I
miei sforzi di non pubblicare post imperniati sui fatti di cronaca, purtroppo
per me, si rivelano insufficienti e per questo ci ricasco. Non riesco a
contenere la rabbia che mi suscita il tam-tam dei media che, all’unisono
avallano sciocchezze inaudite. La più grossa e irritante fu propinata da
Napolitano col discorso famoso del secondo insediamento nella carica, che ha
imperversato e imperversa tutt’ora sui media con un contrasto debole e
insufficiente, che consiste nella versione sulle vicende che portarono alla rielezione dello stesso Napolitano. Insomma sintetizzando: è stato
rieletto intanto perché c’era già, poi perché glielo hanno chiesto tutti col
cappello in mano, e come conseguenza, e questo è grave, per l’incapacità del
parlamento ad eleggerne uno. Appartiene alla farsa, o alla tragedia se si vuole,
la scena degli applausi dei parlamentari mentre venivano sbeffeggiati in questo
modo. Quest’ultimo assunto che domina
sui media mi fa davvero impazzire. Eppure basta riflettere con un minio di buon
senso, per constatare che un presidente il parlamento in seduta congiunta, nel
2013, lo ha eletto e risponde al nome, guarda caso, di Giorgio Napolitano. L’assunto
sottinteso è che la sua riconferma era un fatto inerziale, quasi che per rieleggerlo
non siano stati necessari lo stesso numero di voti buoni per eleggere qualsiasi
altro presidente. Al contrario la sua rielezione, come poi lo stesso Napolitano
ha tenuto a precisare nel discorso a reti unificate per gli auguri di capodanno
2015, in cui si dilungava sulle sue dimissioni, è un fatto che comporta una anomalia costituzionale, così l’ha
definita, per por fine alla quale si dimetteva, anche se includeva questa
motivazione tra le ultime addotte per le sue dimissioni, essendo l’età e la
salute quelle prioritarie. Altrettanto evidente risulta che non sono stati
proprio tutti a chiedergli di rimanere, atteso che M5S non lo voleva e non lo
ha votato e contava al tempo, un terzo circa dei parlamentari e risultava
essere il primo partito italiano per numero di voti. A questo proposito va
osservato, che per marginalizzare prima e sfoltire poi i 5S sono stati
necessari i parlamentari eletti con un premio di maggioranza sicuramente illegittimo.
Il dato obiettivo è che c’era un accordo
politico tra il Pd e il Pdl per rieleggere Napolitano, e tagliare fuori i
pentastellati e molto altro ancora. Suppongo che Napolitano in prima persona
abbia lavorato alla sua rielezione, e tale supposizione mi è suggerita dalle
troppe, ripetute e gratuite dichiarazioni dello stesso, a suo tempo, sulla sua
indisponibilità ad essere rieletto. A
prendere per buone le dichiarazioni, prima dell’episodio del siluramento di
Prodi, nessuno pensava di rieleggerlo, quindi le sue dichiarazioni preventive
erano gratuite. Il motto che di solito viene citato in latino, per cui le
discolpe non richieste rivelano la colpa effettiva non è solo una credenza
popolare è un concetto valido in psicologia, ragion per cui asserii, nel tempo
del totonomine, contro tutto e tutti che il successore di Napolitano sarebbe
stato lo stesso Napolitano, e la circostanza poi, ad onor del vero, mi è stata
riconosciuta da coloro che prendevano per buona la sua asserita indisponibilità.
