martedì 15 maggio 2012

Il cortile di casa


Cos’altro deve accadere?. Notizie di cronaca ci dicono che in Grecia si va di nuovo al voto, e che come conseguenza presunta, ci sarà una fuoriuscita ellenica dall’euro. Del resto il debito greco rimane gigantesco, e assolutamente irrecuperabile. Il Fondo Monetario Internazionale, la Banca centrale Europea, stanno applicando a stati europei ricette una volta applicati a stati del terzo mondo. Attraverso il condizionamento politico si inducono governi ad applicare ricette liberiste che sistematicamente  hanno l’effetto non più di impedire lo sviluppo a stati  ex coloniali tradizionalmente inseriti in aree di sottosviluppo, ma di far regredire stati una volta sviluppati, e qualcuno addirittura con un passato coloniale importante come Portogallo, e soprattutto la Francia. In somma raschiato il barile altrove, ora tocca all’Europa.   Il problema della Germania è evidentemente quello di garantire la spoliazione di altri paesi a patto che qualcosa resti per le sue banche e anche per i suoi cittadini. Sempre la cronaca ci dice che in Italia c’è recessione, debito pubblico in aumento, e minori entrate fiscali, come è logico in recessione. Gli effetti sono voluti e nient’affatto accidentali. Che i professori della Bocconi fossero ignoranti lo sospettavo ma non sono certamente stupidi. Lo Stato, unico strumento di politica economica, cessa di pagare piccole imprese danneggiando l’intero sistema produttivo del paese, inducendo addirittura persone al suicidio, carica di tasse sino all’inverosimile i soliti noti, non fa nessuna lotta seria allo spreco, alla corruzione, e all’evasione fiscale, confermandosi che le sirene della Guardia di Finanza servono solo a gettare fumo negli occhi. Insomma Monti sta uccidendo l’Italia, ma come protesta non si va oltre il suicidio e una manciata di voti a Grillo. Un  po’ poco, direi. Quel che mi stupisce è perché i partiti di sinistra, a partire da Sel, visto che il Pd è un’ architrave fondamentale della politica di Monti, non faccia proposte unitaria con la sinistra greca e tutte le altre forze della sinistra negli altri paesi d’Europa, per cambiare le istituzioni e le politiche comunitarie. E’ chiaro che lasciare la Grecia  da sola ad affrontare i suoi problemi non conviene a nessuno, tanto per il temuto effetto domino, quanto per il danno economico che ogni paese subirebbe a causa del fallimento della Grecia. Sarebbe più opportuno che i singoli partiti, quelli di sinistra in modo particolare, mettessero in campo proposte di politica  comunitaria concordate,  tentando così di colmare una assurda asimmetria per cui l’Europa viene governata di fatto da trattati intrisi di tecnicismi che violano platealmente la sovranità degli stati e la democrazia, senza nessuna forma di opposizione visibile. Insomma non è possibile che siano i governi gli unici detentori della possibilità di comunicazione tra le istituzioni europee e le singole nazioni. La dimensione nazionale, temo, un tempo presidio di democrazia, è in via di esaurimento della sua funzione storica, e cercarne la rivitalizzazione credo sia cosa di poco guadagno nelle situazioni date. Si esce dalla crisi tutti insieme, o se non proprio tutti, a partire da aggregazioni di stati con problemi analoghi, invece ci si ritrova a fare il tifo per quel o quell’altro candidato nelle altre nazioni. Ci si illude che Hollande, o Hannelore Kraft risolvano i nostri problemi, mentre ci teniamo un governo Monti, che fa politiche di assoluto “rigore” con la sfrontatezza delle nostre destre, di dire in televisione che fanno il tifo per Hollande, mentre in parlamento, in commissione giustizia fanno una aperta battaglia contro qualche pallido provvedimento anticorruzione.   Il suicidio degli individui, o peggio ancora, la strozzatura economica  degli stati  interi è un incredibile non senso. Servirebbero autentici Stati Uniti d’Europa, mentre i governi che si nono susseguiti nei decenni hanno creato, su evidente dettatura degli Usa, una Europa come un grande Germania a danno di tutti  altri popoli europei. Non c’è consapevolezza che stiamo  continuando a pagare per una gestione statunitense dell’Europa, cominciata dalla fine della 1ª guerra mondiale e rafforzatasi con la 2 ª, oscurata dalla vulgata retorica per cui gli Usa sono intervenuti in Europa per liberala dal nazismo, mentre in vece sono intervenuti per occuparla per il proprio tornaconto, in concorrenza con l’Unione Sovietica, che da sola ormai si avviava alla liquidazione, forse più autentica, del nazismo.  Così hanno fatto della Germania  Ovest, prima, e poi dell’itera Germania poi,  un presidio politico e militare per la tutela dei propri interessi. Gli anni del boom economico hanno contribuito a mascherare questa verità, mentre ora dovrebbe essere percepita come evidente, salvo ostinazione ideologica, atteso che noi stiamo pagando la crisi americana, quella crisi, che gli stessi americani, non possono più scaricare altrove, per l’evidente restringimento della loro egemonia nelle altre aree del mondo, non avendo più a disposizione neppure quel “cortile di casa” come una volta venivano definiti i paesi del Sudamerica. Ormai quel cortile siamo noi.    

