le elezioni. Certo, si può obiettare che  con questa legge elettorale le elezioni servono a ben poco, e tuttavia non siamo in presenza di un governo provvisorio che ha il compito limitato al cambio della legge elettorale, anzi, senza il referendum saremo alle prossime elezioni con la stesa legge. Quindi Napolitano ha creato un precedente non circoscrivibile in un lasso di tempo determinato né in un preciso contesto normativo, il che è ancora  più preoccupante  dal mio punto di vista. E tuttavia per chi come me non ha mai coltivato la sacralità immutabile delle istituzioni, e avendo un concetto di democrazia certamente poco compatibile con queste istituzioni, non posso dolermi più di tanto di questa circostanza. La cosa di cui mi dolgo invece è la nomina a ministro della difesa del Generale Giampaolo Di Paola. Leggo di lui sul “Il fatto quotidiano”  di oggi giovedì 17 : “Presidente del Comitato militare della Nato, il suo incarico sarebbe scaduto a giugno 2012. E’ stato capo di gabinetto ministero della Difesa con Carlo Scognamiglio e poi con Sergio Mattarella. Ha appreso la notizia della nomina durante una missione in Afghanistan.”   Ossia per la prima volta, diventa ministro un generale in carriera, e la generale sottovalutazione di questo elemento francamente mi disorienta più di quanto già non lo sia. Possibile che anche a sinistra si concepisce la crisi come fatto limitato alla contabilità dello stato, o meglio degli stati?. Possibile che non si comprenda come questa crisi va molto al di là di questo, e che le spese e la politica militari sono  dentro questa crisi,  e ne costituiscono una componente primaria? Se non si intaccano i poteri forti che lucrano da questa crisi, non la supereremo mai, e costoro sono già in guerra per difendere i loro interessi, e noi speriamo che proprio coloro che stanno facendo in prima persona queste guerre in cui non è coinvolto nessun interesse nazionale, ci portino fuori da questa crisi? Il dato per cui sono assai più presentabili di quelli di prima non deve fuorviarci. Gli ambienti da cui provengono e gli interessi che sono chiamati a tutelare non sono i nostri, con tutta evidenza.  Spero nessuno, a sinistra, creda ancora contro ogni evidenza, che in Afganistan, e prima ancora in Iraq  e in Libia, e in Siria, e in Iran, dove ci sono evidentemente già combattimenti in corso, la Nato intervenga per la democrazia. Siamo noi forse più democratici delle popolazioni che andiamo a bombardare, perché prima eleggiamo un parlamento nani e ballerine e poi cambiamo governo senza neppure una elezione finta? L’Italia, sotto il profilo sociale e istituzionale, è una palude, mal presidiata da un serio convincimento democratico dei suoi abitanti, e questo ne fa una sorta di terra di nessuno, dove è possibile ogni avventura. La classe dirigente, è con ogni evidenza, del tutto priva di senso dello stato e assolutamente indifferente agli interessi della collettività. In questa palude gli abitanti sembrano vivere sostanzialmente rintanati nelle loro palafitte, nonostante le bellissime piazze dedicate ormai solamente al turismo. Manca del tutto la consapevolezza di appartenere necessariamente ad una comunità, e in queste condizioni ogni cosa è possibile. Si tollera di tutto, e credo che meritiamo ciò che ci capita, e purtroppo ancora ci capiterà.

