Cos’altro deve accadere?. Notizie di cronaca ci dicono
che in Grecia si va di nuovo al voto, e che come conseguenza presunta, ci sarà
una fuoriuscita ellenica dall’euro. Del resto il debito greco rimane
gigantesco, e assolutamente irrecuperabile. Il Fondo Monetario Internazionale,
la Banca centrale Europea, stanno applicando a stati europei ricette una volta
applicati a stati del terzo mondo. Attraverso il condizionamento politico si
inducono governi ad applicare ricette liberiste che sistematicamente hanno l’effetto non più di impedire lo
sviluppo a stati ex coloniali tradizionalmente
inseriti in aree di sottosviluppo, ma di far regredire stati una volta
sviluppati, e qualcuno addirittura con un passato coloniale importante come
Portogallo, e soprattutto la Francia. In somma raschiato il barile altrove, ora
tocca all’Europa. Il problema della Germania è evidentemente quello
di garantire la spoliazione di altri paesi a patto che qualcosa resti per le
sue banche e anche per i suoi cittadini. Sempre la cronaca ci dice che in
Italia c’è recessione, debito pubblico in aumento, e minori entrate fiscali, come
è logico in recessione. Gli effetti sono voluti e nient’affatto accidentali.
Che i professori della Bocconi fossero ignoranti lo sospettavo ma non sono certamente
stupidi. Lo Stato, unico strumento di politica economica, cessa di pagare
piccole imprese danneggiando l’intero sistema produttivo del paese, inducendo
addirittura persone al suicidio, carica di tasse sino all’inverosimile i soliti
noti, non fa nessuna lotta seria allo spreco, alla corruzione, e all’evasione
fiscale, confermandosi che le sirene della Guardia di Finanza servono solo a
gettare fumo negli occhi. Insomma Monti sta uccidendo l’Italia, ma come
protesta non si va oltre il suicidio e una manciata di voti a Grillo. Un po’ poco, direi. Quel che mi stupisce è perché
i partiti di sinistra, a partire da Sel, visto che il Pd è un’ architrave
fondamentale della politica di Monti, non faccia proposte unitaria con la
sinistra greca e tutte le altre forze della sinistra negli altri paesi d’Europa,
per cambiare le istituzioni e le politiche comunitarie. E’ chiaro che lasciare
la Grecia da sola ad affrontare i suoi
problemi non conviene a nessuno, tanto per il temuto effetto domino, quanto per
il danno economico che ogni paese subirebbe a causa del fallimento della
Grecia. Sarebbe più opportuno che i singoli partiti, quelli di sinistra in modo
particolare, mettessero in campo proposte di politica comunitaria concordate, tentando così di colmare una assurda asimmetria
per cui l’Europa viene governata di fatto da trattati intrisi di tecnicismi che
violano platealmente la sovranità degli stati e la democrazia, senza nessuna
forma di opposizione visibile. Insomma non è possibile che siano i governi gli
unici detentori della possibilità di comunicazione tra le istituzioni europee e
le singole nazioni. La dimensione nazionale, temo, un tempo presidio di
democrazia, è in via di esaurimento della sua funzione storica, e cercarne la
rivitalizzazione credo sia cosa di poco guadagno nelle situazioni date. Si esce
dalla crisi tutti insieme, o se non proprio tutti, a partire da aggregazioni di
stati con problemi analoghi, invece ci si ritrova a fare il tifo per quel o
quell’altro candidato nelle altre nazioni. Ci si illude che Hollande, o Hannelore
Kraft risolvano i nostri problemi, mentre ci teniamo un governo Monti, che fa
politiche di assoluto “rigore” con la sfrontatezza delle nostre destre, di dire
in televisione che fanno il tifo per Hollande, mentre in parlamento, in
commissione giustizia fanno una aperta battaglia contro qualche pallido
provvedimento anticorruzione. Il suicidio degli individui, o peggio ancora,
la strozzatura economica degli stati interi è un incredibile non senso.
