mercoledì 29 dicembre 2010

L’americanizzazione d’Italia e la questione di Marx.


A rischio di dar l’ idea, a quel numero limitatissimo di  visitatori di questo blog, di una mia assai ristretta frequentazione di riviste citerò ancora una volta  Fenomenologia e Società di  Rosemberg & Sellier. Questa volta si tratta del n. 3 del 2010 dal titolo “Marx Renaissance ?” .  Sono una serie di articoli che trattano sul  ritorno di interesse per Marx nel mondo. Sono articoli  analitici e problematici, tutt’altro che ideologici. Insomma è un lavoro di ricerca assai serio che non ha nulla a che spartire con la propaganda di certi nostri piccoli agglomerati di militanza sedicente marxista.  La qual cosa mi fa contento e come me spero anche che saranno contenti quei pochi che non si sono mai accodati a quella sorta di abiura collettiva che si è realizzata in Italia,  ovviamente nella sinistra italiana, a partire dagli anni ’ 90, quando ad un tratto Marx, sovraesposto come pensatore “alla moda” per qualche decennio, all’improvviso è stato espulso dai luoghi della politica e della ricerca universitaria.  E tuttavia, sia pure restringendo la riflessione nell’ambito delle mode culturali, sono  migliori i tempi in cui Marx è di moda rispetto a quelli in cui è nel dimenticatoio. In Italia era diffusa l’idea che esistesse lo sfruttamento dei lavoratori,  proprio come vulgata delle teorie marxiane. E questo giustificava salari dignitosi agli operai e al mondo del lavoro dipendente. Ora sembra che lo sfruttamento non ci sia più, ragion per cui si giustificano anche da sinistra, flessibilità, precariato istituzionalizzato, salari di fame, restrizioni di diritti in fabbrica, e soprattutto, attribuzione ai livelli salariali di decenza ogni sorta di catastrofe nazionale, quale l’inflazione, la perdita di competitività ecc… Su questi presupposti, si sono avviate le privatizzazioni, una politica salariale di bassissime retribuzioni, e così via. Certo alcuni, ma solo alcuni, incominciano a riflettere su quanto fossero sbagliati questi ragionamenti, sulla base della crisi in atto e dell’esperienze pluridecennale di politiche di bassi salari.   Certo queste riflessioni smuovono Attali  non toccano, né Marchionne né la nutrita schiera dei suoi sostenitori, anche e soprattutto a sinistra. Non si riflette sul dato evidente che Marchionne compie una operazione collocabile  all’interno della politica di occupazione americana dell’Italia. Alla crisi dell’auto, negli Usa Obama reagisce in termini di interessi americani, e promuove in prima persona la fagocitazione della Fiat da parte della  Chrysler un po’ per meglio affrontare la concorrenza internazionale, compresa quella europea, e poi perché solo l’Italia tra i paesi sviluppati (dal cui novero usciremo tra qualche tempo se non ci saranno cambiamenti politici rilevanti) si presta a operazioni simili.  Anche perché, proprio grazie anche alle politiche di cd  privatizzazione, l’Italia è uscita da tempo dall’avanguardia mondiale dei produttori d’automobili. Tornando a Marx, e ai tempi in cui era di moda, questa lettura dei fatti, che credo sia in sostanziale coerenza con gli stessi, sarebbe stata quella dei più, mentre oggi è una lettura assolutamente minoritaria, malgrado l’evidenza. E tuttavia non auspico affatto il ritorno di una moda culturale in cui primeggi il pensiero di Marx. Auspico invece che torni ad essere studiato con un approccio tutto diverso da quello degli anni settanta, che vengano colte le contraddizioni con i nostri tempi, che restano e resteranno del tutto incomprensibili se ci si limita alla sua sola lettura. Intanto va aggiornato per così dire. Quella borghesia che descrisse benissimo e , a motivo di questo, ha suscitato anche tanto interesse pure nel mondo finanziario (vedi ad es. Attali,  Karl Marx ou l’ésprit du monde, ) ormai non esiste più, e le questioni economiche sono intrecciate in modo ormai inestricabile con le questioni della comunicazione, e quindi della psicologia. La sinistra italiana dovrebbe aggiornarsi culturalmente a partire da Marx e non dalla sua rimozione, magari aggiungendo altri autori, (Freud tra i primi ).

martedì 21 dicembre 2010

Le primarie e il partito americano.