domenica 13 maggio 2012

Le sciocchezze di Oliviero Diliberto, e le profonde verità di Lidia Undiemi.


A pag. 9 de “Il Fatto Quotidiano” di ieri 12 maggio,  leggo di un intervista a Oliviero Diliberto a cura di Wanda Marra, dal titolo “ Noi Sel e IdV  insieme batteremmo Grillo”.  Leggo l’intervista e vengo preso da un moto di autentica indignazione, e rimango allibito ed esterrefatto. Diliberto lamenta la frantumazione della sinistra senza la quale la sinistra medesima sarebbe ad una percentuale a due cifre, per ciò che riguarda i voti. Il problema è che la giornalista non chiede a Diliberto  come mai la  sinistra in Italia è frantumata, eppure egli ha usato la scissione da Rifondazione Comunista per marcare un dissenso politico, in occasione della caduta del governo Prodi del 1998. Per carità  la scelta di Bertinotti fu tanto infelice quanto sospetta tant’è che sono convinto che agì su mandato di altri. Tuttavia il susseguirsi di scissioni con conseguenti fallimenti elettorali è il percorso che ha caratterizzato questi parti che, in buona sostanza, si richiamano al vecchio PCI. Ne ereditano una sorta di pragmatismo politichese, tutto schiacciato sulle tattiche del momento, senza nessuna capacità di elaborazione politica, né analisi  teorica conseguente, all’altezza della crisi. Si rifugiano in un economicismo becero, che si limita a denunciare le inefficienze  e le contraddizioni più plateali e superficiali dei governi che si susseguono, salvo poi accodarsi al Pd per ottenere qualche seggio in parlamento, e partecipare alla spartizione del bottino dei rimborsi elettorali. Non è possibile scorgere null’altro dai discorsi. In questa intervista infatti Diliberto batte, non certo per la prima volta, il tasto dell’alleanza a sinistra col Pd, anche lui come Bersani, contento del risultato elettorale. L’alibi di questa comune contentezza è l’aumento delle amministrazioni di sinistra. A parte il fatto che il contributo di Diliberto a questo successo, è davvero imponderabile, rimane il dato che queste elezioni segnano un arretramento in termini di voti di tutti i partiti, compresi quelli di sinistra. Di Pietro e la sua IdV sono stati quasi del tutto risucchiati da Grillo, ma di tutto ciò Diliberto non se ne cura, e sfida il ridicolo quando lamenta la frammentazione della sinistra, e auspica l’unità di tre forze per battere Grillo quando sino a prima del voto, da sola l’ IdV era superiore  a Grillo. Siamo di fronte ad una drammatica testimonianza di come un esponente del livello di Diliberto non abbia capito assolutamente  nulla dell’attuale momento politico, insiste su ricette meramente “politichesi” ossia di schieramento senza contenuti, non riesce a dar conto del fallimento irreversibile e  storico di queste ricette uguali da decenni, che hanno portato questi parti a scomparire dal panorama politico italiano.  Del resto Diliberto ha a disposizione uno strumento efficacissimo per ridurre la frammentazione a sinistra, che consiste nello sciogliere il suo partito e confluire in Sel, eventualmente. Sotto il profilo politico tra  Diliberto, Ferrero e Vendola non ci sono apprezzabili differenze politiche, e non si dica che è una questione di simboli, perché i partiti che si richiamano al comunismo e che fanno della presenza in parlamento  l’unico oggetto di desiderio, senza nessuna capacità di radicamento nel mondo del lavoro si configurano come contraddizione in termini.  