Servirebbero autentici Stati Uniti d’Europa, mentre i governi che si nono
susseguiti nei decenni hanno creato, su evidente dettatura degli Usa, una Europa
come un grande Germania a danno di tutti altri popoli europei. Non c’è consapevolezza
che stiamo continuando a pagare per una
gestione statunitense dell’Europa, cominciata dalla fine della 1ª guerra
mondiale e rafforzatasi con la 2 ª, oscurata dalla vulgata retorica per cui gli
Usa sono intervenuti in Europa per liberala dal nazismo, mentre in vece sono
intervenuti per occuparla per il proprio tornaconto, in concorrenza con l’Unione
Sovietica, che da sola ormai si avviava alla liquidazione, forse più autentica,
del nazismo. Così hanno fatto della Germania
Ovest, prima, e poi dell’itera Germania
poi, un presidio politico e militare per
la tutela dei propri interessi. Gli anni del boom economico hanno contribuito a
mascherare questa verità, mentre ora dovrebbe essere percepita come evidente,
salvo ostinazione ideologica, atteso che noi stiamo pagando la crisi americana,
quella crisi, che gli stessi americani, non possono più scaricare altrove, per
l’evidente restringimento della loro egemonia nelle altre aree del mondo, non
avendo più a disposizione neppure quel “cortile di casa” come una volta
venivano definiti i paesi del Sudamerica. Ormai quel cortile siamo noi.
martedì 15 maggio 2012
domenica 13 maggio 2012
Le sciocchezze di Oliviero Diliberto, e le profonde verità di Lidia Undiemi.
A pag. 9 de “Il Fatto Quotidiano”
di ieri 12 maggio, leggo di un
intervista a Oliviero Diliberto a cura di Wanda Marra, dal titolo “ Noi Sel e IdV
insieme batteremmo Grillo”.
Leggo l’intervista e vengo preso da un moto di autentica indignazione, e
rimango allibito ed esterrefatto. Diliberto lamenta la frantumazione della
sinistra senza la quale la sinistra medesima sarebbe ad una percentuale a due
cifre, per ciò che riguarda i voti. Il problema è che la giornalista non chiede
a Diliberto come mai la sinistra in Italia è frantumata, eppure egli
ha usato la scissione da Rifondazione Comunista per marcare un dissenso
politico, in occasione della caduta del governo Prodi del 1998. Per carità la scelta di Bertinotti fu tanto infelice
quanto sospetta tant’è che sono convinto che agì su mandato di altri. Tuttavia
il susseguirsi di scissioni con conseguenti fallimenti elettorali è il percorso
che ha caratterizzato questi parti che, in buona sostanza, si richiamano al
vecchio PCI. Ne ereditano una sorta di pragmatismo politichese, tutto
schiacciato sulle tattiche del momento, senza nessuna capacità di elaborazione
politica, né analisi teorica
conseguente, all’altezza della crisi. Si rifugiano in un economicismo becero,
che si limita a denunciare le inefficienze e le contraddizioni più plateali e superficiali
dei governi che si susseguono, salvo poi accodarsi al Pd per ottenere qualche
seggio in parlamento, e partecipare alla spartizione del bottino dei rimborsi
elettorali. Non è possibile scorgere null’altro dai discorsi. In questa
intervista infatti Diliberto batte, non certo per la prima volta, il tasto
dell’alleanza a sinistra col Pd, anche lui come Bersani, contento del risultato
elettorale. L’alibi di questa comune contentezza è l’aumento delle
amministrazioni di sinistra. A parte il fatto che il contributo di Diliberto a
questo successo, è davvero
imponderabile, rimane il dato che queste elezioni segnano un arretramento in
termini di voti di tutti i partiti, compresi quelli di sinistra. Di Pietro e la
sua IdV sono stati quasi del tutto risucchiati da Grillo, ma di tutto ciò
Diliberto non se ne cura, e sfida il ridicolo quando lamenta la frammentazione
della sinistra, e auspica l’unità di tre forze per battere Grillo quando sino a
prima del voto, da sola l’ IdV era superiore
a Grillo. Siamo di fronte ad una drammatica testimonianza di come un
esponente del livello di Diliberto non abbia capito assolutamente nulla dell’attuale momento politico, insiste
su ricette meramente “politichesi” ossia di schieramento senza contenuti, non
riesce a dar conto del fallimento irreversibile e storico di queste ricette uguali da decenni,