Della serie: non tutte le ciambelle vengono col buco. Ora D’ Alema ha da ridire sulle primarie. Eppure erano state introdotte come segno del “ nuovo” . In realtà  erano un  passo del più complesso e totalizzante processo di americanizzazione dell’Italia, ossia della cannibalizzazione in atto dell’Italia da parte degli USA , ma, contro ogni possibile previsione Vendola è “saltato”dentro il meccanismo, rendendolo di fatto ingestibile da parte del gruppo dirigente storico del PD. E’ il primo intoppo, piccolo ma serio nel processo di americanizzazione. Del resto anche nel nome di questo partito è un segnale del medesimo processo contrabbandato  (da Veltroni un primo luogo) come “adeguamento  al nuovo” ovviamente. Comunque spostando un po’ la riflessione, vorrei riproporre la questione se in Italia c’è un regime oppure no. Il quesito  che è stato ampiamente discusso negli ultimi tempi, solo che poi il dibattito è stato narcotizzato, confinandolo nella diatriba di scuola tra competenti di filosofia del diritto, ed enucleandolo dalla sfera propria della politica. Certo Di Pietro tuona a riguardo, ma con scarso esito, perché Di Pietro, credo, abbia il vizio di predicare bene ma al tempo stesso razzolare male. La selezione dei gruppi locali del suo partito sono un sintomo probante a questo proposito. Vorrei sostenere invece  che il regime c’è ma nell’ambito della sinistra diffusa non c’è sufficiente consapevolezza su questo, altrimenti, ad esempio il dibattito sugli incidenti del 14 a Roma avrebbero preso tutt’altra piega. Tra i punti cardine caratterizzante un regime autoritario, credo siano da enumerare per prima cosa la mancanza di opposizione. Non è retorica o piccola polemica nei confronti del PD, è che in Italia è visibile un partito unico, che definirei Partito di Occupazione Americana, d’ora in poi POA. In fatti  tale partito è un partito postmoderno, nuovo, modulare. Funzione per moduli, in modo da occupare tutti gli spazi della politica e della rappresentanza sociale o quasi, ( il problema è complesso e merita una trattazione a sé) senza che risulti compressa più di tanto il diritto di espressione, che in realtà c’è ma è assai debole, come dimostra la polemica sulla libertà di informazione. Il primo modulo del POA è dato dalla Lega Nord. Essa è la testa che da la direzione di marcia  e di prospettiva di  tutta la politica in Italia, a partire dal fatto che non vuole più un’Italia. E’ l’unico caso di un paese Occidentale, in cui si trova plausibile che al governo ci sia chi esplicitamente nega l’unità nazionale. Che detti i temi della politica per tutti lo dimostra la questione del federalismo. Ormai in Italia si è tutti federalisti, nonostante la cosa dovrebbe risultare ridicola alla luce del più elementare buon senso. Il federalismo, come pure si è osservato da più parti ma solo accademicamente, e storicamente servito ad unire entità statali altrimenti separate. Ridicolo il riferimento al federalismo risorgimentale, che appunto rientrava nelle ipotesi di unità d’Italia, non per dividere ciò che è già unito. A parte le pur pertinenti questioni di controllo della spesa pubblica che per questa via risulta assai più complicato. Le politiche sociali ed economiche sono sostanzialmente dettate dalla Lega, senza nessun contrasto di fondo, e sono di ispirazione razzista e antinazionali sotto ogni profilo. La recessione economica è tra gli obiettivi tassativamente perseguiti da Tremonti, di cui tutti parlano bene, ma proprio tutti, e sarebbe stato pure un’ alternativa a Berlusconi nella carica di presidente del consiglio, ma in una prospettiva di assoluta continuità politica.    Il secondo modulo del POA è ovviamente dato dal PDL che non può chiamarsi Partito Repubblicano per ovvie ragioni. Senza la storia del vecchio PRI e di Ugo La Malfa la cosa sarebbe stata fattibile e probabilmente fatta. Il PDL è il modulo centrale, che ha il  compito di eseguire quello che detta la Lega, la quale da sola non avrebbe sufficiente forza per realizzare alcunchè . In coda  c’è  il PD, o meglio il suo gruppo dirigente (con D’ Alema in testa, insieme a Napolitano ovviamente) che ha il compito, per un verso  di “dissodare il terreno”, per il “nuovo” che avanza sul piano  ideologico e culturale,  e poi svolgere la funzione  di riserva che scende in campo al bisogno, come quando occorre ripristinare i governi di destra anche quando Prodi vince le elezioni, tutelare Berlusconi nel suo conflitto di interessi, accompagnare le politiche del lavoro e via dicendo, e soprattutto impedire, svolgendo il ruolo mediatico di finta opposizione, che si costituisca una opposizione vera nel Paese.  Così intanto si narcotizza il ruolo del parlamento e in prospettiva anche il momento elettorale, giustamente percepito come ininfluente da tanta parte dell’elettorato italiano. In effetti questo è un regime.