Insomma, e qui lo sottolineo, siamo nell’ambito delle mie supposizioni
maliziose, Napolitano aveva motivi suoi per voler esser rieletto, e
verosimilmente, allo scopo, ha promesso a Berlusconi lo scudo assoluto dai suoi
guai giudiziari. Poi non ha mantenuto in toto la parola e Berlusconi stesso,
sia in prima persona, ma ancor più tramite i giornalisti da lui stipendiati, se ne è lamentato moltissimo,
tant’è che per il centrodestra, in un battibaleno Napolitano è passato da salvatore della patria a traditore della stessa. Facendo un passo
indietro, intanto possiamo concludere che la rielezione di Napolitano era
illegittima, e tutt’altro che inerziale, per effetto della sua stessa ammissione,
per quanto contraddittoria. Infatti ora, come molti giornalisti, opinionisti,
insomma gli abitanti in perpetuo dei talk-show ammettono, a Renzi serve un
presidente che rientri nella normalità
costituzionale per ripetere le parole di Napolitano, che vanno interpretate
proprio come la manifestazione dell’esigenza renziana di avere al Quirinale un
inquilino docile, esattamente l’opposto di quello dimissionario, il quale ha
realizzato due obiettivi politici e almeno uno suo personale. Quest’ultimo è
verosimilmente legato alla questione del processo stato-mafia in relazione al
quale ha ottenuto inopinatamente la distruzione delle registrazioni telefoniche
che lo riguardavano, probabilmente utili a disvelare altarini che rimarranno verosimilmente
coperti per sempre, salvo poi a fornire una testimonianza pure apprezzata, che
tuttavia escludeva i contenuti della conversazione telefonica di cui sopra. Gli
obiettivi politici erano: tenere i Grillo fuori dai giochi, e assecondare una caduta
dolce non traumatica di Berlusconi. Poco
importa della sua persona, quel che conta è mantenere l’assetto radiotelevisivo
nelle condizioni attuali, ossia nella disponibilità di un solo padrone,
comunque esso si chiami. Così la
missione è compita, e ora può dimettersi tranquillamente, perché in effetti non
è più giovanissimo. Gli interessi di
quadro politico generale è il controllo dei Midia, senza di che nessuna
operazione politicamente truffaldina può riuscire, a partire dallo svuotamento
dei poteri di quelle che una volta si si chiamavano istituzioni democratiche e che ora in Italia risultano abbondantemente
sterilizzate. Comunque l’assetto costante nella cd seconda repubblica implica l’intangibilità
degli interessi della grande criminalità con lo strascico inevitabile delle
corruttele che ci stanno dissanguando, in uno con le politiche di saccheggio a
favore della grande finanza internazionale che, ancor più della criminalità,
sta distruggendo questo, una volta bel
Paese.
venerdì 16 gennaio 2015
martedì 13 gennaio 2015
Charlie Hebdo
Il 7.01.2015 mercoledì, a
Parigi, un gruppo armato entra nella redazione del giornale satirico Charlie
Hebdo e uccide 8 giornalisti, due agenti assegnati alla protezione del
direttore, un ospite che era stato invitato alla riunione di redazione e il
portiere dello stabile. Sono stati uccisi il direttore del settimanale, Stephan
Charbonnier, detto Charb, e i vignettisti: Cabu, Tignous, Philippe Honore' e
Georges Wolinski,. Nell'attentato è rimasto ucciso anche l'economista Bernard
Maris, azionista della testata parigina e collaboratore di France Inter. E una
donna: si chiamava Elsa Cayat, era psicologa e psicoterapeuta, e teneva una
rubrica ogni due settimane sul magazine. In un mondo normale, di fronte a tanto
strazio, altro non resterebbe da fare che manifestare il proprio cordoglio ai
familiari delle vittime, ai loro amici e colleghi, a tutti coloro che hanno
subito questo lutto in prima persona, e certo, cercare gli autori e capire il perché.
Tuttavia non siamo in un mondo normale, in effetti siamo in guerra, luogo assai
tetro dove tutto è permesso, diversamente che in amore a dispetto del famoso
detto. Nei dibattiti televisivi, nei resoconti giornalistici, scarso spazio
alla commemorazione delle vittime, ma tanta follia gettata a piene mani, che
dimostra, al contrario di quel che retoricamente si è voluto affermare, la
crisi culturale e di valori dell’Occidente. La realtà, credo, sia
diametralmente opposta a quel che ci hanno voluto far credere. Se guerra c’è, e
sotto tanti aspetti la guerra c’è davvero tant’è che sono tra i primi a
sostenerlo, e da tempi non sospetti, l’Occidente l’ha persa. Per carità è da
tempo che i leader dei Paesi che fanno parte dell’Occidente sviluppato danno
pessima prova delle proprie capacità, ma credo che la strage al Charlie Hebdo
segni il punto di non ritorno. Certo c’è
stata la grande manifestazione di Parigi, la messa all’anglo di Marine Le Pen,
e mutamenti di opinione pubblica. Ma è solo un gioco, una farsa che durerà il
tempo necessario perché un nuovo fatto attiri l’attenzione dei media, dopo di
che torneranno a mordere i problemi di sempre.