Di contro ho ascoltato su Fb e condiviso sulla mia pagina uno splendido intervento di Lidia Undiemi  Il Mes, la finanziarizzazione della democrazia” postato su  youtube che invito a seguire con attenzione lo si trova facilmente su Fb sulla pagina della stessa Lidia e, ad ogni buon conto, l’ho condiviso sulla mia bacheca. E’ un allarme sulla cessione totale di sovranità nazionale a favore di organismi comunitari a carattere finanziario che sono al di fuori di un possibile controllo di qualsiasi autorità giudiziaria. Peccato che nessuno dei nostri politici sia interessato a queste questioni,  Diliberto meno che mai, e neppure Di Pietro, visto che la stessa Lidia si proclama uscente da IdV per questo motivo. La questione è che i massmedia raccontano banalità sulla situazione europea, lasciando che ci si appassioni su quanto Hollande riuscirà ad incidere sulla Merkel per far cambiare la politica ultraliberista, quasi che la stessa Merkel abbia un potere coercitivo sugli altri governi per la firma dei trattati. E’ davvero qualcosa di una gravità inaudita. Una reale cessione di sovranità al fine di favorire la speculazione finanziaria, che acquisisce il diritto a gestire il debito pubblico degli stati a suo piacimento. Con l’evidenza,  già denunciata su questo blog, che il debito pubblico diventa in modo consolidato istituzionalmente, un fattore di guadagni dei grandi gruppi finanziari, che, ovviamene non hanno nessun interesse a farlo regredire. Siamo di fronte ad un prelievo senza precedenti sulle tasche dei cittadini italiani a favore delle banche d’affari, garantito da tutti i partiti in parlamento, che sono stati giustamente puniti in questa tornata amministrativa, e tra questi il Pd, che rivendica la più assoluta fermezza nel sostegno al governo che  ha effettuato questo esproprio letterale,  che voteranno il 29 maggio p.v. a Berlino per la sottoscrizione di questi trattati, il Mes  ossia “Meccanismo europeo di stabilità” e il Fiscal Compact, ossia “Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell'unione economica e monetaria” nell’indifferenza dell’opinione pubblica assolutamente non informata, e di  quel Pd che è tra i principali propugnatori di queste politiche davvero incostituzionali che a parole invocano una svolta politica nella politica europea e italiana, ma in concreto i suoi parlamentari votano e ratificano tutto ciò che Monti e la Merkel decidono. La tragedia è che per effetto del sistema massmediatico, non c’è nessuna possibilità di opporsi perché in realtà non c’è opposizione in parlamento, e al di fuori, a parte voci isolate come quella di Lidia Undiemi, nulla si muove.  La questione delle istituzioni europee  sta diventando una questione di importanza crescente, e perfino prevalente rispetto a le questioni nazionali, assolutamente sottaciute dai media che continuano a imperversare su Grillo e sul significato del suo movimento.  Ora si dice che  la Grecia, avviandosi a nuove elezioni, possa uscire dall’euro, con conseguenze che si vogliono catastrofiche per la Grecia medesima. Nessuno vuole fare bilanci, nessuno dice quest’euro e questa Europa quanto è costata in termini contabili e in termini di progresso complessivo delle società europee, nessuno offre una lettura corretta del bilanciamento tra costi e benefici sino ad ora. Poi giungono ancora notizie di crolli finanziari di banche Usa, vere idrovore dei soldi nostri ma noi in Italia discutiamo di altro, e come sempre in questi casi si torna a parlare di terrorismo. Ormai il copione è arcinoto, e non serve manco parlarne ancora.