domenica 19 dicembre 2010

Ancora sugli incidenti del 14. La violenza.

Seguo, solo parzialmente, credo, il dibattito sugli incidenti del 14 e rimango colpito da un dato, o meglio da ciò che credo che sia un dato di fatto. In Italia, a sinistra, si è persa del tutto o quasi la capacità di analizzare e interpretare i fatti. Tutte le analisi sono evidentemente viziate da strumentalità e da minoritarismo profondo e indelebile almenno nel breve tempo. Ora convengo sul fatto che quelle modalità di manifestazione non possano essere un modello per tanti motivi, questo non mi impedisce di esprimere la più piena e profonda solidarietà nei confronti degli studenti che hanno manifestato. Non si può prescindere dal contesto nel giudicare i fatti, qualunque essi siano. Sembra, a leggere taluni commenti, che l'Italia sia in questo momento un paese tranquillo e pacifico e quelle violenze assumano una valenza particolare, ma non è così. Perchè così fosse occorrerebbe che le istituzioni fossero ammantate di sacralità, ma bisogna rendersi conto che così non è. Potremmo definirci d'ora in avanti come " La repubblica di Scilipoti" ma manco questo basterebbe a rendere l'idea, si offenderebbero i Bruneta, i Bondi, le Gelmini con tutte le stelle di questo firmamneto color marrone.  Il livello culturale dei nostri governabnti è del tutto inadeguato a svolgere le funzioni a cui sono chiamati. E' chiaro che il meccanismo di selezione delle classi dirigenti ormai seleziona al contrario. Più si è subalterni e più si progredisce in carriera, soprattuto politica. Il problema non è l'orientamento politico dei nostri governanti, ma che i nostri goveranti non sono in grado di espreimere autonomamente nessun orientamento Sono li per intascare le prebende, e basta. Non è possibile che vengano pure rispetati.

venerdì 17 dicembre 2010

Gli incidenti a Roma del 14. 12. 2010

Servirebbe che i vecchi come me, esprimessero piena solidarietà ai ragazzi che hanno manifestato in ogni luogo,  in questo periodo davvero buio. E invece nel migliore dei casi, a parte le persino ovvie contumelie e invocazioni forcaiole dei governanti davvero indegni di qualsivoglia apprezzamento, si devono beccare anche il paternalismo dei "buoni" quelli che "si va bè ma così non si fa". E tra gli altri Saviano il quale poi usa un argomento assolutamente originale, di quelli che mi fanno arrabbiare. Il suo schema di raggionamento è racchiuso nelle insopportabili, per me, categorie del vecchio e del nuovo. Egli su "La Repubblica"  di oggi   sostiene che i ragazzi erano portatori del "nuovo" sino a quando hanno manifestato pacificamente, ma poi con gli incidenti sono ricaduti nel "vecchio" . Ecco un'esempio tra i tantissimi, dell'uso mistificatorio di categorie che in sè e per sè non dicono nulla se non di una successione temporale. Ci sono cose che accadono prima e altre che accadono dopo, e questo è del tutto fisiologico e inalterabile. Così va il mondo che piaccia o non piaccia. Poi bisogna vedere caso per caso se quel che ha maggiore valenza positiva è ciò che è accaduto prima o ciò che è accaduto dopo, perchè gli automatismi valutativi non sono possibili alla luce del più elementare buon senso. E tuttavia a riguardo le riflessioni pertineti che trascendono il più elementare buon senso le ho trovate, condividendole,  nel n 2 /2007 della rivista Fenomenologia e Società nell'articolo di Cssinari e Merlini dal titolo significativo " L'Occidente tradito. L'identità europea tra storia e progetto". Ma tornando ai nostri studenti, nessuno ricorda, e ciò mi fa rabbia, o perlomeno nesuno ha ricordato al ministro La Russa che dava del vigliacco agli studenti nello studio di Santoro nella trsmissione di "Anno Zero" di ieri, che in Italia contro i  manifestanti  si sono usati strumenti di repressione, che segnano indelebilmente col sangue la storia vera di questo paese negli ultimi decenni. Del resto la manifestazione del 14 accade solo due giorni dopo il 12 dicembre, anniversario di strage e di tante manifestazioni conseguenti. Chi scende oggi in piazza merita tutta la solidarietà possibile. Vigliacco è La Russa che fa carriera politica sul sangue dei giovani che manda a morire in Afgnanistan in una guerra davvero kafchiana.  Ed ora mi consento un riferimento nostalgico. Anch'io devo aver trascorso più di una giornata di 12 dicembre a sfilare per le stade e a manganellare con la polizia e i camerati di La Russa. Il lato brutto è che, anche se sul momento non apparve evidente, quello scontro fu vinto da loro. Altrimenti, voglio augurarmi, questi ragazzi non sarebbero nelle condizioni di scontrarsi a loro volta.  

