mercoledì 22 giugno 2016

Elezioni amministrative giugno 2016. Dopo i ballottaggi



Sui media è ancora vivissimo il dibattito sull’esito delle votazioni, ed ogni testata televisiva, anzi ogni redazione si impone un obiettivo mediatico. Il più diffuso è quello di far passare la propaganda renziana, secondo la quale, sulla base delle teorie di Ilvo Diamanti, sociologo, intellettuale che mi pare dotato di spessore teoretico, malgrado lo sprechi a supporto di tesi preconcette a pro di Renzi.  Secondo lui, e quindi secondo Renzi, non vi è una chiave precisa di lettura del voto, avendo esso esiti contrastanti e diversi a seconda le località. Renzi medesimo, bontà sua ammette, si badi bene, non la sua sconfitta, ma la vittoria dei M5S, cose coincidenti solo in apparenza; ma lo fa col distacco dell’osservatore, quasi che nel disastro elettorale del suo partito e nel naufragio del suo progetto politico egli non avesse avuto un ruolo preciso. Nasconde a tutti, e soprattutto a se stesso che le sconfitte più cocenti, le ha avute dove è intervento di più in prima persona, - con la notevolissima eccezione di Milano, su cui torno più avanti - lavorando col lanciafiamme, per usare una su metafora. Non a caso tutte le testate tendono a mettere in sordina la vicenda di Napoli. Egli è intervenuto imponendo una candidata attraverso primarie taroccate, l’ha confermata d’imperio allo scoprirsi delle magagne contro Bassolino, che si era formalmente adeguato persino al renzismo. Ma Renzi sopporta solo quelli che si limitano a ripetere il suo verbo, senza alcuna personale autonomia. Per questo non tollera persone come Emiliano, Bassolino, e tutta la vecchia guardia che in verità la propensione ad argomentare in autonomia le posizioni politiche l’ha sempre avuta e non vi sa rinunciare. Renzi è per un partito militarizzato. Quindi a Napoli ha imposto la Valente solo e soltanto perché era convintissimo, per  la megalomania che lo contraddistingue, che la sua semplice presenza sulla scena le sarebbe valsa la vittoria contro De Magistris. In verità aveva già cominciato ad insultarlo con la vicenda della bonifica di Bagnoli, affidata ad un commissario anziché al sindaco come sarebbe stato normale, proprio perché quella bonifica è stata resa inevitabile proprio dall’azione di De Magistris. Insomma Renzi a Napoli ha cercato lo scontro ravvicinato prima con De Magistris e poi con Bassolino, col risultato di non arrivare neppure al ballottaggio. Oppure, si potrebbe pensare malignamente che, indifferente ai risultati della Valente, voleva lasciare via libera a Lettieri, ma anche io credo poco a questa ipotesi. Comunque gli è andata male, anzi malissimo e ha fatto tutto da solo. Stessa protervia, con le medesime dinamiche, è la vicenda di Roma con un’ aggravante. Nella Capitale non vi era una elezione naturale ma anticipata, provocata da egli medesimo contro la giunta in carica retta da Ignazio Marino, che guarda caso era del Pd. Ma anche Marino ha il difetto di pensare con la sua testa, e questo per Renzi è intollerabile, e quindi lo ha spianato dal notaio, sicuro di poter disporre, anche qui, della carica di sindaco di Roma, a prescindere dal designato. Questi giochi gli sono riusciti alle elezioni europee, ed era sicurissimo di poterli replicare. La questione è che si sentiva al sicuro dalle opposizioni, certo di non averne, visto che anche Berlusconi lavorava per lui. Infatti a Roma Berlusconi è intervenuto pesantemente per disorientare e dividere il centrodestra, in modo da assicurare un sicuro vantaggio a Giachetti, senza di che, verosimilmente, neanche a Roma il Pd andava al ballottaggio, come a Napoli. Dell’esistenza dei 5S, Renzi ha preso atto solo dopo i ballottaggi, avendo dato per scontato la loro irrilevanza per effetto della scarsa visibilità generale concessa loro dai media nazionali più importanti. Il primato della comunicazione sulla realtà dei fatti è infatti una caratteristica costante del pensiero renziano, (si fa per dire). Gli è andata bene con Sala, sotto il profilo strettamente affaristico, assai meno bene sotto il profilo della prospettiva politica. A Milano, dove ha pasticciato di brutto M5S, autoescludendosi dai giochi elettorali, e dove la sinistra