mercoledì 9 maggio 2012

Ancora sull’Italia e la Sardegna


All’indomani del primo turno di queste pur parziali elezioni amministrative, leggendo i dati pubblicati su “La Repubblica” di oggi che confronta glie esiti attuali, in termini di numeri di voti, con le ultime regionali, è evidente che la PdL subisce una flessione che non coincide perfettamente con l’azzeramento matematico, coincide in vece con l’azzeramento politico, perché alla sua gravissima flessione  non è tale da potersi  connotare come oscillazione elettorale fisiologica,   perché è qualcosa di molto più grave, tanto più che si somma con analogo arretramento della Lega Nord, che cessa di essere un importante partito di riferimento per il nord Italia. Ciò significa che il centrodestra che ha pesantemente governato nei passati decenni con politiche improntate al razzismo più puro, alla disarticolazione dello Stato nella sua configurazione uscito dalla Resistenza non esiste più. E’ stato travolto da una crisi drammatica che ha indotto cittadini a pronunciamenti elettorali, si badi bene, che sconfessano le politiche di tutti i partiti presenti in parlamento. Ancora una volta fa velo mediatico a questa realtà l’atteggiamento del Pd, che ha, con Bersani, la faccia tosta di dire che avanza sulla base del numero di amministrazioni che passano o passeranno dal centrodestra al centrosinistra. Questo calcolo, sotto il profilo politico è assai fuorviante, perché il Pd, dal punto di vista del numero dei voti, subisce un severissimo arretramento certamente non uguale a quello subito dal PdL ma resta comunque un arretramento gravissimo. Tale gravità sfugge alla visibilità mediatica che pure merita, per effetto, come vien fatto notare da più parti di una forma partito più elastica. In realtà il Pd è un partito contenitore, in cui è possibile trovarci di tutto. In Puglia, ad esempio  ci sono diversi comuni in cui vanno al ballottaggio due candidati di centrosinistra. Se vogliamo essere seri dobbiamo dire che il radicamento del gruppo dirigente del Pd, nel Paese Italia,  non è molto diverso da quello del PdL. Le situazioni di Genova, Palermo, che si aggiungono a quelle di Napoli e Milano nelle passate tornate elettorali, dimostra appunto questo, che sono le stesse primarie a sconfessare le indicazioni della segreteria, senza di che la sconfessione si riscontrerebbe inevitabilmente nel voto vero. Insomma il Pd resiste un po’ grazie a Vendola, è un paradosso, ma è così. Infatti sono convinto che Vendola, se avesse il coraggio di un attacco frontale al Pd, perderebbe sicuramente la Regione Puglia, ma raccoglierebbe, verosimilmente, più voti di Grillo a livello nazionale, invece anche Sel perde voti rispetto alle regionali, seppur di poco, e anzi è cresciuta nei capoluogo di provincia. Del resto non si può avere tutto. Ma c’è un fatto importantissimo che non ha ricevuto il dovuto spazio mediatico, ma ne meriterebbe di più dell’esito del voto e del successo di Grillo. In  Sardegna, domenica 6 maggio u.s. appena tre giorni addietro, 535.000 elettori hanno partecipato ad un referendum sull’abrogazione delle ultime provincie sorte nel 2001, ossia: Carbonia Iglesias, il Medio Campidano, Olbia Tempio e l’Ogliastra.  Il referendum ha retto al quorum richiesto per cui queste provincie verranno abolite, mentre il medesimo referendum ha dato parere favorevole all’abolizione delle provincie storiche. Ecco la Sardegna ha dato un messaggio importante a tutta l’Italia, grillini compresi, mentre noi pugliesi, ad esempio in condizioni politiche e ambientali ben diverse rispetto alla Sardegna, ci teniamo anche la BAT, ossia Barletta, Andria Trani, perché non si sono messi d’accordo neppure per un capoluogo di provincia, a dire quale impulso nobile presieda la sua nascita.  