giovedì 16 dicembre 2010

Ancora sulla truffa del debito pubblico e l’imperialismo.

Proseguendo sulla riflessione precedente del 5 dicembre vorrei ancora argomentare sul versante internazionale del problema del debito pubblico italiano ma anche greco e irlandese, stando alle cronache recenti. Si potrebbe riflettere che non è nell’interesse di una larga maggioranza del Paese Italia, così come di altri paesi, avere un così alto debito e così fortemente radicato. Quando parlo di una larga maggioranza, parlo di classi sociali anche ben differenziate, o addirittura in contrasto tra loro, e che tuttavia avrebbero in comune l’interesse a tenere in ordine i conti pubblici. Ora, almeno di grande ingenuità, o che  si voglia ripetere l’imprecazione famosa di Giuseppe Saragat che addusse al “destino cinico e baro” l’esito deludente di una tornata elettorale per il suo PSDI, bisogna chiedersi come mai le classi dirigenti -che hanno espresso i gruppi di politicanti che hanno governato l’Italia nel dopoguerra a oggi,  ma con una accentuazione sostanziale a partire dai governi  Craxi, - hanno scelto  una politica economica e sociale improntata ad un eccesso di debito pubblico, fuori quadro nel contesto dei paesi più sviluppati, entro cui pure è ancora collocabile l’Italia, sia pure in rapido declino. Prima che si cedesse, o meglio, prima che  la sinistra in Italia cedesse ai dettami del postmoderno, questi problemi si studiavano nell’ambito di quel capitolo politico ma anche e soprattutto economico e militare, detto “imperialismo”. Ora la parola risulta impronunciabile, o appannaggio di residui di gruppi connotati ideologicamente, ma privi di qualsiasi contatto con la realtà. Eppure gli studi della Monthly Review  di Huberman,  Sweezy e Baran erano studi molto analitici e assai poco ideologici. E tuttavia la parola risulta oggi impronunciabile anche e soprattutto a sinistra. Ma il debito pubblico era, una volta considerato come un fenomeno voluto artificiosamente da governi subordinati agli Usa di una volta, per tenere in soggezione i paesi del terzo mondo. Ora siamo sicuri che i cambiamenti intervenuti siano tali da inficiare del tutto  ciò?. Credo che bisogna riflettere attentamente sulle vicende Italiane degli ultimi trent’anni. C’è qualche scelta dei governi che si sono susseguiti, -  con l’eccezione ritengo, dei governi Prodi, che credo sia l’autentico erede di Moro, non a caso defenestrato dalla politica, e per sua fortuna , in modo meno traumatico di Moro stesso-  improntati a interessi nazionali e non a interessi Usa, o comunque del capitale finanziario, che si alimenta di speculazioni, anche e soprattutto sui titoli del debito pubblico dei Paesi in difficoltà. E per farla breve ritengo che il debito pubblico sia funzione non solo è  della criminalità e dei partiti politici, o meglio dei padroni dei partiti politici, ma anche e direi soprattutto del capitale finanziario, si sarebbe detto una volta, comunque capitali che vivono di speculazione, e fondamentalmente degli Usa. I nostri ultimi governi, con le eccezioni dette, in realtà sono stati governi di occupazione.  Credo che la sinistra italiana debba imparare di nuovo a chiamare le cose con   il loro nome per renderle comprensibili a tutti. L’ottimismo della volontà deve essere sempre accompagnato dal pessimismo della intelligenza, altrimenti non si va da nessuna parte, temo.

mercoledì 15 dicembre 2010

La crisi e il parlamento.

