lunedì 31 ottobre 2011

Matteo Renzi e Oriana Fallaci.

Matteo Renzi sarebbe un personaggio da nulla se l’apparato massmediatico non funzionasse in modo tale da farne un caso. Ora a prendere in considerazione quello che dice, si ricava poco, né lui si fa carico di negare questo aspetto della sua vicenda, di originale non c’è davvero nulla.  In questo per una volta devo dare ragione a Bersani quanto sostiene che Renzi altro non fa che riciclare cose vecchie. Questo è un tipico fenomeno del postmoderno, fondato essenzialmente sulla rimozione del passato e la sua riproposizione in altra veste, come novità assoluta. Il problema in questi casi  è cercare di capire come funziona il meccanismo, ossia perché un personaggio simile, sia pure per qualche giorno, occupa il centro della scena politica e degli osservatori. Anche su Fb si parla tanto di Renzi. Il problema non è in quello che dice, ma nel rapporto tra ciò che dice e il suo ruolo. Fa sensazione che il sindaco della rossa Firenze faccia discorsi  sincretici, o apparentemente tali. Se, in ipotesi, gli stessi discorsi li facesse un sindaco di centro destra di una città tradizionalmente di destra,   la cosa non farebbe  scalpore alcuno. E’ il medesimo meccanismo che ha usato lucidamente la Fallaci nella seconda metà della sua vita e della sua carriera. Ha detto cose che hanno fatto scalpore perché provenienti da un personaggio collocato, nell’immaginario collettivo, su tutt’altre posizioni politiche, perché le stesse e identiche cose, se  dette, come pure avviene, da tanti altri, non suscitano scalpore alcuno.
  Alla fine il gioco è facile. Se un personaggio di destra dice cose di sinistra passa per essere incoerente ed opportunista, al contrario, come nel caso di Renzi, si diventa un personaggio coraggioso e degno di attenzione.  Questi sono gli esiti della americanizzazione del Pd. Ci si è prestati alla manovra di  riproporre in Italia, senza  voler tener  conto della specificità della nostra situazione, un partito che ricalcasse il più noto omologo americano, solo che la diversità intrinseca nelle rispettive situazioni, è che l’Italia ha bisogno di alternative reali di sistema perché in Italia non c’è mai stato un sistema politico che regga più di qualche decennio, mentre in America e nella più parte degli altri paesi europei, vi sono sistemi stabilissimi, che reggono sostanzialmente da secoli. Certo la discussione a riguardo è lunga perché si potrebbe sicuramente argomentare a lungo a riguardo, ma al nocciolo del problema tra Noi e gli Americani, è che da noi dobbiamo ancora trovare un configurazione di sistema istituzionale, convincente, efficace ed unificante ( e anche su questo la discussione è lunga e complicata) mentre in USA il sistema c’è. Ne consegue che di lì ci si può concedere alternanze sostanzialmente equivalenti, da noi invece questa cosa non funziona. Il gruppo dirigente del PD di sempre, ha cercato questa grande impresa, proveniente da un partito, il PCI  che ha funzionato, nella misura in cui  ha rappresentato, sempre nell’immaginario collettivo, una alternativa di sistema. Il Pd invece si è reso “liquido” , neppure un contenitore di idee diverse, ma semplicemente un grumo elettorale, che riviene esito di una rendita di posizione, nato proprio da quella eredità che vuole essere effettivamente superata. Non si tratta solo di Renzi, perché ogni sindaco di città importante, compreso il nostro Emiliano, ogni presidente di Regione, ( ma qui dobbiamo dire che Nichi c’è già riuscito) vuol fare un partito a sé, spesso anche quelli di provincia. A Bari, in questo senso non ci facciamo mancare nulla. Solo che ora  con Renzi,  è davvero cominciato l’assalto finale alla dirigenza. Io da tempo sostengo che l’architrave su cui poggia l’intero sistema politico italiano è il Pd, se crolla si può davvero rimescolare le carte e cercare vie nuove. Con l’avvertenza, per noi che siamo il 99% che la crisi la subisce, di ben  distinguere tra le novità autentiche e i revival del passato.  

martedì 25 ottobre 2011

Le pensioni, l’Italia e la crisi finanziaria internazionale.