che hanno portato questi parti a scomparire dal panorama politico italiano. Del resto Diliberto ha a disposizione uno
strumento efficacissimo per ridurre la frammentazione a sinistra, che consiste
nello sciogliere il suo partito e confluire in Sel, eventualmente. Sotto il profilo
politico tra Diliberto, Ferrero e
Vendola non ci sono apprezzabili differenze politiche, e non si dica che è una
questione di simboli, perché i partiti che si richiamano al comunismo e che
fanno della presenza in parlamento l’unico
oggetto di desiderio, senza nessuna capacità di radicamento nel mondo del
lavoro si configurano come contraddizione in termini. Di contro ho ascoltato su Fb e condiviso sulla
mia pagina uno splendido intervento di Lidia Undiemi “ Il Mes, la finanziarizzazione della democrazia”
postato su youtube che invito a seguire
con attenzione lo si trova facilmente su Fb sulla pagina della stessa Lidia e,
ad ogni buon conto, l’ho condiviso sulla mia bacheca. E’ un allarme sulla
cessione totale di sovranità nazionale a favore di organismi comunitari a
carattere finanziario che sono al di fuori di un possibile controllo di
qualsiasi autorità giudiziaria. Peccato che nessuno dei nostri politici sia
interessato a queste questioni,
Diliberto meno che mai, e neppure Di Pietro, visto che la stessa Lidia
si proclama uscente da IdV per questo motivo. La questione è che i massmedia
raccontano banalità sulla situazione europea, lasciando che ci si appassioni su
quanto Hollande riuscirà ad incidere sulla Merkel per far cambiare la politica
ultraliberista, quasi che la stessa Merkel abbia un potere coercitivo sugli
altri governi per la firma dei trattati. E’ davvero qualcosa di una gravità
inaudita. Una reale cessione di sovranità al fine di favorire la speculazione
finanziaria, che acquisisce il diritto a gestire il debito pubblico degli stati
a suo piacimento. Con l’evidenza, già
denunciata su questo blog, che il debito pubblico diventa in modo consolidato
istituzionalmente, un fattore di guadagni dei grandi gruppi finanziari, che,
ovviamene non hanno nessun interesse a farlo regredire. Siamo di fronte ad un
prelievo senza precedenti sulle tasche dei cittadini italiani a favore delle
banche d’affari, garantito da tutti i partiti in parlamento, che sono stati
giustamente puniti in questa tornata amministrativa, e tra questi il Pd, che
rivendica la più assoluta fermezza nel sostegno al governo che ha effettuato questo esproprio letterale, che voteranno il 29 maggio p.v. a Berlino per
la sottoscrizione di questi trattati, il Mes ossia “Meccanismo europeo di stabilità” e il Fiscal
Compact, ossia “Trattato
sulla stabilità, coordinamento e governance nell'unione economica e monetaria”
nell’indifferenza dell’opinione pubblica assolutamente non informata, e di quel Pd che è tra i principali propugnatori di
queste politiche davvero incostituzionali che a parole invocano una svolta
politica nella politica europea e italiana, ma in concreto i suoi parlamentari
votano e ratificano tutto ciò che Monti e la Merkel decidono. La tragedia è che
per effetto del sistema massmediatico, non c’è nessuna possibilità di opporsi
perché in realtà non c’è opposizione in parlamento, e al di fuori, a parte voci
isolate come quella di Lidia Undiemi, nulla si muove. La questione delle istituzioni europee sta diventando una questione di importanza
crescente, e perfino prevalente rispetto a le questioni nazionali, assolutamente
sottaciute dai media che continuano a imperversare su Grillo e sul significato
del suo movimento. Ora si dice che la Grecia, avviandosi a nuove elezioni, possa
uscire dall’euro, con conseguenze che si vogliono catastrofiche per la Grecia
medesima. Nessuno vuole fare bilanci, nessuno dice quest’euro e questa Europa
quanto è costata in termini contabili e in termini di progresso complessivo
delle società europee, nessuno offre una lettura corretta del bilanciamento tra
costi e benefici sino ad ora. Poi giungono ancora notizie di crolli finanziari
di banche Usa, vere idrovore dei soldi nostri ma noi in Italia discutiamo di altro,
e come sempre in questi casi si torna a parlare di terrorismo. Ormai il copione
è arcinoto, e non serve manco parlarne ancora.