di Sel e il Compagno Pisapia gli hanno spianato la strada in tutti i modi possibili e immaginabili. La candidatura di Basilio Rizzo è stata tardiva e comunque debole per le divisioni interne alla cd. Sinistra che a Milano raccoglie ancora un consenso elettorale non disprezzabile, e che autolesionisticamente, hanno deciso di evolvere a favore di Renzi. Comunque la lezione di Milano, congiuntamente con gli esiti delle altre città dice una cosa importantissima, trascurata dai più e detta papale papale solo da Vittorio Feltri, che su La7 nella trasmissione del pomeriggio di martedì 21, dire che il centrodestra in Italia non c’è più. Questa è la verità più importante perché si tratta di un processo politico irreversibile che emerge dal voto di questa tornata. Questo dato, che si vuole attutire nei commenti dei più quando si vuol sottolineare la buona prova elettorale di Parisi, in realtà è denunciato in modo evidente proprio dalla sua sconfitta al ballottaggio. Milano era un test elettorale non solo pe Renzi ma anche per Salvini e gli eredi di Forza Italia per verificare l’esistenza di nuovo centrodestra post berlusconiano. Ebbene questo test è fallito miseramente, ed è l’ironia della sorte che ha voluto che a sottolinearlo con forza sia stato Vittorio Feltri, berlusconiano accesissimo della prima ora, e su una rete televisiva, La7 appunto, su cui Mentana direttore del tg. settimanalmente manda in onda sondaggi per testare gli esiti di eventuali ballottaggi di elezioni politiche generali sulla base del cd. Italiacum, in cui è prevista anche la presenza di una lista unica di centrodestra. Ma, chissà perché, a Mentana sfugge questa notizia, ossia che il centrodestra non esiste, e che se vi fosse una sua lista alle prossime elezioni politiche sarebbe qualcosa di estremamente diverso da quel che a tutt’oggi è dato prevedere, ragion per cui non mi pare possibile sottoporla a sondaggio. Ma tant’è, così funzionano i media in Italia. Ora la notizia della scomparsa del centrodestra non è di poco conto perché va a sostanziare la grave sconfitta di Renzi che va ben al di là delle perdita dei voti e dei sindaci del Pd che pure è stata grave, perché attiene alla sconfitta del suo progetto. Insomma Berlusconi gli ha lascito in eredità una discreta parte del gruppo parlamentare, ma l’elettorato di destra non ha gradito, non ha votato o ha votato M5S, e questo sostanzia il fallimento dell’Operazione “Renzi”. Infatti la legge la legge elettorale per le elezioni politiche da lui fortemente voluta, prevede il ballottaggio finale tra due liste uniche di partito e non di coalizione, sulla base del presupposto che questo risultato elettorale fa venir meno, e cioè che al ballottaggio di dovessero confrontare una lista di sinistra   e una di destra sostanzialmente indifferenziate in quanto a progetto politico di fondo. La presenza dei M5S, per ora sconvolge tutto, perché, stando sempre ai sondaggi voluti da Mentana, nonostante il limite di cui ho detto, risulta essere prevalente sia nei confronti del Pd che nei confronti della lista ipotetica di destra che neppure esiste. La crisi morde, fa saltare molte previsioni e porta cambiamenti di orientamento politico nell’ elettorato, che non può cogliere chi come Renzi, non ha mai lavorato sul serio, tutto preso dal delirio di onnipotenza che lo porta a manifestare maleducazione pure in visite di stato importanti, come quella ultima in Russia, dove a favore di telecamere, smanettava insanamente sul suo apparecchio, incurante di Putin che gli sedeva a fianco. Il problema è assai grave, perché costui, in verità è già il secondo personaggio da burletta che fa il presidente del consiglio. Se gli italiani non riusciranno ad imporre un diverso criterio di selezione della loro “classe” politica, saranno guai ancora più seri di quelli che già abbiamo. Mi auguro che  M5S rappresenti una soluzione e non parte del problema. Sono contento del loro successo, ma mi auguro che le loro “ricette” si rivelino alla prova dei fatti, adeguate alla crisi, cosa che non riesco a dare per scontata, a causa di quel che mi pare una loro lettura smorzata della medesima, che invece è molto più dura e tagliante di quanto non si voglia ammettere ancora.