Recentemente, si sono tenute in Argentina, elezioni politiche per la presidenza della Repubblica, vinte da Cristina Elisabet Fernández de Kirchner. Potremmo dire, al là di paragoni certamente complicati con la situazione italiana, che potrebbe definirsi un esponente di centrosinistra, sia pure in versione populista, che da noi, invece caratterizza il centrodestra.   Si tratta di una riconferma, poiché la signora è già in carica.  Il dato è che è stata rieletta al primo turno senza neppure il ballottaggio. Le politiche attuate dalla signora sono di chiara impronta socialdemocratica, ha esteso il welfare per contrastare la povertà che era una piaga caratterizzante l’Argentina e tutto il sud America. Ha nazionalizzato l’industria aeronautica sottraendola alla famigerata  Lokheed  Martin ( chi si ricorda dello scandalo Lokheed?) e ha nazionalizzato i fondi pensione, che altrove sono tra gli attori delle speculazione e del malaffare.  Pare che i risultati siano soddisfacenti, perché la situazione Argentina in via di netto miglioramento. Non solo L’Argentina, ma la Bolivia, il Brasile, il Venezuela di  Hugo Rafael Chávez Frías, che tanta parte della sinistra italiana che si ispira ad Obama avversa, al limita da farne un sol fascio con Gheddafi, per cui se se la Nato dovesse andare a  bombardarli farebbe cosa accettabile. Così il sud America, un tempo sinonimo di arretratezza e povertà ora conosce una stagione di progresso con un apprezzabile protagonismo femminile. Infatti non solo l’Argentina, ma anche il Brasile ha una presidentessa che  attua politiche di progresso. Noi in Italia e in Europa, conosciamo  un stagione di declino doloroso, stupidamente schiavi di un liberismo che ha conquistato in toto il modo di pensare in Europa ma soprattutto in Italia, alle prese con una kafkhiana discussione sulle pensioni, su cui paradossalmente solo la Lega nord, partito neonazista, si dichiara indisponibile ad un allungamento dell’età pensionabile. Il fine ultimo della manovra, è quello di privatizzare del tutto il sistema pensionistico, così da avere anche da noi i famigerati fondi pensione, quelli che la Kirchner ha nazionalizzato opportunamente.   Così mentre i manager fanno vita da sogno, i poveracci devono sgobbare in loro favore, sino a tarda età, e in funzione delle loro capacità speculative, che, si badi bene, da sole non servirebbero a nulla, senza le politiche liberiste che negli Usa e in Europa, (ma non da per tutto, v l’Irlanda) ha loro concesso, in materia di fiscalità e della possibilità legale di truffare i risparmiatori, di tutto e di più. In Italia anche la sinistra  e l’opposizione parla di liberalizzazioni come se la strada non fosse già stata ampiamente percorsa, con esiti disastrosi in fatto di industrializzazione del paese, con conseguente crescita della disoccupazione e del decremento delle retribuzioni, in termini di reali capacità di acquisto, e di disponibilità a innalzare l’età pensionabile. E’ una follia. Così si alimenta la speculazione e si aggrava la situazione in un circolo vizioso di cui non si scorge la fine. La maggior parte delle mansioni da lavoro dipendente sono decisamente usuranti, e pensare di allungare l’attività lavorativa è pura crudeltà psicofisica. Che lavorassero sul serio lor signori, sulle strade, negli uffici che svolge attività con il pubblico, nelle fabbriche, sui cantieri, nelle scuole. Se avessero idea di quel che significa davvero, parlerebbero diversamente. Ma, come vado dicendo su questo blog, la crisi si è avvitata più volte su sé stessa, per cui non si scorgono neppure in lontananza, le capacità di ripresa, poiché la sedimentazione del malessere tra le persone  comuni,  ha prodotto cultura e modi di pensare intrisi di liberismo deleterio assai diffusi, e resi inossidabili da tutto l’apparato mas mediatico.   Per carità ora anche la Chiesa critica l’alta finanza, come a dire, finte lacrime di coccodrillo, dal momento che anche lei lucra e non poco, da questo stato di cose.

venerdì 21 ottobre 2011

La morte di Gheddafi, la violenza delle immagini e le strane coincidenze.