Questo messaggio tuttavia è passato sotto il sostanziale silenzio dei massmedia, che hanno dato maggior rilievo al battibecco tra Napolitano e Grillo. In questo blog ho già trattato del rapporto tra l’Italia e Sardegna, quasi che questa meravigliosa isola fosse qualcosa di marginale alla nazione stessa. Ho già detto dell’emarginazione della sua storia dai nostri testi di studio, e non solo dai manuali scolastici, a riprova di un limite culturale, in un contesto in cui viceversa ha potuto prendere corpo in Italia un partito folle, animato da ideologie folli, gestito da personaggi folli a loro volta che solo ora pare destinato al declino, che l’ha  dominata per decenni, imponendo leggi assurde e dispendiose, neppure abrogate ora che è, teoricamente, all’opposizione, che pare coinvolta in operazioni di riciclaggio della ‘ndrangheta. Questo partito della Lega Nord era gestita in regime monarchico da un signore assai caratterizzato da una capacità comunicativa, tutta imperniata su monosillabi, al massimo bisillabi, o gesti e gestacci di vario tipo, e aveva come erede designato ufficialmente e pubblicamente, un erede le cui imprese culturali, si fa per dire, riempiono le cronache di questi giorni prima del voto. Questo stesso paese, nel secolo scorso ha tenuto un intellettuale come Gramsci, nato ad Ales, in Sardegna, provincia di Oristano, che non fa più notizia dai tempi del banditismo,  a morire in carcere, altri ne ha esiliati, altri ancora li ha ridotti al silenzio, e li emargina in continuazione. Questo paese, i suoi intellettuali, non avrà davvero un periodo di pace e prosperità, se non ha la capacità di riflettere su sé stesso e sulla sua propria storia,  se non sarà capace di dibattere sottraendosi alla dittatura delle priorità  mediatiche, se non comprende l’impossibilità di una Europa continentale che vuole stritolare i paesi del Mediterraneo, autentico nodo di possibile pace e sviluppo, più di quanto non lo siano le banche tedesche. Se non si apprendono sino in fondo i valori della democrazia, quei valori nati in quella Grecia che l’Europa sta martirizzando. Quella democrazia alla luce della quale, si dovrebbe comprendere come in Italia,  questo parlamento rappresenta, mai con tanta evidenza come in questo momento alla luce di questi pronunciamenti popolari, seppur parziali, solo se stesso e i poteri più o meno occulti che gli sono sottostanti.   Ci sono questioni aperte come la nomina del nuovo CdA della Rai, le possibili riforme della giustizia su cui pendono ancora gli interessi di Berlusconi nell’ultimo e più pittoresco dei suoi processi, quei processi cui si voleva sottrarre in quanto eletto dal popolo. Sono questioni cui l’insieme dei massmedia ancora controllati dal medesimo Berlusconi, non dà il dovuto risalto, con i giornali di sua proprietà che invocano l’abbandono del governo Monti ma non, ovviamente, che restituisca il maltolto agli italiani. Governo Monti che platealmente ormai si regge solo sul Pd. Riporta un trafiletto a pag. 9 de “Il Fatto Quotidiano”  di oggi  a firma di Caterina Perniconi, che: ‹‹ Il deputato democratico Roberto Giachetti ha presentato una proposta per limitare le prestazioni “fuori ruolo” di magistrati ordinari, amministrativi e contabili e degli avvocati e procuratori dello Stato. (….) Una misura che fa infuriare molti papaveri di Stato. Ma che, incredibilmente, nonostante il parere contrario  del governo, ha ricevuto l’ok da tutti i partiti politici. Pd escluso. Sì, proprio il partito del proponente, Giachetti. ››. Il provvedimento è volto a limitare poteri e prebende degli apparati burocratici dello stato, ma il governo che taglia le pensioni,   non vuole tagliare le prebende dei propri collaboratori. Il ruolo del Pd, diventa sempre più kafkiano. Fosse possibile fermare, come con uno scatto fotografico del mio amico Mammone,  l’immagine questo momento storico, risulterebbero con una evidenza impensabile in altri momenti, i problemi strutturali del nostro Paese, tutto sta a vedere a quante persone farebbe piacere guardarla.

domenica 6 maggio 2012

Una crisi che si avvita ulteriormente. Grillo e l’antipolitica.