mercoledì 9 maggio 2012
Ancora sull’Italia e la Sardegna
All’indomani del primo turno di queste pur parziali
elezioni amministrative, leggendo i dati pubblicati su “La Repubblica” di oggi che
confronta glie esiti attuali, in termini di numeri di voti, con le ultime
regionali, è evidente che la PdL subisce una flessione che non coincide
perfettamente con l’azzeramento matematico, coincide in vece con l’azzeramento
politico, perché alla sua gravissima flessione non è tale da potersi connotare come oscillazione elettorale
fisiologica, perché è qualcosa di molto più grave, tanto
più che si somma con analogo arretramento della Lega Nord, che cessa di essere
un importante partito di riferimento per il nord Italia. Ciò significa che il
centrodestra che ha pesantemente governato nei passati decenni con politiche
improntate al razzismo più puro, alla disarticolazione dello Stato nella sua configurazione
uscito dalla Resistenza non esiste più. E’ stato travolto da una crisi
drammatica che ha indotto cittadini a pronunciamenti elettorali, si badi bene,
che sconfessano le politiche di tutti i partiti presenti in parlamento. Ancora
una volta fa velo mediatico a questa realtà l’atteggiamento del Pd, che ha, con
Bersani, la faccia tosta di dire che avanza sulla base del numero di
amministrazioni che passano o passeranno dal centrodestra al centrosinistra.
Questo calcolo, sotto il profilo politico è assai fuorviante, perché il Pd, dal
punto di vista del numero dei voti, subisce un severissimo arretramento
certamente non uguale a quello subito dal PdL ma resta comunque un arretramento
gravissimo. Tale gravità sfugge alla visibilità mediatica che pure merita, per
effetto, come vien fatto notare da più parti di una forma partito più elastica.
In realtà il Pd è un partito contenitore, in cui è possibile trovarci di tutto.
In Puglia, ad esempio ci sono diversi
comuni in cui vanno al ballottaggio due candidati di centrosinistra. Se
vogliamo essere seri dobbiamo dire che il radicamento del gruppo dirigente del
Pd, nel Paese Italia, non è molto
diverso da quello del PdL. Le situazioni di Genova, Palermo, che si aggiungono
a quelle di Napoli e Milano nelle passate tornate elettorali, dimostra appunto
questo, che sono le stesse primarie a sconfessare le indicazioni della
segreteria, senza di che la sconfessione si riscontrerebbe inevitabilmente nel
voto vero. Insomma il Pd resiste un po’ grazie a Vendola, è un paradosso, ma è
così. Infatti sono convinto che Vendola, se avesse il coraggio di un attacco
frontale al Pd, perderebbe sicuramente la Regione Puglia, ma raccoglierebbe,
verosimilmente, più voti di Grillo a livello nazionale, invece anche Sel perde
voti rispetto alle regionali, seppur di poco, e anzi è cresciuta nei capoluogo
di provincia. Del resto non si può avere tutto. Ma c’è un fatto importantissimo
che non ha ricevuto il dovuto spazio mediatico, ma ne meriterebbe di più dell’esito
del voto e del successo di Grillo. In Sardegna,
domenica 6 maggio u.s. appena tre giorni addietro, 535.000 elettori hanno
partecipato ad un referendum sull’abrogazione delle ultime provincie sorte nel 2001,
ossia: Carbonia Iglesias, il Medio Campidano, Olbia Tempio e l’Ogliastra. Il referendum ha retto al quorum richiesto per
cui queste provincie verranno abolite, mentre il medesimo referendum ha dato
parere favorevole all’abolizione delle provincie storiche. Ecco la Sardegna ha
dato un messaggio importante a tutta l’Italia, grillini compresi, mentre noi
pugliesi, ad esempio in condizioni politiche e ambientali ben diverse rispetto
alla Sardegna, ci teniamo anche la BAT, ossia Barletta, Andria Trani, perché non
si sono messi d’accordo neppure per un capoluogo di provincia, a dire quale
impulso nobile presieda la sua nascita. Questo
messaggio tuttavia è passato sotto il sostanziale silenzio dei massmedia, che
hanno dato maggior rilievo al battibecco tra Napolitano e Grillo. In questo