Muʿammar Abū Minyar ʿAbd al-Salām al-Qadhdhāfī  n. Sirte, 7 giugno 1942, m. sempre a Sirte, 20 ottobre 2011 (forse)andò al potere di fatto con un colpo di stato incruento nel settembre 1969 con cui fu deposto re Sayyid Hasan I di Libia, re per un giorno, figlio del più famoso re Idris, che venne a soggiornare in Italia prima di andare a morire al Cairo. Al tempo frequentavo il 2° liceo classico al Convitto Nazionale “Domenico Cirillo”.  Gheddafi espropriò i beni di tutti gli italiani, e scacciò tuti coloro che lavoravano lì. Il governo italiano dell’epoca, garantì ai cittadini italiani espulsi dalla Libia,  le stesse condizioni che avevano perso. Fu così che mi ritrovai nel febbraio del ’70 una insegnante di scienze dichiaratamente fascista, che sin dal suo  primo ingresso in aula, riempì di contumelie dense di un rancore accecante, tutti i promotori delle occupazioni  avvenute che anche quell’anno scolastico. Se nonché ella al momento, ignorava con chi avesse a che fare, perché in quella classe,  c’era il nucleo portante della contestazione studentesca, tra cui anche chi scrive, e in un ruolo non secondario.  Insomma ci stava offendendo pesantemente senza neppure conoscerci, per cui decidemmo, tutti insieme che di non consentirle l’identificazione certa di ciascuno di noi. Ebbene riuscimmo nell’intento dando vita a episodi esilaranti, perché cambiavamo ogni giorno la disposizione dei banchi, ci si presentava alle interrogazioni sempre in vece di altri e così via. Quando capì in che guaio si era cacciata anche lei diede vita a una serie di sotterfugi  e di minacce. Ma a quel tempo non era possibile intimorirci. Noi studenti solidarizzammo con Gheddafi, solo per la convinzione che faceva bene a liberarsi di soggetti come quella docente che ci era capitata.  Ho voluto rievocare questo episodio di gioventù per dire del clima dell’epoca a riguardo di Gheddafi. Oggi è morto, o così sembra, va detto, perché in questo clima intriso di bugie propagandistiche oltre il sopportabile, tutto è possibile.  Scrisse su “La repubblica”  un giorno lontano Baudrillard :La violenza dell'immagine (e, in generale, dell'informazione o del virtuale) consiste nel far sparire il Reale. Tutto deve esser visto, tutto deve essere visibile. L'immagine è il luo­go per eccellenza di questa visibilità. Tutto il reale deve convertirsi in immagine, ma qua­si sempre è a costo della sua scomparsa. È d'altronde proprio nel fatto che qualcosa in essa è scomparso che risiede la seduzione, il fascino dell'immagine, ma anche la sua ambiguità; in particolare quella dell'immagine-reportage, dell'immagine-messaggio, dell'immagine-testimonianza. Facendo apparire la realtà, anche la più violenta, all'imma­ginazione, essa ne dissolve la sostanza reale.  È’ un po' come nel mito di Euridice: quan­do Orfeo si volta per guardarla, Euridice sparisce e ricade negli inferi. Così il traffico di immagini sviluppa un'immensa indifferenza nei confronti del mondo reale. In ultima istanza, il mondo reale si converte in una funzione inutile, un insieme di forme ed eventi fantasma. Non siamo lontani dalle om­bre sui muri della caverna di Platone.” Dal mio punto di vista  queste sono verità sempre constatabili in ogni circostanza è la morte di Gheddafi è una di queste. L’immagine violenta e francamente barbara con cui si è voluto dire della morte di Gheddafi contiene, a sua volta ancora un messaggio, neppure negato da chi queste immagini ha diffuso. Ossia che la guerra in Libia è finita. Nessuno, tra i commentatori, ha notato, che qualche giorno addietro il PD aveva sollevato in parlamento il problema della legittimità della prosecuzione della guerra in Libia perché il governo non aveva chiesto in aula la prosecuzione del finanziamento della operazioni. Il governo ha risposto che non ce n’era più bisogno, perché l’intervento è finito. Ora è chiaro perché è finita la guerra in Libia. Solo che tra le immagini televisive e la realtà a volte c’è un abisso. E il fatto è che, ufficialmente, non lo si nega neppure che le “complicazioni” non mancheranno, solo che poi non se ne traggono le logiche conseguenze, perché basta fare un gioco di parole e va tutto a posto. Probabilmente, come per Saddam, la morte di Gheddafi è sicuramente una svolta ma non sappiamo in quale direzione. E’ certo che questo intervento è stato assolutamente pretestuoso, perché degli eccidi voluti da Gheddafi non c’è nessuna testimonianza credibile. Il dato obiettivo e incontrovertibile, è che la cd ribellione nascondeva una potente invasione della Libia dal cielo e da terra. La Nato non nega che vi sono stati impegnati truppe britanniche, francesi, giordane, e di altri paesi che sono intervenute travestite da ribelli. Invertendo la realtà si era detto che per contrastare la sollevazione del suo popolo Gheddafi aveva arruolato mercenari, mentre è morto tra la sua gente, nella città dove è nato. Non sono dell’idea che vadano tributati onori a Gheddafi. In realtà ha pensato più al suo potere e al  benessere suo e della sua famiglia,  che agli interessi del suo popolo. Poi ha peccato per eccesso di furbizia, si era alleato con le potenze occidentali che lo avevano sempre avversato, pensando così di essere al sicuro. Aveva stretto, figuriamoci un po’ , un rapporto privilegiato con l’Italia e con Berlusconi, tradendo le ragioni del suo originario colpo di stato. E qui è cascato l’asino. La protezione di Berlusconi a livello internazionale vale meno che zero, e ha pagato con una morte disumana questo errore.  In tempi di corsa al controllo del petrolio, resa ancor più affannosa dalla crisi che sta stritolando l’Occidente,  ha ceduto l’anello più  debole  della catena, che si era illuso di poter trattare da pari a pari con i grandi della terra.  Povero illuso! Ora quando leggo su Fb o altrove, commenti sulla sue qualità tiranniche francamente mi demoralizzo. Ma si può essere così ciechi?          