La giornata di ieri 14 dic. 2010 segna credo il punto di non ritorno della crisi della repubblica parlamentare. Una volta tanto devo parlare bene di un programma televisivo, Rai News 24, che ha lasciato correre le immagini alternate della seduta alla camera e degli scontri per le strade di Roma a sottolineare lo iato tra Paese e palazzi. A Belusconi il gioco è riuscito, così credo, grazie a Napolitano, che ha imposto una mediazione sulla data del voto di sfiducia. Se si fosse in un Paese seriamente democratico, la sfiducia ad un governo è un fatto preliminare a qualsiasi altra attività legislativa., non è oggetto di trattativa la data in cui verificare il presupposto di legittimità del governo in carica. Il mio sospetto è che se il voto fosse stato tempestivo forse l'esito sarebbe stato diverso. In caso contrario devo supporre che Fini sia un perfetto imbecille, ma non credo che lo sia fino a questo punto.  Napolitano, invece, ha inventato il fatto che la  legge finanziaria, o come si chiama ora, la legge di stabilità, sia più importante del fatto che il governo che la propone sia legittimato a farlo oppure no. Presumo, che il tempo sia servito a Berlusconi a comprarsi i voti che gli mancavano. In effetti ne ha compratri pochi oppure si è limitato a prendere quelli che gli servivano al momento, non so. Del resto tutta la vicenda berlusconiana si è svolta seguendo sempre lo stesso copione. Appena in difficoltà c'era sempre un fatto creato ad arte dal PD e dal suo gruppo dirigente, che lo traeva di impiccio. Travaglio docet. A Partire dalla nascita stessa del PD che è sempre stato la stampella d'appoggio. Senza questa stampella il meccanismo si inceppa irrimediabilmente. E così sia.

sabato 11 dicembre 2010

Crisi e Costituzione Italiana

Ormai la costituzione italiana, è diventata un simbolo della resistenza  al governo Napolitano-Ttremonti volgarmente detto "governo Berlusconi".  Gli effetti positivi di questa costituzione si sono evidenziati  particolarmente nel mandato di Scalfaro a presidente della Repubblica. Tuttavia per onestà bisogna ammettere che essa è stata largamente ignorata e disattesa anche nella cd. prima rebubblica senza che ciò recasse scandalo a sinistra. Sia pure per motivi opposti, la costituzione italiana del   '48 durrante la prima repubblica non valeva  granchè. Infatti il PCI svolgendo un ruolo subordinato alla DC non si formalizzava molto sulle sue inapplicazioni. La destra italiana da sempre fascista e antidemocratica, non l'ha mai accettata o "legittimata". La sisnistra cd rivoluzionaria, invece la riteneva superabile proprio in virtù delle concrete inapplicazioni, se non per ragioni di primncipio. Ora non c'è cittadino di sinistra che non assuma la costituzione come simbolo e al tempo stesso  programma rivendicativo nei confronti del cd berlusconismo. Comunque, tornando all'attualità, ritengo non ci sia sufficiente attenzione,  a sinistra, su quello che ritengo essere un dato oggettivo, e che la costituzione ha rivelato, nel tempo, poichè ovviamente non si può imputare nulla a riguardo, a coloro che l'hanno scritta, un difetto fondamentale, e cioè la mancata inclusione della legge elettorale al suo interno. Infatti ritengo che l'unica legge elettorale compatibile con l'architrave sostanzialmente illuminista della nostra costituzione sia quella propozionale pura con il metodo Dont per il conteggio.    Il premio di maggioranza, ritengo, alteri la tanto proclamata ugualianza dei cittadini di fronte alla legge. Il voto, in oservanza a questo dettato, dovrebe avere la stessa valenza per tutti gli elettori per tutta al durata della legislatura, a prescindere se espresso per un partito di opposizione o di maggioranza. Il premio di maggioranza, secondo me, altera e contraddice il principio. Infatti subito dopo il voto, e per effetto del premio suddetto, esso non ha più la stessa valenza, perchè quello che è andato alla maggioranza, per effetto di una forzatura legislativa, vale di più, matematicamente  parlando, di quello espresso per un partito di opposizione, che si ritrova,  di conseguenza, ad affrontare una maggioranza in parlamento di gran lunga più forte dei  consensi effettivamente ottenuti. L'effetto mediatico di questa situazione lo sta scontando il PD, ma non se ne lamenta. Credo che qualsiasi opposizione con leggi che consentono il premio di maggioranza risulterebbe inefficace in parlamento. Purtroppo in Italia non c'è più opposizione, e  neppure un parlamento, se non un parlamento fortemente depotenziato non solo ma anche e soprattutto per la legge elettorale vigente, ma a partire dal premio di maggioranza più ancora della designazione dall'alto dei parlamentari. Tuto ciò  conformamete con tuti i quadri istituzionali di regimi autoritari. La prima fase dell'intaurazione di un regime, anche se sono convinto che in Italia siamo ben oltre questa fase, consiste della sopressione di una opposizione, e se la sopressione è solo sostanziale e non formale, aiuta parecchio perchè regge la recita a beneficio del popolo bue. Non c'é soluzione a tutto ciò se non che "il popolo" la smetta di fare il bue.    Capisco che l'esperienza del governo Prodi, in apparenza, possa contraddir equesto ragionamentro, ma solo in apparenza. In realtà le probabilità di un risultato elettorale pari sostanzialmente, con un premio di maggioranza, non smentisce il ragionamento di fondo. E cioè che il voto deve avere lo stesso valore numerico, sia che vada alla maggioranza che all'opposizione.