blog ho già trattato del rapporto tra l’Italia e Sardegna, quasi che questa
meravigliosa isola fosse qualcosa di marginale alla nazione stessa. Ho già
detto dell’emarginazione della sua storia dai nostri testi di studio, e non
solo dai manuali scolastici, a riprova di un limite culturale, in un contesto
in cui viceversa ha potuto prendere corpo in Italia un partito folle, animato
da ideologie folli, gestito da personaggi folli a loro volta che solo ora pare
destinato al declino, che l’ha dominata
per decenni, imponendo leggi assurde e dispendiose, neppure abrogate ora che è,
teoricamente, all’opposizione, che pare coinvolta in operazioni di riciclaggio
della ‘ndrangheta. Questo partito della Lega Nord era gestita in regime monarchico
da un signore assai caratterizzato da una capacità comunicativa, tutta
imperniata su monosillabi, al massimo bisillabi, o gesti e gestacci di vario
tipo, e aveva come erede designato ufficialmente e pubblicamente, un erede le
cui imprese culturali, si fa per
dire, riempiono le cronache di questi giorni prima del voto. Questo stesso
paese, nel secolo scorso ha tenuto un intellettuale come Gramsci, nato ad Ales,
in Sardegna, provincia di Oristano, che non fa più notizia dai tempi del
banditismo, a morire in carcere, altri
ne ha esiliati, altri ancora li ha ridotti al silenzio, e li emargina in
continuazione. Questo paese, i suoi intellettuali, non avrà davvero un periodo
di pace e prosperità, se non ha la capacità di riflettere su sé stesso e sulla
sua propria storia, se non sarà capace
di dibattere sottraendosi alla dittatura delle priorità mediatiche, se non comprende l’impossibilità
di una Europa continentale che vuole stritolare i paesi del Mediterraneo,
autentico nodo di possibile pace e sviluppo, più di quanto non lo siano le
banche tedesche. Se non si apprendono sino in fondo i valori della democrazia,
quei valori nati in quella Grecia che l’Europa sta martirizzando. Quella
democrazia alla luce della quale, si dovrebbe comprendere come in Italia, questo parlamento rappresenta, mai con tanta
evidenza come in questo momento alla luce di questi pronunciamenti popolari,
seppur parziali, solo se stesso e i poteri più o meno occulti che gli sono
sottostanti. Ci sono questioni aperte come la nomina del
nuovo CdA della Rai, le possibili riforme della giustizia su cui pendono ancora
gli interessi di Berlusconi nell’ultimo e più pittoresco dei suoi processi,
quei processi cui si voleva sottrarre in quanto eletto dal popolo. Sono
questioni cui l’insieme dei massmedia ancora controllati dal medesimo Berlusconi,
non dà il dovuto risalto, con i giornali di sua proprietà che invocano l’abbandono
del governo Monti ma non, ovviamente, che restituisca il maltolto agli italiani.
Governo Monti che platealmente ormai si regge solo sul Pd. Riporta un
trafiletto a pag. 9 de “Il Fatto Quotidiano” di oggi a firma di Caterina Perniconi, che: ‹‹ Il deputato
democratico Roberto Giachetti ha presentato una proposta per limitare le
prestazioni “fuori ruolo” di magistrati ordinari, amministrativi e contabili e degli
avvocati e procuratori dello Stato. (….) Una misura che fa infuriare molti
papaveri di Stato. Ma che, incredibilmente, nonostante il parere contrario del governo, ha ricevuto l’ok da tutti i
partiti politici. Pd escluso. Sì, proprio il partito del proponente, Giachetti. ››. Il provvedimento è volto a limitare poteri e
prebende degli apparati burocratici dello stato, ma il governo che taglia le
pensioni, non vuole tagliare le prebende dei propri
collaboratori. Il ruolo del Pd, diventa sempre più kafkiano. Fosse possibile
fermare, come con uno scatto fotografico del mio amico Mammone, l’immagine questo momento storico,
risulterebbero con una evidenza impensabile in altri momenti, i problemi
strutturali del nostro Paese, tutto sta a vedere a quante persone farebbe
piacere guardarla.
domenica 6 maggio 2012
Una crisi che si avvita ulteriormente. Grillo e l’antipolitica.