lunedì 17 ottobre 2011

Il giorno 15.10.2011, di sabato

Una svolta. Ecco finalmente una svolta che dice qualcosa di questo Paese avvilito da una classe dirigente incapace, del tutto incapace a governare. Una classe dirigente tra le peggiori del mondo, che fa solo esercizio di potere in modo bieco e violento e lo esercita al di fuori del quadro di legalità entro cui la nostra costituzione stabilisce che tale esercizio debba avvenire, senza nessuna mediazione sociale. Solo che a questa classe, per ora, non c’è alternativa. Su sollecitazioni dal mondo, incominciava pure in Italia a svilupparsi un movimento di contestazione autentica, non solo parziale, come avvenuto sin ora. Il problema che bisognava capire, è che Berlusconi, Gelmini, Marchionne, D’ Alema e compagnia bella, sono mere articolazioni del potere della grande finanza internazionale. Ce lo hanno spiegato gli americani del movimento”occupiamo Wall Street” . E quindi sabato 15 si manifesta anche a Roma come in tutte le maggiori città del mondo, solo che a Roma succede il putiferio. Quel che è successo innanzitutto dimostra che in Italia non si sa neppure contestare. Questa amara riflessione mi viene anche sentendo i commenti che si susseguono sull’argomento. In modo particolare vorrei dare una risposta ideale a un ragazzo che probabilmente studia in qualche liceo romano che riportato una frattura ad una gamba causatagli da un mezzo della polizia durante la manifestazione. Il ragazzo, in una intervista che ho visto domenica 16 su RaiNews24 asserisce di essere tra quelli che hanno manifestato violentemente. Alla domanda sul perché ha scelto la via della violenza ha risposto asserendo che tanto le manifestazioni pacifiche non servono a nulla e neon lasciano neppure il segno, mentre così almeno si è lascito il segno. L’intervista mi ha un po’ colpito. A quella età  quest’esperienza lo ha segnato per sempre, è un punto di non ritorno. Ne so qualcosa. Il ragazzo ha cominciato a cimentarsi con questi problemi ad una età ancora minore di quella in cui anche io mi sono cimentato con gli stessi problemi. Il dramma è che tra la mia generazione e la sua si è creato una discontinuità che è psicologica e culturale, per cui è difficile trasmettere esperienza, di modo che ogni generazione non debba cominciare a sperimentare in prima persona tutto da capo, in eterno mordersi la coda. Certo avrei voluto dirgli che ha ragione, ma una ragione assolutamente superficiale e meramente psicologica. Ora se il movimento deve dibattersi tra ribellismo intriso di violenza fine a se stessa, e perbenismo dogmaticamente non violento, è chiaro che non approderà a nulla.  