Crisi e diritti umani 2

Oggi è stata smentita la notizia della liberazione di Sakineh. La notizia è sconfortante, ma non cambia il ragionamento che traevo dalla notizia data ieri della sua liberazione. Al contrario, oggi va in onda la scenneggiata del Nobel per la pace al "dissidente cinese" . Che il premio sia diventato una farsa perla lunga lista di guerrafondai cui è stato assegnato. Fossi una personalità in grado di testimoniare valori di libertà autentici,  rifiuterei il premio prorio per non smentire l'autenticità della testimonianza. Il sistema politico ed economico dell'Occidente, non sono più e lo saranno sempre meno, un modello per il resto del mondo. Il paradosso, consiste nel fatto che ciò accade proprio quando paesi come la Cina e l'India risultano vincenti  nella competizione  con i paesi tradizionalmente sviluppati, secondo le regole della finanza dei Paesi sviluppati. Il paradosso è apparente, perchè di fatto si è incrinato l'assioma di fondo del sistema liberale, che, in definitiva doveva garantire la superiorità materiale dell'Occidente in eterno. Ma l'Occidente sta tramontando, e lo dicono non solo i dati economici, ma anche e soprattutto i dati militari.   

venerdì 10 dicembre 2010

Crisi e diritti umani

Le notizie di oggi.  Sakineh è tornata libera. Il mio commento, se qualcuno me lo chiedesse, sarebbe ispirato a contentezza. Per me è una ottima notizia. E tuttavia, in genere esito a partecipare a manifestazioni di sostegno per personalità  che i regimi di paesi "arretrati" o decisamente reazionari, perseguitano. Il fatto è che mi sento confuso perchè ho la sesazione, che facendolo, contribuisca a diffondere una teoria che assolutamente non condivido, quella per cui, noi, come Paese, come Occidente sviluppato, si sia più avanti nella concreta difesa dei diritti umani. Ma siamo certi di questo? . Francamente quando va in onda lo spettacolo in cui si scorgono gli Usa che vogliono dare lezioni di diritti umani a chicchessia, nonostante praticano diffusamente la pena di morte, mi suscita  ribrezzo. Noi Sinistra dovremmo condurre campagne di solidarietà per ogni condannato Usa, e non solo per i condannati Iraniani. E dell'Italia, che dire? La politica dei respingimenti, la pratica dei Centri di accoglienza per gli immigrati, non sono incidenti di percorso. Sono politiche perseguite con senso di prospettiva, come sistema. Un' altra notizia di oggi riguarda la compravendita dei deputati per la fiducia al governo Berlusconi. La cosa passa con l'assuefazione con cui questo Paese assorbe con indifferenza spaventosa qualsiasi notizia. Ma la rappresenzanza, in democraziao c'è, o non c'è. Non è compatibile con un clima in cui è possibile la compravendita dei deputati. Ecco perchè in fatto di democrazia, noi, come persone orientate politicamente a sinistra, e come cittadini di questo Paese non possiamo concorrere a  dare lezioni di democrazia e di civiltà a nessuno. Nemmeno al regime iraniano. Dovremmo rifletterre di più e meglio e produrre poi , poliotiche più conseguenti. 

martedì 7 dicembre 2010

Crisi e cultura.

