venerdì 16 gennaio 2015

Le dimissioni di Napolitano




I miei sforzi di non pubblicare post imperniati sui fatti di cronaca, purtroppo per me, si rivelano insufficienti e per questo ci ricasco. Non riesco a contenere la rabbia che mi suscita il tam-tam dei media che, all’unisono avallano sciocchezze inaudite. La più grossa e irritante fu propinata da Napolitano col discorso famoso del secondo insediamento nella carica, che ha imperversato e imperversa tutt’ora sui media con un contrasto debole e insufficiente, che consiste nella versione sulle vicende che portarono alla rielezione dello stesso Napolitano. Insomma sintetizzando: è stato rieletto intanto perché c’era già, poi perché glielo hanno chiesto tutti col cappello in mano, e come conseguenza, e questo è grave, per l’incapacità del parlamento ad eleggerne uno. Appartiene alla farsa, o alla tragedia se si vuole, la scena degli applausi dei parlamentari mentre venivano sbeffeggiati in questo modo.  Quest’ultimo assunto che domina sui media mi fa davvero impazzire. Eppure basta riflettere con un minio di buon senso, per constatare che un presidente il parlamento in seduta congiunta, nel 2013, lo ha eletto e risponde al nome, guarda caso, di Giorgio Napolitano. L’assunto sottinteso è che la sua riconferma era un fatto inerziale, quasi che per rieleggerlo non siano stati necessari lo stesso numero di voti buoni per eleggere qualsiasi altro presidente. Al contrario la sua rielezione, come poi lo stesso Napolitano ha tenuto a precisare nel discorso a reti unificate per gli auguri di capodanno 2015, in cui si dilungava sulle sue dimissioni, è un fatto che comporta una anomalia costituzionale, così l’ha definita, per por fine alla quale si dimetteva, anche se includeva questa motivazione tra le ultime addotte per le sue dimissioni, essendo l’età e la salute quelle prioritarie. Altrettanto evidente risulta che non sono stati proprio tutti a chiedergli di rimanere, atteso che M5S non lo voleva e non lo ha votato e contava al tempo, un terzo circa dei parlamentari e risultava essere il primo partito italiano per numero di voti. A questo proposito va osservato, che per marginalizzare prima e sfoltire poi i 5S sono stati necessari i parlamentari eletti con un premio di maggioranza sicuramente illegittimo.  Il dato obiettivo è che c’era un accordo politico tra il Pd e il Pdl per rieleggere Napolitano, e tagliare fuori i pentastellati e molto altro ancora. Suppongo che Napolitano in prima persona abbia lavorato alla sua rielezione, e tale supposizione mi è suggerita dalle troppe, ripetute e gratuite dichiarazioni dello stesso, a suo tempo, sulla sua indisponibilità ad essere rieletto.  A prendere per buone le dichiarazioni, prima dell’episodio del siluramento di Prodi, nessuno pensava di rieleggerlo, quindi le sue dichiarazioni preventive erano gratuite. Il motto che di solito viene citato in latino, per cui le discolpe non richieste rivelano la colpa effettiva non è solo una credenza popolare è un concetto valido in psicologia, ragion per cui asserii, nel tempo del totonomine, contro tutto e tutti che il successore di Napolitano sarebbe stato lo stesso Napolitano, e la circostanza poi, ad onor del vero, mi è stata riconosciuta da coloro che prendevano per buona la sua asserita indisponibilità. Insomma, e qui lo sottolineo, siamo nell’ambito delle mie supposizioni maliziose, Napolitano aveva motivi suoi per voler esser rieletto, e verosimilmente, allo scopo, ha promesso a Berlusconi lo scudo assoluto dai suoi guai giudiziari. Poi non ha mantenuto in toto la parola e Berlusconi stesso, sia in prima persona, ma ancor più tramite i giornalisti da lui stipendiati, se ne è lamentato moltissimo, tant’è che per il centrodestra, in un battibaleno Napolitano è passato da salvatore della patria a traditore della stessa. Facendo un passo indietro, intanto possiamo concludere che la rielezione di Napolitano era illegittima, e tutt’altro che inerziale, per effetto della sua stessa ammissione, per quanto contraddittoria. Infatti ora, come molti giornalisti, opinionisti, insomma gli abitanti in perpetuo dei talk-show ammettono, a Renzi serve un presidente che rientri nella normalità costituzionale per ripetere le parole di Napolitano, che vanno interpretate proprio come la