Voglio solo aggiungere una riflessione a proposito del centrodestra e del racconto mitico per cui in Italia vi è una maggioranza di elettori orientati a destra. Secondo me è una lettura di comodo fatta propria anche da “sinistra”, Massimo D’Alema sopra gli altri. In realtà sono convinto che è esistito un forte blocco ideologico di destra in Italia, erede della esperienza fascista su cui dava un giudizio tutto sommato positivo, legato alla chiesa e alla Dc. Quel blocco è venuto meno, a mio parere, dai tempi del referendum sul Divorzio e a quello successivo sull’Aborto. In quella occasione di è scollata la saldatura tra la maggioranza dell’elettorato italiano e la chiesa. L’esperienza del ’68 ci ha messo del suo. Insomma sui temi etici cari al Vaticano si è rotto quel fronte di destra. Infatti di lì in poi tutte le organizzazioni di destra sono state piuttosto “libertine” sui certi temi, fino a Berlusconi che ostentava una vita assai poco casta, col beneplacito di S.M. Chiesa. Come ricaduta politica quel fronte non c’è più. Berlusconi, grazie ai soldi, alle sue tv, e ai poco trasparenti poteri di cui era espressione, ha promosso una compagnia mercenaria di centrodestra, con dentro anche gli opposti, o che tali dovevano essere tipo Alleanza Nazionale di Fini e la lega Nord di Bossi e Miglio. Tale compagnia viveva nelle modalità di un partito concepito come proprietà privata del suo ideatore e finanziatore. Quando il padrone ha perso interesse per questo partito, si è dissolto come era logico aspettarsi. La sinistra invece, non ha “stati generali”, non ha quadri politici dirigenti in grado di organizzarla, ma potenzialmente, avrebbe spazi politici enormi, che almeno in parte stanno confluendo nei pentastellati. Non esiste più una “naturalità” di destra della maggioranza dell’elettorato italiano. E in questo consiste il vero motivo della sconfitta di Renzi, che quell’elettorato ha voluto conquistare con le sue politiche, tese a sfasciare il Pd e quel che resta di una storia politica originatasi a Sinistra.  

mercoledì 15 giugno 2016

Elezioni amministrative del giugno ’16. Comunque vada il ballottaggio



Premesso che da qualche tornata elettorale non vado a votare per le amministrative, e che solo alle politiche e alle europee ho votato M5S. Di conseguenza posso facilmente sostenere che le elezioni locali mi appassionano poco, perché la crisi istituzionale è così lunga da divenire quasi endemica, per cui tra Comunità Europea, Stato nazionale, ed Enti Locali, è difficile comprendere quali siano le specifiche competenze, atteso che esse vengano continuamente rimpallate non attraverso la polemica politica ma attraverso  la costante modifiche di leggi e di provvedimenti di carattere economico che condizionano il tutto con decisioni di fondo prese da organismi formali e informali completamente sottratte al controllo democratico, e a qualsivoglia tornata elettorale. Per questo motivo non mi entusiasma partecipare alla discussione per vedere chi ha vinto e chi ha perso. Ognuno dice di sé che risulta vincente. Renzi, che nell’immediatezza della proclamazione dei risultati dichiarò tutta la sua avversione per chi si proclama vincitore a dispetto dei risultati, ammettendo quindi la relativa sconfitta sua, col passar dei giorni deve aver cambiato idea, perché i sui ventriloqui piazzati nei vari talkshow, cominciano a sostenere il contrario. Comunque si scatena mediaticamente il tifo e il toto risultato. Raggi o Giachetti?, Sala o Parisi? A Torino come a Roma del resto si è creata la stessa suspense tra i candidati nonostante la forte differenza di voti tra i candidati. Capisco che tutto può succedere, ma c'è una bella differenza tra