Monti continua ad
invocare la crescita, si dice perfino disponibile ad una tassa patrimoniale ma in concreto il governo
“tecnico” sembra gettare la maschera, e diventa un governo politico a tutti gli
effetti, anche mediatici. Con la richiesta di aiuto a Bondi, Giavazzi, e Amato,
figuriamoci, è come se Monti dichiarasse il limite tecnico della sua compagine
e poco importa se la cosa entusiasma Massimo Giannini di “la Repubblica” che parla addirittura di un colpo d’ala di
Monti, che così si sottrarrebbe al destino del galleggiamento che
contraddistingue i governicchi di
basso profilo. E’ evidente che Monti stia facendo la guardia al bottino già incassato a favore delle banche
con il decreto “salva Italia” e relativa falcidie delle pensioni, con l’Imu e conseguente
saccheggio del ceto medio, affinché i legittimi proprietari non se ne rimpossessano. Va in onda una discreta messa in scena da cui
sembrerebbe che vi sia dissidio tra Monti e la Pdl a me sembra del tutto
strumentale. Per verificare la serietà di un dissenso di tal fatta, aspetterei
a verificare se Monti sottrae la Rai al controllo di Berlusconi, e la affidasse
a Santoro e a Freccero. Allora il contrasto sarebbe credibile, ma sino a quel
momento devo pensare che si tratta di una messa in scena finalizzata a ridare
una sorta di “verginità”, si fa per dire, allo stesso Berlusconi e alla Lega
Nord. La quale verosimilmente è dietro
la stupidaggine dell’imprenditore di Bergamo che, armato più di Rambo, si è introdotto
in una sede di Equitalia inscenando una presunta disperazione perché non voleva pagare il canone Rai. Il dato di fondo
è che il governo Monti è insostenibile, non si spreca neppure a dar conto del
mancato prelievo sui capitali scudati, quando parla di una ipotetica tassa
patrimoniale, che per essere credibile, deve essere severissima e sostitutiva a
tutte le altre, e non aggiungersi. I tagli al superfluo si possono fare senza alcun
ulteriore sostegno tecnico, invece si faranno a danno di istituzioni già più
che provate dai tagli del governo precedente. Credo si impongano due
considerazioni a riguardo di questi avvenimenti. Il primo è che c’è una
concezione di quel che dovrebbe essere un bilancio di uno stato che è
assolutamente prevalente nella cittadinanza comunque orientata politicamente
che considera tale bilancio un fatto “tecnico” alla stregua di un
qualsiasi bilancio aziendale, mentre il bilancio dello stato è un fatto
assolutamente politico, e il dato del suo pareggio, almeno tendenziale, dovrebbe
essere una costate di qualsiasi amministrazione di qualsivoglia orientamento
politico. Invece tutti danno per acquisito che la spesa dello stato sia in sé uno
spreco, neppure equivalente a quella di
una azienda qualsiasi, mentre dovrebbe essere evidente, che la spesa pubblica,
al netto della corruzione e del malaffare è una spesa necessaria e opportuna, alla
cui riduzione può concorrere addirittura un aumento del personale dipendente, perché
sono da considerarsi sprechi anche le convenzioni che appaltano servizi all’esterno.
Sono servizi, a partire dalla sanità, e ora alla scuola, ai trasporti, alle
comunicazioni, visto che ci sono coinvolto in prima persona, anche, alla
formazione professionale che avrebbero un costo per lo stato sicuramente minore
nella misura del profitto che necessariamente le società private che gestiscono
questi servizi devono realizzare. Le privatizzazioni, insomma, sono un capitolo
da collocarsi nella colonna delle uscite
del bilancio pubblico, non delle entrate, come si tende a far credere. Per
questa via si induce la cittadinanza a valutare come rimedi quelle che invece
sono le cause della crisi medesima. Tutto ciò dovrebbe risultare evidente alla luce del buon senso, ma l’apparato
massmediatico induce a nascondere tale evidenza, al contrario cerca di “assorbire”
cinicamente tale crisi spettacolarizzandola,
ossia spettacolarizzando i suicidi dei piccoli imprenditori, col risultato di
inculcare sempre più la convinzione che il suicidio, ossia la disperazione dei
singoli sia l’unica risposta possibile alla crisi. Ma non è così. Così come non
c’è una uscita reale dietro l’angolo, che non c’è nessuna nel futuro prossimo perché