Quindi al di fuori della capacità dei media di rendere unico un
avvenimento “normale” in tempo di guerra non ci sarebbe altro al di fuori della
morte violenta di numerose persone incolpevoli i cui nomi, posto che già in partenza
non tutti hanno avuto la medesima notorietà, torneranno nel dimenticatoio tra
breve. Quel che rischia di peggiore ulteriormente una situazione già drammatica
di per sé è l’assordante campagna dei media, e mi riferisco a quelli italiani,
su cui imperversano gli stessi personaggi che si fanno il giro su tutti i talk-show
per ripetere teorie incredibili. In un contesto sano in cui la concentrazione
proprietaria dei media non avesse i livelli che ha in Italia, tali personaggi
non avrebbero trovato posto nei dibattiti su una questione così delicata, e
invece imperversano indisturbati. C’è n’è uno in particolare di cui non voglio
fare neppure il nome che la butta sulla guerra di religione, e sostiene che la
religione cattolica, assunta proditoriamente come una religione identitaria di
tutto l’Occidente, è superiore a quella mussulmana per via di una razionalità, questo è il termine che
usa, che da un certo punto in poi l’ha attraversata.
Anche questo verbo è suo. Ora dire di una religione che impone ai suoi
sacerdoti il celibato, solo per fare un esempio, per poi creare tutti i
problemi di pedofilia annessi e connessi, e sostenere che sia attraversata da
razionalità è, a mio modestissimo parere, una enorme sciocchezza, ma tant’è. Del
resto il dibattito sul rapporto tra fede e ragione in Italia è ricorrente, ma
conciliare fede e ragione mi pare cosa onestamente improponibile. Gli unici commentatori, tra quelli che ho
avuto modo di ascoltare in questi giorni e che hanno detto cose sensate sono
Giulietto Chiesa e Massimo Fini. Tuttavia sono voci sommerse dal diluvio di
altre voci, soprattutto i politici di centro-destra, notoriamente allergici a
letture impegnative, improvvisamente divenuti esperti di non si sa bene cosa, e
sempre presenti nei talk-show, non è chiaro a che titolo. Questo è uno dei
motivi per cui sostengo che la guerra per l’Occidente è persa, perché altrove,
tra “gli altri” sicuramente si trovano persone più colte e intelligenti che
gestiscono le situazioni difficili. L’Occidente è davvero al tramonto. Il
Califfato, sedicente stato islamico con bandiera nera, che ricorda quella dei
pirati di altri tempi, mi fa venire in mente la vicenda dei Normanni e del regno
di Sicilia, solo che è un fenomeno storico analogo per certi versi ma con una
enorme differenza, al di là delle ovvie distanze temporali. Sia i Califfato che
i Normanni attengono al percorso dello Stato Nazionale, solo che i Normanni ne
segnano gli albori eroici, mentre i Califfato ne rappresenta la morte
definitiva, fatto quasi sottolineato dalla bandiera nera. Ambedue, il Califfato
e il regno di Sicilia riescono ad affermarsi in un quadro di crisi dei
grandi imperi nelle epoche relative, gli Usa e la Russia per oggi, e l’impero
tedesco e quello bizantino per l’epoca. Come i Normanni anche le milizie dell’
Is o Isis o come diavolo si fanno chiamare, hanno iniziato come mercenari, salvo ad accorgersi che erano diventati più
forti dei loro reclutatori, ragion per cui trovano conveniente mettersi in
proprio. Gli Usa e relativi alleati con il cumulo dei disastri militari in
Afghanistan e in Iraq, non hanno più la diponibilità di schierare grandi forze
militari di terra, e per questa ragione, ma non solo, hanno affidato ai
mercenari compiti che una volta svolgevano con eserciti regolari. Il Medio
Oriente e il Nord Africa erano già stati conquistati e riconquistati dalle
potenze Occidentali, ma ne hanno sempre perso il controllo. Lì ci sono ancora
grandi risorse naturali a partire dal petrolio, ma non ne hanno più il
controllo, o non ne hanno in termini di
proprietà esclusiva, come pare necessario a lor signori. Poi c’è la questione
mediorientale per eccellenza che è la questione di Israele, avamposto
occidentale per eccellenza, per mantenere il quale non si risparmiano atrocità
di nessun genere, sempre sotto assedio, per rompere il quale hanno deciso di
attaccare la Siria, effettivo anello debole, come debole era Gheddafi e come
debole era Mohamed Morsi, in Egitto. Allora armano bande di mercenari recluti
tra i disperati di tutte le latitudini, con molti europei. Non è pensabile che
tale reclutamento in Europa sia avvenuto davvero spontaneamente. Sfido qualsiasi
persona in buona fede, a prendere l’iniziativa di andare a combattere in Siria