manifestazione dell’esigenza renziana di avere al Quirinale un inquilino docile, esattamente l’opposto di quello dimissionario, il quale ha realizzato due obiettivi politici e almeno uno suo personale. Quest’ultimo è verosimilmente legato alla questione del processo stato-mafia in relazione al quale ha ottenuto inopinatamente la distruzione delle registrazioni telefoniche che lo riguardavano, probabilmente utili a disvelare altarini che rimarranno verosimilmente coperti per sempre, salvo poi a fornire una testimonianza pure apprezzata, che tuttavia escludeva i contenuti della conversazione telefonica di cui sopra. Gli obiettivi politici erano: tenere i Grillo fuori dai giochi, e assecondare una caduta dolce non traumatica di Berlusconi. Poco importa della sua persona, quel che conta è mantenere l’assetto radiotelevisivo nelle condizioni attuali, ossia nella disponibilità di un solo padrone, comunque esso si chiami.  Così la missione è compita, e ora può dimettersi tranquillamente, perché in effetti non è più giovanissimo.  Gli interessi di quadro politico generale è il controllo dei Midia, senza di che nessuna operazione politicamente truffaldina può riuscire, a partire dallo svuotamento dei poteri di quelle che una volta si si chiamavano istituzioni democratiche e che ora in Italia risultano abbondantemente sterilizzate. Comunque l’assetto costante nella cd seconda repubblica implica l’intangibilità degli interessi della grande criminalità con lo strascico inevitabile delle corruttele che ci stanno dissanguando, in uno con le politiche di saccheggio a favore della grande finanza internazionale che, ancor più della criminalità, sta distruggendo questo, una volta bel Paese.

martedì 13 gennaio 2015

Charlie Hebdo




Il 7.01.2015 mercoledì, a Parigi, un gruppo armato entra nella redazione del giornale satirico Charlie Hebdo e uccide 8 giornalisti, due agenti assegnati alla protezione del direttore, un ospite che era stato invitato alla riunione di redazione e il portiere dello stabile. Sono stati uccisi il direttore del settimanale, Stephan Charbonnier, detto Charb, e i vignettisti: Cabu, Tignous, Philippe Honore' e Georges Wolinski,. Nell'attentato è rimasto ucciso anche l'economista Bernard Maris, azionista della testata parigina e collaboratore di France Inter. E una donna: si chiamava Elsa Cayat, era psicologa e psicoterapeuta, e teneva una rubrica ogni due settimane sul magazine. In un mondo normale, di fronte a tanto strazio, altro non resterebbe da fare che manifestare il proprio cordoglio ai familiari delle vittime, ai loro amici e colleghi, a tutti coloro che hanno subito questo lutto in prima persona, e certo, cercare gli autori e capire il perché. Tuttavia non siamo in un mondo normale, in effetti siamo in guerra, luogo assai tetro dove tutto è permesso, diversamente che in amore a dispetto del famoso detto. Nei dibattiti televisivi, nei resoconti giornalistici, scarso spazio alla commemorazione delle vittime, ma tanta follia gettata a piene mani, che dimostra, al contrario di quel che retoricamente si è voluto affermare, la crisi culturale e di valori dell’Occidente. La realtà, credo, sia diametralmente opposta a quel che ci hanno voluto far credere. Se guerra c’è, e sotto tanti aspetti la guerra c’è davvero tant’è che sono tra i primi a sostenerlo, e da tempi non sospetti, l’Occidente l’ha persa. Per carità è da tempo che i leader dei Paesi che fanno parte dell’Occidente sviluppato danno pessima prova delle proprie capacità, ma credo che la strage al Charlie Hebdo segni il punto di non ritorno.  Certo c’è stata la grande manifestazione di Parigi, la messa all’anglo di Marine Le Pen, e mutamenti di opinione pubblica. Ma è solo un gioco, una farsa che durerà il tempo necessario perché un nuovo fatto attiri l’attenzione dei media, dopo di che torneranno a mordere i problemi di sempre.  