è una crisi strutturale del capitalismo, che ha smesso di crescere perché i meccanismi di
accumulazione dei profitti non implicano più una “crescita” Certo i soldi si fanno ancora con le aziende
che producono, ma ancor di più si fanno con la speculazione finanziaria, oltre
che con i servizi che per loro natura dovrebbero essere pubblici, e quindi
gestiti con la prerogativa del semplice
pareggio di bilancio, e non in funzione del profitto. In Italia, e non solo in
Italia, invece, non fa scandalo che si possa trarre profitto speculando sulla
salute, sull’istruzione e via dicendo. Ma tornando alla speculazione
finanziaria, si comprende come essa trova il massimo alimento possibile con la
speculazione sul debito pubblico degli stati. Questo è il cardine del problema,
questo è il motivo per cui Monti non ha nessuna intenzione di portare realmente
lo stato italiano al pareggio di bilancio, e spinge la commedia fino a
organizzare una pseudo sollecitazione popolare a indicare gli sprechi, quasi
non si rendesse conto che egli stesso e i sui ministri sono uno spreco
intollerabile nell’attuale situazione. Non certo perché voglia qui sostenere che uno
stato possa spendere e spandere senza tener conto dei propri bilanci, al
contrario sono convinto che una corretta amministrazione della cosa pubblica
presuppone dei bilanci in ordine. Solo che devono essere i bilanci statali una
funzione della politica e non viceversa, non si fa una politica per il
bilancio. Avere un bilancio in pareggio dovrebbe essere cosa semplice, alla
luce del buon senso di padre di famiglia che amministra un bilancio famigliare.
Si rinunciano ai lussi, alle cose che almeno al momento non sono consentite dai
problemi finanziari. Ma le pensioni sono un diritto acquisito col lavoro, non
un lusso. I lussi sono istituzioni costose e non necessarie, quali circoscrizioni,
provincie e regioni. Smettere con le politiche di privatizzazioni che aumentano
i costi di servizi, che se gestiti onestamente, si potrebbero consentire
risparmi sostanziosi, dovuti appunto ai mancati profitti dei privati che
lucrano su servizi come la sanità e ormai istruzione, e quant’altro, con
necessari aggravi di costi, giovi ripeterlo. In passato era così. Certo i tanti
liberisti fanno notare che la gestione pubblica comportava inefficienze e
sprechi, ma la soluzione consisteva nel sanzionare adeguatamente chi
materialmente si rendeva responsabile di queste pecche, senza ricorrere a
soluzioni che al contrario, non correggevano alcun problema di gestione, anzi
li aggravavano. Qualcuno mi dica l’esito delle privatizzazioni massicce operate negli ultimi decenni, ma
incuranti di ciò se propongono ancora altre. Nel frattempo abbiamo perso un
ruolo nel settore dell’automobile, dove, una volta, eravamo messi benino. Un
lusso cui rinunciare per ogni motivo possibile sono le missioni militari
all’estero dove mantengono focolai di guerra e di tensione senza risolvere
nessuno dei problemi agitati per giustificarli. Certamente si può rinunciare
alla Tav in Val di Susa, alla
sussistente società per l’ormai abbandonato progetto sul ponte di Messina, all’acquisto
di costosissimi aerei da combattimento del tutto inutili, se non per scelte di
aggressione militare. Insomma, comunque
la si pensi, c’ è una crisi socio economica sempre più drammatica. Ma il
governo Monti opera come dicevo prima, il Pd promette fedeltà eterna, mentre la
PdL, più furbescamente, sostiene il governo, ma dando l’impressione di essergli
contro. Basta leggere i giornali di Berlusconi, i discorsi della Lega Lord che
deve essere considerata ancora e sempre una costola esterna della PdL. Ebbene
in tutto questo pare che il problema il guaio sia Grillo e le cose che dice.
Premetto subito che non ho una buona opinione del movimento di Beppe Grillo,
solo che su tantissimi temi ha ragione, poi ogni tanto infila stupidaggini nei
suoi discorsi tuttavia è un
interlocutore interessante che non va demonizzato. Di modo che Grillo rappresenterebbe l’antipolitica,
mentre la Lega Nord sarebbe un pezzo di
questa politica. Questo partito in odore
di ‘ndrangheta al pari del Pdl avrebbe una sua legittimità istituzionale,
mentre Grillo viene additato all’unisono come antipolitica da mettere al bando.