 Monti continua ad invocare la crescita, si dice perfino disponibile ad una tassa  patrimoniale ma in concreto il governo “tecnico” sembra gettare la maschera, e diventa un governo politico a tutti gli effetti, anche mediatici. Con la richiesta di aiuto a Bondi, Giavazzi, e Amato, figuriamoci, è come se Monti dichiarasse il limite tecnico della sua compagine e poco importa se la cosa entusiasma Massimo Giannini di “la Repubblica”  che parla addirittura di un colpo d’ala di Monti, che così si sottrarrebbe al destino del galleggiamento che contraddistingue i governicchi di basso profilo.  E’  evidente che Monti stia facendo la guardia  al bottino già incassato a favore delle banche con il decreto “salva Italia” e relativa  falcidie delle pensioni, con l’Imu e conseguente saccheggio del ceto medio, affinché i legittimi proprietari non se ne rimpossessano.  Va in onda una discreta messa in scena da cui sembrerebbe che vi sia dissidio tra Monti e la Pdl a me sembra del tutto strumentale. Per verificare la serietà di un dissenso di tal fatta, aspetterei a verificare se Monti sottrae la Rai al controllo di Berlusconi, e la affidasse a Santoro e a Freccero. Allora il contrasto sarebbe credibile, ma sino a quel momento devo pensare che si tratta di una messa in scena finalizzata a ridare una sorta di “verginità”, si fa per dire, allo stesso Berlusconi e alla Lega Nord.  La quale verosimilmente è dietro la stupidaggine dell’imprenditore di Bergamo che, armato più di Rambo, si è introdotto in una sede di Equitalia inscenando una presunta disperazione perché non  voleva pagare il canone Rai. Il dato di fondo è che il governo Monti è insostenibile, non si spreca neppure a dar conto del mancato prelievo sui capitali scudati, quando parla di una ipotetica tassa patrimoniale, che per essere credibile, deve essere severissima e sostitutiva a tutte le altre, e non aggiungersi. I tagli al superfluo si possono fare senza alcun ulteriore sostegno tecnico, invece si faranno a danno di istituzioni già più che provate dai tagli del governo precedente. Credo si impongano due considerazioni a riguardo di questi avvenimenti. Il primo è che c’è una concezione di quel che dovrebbe essere un bilancio di uno stato che è assolutamente prevalente nella cittadinanza comunque orientata politicamente che considera tale  bilancio  un fatto “tecnico” alla stregua di un qualsiasi bilancio aziendale, mentre il bilancio dello stato è un fatto assolutamente politico, e il dato del suo pareggio, almeno tendenziale, dovrebbe essere una costate di qualsiasi amministrazione di qualsivoglia orientamento politico. Invece tutti danno per acquisito che la spesa dello stato sia in sé uno spreco, neppure equivalente a quella  di una azienda qualsiasi, mentre dovrebbe essere evidente, che la spesa pubblica, al netto della corruzione e del malaffare è una spesa necessaria e opportuna, alla cui riduzione può concorrere addirittura un aumento del personale dipendente, perché sono da considerarsi sprechi anche le convenzioni che appaltano servizi all’esterno. Sono servizi, a partire dalla sanità, e ora alla scuola, ai trasporti, alle comunicazioni, visto che ci sono coinvolto in prima persona, anche, alla formazione professionale che avrebbero un costo per lo stato sicuramente minore nella misura del profitto che necessariamente le società private che gestiscono questi servizi devono realizzare. Le privatizzazioni, insomma, sono un capitolo  da collocarsi nella colonna delle uscite del bilancio pubblico, non delle entrate, come si tende a far credere. Per questa via si induce la cittadinanza a valutare come rimedi quelle che invece sono le cause della crisi medesima. Tutto ciò dovrebbe risultare  evidente alla luce del buon senso, ma l’apparato massmediatico induce a nascondere tale evidenza, al contrario cerca di “assorbire”  cinicamente tale crisi spettacolarizzandola, ossia spettacolarizzando i suicidi dei piccoli imprenditori, col risultato di inculcare sempre più la convinzione che il suicidio, ossia la disperazione dei singoli sia l’unica risposta possibile alla crisi. Ma non è così. Così come non c’è una uscita reale dietro l’angolo, che non c’è nessuna nel futuro prossimo