Quindi al di fuori della capacità dei media di rendere unico un avvenimento “normale” in tempo di guerra non ci sarebbe altro al di fuori della morte violenta di numerose persone incolpevoli i cui nomi, posto che già in partenza non tutti hanno avuto la medesima notorietà, torneranno nel dimenticatoio tra breve. Quel che rischia di peggiore ulteriormente una situazione già drammatica di per sé è l’assordante campagna dei media, e mi riferisco a quelli italiani, su cui imperversano gli stessi personaggi che si fanno il giro su tutti i talk-show per ripetere teorie incredibili. In un contesto sano in cui la concentrazione proprietaria dei media non avesse i livelli che ha in Italia, tali personaggi non avrebbero trovato posto nei dibattiti su una questione così delicata, e invece imperversano indisturbati. C’è n’è uno in particolare di cui non voglio fare neppure il nome che la butta sulla guerra di religione, e sostiene che la religione cattolica, assunta proditoriamente come una religione identitaria di tutto l’Occidente, è superiore a quella mussulmana per via di una razionalità, questo è il termine che usa, che da un certo punto in poi l’ha attraversata. Anche questo verbo è suo. Ora dire di una religione che impone ai suoi sacerdoti il celibato, solo per fare un esempio, per poi creare tutti i problemi di pedofilia annessi e connessi, e sostenere che sia attraversata da razionalità è, a mio modestissimo parere, una enorme sciocchezza, ma tant’è. Del resto il dibattito sul rapporto tra fede e ragione in Italia è ricorrente, ma conciliare fede e ragione mi pare cosa onestamente improponibile.  Gli unici commentatori, tra quelli che ho avuto modo di ascoltare in questi giorni e che hanno detto cose sensate sono Giulietto Chiesa e Massimo Fini. Tuttavia sono voci sommerse dal diluvio di altre voci, soprattutto i politici di centro-destra, notoriamente allergici a letture impegnative, improvvisamente divenuti esperti di non si sa bene cosa, e sempre presenti nei talk-show, non è chiaro a che titolo. Questo è uno dei motivi per cui sostengo che la guerra per l’Occidente è persa, perché altrove, tra “gli altri” sicuramente si trovano persone più colte e intelligenti che gestiscono le situazioni difficili. L’Occidente è davvero al tramonto. Il Califfato, sedicente stato islamico con bandiera nera, che ricorda quella dei pirati di altri tempi, mi fa venire in mente la vicenda dei Normanni e del regno di Sicilia, solo che è un fenomeno storico analogo per certi versi ma con una enorme differenza, al di là delle ovvie distanze temporali. Sia i Califfato che i Normanni attengono al percorso dello Stato Nazionale, solo che i Normanni ne segnano gli albori eroici, mentre i Califfato ne rappresenta la morte definitiva, fatto quasi sottolineato dalla bandiera nera. Ambedue, il Califfato e il regno di Sicilia riescono ad affermarsi in un quadro di crisi   dei grandi imperi nelle epoche relative, gli Usa e la Russia per oggi, e l’impero tedesco e quello bizantino per l’epoca. Come i Normanni anche le milizie dell’ Is o Isis o come diavolo si fanno chiamare, hanno iniziato come mercenari,  salvo ad accorgersi che erano diventati più forti dei loro reclutatori, ragion per cui trovano conveniente mettersi in proprio. Gli Usa e relativi alleati con il cumulo dei disastri militari in Afghanistan e in Iraq, non hanno più la diponibilità di schierare grandi forze militari di terra, e per questa ragione, ma non solo, hanno affidato ai mercenari compiti che una volta svolgevano con eserciti regolari. Il Medio Oriente e il Nord Africa erano già stati conquistati e riconquistati dalle potenze Occidentali, ma ne hanno sempre perso il controllo. Lì ci sono ancora grandi risorse naturali a partire dal petrolio, ma non ne hanno più il controllo, o non ne hanno  in termini di proprietà esclusiva, come pare necessario a lor signori. Poi c’è la questione mediorientale per eccellenza che è la questione di Israele, avamposto occidentale per eccellenza, per mantenere il quale non si risparmiano atrocità di nessun genere, sempre sotto assedio, per rompere il quale hanno deciso di attaccare la Siria, effettivo anello debole, come debole era Gheddafi e come debole era Mohamed Morsi, in Egitto. Allora armano bande di mercenari recluti tra i disperati di tutte le latitudini, con molti europei. Non è pensabile che tale reclutamento in Europa sia avvenuto davvero spontaneamente. Sfido qualsiasi persona in buona fede, a prendere l’iniziativa di andare a combattere in Siria o in Iraq, credo constaterà che senza appoggi giusti non gli riuscirà, e metterà a repentaglio perfino la vita solo per questo. Insomma tale arruolamento in Occidente, nei tempi in cui è stato effettuato non poteva essere svolto che dai servizi segreti, o per meglio dire, dell’unico super servizio occidentale noto come Central Intelligence Agency, ancor più noto con l’acronimo C.I.A. di cui tutti gli altri sono affiliati, come giustamente e documentatamente afferma Giulietto Chiesa.  