Nessuno si chiede come sia possibile, sulla base di quale curriculum o doti di
fatto, un Belsito sia diventato tesoriere
della Lega consigliere di una azienda come Finmeccanica, sulla base di quale curriculum e di quali
competenze, al di fuori di una considerazione semplice, per cui era un soggetto sacrificabile da
poter dare in pasto ai giudici e ai militanti, oltre che all’opinione pubblica
in generale. Credere davvero che i segretari politici siano all’oscuro dei
problemi finanziari dei propri parti e non solo, è di una ingenuità davvero
insopportabile. Non è dato in natura, che un segretario di partito si
disinteressi delle questioni finanziarie, al contrario, costituiscono priorità
imprescindibili. Tuttavia si ha la sensazione che tutti i parti e lo stesso
Napolitano trovino più gravi le pagliuzze nell’occhio di Grillo che le travi
negli occhi degli altri partiti. Io non credo in Grillo, mi ripeto, perché, al di fuori dell’eloquio
scoppiettante non coglie la gravità della crisi che ci attanaglia, che è una
crisi di sistema, non risolvibile all’interno di queste istituzioni, solo
cambiando il personale politico. Ma la cosa più grave è che la situazione è in
movimento, e quel che verrà probabilmente
peggio di quel che abbiamo. Non è pensabile che l’esperienza Monti lasci
l’assetto politico che ha trovato. Infatti sono già iniziate le grandi manovre,
e ciò che più temo è che le destre, come in parte già avviene, cavalchino la
protesta e il malcontento che loro
hanno causato, e pensare che Berlusconi sia davvero finito è una
illusione che lascio volentieri ad altri. Come non comprendere che è il
principale beneficiario dell’operazione Monti sia proprio lui?. A parte
ciò, l’ostinazione con cui Bersani si rifiuta di prendere atto che la politica
di Monti lascerà un Paese in condizioni ben peggiori di quelle in cui l’ha
lascito Berlusconi, con un debito pubblico più alto e problemi sociali
drammaticamente più gravi, in preda ad una recessione voluta cinicamente. Siamo
insomma su un piano inclinato su cui sarà impossibile risalire. Per questo non
condivido le posizioni di coloro che da sinistra, ritengono la partecipazione
al voto un dogma della democrazia, mentre con tutta evidenza così non più post
che lo sia mai stato. Queste istituzioni ormai non secernano solo
personaggi demenziali. Da Trota padre, a Trota figlio, da Berlusconi alla
Fornero, da Monti a Bersani, da D’ Alema a Rutelli non c’è scampo. La satira produce
evidentemente personaggi di gran lunga migliori, a partire dallo stesso Grillo,
ma anche Crozza, sorelle e fratello Guzzanti, suggeriscono migliori proposte
politiche. Il voto in Italia non è più uno strumento adatto a selezionare una
cd classe dirigente degne di fede. Io non
sono un astensionista “ideologico” , continuo a sostenere Vendola e Sel. Sul
piano personale credo che non ci sia confronto. Vendola è un politico
autentico, e cerca di fare il possibile nelle condizioni date, non ha come
massima ambizione l’arricchimento personale. Dal suo impegno politico ha
ricavato abbastanza legittimamente e
credo che gli basti, non credo che abbia bacchetta magica, e la situazione è
così grave che, sul piano generale, è proprio di bacchette magiche che c’è
bisogno. Certo si vota in diverse parti
d’Europa, e non solo in Francia dove pare che Hollande vinca, e se da queste
elezioni ne uscisse indebolito questo liberismo ideologico e asfissiante,
sarebbe una grande cosa, ma l’Europa ha nel suo seno una questione tedesca,
esito delle conclusioni distorte di due conflitti mondiali che hanno posto
problemi cui gli Usa anno impedito soluzioni confacenti alla realtà dei fatti. Al
termine del primo conflitto hanno imposto penalizzazioni eccessive alla Germania,
che hanno propiziato lo scoppio del
secondo, al termine del quale invece ne
hanno fatto un caposaldo politico e militare del proprio dominio in Europa, il
che ha favorito e aggravato la crisi che stiamo vivendo. L’auspicio è che non
sia necessario un terzo conflitto per risolvere il tutto nella distruzione
della umanità intera, e tuttavia realisticamente, in quella direzione ci si sta
muovendo.
Iscriviti a:
Post (Atom)