perché è una crisi strutturale del capitalismo, che  ha smesso di crescere perché i meccanismi di accumulazione dei profitti non implicano più una “crescita”  Certo i soldi si fanno ancora con le aziende che producono, ma ancor di più si fanno con la speculazione finanziaria, oltre che con i servizi che per loro natura dovrebbero essere pubblici, e quindi gestiti  con la prerogativa del semplice pareggio di bilancio, e non in funzione del profitto. In Italia, e non solo in Italia, invece, non fa scandalo che si possa trarre profitto speculando sulla salute, sull’istruzione e via dicendo. Ma tornando alla speculazione finanziaria, si comprende come essa trova il massimo alimento possibile con la speculazione sul debito pubblico degli stati. Questo è il cardine del problema, questo è il motivo per cui Monti non ha nessuna intenzione di portare realmente lo stato italiano al pareggio di bilancio, e spinge la commedia fino a organizzare una pseudo sollecitazione popolare a indicare gli sprechi, quasi non si rendesse conto che egli stesso e i sui ministri sono uno spreco intollerabile nell’attuale situazione.  Non certo perché voglia qui sostenere che uno stato possa spendere e spandere senza tener conto dei propri bilanci, al contrario sono convinto che una corretta amministrazione della cosa pubblica presuppone dei bilanci in ordine. Solo che devono essere i bilanci statali una funzione della politica e non viceversa, non si fa una politica per il bilancio. Avere un bilancio in pareggio dovrebbe essere cosa semplice, alla luce del buon senso di padre di famiglia che amministra un bilancio famigliare. Si rinunciano ai lussi, alle cose che almeno al momento non sono consentite dai problemi finanziari. Ma le pensioni sono un diritto acquisito col lavoro, non un lusso. I lussi sono istituzioni costose e non necessarie, quali circoscrizioni, provincie e regioni. Smettere con le politiche di privatizzazioni che aumentano i costi di servizi, che se gestiti onestamente, si potrebbero consentire risparmi sostanziosi, dovuti appunto ai mancati profitti dei privati che lucrano su servizi come la sanità e ormai istruzione, e quant’altro, con necessari aggravi di costi, giovi ripeterlo. In passato era così. Certo i tanti liberisti fanno notare che la gestione pubblica comportava inefficienze e sprechi, ma la soluzione consisteva nel sanzionare adeguatamente chi materialmente si rendeva responsabile di queste pecche, senza ricorrere a soluzioni che al contrario, non correggevano alcun problema di gestione, anzi li aggravavano. Qualcuno mi dica l’esito delle privatizzazioni  massicce operate negli ultimi decenni, ma incuranti di ciò se propongono ancora altre. Nel frattempo abbiamo perso un ruolo nel settore dell’automobile, dove, una volta, eravamo messi benino. Un lusso cui rinunciare per ogni motivo possibile sono le missioni militari all’estero dove mantengono focolai di guerra e di tensione senza risolvere nessuno dei problemi agitati per giustificarli. Certamente si può rinunciare alla Tav in Val  di Susa, alla sussistente società per l’ormai abbandonato progetto sul ponte di Messina, all’acquisto di costosissimi aerei da combattimento del tutto inutili, se non per scelte di aggressione militare.  Insomma, comunque la si pensi, c’ è una crisi socio economica sempre più drammatica. Ma il governo Monti opera come dicevo prima, il Pd promette fedeltà eterna, mentre la PdL, più furbescamente, sostiene il governo, ma dando l’impressione di essergli contro. Basta leggere i giornali di Berlusconi, i discorsi della Lega Lord che deve essere considerata ancora e sempre una costola esterna della PdL. Ebbene in tutto questo pare che il problema il guaio sia Grillo e le cose che dice. Premetto subito che non ho una buona opinione del movimento di Beppe Grillo, solo che su tantissimi temi ha ragione, poi ogni tanto infila stupidaggini nei suoi discorsi  tuttavia è un interlocutore interessante che non va demonizzato.  Di modo che Grillo rappresenterebbe l’antipolitica, mentre la Lega  Nord sarebbe un pezzo di questa politica.  