o in Iraq, credo constaterà che senza appoggi giusti non gli riuscirà, e
metterà a repentaglio perfino la vita solo per questo. Insomma tale arruolamento
in Occidente, nei tempi in cui è stato effettuato non poteva essere svolto che
dai servizi segreti, o per meglio dire, dell’unico super servizio occidentale
noto come Central Intelligence Agency, ancor più noto con l’acronimo C.I.A. di
cui tutti gli altri sono affiliati, come giustamente e documentatamente afferma
Giulietto Chiesa. Perciò pensare che i
fratelli Kouachi, o la Boumedienne e Coubaly siano personaggi in grado di sottrattisi
realmente al controllo dei servizi o che in Europa potessero davvero muoversi
alle dipendenze del Califfato o che si siano mossi di loro iniziativa (chissà
se leggevano Charlie Hebdo) è da stupidi. In ogni caso un po’ di casino deve
essere successo, perché non è chiaro come mai il nome di Hayat Boumedienne è stato
annoverato tra gli attentatori salvo poi constatare, a quel che dicono, che era
in Siria da Gennaio, così come nessuno dà conto del suicidio di un poliziotto
di livello che indagava sulla strage di cui non danno il nome. Riporto col
copia-incolla una nota dell’agenzia Agi : - Parigi, 9 gen. - Si e' suicidato
nella notte tra mercoledi' e giovedi' un dirigente di polizia che aveva
indagato sulla strage al Charlie Hebdo. Ne danno notizia i quotidiani Le
Populaire e Le Parisienne. Si tratta del numero due della polizia giudiziaria
di Limoges e faceva parte di una missione che collaborava al caso. L'uomo, che
si e' sparato alla testa nel suo ufficio con l'arma d'ordinanza, aveva 44 anni,
e aveva cominciato la propria carriera in polizia nel 1997 a Versailles. Nel
2007 era diventato commissario e poi capo della sicurezza del dipartimento
della Haute-Vienne. Era arrivato a Limoges nel 2012 nella veste di vice
direttore del servizio di polizia regionale. E' stata aperta un'inchiesta ma
non e' stato stabilito finora alcun legame diretto con il caso che sta sconvolgendo
la Francia. (AGI) .
Come ripeto, non ho sentito,
né letto la notizia su nessun media di grande diffusione. Ma tornando a noi
dirò in tutta onestà non seguivo le pubblicazioni di Charlie Hebdo. Apprendo
oggi che era messo male economicamente e con un avvenire problematico. Per
l’occasione ho visto le vignette più famose e chiacchierate. A me pare evidente
che si seguisse una linea editoriale politicamente inspirata per cui comprendo
le polemiche che ha suscitato. Mai e poi mai, in un mondo normale si dovrebbe
morire per delle vignette, ma non viviamo in un mondo normale. Tuttavia
prendersela con Maometto o con Cristo, o con Abramo e il figlio Isacco, è cosa
assai stupida, perché con tutta evidenza la colpa è nostra, e auspico un mondo
senza religioni. Tuttavia la satira è tale se fa divertire. Può essere
certamente irriverente e dissacrante, anzi deve esserlo. Tuttavia dipende dai contesti,
infatti come i motti di spirito, anche le vignette possono essere comprese solo
in un contesto ben preciso, mentre in altri lascerebbero tutti indifferenti. E’
chiaro che talune vignette di Charlie Hebdo volevano suscitare l’ilarità di
alcuni e rabbia in altri, e questo è l’esito di una scelta voluta, una scelta
necessariamente politica, che con la libertà di espressione ha poco a che
vedere. Tempo fa, in Italia, un giudice, Luigi Tosti, tanto per dirne una, ha
perso il posto perché si rifiutava di tenere udienze in un aula in cui c’era il
crocifisso appeso alla parete dietro il suo banco. Quindi Charlie Hebdo era in
qualche modo “arruolato” nel tentativo di far vivere una la menzogna di una
guerra di religione come se davvero fossimo nel Medioevo. Ecco perché mai dirò Je suis Charlie. A tal proposito ho condiviso sulla mia bacheca una
bellissima riflessione in tal senso di Silvia Pinelli che condivido parola per
parola. La libertà di stampa in questa vicenda
orribile non c’entra, è una questione di arruolamenti e io non voglio più
arruolarmi, ho già dato in questo senso, e meno che mai voglio in nessun modo supportare guerre di religione o pseudo tali.
Temo che si avvicini il tempo, per altro ben delineato in prospettiva, in cui
le guerre autentiche con armi da fuoco e quant’altro non si faranno più con i
soldati di professione, ma coinvolgeranno volenti o nolenti ciascuno individuo
preso singolarmente, e in alcune parti del globo è già drammaticamente così, e
prima ci svegliamo da questo sonno rumoroso della ragione e meglio sarà per
tutti.
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