Milano e le altre città al ballottagio, invece,  a sentire i commenti c'è la medesima indecisione. Per carità preferisco Raggi a Giachetti, Appendino a Fassino, e perfino Parisi a Sala, purtroppo per i milanesi, grazie anche alla manovrine in sede di primarie per cui “la sinistra che non c’è” si è divisa quando c’erano forse le premesse per una candidatura diversa con un minimo di apparenza di sinistra che Sala neppure detiene. Tuttavia bisogna ammettere che la Raggi a Roma ha più possibilità della Appennino a Torino, ma sembra che nessuno se ne accorga. Mi infastidisce la grande e strumentale spettacolarizzazione   di tutto ciò quasi a far intendere che da queste elezioni possa cambiare chissà che. Grande entusiasmo a sinistra ci fu anche quando il Pd perse le primarie contro i sindaci “Arancione”, salvo poi a constatare che non è cambiato molto, tranne forse, l’unica cosa che poteva cambiare: qua e là alcune città sono state amministrate meglio. Certo mi sembra doveroso ricordare le vicende della immondizia dalle strade di Napoli, problema effettivamente grave che De Magistris ha risolto là dove Berlusconi, Bassolino e compagnia bella non riuscirono pur disponendo di ben altri mezzi. Ma il problema politico più in generale, quello che più risulta avvincente nelle discussioni salottiere della nostra tv è altra cosa. Comunque vadano i ballottaggi, la questione politica vera, la posta in gioco è data a parer mio dalla tenuta politica del M5S. Sento dai loro esponenti dichiarazioni via via più sfumate a vantaggio delle interviste televisive. Questo è il problema di fondo, perché oggi non possono più fare a meno di stare in televisione. I risultati importanti dal punto di vista elettorale, costringe le tv a richiederli per un verso, ma per l’altro li costringe ad essere più “moderati” almeno nei toni. Le Olimpiadi a Roma sono un fatto nazionale per certi versi e internazionale per altri, non è un problema locale. Le persone oneste dovrebbero essere contrarie sulla base della semplice considerazione che le grandi opere in Italia non si possono più fare senza stroncare il problema della corruzione, ma qui il cane si morde la coda, perché sono i corrotti che decidono le voci di spesa. Questa è la vera crisi dell’Italia, e insieme a questa, c’è la questione dell’euro che vi è direttamente connessa. Non v’è speranza di uscire dalla crisi senza razionalizzare le risorse esistenti, come premessa per una loro migliore redistribuzione: i due grandi buchi del bilancio statale sono rispettivamente debito pubblico ed corruzione. Renzi forse cadrà, non credo che abbia molta corsa, ma se chi lo sostituirà non avrà idee chiare a riguardo non cambierà nulla. I pentastellati sin ora sembrano avere idee chiare a riguardo, ma sull’Europa ho sentito qualche nota stonata. Detto chiaramente temo che questo movimento vada incontro ad una sorta di “omologazione al sistema”. Se così fosse la crisi si aggraverebbe ulteriormente, e cosa di poco conto, non li voterei più. Certamente preferisco i francesi che lottano seriamente contro la “loi du travaille” che pudicamente nominano in francese, mentre da noi si chiama all’americana “job act”, a sottolineare la grande caduta di civiltà, che si manifesta prioritariamente con l’uso della propria lingua. Intanto questa è la situazione, in Francia si lotta aspramente e il sindacato “di sinistra” organizza gli scioperi, mentre da noi i sindacati “unitari” trattano col governo una “riforma” orribile delle pensioni, peggio della Fornero ad esclusivo beneficio delle banche, ragion per cui i francesi per protestare possono andare in piazza, ma da noi ci dobbiamo limitare a votare M5S, e speriamo che vada bene.