Questo partito in odore di ‘ndrangheta al pari del Pdl avrebbe una sua legittimità istituzionale, mentre Grillo viene additato all’unisono come antipolitica da mettere al bando. Nessuno si chiede come sia possibile, sulla base di quale curriculum o doti di fatto, un Belsito sia diventato tesoriere  della Lega consigliere di una azienda come Finmeccanica,  sulla base di quale curriculum e di quali competenze, al di fuori di una considerazione semplice,   per cui era un soggetto sacrificabile da poter dare in pasto ai giudici e ai militanti, oltre che all’opinione pubblica in generale. Credere davvero che i segretari politici siano all’oscuro dei problemi finanziari dei propri parti e non solo, è di una ingenuità davvero insopportabile. Non è dato in natura, che un segretario di partito si disinteressi delle questioni finanziarie, al contrario, costituiscono priorità imprescindibili. Tuttavia si ha la sensazione che tutti i parti e lo stesso Napolitano trovino più gravi le pagliuzze nell’occhio di Grillo che le travi negli occhi degli altri partiti. Io non credo in Grillo,  mi ripeto, perché, al di fuori dell’eloquio scoppiettante non coglie la gravità della crisi che ci attanaglia, che è una crisi di sistema, non risolvibile all’interno di queste istituzioni, solo cambiando il personale politico. Ma la cosa più grave è che la situazione è in movimento, e quel  che verrà probabilmente peggio di quel che abbiamo. Non è pensabile che l’esperienza Monti lasci l’assetto politico che ha trovato. Infatti sono già iniziate le grandi manovre, e ciò che più temo è che le destre, come in parte già avviene, cavalchino la protesta e il malcontento che loro   hanno causato, e pensare che Berlusconi sia davvero finito è una illusione che lascio volentieri ad altri. Come non comprendere che è il principale beneficiario dell’operazione Monti sia proprio lui?.   A parte ciò, l’ostinazione con cui Bersani si rifiuta di prendere atto che la politica di Monti lascerà un Paese in condizioni ben peggiori di quelle in cui l’ha lascito Berlusconi, con un debito pubblico più alto e problemi sociali drammaticamente più gravi, in preda ad una recessione voluta cinicamente. Siamo insomma su un piano inclinato su cui sarà impossibile risalire. Per questo non condivido le posizioni di coloro che da sinistra, ritengono la partecipazione al voto un dogma della democrazia, mentre con tutta evidenza così non più post che lo sia mai stato.   Queste istituzioni ormai non secernano solo personaggi demenziali. Da Trota padre, a Trota figlio, da Berlusconi alla Fornero, da Monti a Bersani, da D’ Alema a Rutelli  non c’è scampo. La satira produce evidentemente personaggi di gran lunga migliori, a partire dallo stesso Grillo, ma anche Crozza, sorelle e fratello Guzzanti, suggeriscono migliori proposte politiche. Il voto in Italia non è più uno strumento adatto a selezionare una cd classe dirigente  degne di fede. Io non sono un astensionista “ideologico” , continuo a sostenere Vendola e Sel. Sul piano personale credo che non ci sia confronto. Vendola è un politico autentico, e cerca di fare il possibile nelle condizioni date, non ha come massima ambizione l’arricchimento personale. Dal suo impegno politico ha ricavato abbastanza  legittimamente e credo che gli basti, non credo che abbia bacchetta magica, e la situazione è così grave che, sul piano generale, è proprio di bacchette magiche che c’è bisogno.  Certo si vota in diverse parti d’Europa, e non solo in Francia dove pare che Hollande vinca, e se da queste elezioni ne uscisse indebolito questo liberismo ideologico e asfissiante, sarebbe una grande cosa, ma l’Europa ha nel suo seno una questione tedesca, esito delle conclusioni distorte di due conflitti mondiali che hanno posto problemi cui gli Usa anno impedito  soluzioni confacenti alla realtà dei fatti. Al termine del primo conflitto hanno imposto penalizzazioni eccessive alla Germania, che  hanno propiziato lo scoppio del secondo, al termine del quale  invece ne hanno fatto un caposaldo politico e militare del proprio dominio in Europa, il che ha favorito e aggravato la crisi che stiamo vivendo. L’auspicio è che non sia necessario un terzo conflitto per risolvere il tutto nella distruzione della umanità intera, e tuttavia realisticamente, in quella direzione ci si sta muovendo.