Credo che il nocciolo del problema, in fondo, e per farla breve, consista in una terribile "mistificazione" (altro termine posto al bando dai giochi linguistici postmoderni, così come ogni altra espressione di verità) ; la mistificazione consiste nel ritenere, o meglio ridurre, ogni attività a business  con bilancio annuale. In realtà non tutte le attività umane sono riducibili a questo. In realtà anche il business più  redditizio e proprio, richieda investimenti a lungo termine, diciamo a base pluriennale. Ciò sembra logico. In realtà si potrebbe sostenere legittimamente che vi sono attività umane indispensabili, non riconducibili a business. L'attività di produzione culturale e pedagogica infatti non può esere ridotta a business . Ora questo è l'errore, o meglio la mistificazione di fondo, quella di far credere che vi sia una legge di natura oggettiva che necessariamente rende tutto misurabile in termini di profitto quantificabile finanziariamente. Ed è proprio questa assurdità che sta rendendo impossibile l' estricazione di tutte quelle attività che sono, per loro natura, indirizzatre al profitto e all'accrescimento delle risorse finanziarie. E' un pò la storia del cane che si morde la coda. Non si producono profitti perchè non si investe, e non si investe sulla scorta di un malinteso senso del profitto. Questo, credo sia il nocciolo della crisi.

domenica 5 dicembre 2010

La crisi italiana e il debito pubblico

Sin dal governo Amato dei primi anni novanta, si susseguono governi e leggi finanziarie "lacrime e sangue" di varia entità. Credo che quella dello stesso Amato di 93.000 miliardi delle vecchie lire, se ben ricordo, resta insuperata, ma di certo si sono susseguite finanziarie e leggi di contenimento della spesa publica i cui effetti però, non sono apprezzabili. Negli ultimi 20 anni si sono susseguiti talgi alla sanità, alle pensioni,  e, in parallelo, alla crescita del debito publico. Che resta li, brectianamente, indelebile come quella mitica scritta sulle pareti di una cella di un carcere, che non veniva via in nessun modo. Onestamente credo che Prodi e Visco abbiano rappresentato una controdenza, ma forse proprio per questo non sono durati a lungo. Certo qualcuno potrebbe obiettare che senza quei tagli il debito pubblico schizzerebbe in alto oltre ogni immagimnazione. Ma, a prendere per buona questa obiezione, bisognerebbe concludere che il pareggio del bilancio nello stato italiano può essere solo un ricordo dell' 800, una chimera. Invece sarebbe più vicino al vero convenire che  il debito pubblico italiano, in generale, è più verosimilmente, funzione della criminalità e dei partiti politici, o meglio dei padroni dei partiti politici e dell'Italia intera. Tant'è che su questi versanti nessuno taglia; le provincie e il federalismo,  (altri strumenti di espansione del debito publico) non si toccano. Succede così che il governo mena vanto di risolvere i problemi della criminalità arrestando i cd super latitanti, che per lo più è gente che per decenni ha girato indisturbata nei pressi dei  propri domicili, per cui lo scandalo è che le loro latitanze durino tanto a lungo; ma nessuno pone questi problemi, neppure Saviano. Lo stesso dicasi per i partiti. Si dovrebbe supporre che siano gli iscritti a eleggere i dirigenti dei partiti e, se inadeguati, sostituirli. Invece in Italia sono i soliti personaggi che fanno e disfano partiti a gogò. D'Alema e Veltroni, hanno sciolto il PCI prima, poi il PDS e poi il PD, raccogliendo consensi via via più scarsi. Ovviamente, il discorso su Berlusconi, Forza Italia, PDL è ancora più duro e impegnativo. Di fatto senza il massiccio finanziamento pubblico dei partiti, che mette chi lo gestisce al riparo da qualsiasi rimozione per critiche interne, tutto ciò sarebbe impossibile. La democrazia imporrebbe che ogni partito abbia risorse volontarie, trasparenti, dai propri iscritti, con tetti in alto. Con queste regole il quadro politico italiano sarebbe diverso. Invece succede, per effetto discendente, che si sia formato un  governo, con legittimo voto popolare, per carità, che ha al suo interno personaggi che lucrano, a quel che si legge, delinquenzialmente sulla immondizia di Napoli, salvo poi a far dire a Berlusconi che l'ha spazzata via. Ora, se personaggi come Berlusconi e Cosentino, insieme ai Brunetta, Bondi e compagnaia bella, si occupassero seriamente di spazzare le strade, saremmo un Paese migliore, e a quel punto, si potrebbe concedere loro, allo spazziono Berlusconi per es., perfino qualche distrazione. Normalmente.