martedì 8 novembre 2011

Il la fine di Berlusconi, lo stato nazione Italia, il medioevo prossimo venturo

Questa stucchevole telenovela sulle dimissioni di Berlusconi, e sul suo governo, conseguente alla mutata dislocazione politica (si fa per dire)  di personaggi di avanspettacolo, fa davvero rabbrividire. Le questioni sottostanti, pure individuati dagli osservatori più attenti,   che come al solito sono in minoranza, riguardano la crisi finanziaria e le possibili vie d’uscita. Ora viviamo in un situazione per cui, prevalendo i parametri aziendali assunti a modello di tutto, in modo sistematico e omnicomprensivo, non solo le Asl, le scuole, e qualsiasi sevizio, una volta “pubblico” ora è inserito in dinamiche e parametri aziendalistici, ma anche gli Stati nazione sono comparati ad aziende. Questo, si badi bene, è un dettato liberista, anche se ammantato con la finzione della ineluttabilità dei processi economici. Non è sempre stato così. In una tradizione liberaldemocratica di origine illuminista c’è spazio (o c’era spazio) per una diversa concezione dello stato e dei servizi pubblici. In realtà, al di là delle questioni di filosofia del diritto,m tra le due diverse concezioni dello stato, la differenza sostanziale è nella dinamiche pubblico-privato. I vecchi sistemi liberaldemocratici contemplavano la possibilità di un equilibrio  tra il pubblico e il privato, mentre l’attuale liberismo rompe questo equilibrio  determinando l’assoluto predominio del privato. Ora questa concezione arriva al parossismo, perche contempla la possibilità che dei privati prestino denaro ad uno stato non importa quale. Ora nessuno si chiede come mai sia possibile che ciò avvenga. E’ possibile, sulla base di  uno spontaneo gioco di mercato, che un privato accumuli più denaro di uno stato?.     E nel caso specifico, non di uno stato qualsiasi ma anche di stati importanti come la Grecia e l’Italia?. Nessuno si chiede come sia possibile che ciò sia avvenuto senza massicci spostamenti di capitali dalla sfera pubblica a quella privata senza nessuna contropartita per il pubblico?.    In realtà leggi economiche ineluttabili, entro certi limiti e sino a un certo punto non esistono, o meglio quelle che esistono sono sottaciute, e vengono spacciate per tali quelle che non lo sono.  E’ certamente vero che con l’ avvento dell’euro ci sia stata una parziale e progressiva cessione di sovranità da parte degli stati, e sotto una concezione liberaldemocratica, la cosa non dovrebbe risultare scandalosa se i processi di centralizzazione a livello europeo fossero avvenuti di pari passo tra economia e politica. In realtà si sono create strutture economiche, quali l’euro e la Banca Centrale Europea, senza che a fronte ci fosse un potere politico, legittimato democraticamente, al corrispondente livello, che determinasse la gestione di questi strumenti.   Conseguentemente questi strumenti, che sono privati, hanno espropriato di fatto gli stati nazione del primo  e più importante potere della sovranità, che è quello di battere moneta. Quindi si è creata una situazione per cui i privati hanno a disposizione il potere di battere moneta, che gli stati non hanno più. Questi organismi, ma non solo loro, per carità, anche fondi pensione americani, e ogni altro tipo di concentrazione finanziaria, possono prestare denaro agli stati e dettare le condizioni del rientro, condizionando in modo preciso e perentorio, sino alla determinazione delle crisi di governo.  Berlusconi in tutto ciò è una pedina di nessun conto, non capisce nulla di nulla, è un prestanome che ha avuto il fegato si speculare sulle operazioni che gli chiedevano di fare, per lucrare “in proprio”.  Così tanto per dire, la Libia di Gheddafi era, a chiamare le cose col loro nome, una semi colonia italiana, così come lo è tuttora l’Albania. Solo che Obama il simpaticone, con il marito di Carla Bruni, hanno deciso di impossessarsene, con buna pace dell’Eni e di Berlusconi. E Gheddafi è morto (posto che sia vero) perché fidava sulla protezione di Berlusconi di fronte agli squali nordatlantici, sui cui intendimenti da decenni nessuno dotato di senno può avere dubbi. Si dice, ma certamente si è fatto di tutto  dagli omicidi ai finti suicidi perché non fosse accertata la verità, che l’aereo di linea civile abbattuto sopra Ustica il 27.06. 1980 si sia caduto perché si è preso  per errore, un missile diretto ad una aereo militare su cui viaggiava Gheddafi.   Detto ciò per inciso, ora ci tocca sperare in un futuro migliore, nel contesto sopra delineato, perché le Carlucci, gli Stracquadanio, gli Scilipoti  hanno cambiato bandiera. Ma davvero gente così cambia bandiera?. Sono semplici banderuole, ma fanno parte del mondo della spettacolo e non della politica. E se poi tra i due mondi non c’è più distinzione, è problema nostro, perché è un problema che tocca a noi risolvere se ne saremo capaci, altrimenti meriteremo la sorte che ci toccherà. Intanto Il governo non ha più i numeri per reggersi, e tutti parlano del fatto che bisogna dare “fiducia ai mercati” . Cosi il fatidico libero mercato è diventato il moloch che se non fermato per tempo succhierà sangue come l’ha già succhiato da per tutto.  C’è una ultima riflessione a proposito della questione pubblico-privato. Ma non era nel medioevo, sino a prima della rivoluzione francese che gli stati erano consideratati alla stregua di proprietà privata dei regnanti? Certamente, si solo che ora ai regnanti, mica scomparsi del tutto, si sono sostituiti i banchieri, in uno scenario, appunto, di medioevo prossimo futuro.