Perciò pensare che i fratelli Kouachi, o la Boumedienne e Coubaly siano personaggi in grado di sottrattisi realmente al controllo dei servizi o che in Europa potessero davvero muoversi alle dipendenze del Califfato o che si siano mossi di loro iniziativa (chissà se leggevano Charlie Hebdo) è da stupidi. In ogni caso un po’ di casino deve essere successo, perché non è chiaro come mai il nome di Hayat Boumedienne è stato annoverato tra gli attentatori salvo poi constatare, a quel che dicono, che era in Siria da Gennaio, così come nessuno dà conto del suicidio di un poliziotto di livello che indagava sulla strage di cui non danno il nome. Riporto col copia-incolla una nota dell’agenzia Agi : - Parigi, 9 gen. - Si e' suicidato nella notte tra mercoledi' e giovedi' un dirigente di polizia che aveva indagato sulla strage al Charlie Hebdo. Ne danno notizia i quotidiani Le Populaire e Le Parisienne. Si tratta del numero due della polizia giudiziaria di Limoges e faceva parte di una missione che collaborava al caso. L'uomo, che si e' sparato alla testa nel suo ufficio con l'arma d'ordinanza, aveva 44 anni, e aveva cominciato la propria carriera in polizia nel 1997 a Versailles. Nel 2007 era diventato commissario e poi capo della sicurezza del dipartimento della Haute-Vienne. Era arrivato a Limoges nel 2012 nella veste di vice direttore del servizio di polizia regionale. E' stata aperta un'inchiesta ma non e' stato stabilito finora alcun legame diretto con il caso che sta sconvolgendo la Francia. (AGI) .
Come ripeto, non ho sentito, né letto la notizia su nessun media di grande diffusione. Ma tornando a noi dirò in tutta onestà non seguivo le pubblicazioni di Charlie Hebdo. Apprendo oggi che era messo male economicamente e con un avvenire problematico. Per l’occasione ho visto le vignette più famose e chiacchierate. A me pare evidente che si seguisse una linea editoriale politicamente inspirata per cui comprendo le polemiche che ha suscitato. Mai e poi mai, in un mondo normale si dovrebbe morire per delle vignette, ma non viviamo in un mondo normale. Tuttavia prendersela con Maometto o con Cristo, o con Abramo e il figlio Isacco, è cosa assai stupida, perché con tutta evidenza la colpa è nostra, e auspico un mondo senza religioni. Tuttavia la satira è tale se fa divertire. Può essere certamente irriverente e dissacrante, anzi deve esserlo. Tuttavia dipende dai contesti, infatti come i motti di spirito, anche le vignette possono essere comprese solo in un contesto ben preciso, mentre in altri lascerebbero tutti indifferenti. E’ chiaro che talune vignette di Charlie Hebdo volevano suscitare l’ilarità di alcuni e rabbia in altri, e questo è l’esito di una scelta voluta, una scelta necessariamente politica, che con la libertà di espressione ha poco a che vedere. Tempo fa, in Italia, un giudice, Luigi Tosti, tanto per dirne una, ha perso il posto perché si rifiutava di tenere udienze in un aula in cui c’era il crocifisso appeso alla parete dietro il suo banco. Quindi Charlie Hebdo era in qualche modo “arruolato” nel tentativo di far vivere una la menzogna di una guerra di religione come se davvero fossimo nel Medioevo.  Ecco perché mai dirò Je suis Charlie. A tal proposito ho condiviso sulla mia bacheca una bellissima riflessione in tal senso di Silvia Pinelli che condivido parola per parola.  La libertà di stampa in questa vicenda orribile non c’entra, è una questione di arruolamenti e io non voglio più arruolarmi, ho già dato in questo senso, e meno che mai voglio in nessun modo supportare guerre di religione o pseudo tali. Temo che si avvicini il tempo, per altro ben delineato in prospettiva, in cui le guerre autentiche con armi da fuoco e quant’altro non si faranno più con i soldati di professione, ma coinvolgeranno volenti o nolenti ciascuno individuo preso singolarmente, e in alcune parti del globo è già drammaticamente così, e prima ci svegliamo da questo sonno rumoroso della ragione e meglio sarà per tutti.