sabato 4 dicembre 2010

La crisi italiana e la Fiat

La vicenda Fiat è emblematica di una sotuazione di cui nessuno, tantomeno a sinistra, vuol prendere atto. La cd proprietà privata, ormai, è un mito del passato che ritorna in forma di tragedia, anzicchè di farsa. O se si vuole di farsa e tragedia al tempo stesso.Infatti la vicenda Fiat è proprio questo, è insieme farsa e tragedia. E' una farsa perchè la Fiat per responsabilità anche e soprattutto, sia pure non esclusive, della famiglia Agnelli, ha da tempo perso la possibilità di rimanere nel mercato dell'auto e l'Italia con lei. In un paese serio si prende atto della situazione, e lo  Stato riposiziona i lavoratori in altri settori proiettati sul futuro. Nulla    di tutto questo. Si lascia Marchionne a svolgere un ruolo  che è tutto politico, che con le esigenze aziendali e ha poco a che fare. Infatti le critiche di merito Landini e della Fiom a riguardo mi sembrano pertinennti. Ma noi in Italia dobbiamno recitare la commedia per cui la libera impresa sia un valore da salvaguardare prioritariamente. A studiare la situazione economica italiana potreemmo constatare che la inpresa autentica, quella in grado di produrre profitti veri, e di reggere la concorrenza, ha un ruolo quasi residuale, insufficiente a mantenere la più parte della popolazione. L'impresa così come l'abbiamo conosciuta negli ultimi secoli, ha fatto il suo corso, e non solo da noi anche se da noi la cosa è più evidente.Nel Novecento la maggior parte dell'umanità, quella fuori dalla civiltà occidentale è collocata tra la povertà assoluta con fame  vera, e lo sviluppo economico ma fuori  dai canoni della cultura liberale classica, così cara al Corriere della Sera. Non prendere atto di questo credo sia miopia. Quando si parla di "tramonto dell'Occidente" (a parte Spengler) di questo si tratta. In effetti in occidente il sole sta  tramontando ma noi siamo abbagliati dagli schermi di ogni tipo, che ci acciecano, e non vediamo nulla.

mercoledì 1 dicembre 2010

I giovani e Monicelli

Così gli studenti tornano alla lotta dura con mio grande sollievo. Sollievo per la lor reattività del tutto giustificata per motivi che trascendono la riforma "Gelmini"   (Che ridere o che pena associare un personaggio simile ad una qualsiasi "riforma"; al confronto Gentile si fa rimpiangere decisamente sotto ogni profilo). Il mio sollievo non dipende da nostalgie sessantottine, Nè  da amore per il ribellismo fine a se stesso anche perchè questo movimento a ben vedere ha poco o nulla a che fare con il 68, ma se si vuole forse è più "economico" e, così mi auguro, foriero di maggior consapevolezza della situazione  contingente. Loro non hanno scelta, se non lottano duramente per il loro futuro, avranno una vita più dura e soprattutto più "schiacciata" in basso di qalsiasi altra generazione di cui si abbia il ricordo. La contemporanea morte, o per meglio dire, il suicidio di Monicelli sembra quasi un fatto idealmente associato, perchè con lui svanisce il cantore, tra l'altro, di un tempo e di una atmosfera sociale e di una spensieratezza non frivola, refrattaria alla follia piatta del postmoderno ( per questo forse la morte in quella forma) che questi giovani, purtroppo, non conosceranno mai.