Serve capire che si tratta di una lunga partita a scacchi, ma impari. Da lato c’ è un potere organizzatissimo, in grado di decisioni istantanee, basti vedere con quanta rapidità e al di fuori di qualsiasi legge si decidono le aggressioni militari contro popoli inermi, o quasi., dall’altra bisogna cominciare a decidere, intanto chi è che decide. Ecco il limite delle manifestazioni spontanee. Serve organizzarsi, perché è vero come dice quel ragazzo che una manifestazione pacifica non serve a nulla, ma la soluzione del problema non è farne una violenta, ma farne un’altra ancora più numerosa, senza perdere di vista gli  obiettivi da perseguire, che non può essere quello  di rompere qualche blindato o qualche statua della madonna  Altro argomento del ragazzo in questione è che la polizie è un nemico, e questo giustifica anche la convergenza con gruppi fascisti. E questo è un altro grave errore. Il fronte rossonero contro la polizia è una grande sciocchezza, in cui ci può entrare tutto, anche l’infiltrazione delle medesimi apparati repressivi. Infatti, seguendo l’antico metodo di ragionamento, per me sempre valido, del cui prodest bisogna dire che gli incidenti di sabato, sono serviti al governo. Questa riflessione è abbastanza generalizzata.  E poi il numero 99 che nel movimento americano è assurto a simbolo è davvero importante. Quelli hanno ragione. Il 99% della popolazione è colpita dagli interessi dell’1% che detiene la più parte della ricchezza mondiale. Ed in questo 99% vanno inclusi, tornando all’Italia e a quel ragazzo intervistato da RaiNews24 anche i carabinieri, la polizia, la guardia di finanza, che è gente che fa il proprio lavoro, e di questi tempi non a tutti è concesso scegliersi il lavoro da fare. Additarli come “il nemico” per eccellenza, come fa il ragazzo è una sciocchezza. Del resto allo scontro violento prima o poi ci si arriva, e non serviranno sampietrini, ne caschi, né mazze, né contro quei poliziotti, o carabinieri, o finanzieri che siano. Solo  che bisogna creare le condizioni per cui ognuno sta dalla parte che ha scelto. In divagazione storica, questo è un motivo per cui i fascisti di Salò non hanno nessuna possibile giustificazione.  Così come è miope pensare che il principio della non violenza sia risolutivo di alcunché. E non mi si tiri fuori la storia di Gandhi, che non significa nulla, a proposito della non violenza.  I cortei devono conseguire gli effetti che si sono prefissati. La giornata di sabato 15, è stata una grande giornata. Non era mai successo che un movimento di contestazione si movesse in ordinazione mondiale. Spero che si continui nonostante tutto. A Roma è successo un incidente di percorso, certamente pesante. Ma bisogna superarlo altrimenti dovremmo concludere che l’Italia è destinata all’immobilismo politico e istituzionale più bieco, senza via d’uscita, sperando che a nessuno venga in mente di pensare che D’Alema e Casini siano una via d’uscita da qualcosa. E la Chiesa meno mai. Loro sono parte del problema, non certo la soluzione. A  questa manifestazione non ho partecipato, e non mi sento in colpa. Se dovessi fare un bilancio delle manifestazioni cui ho partecipato, ne sarei soddisfatto discretamente, ma ho ancora voglia di partecipare, se me lo potrò permettere.

venerdì 7 ottobre 2011

Viva l’America, abbasso Wall Street


Dicono le cronache che sta dilagando negli Usa e non solo, un poderoso movimento  di massa contro la grande finanza. E’ una buona notizia, perché  finalmente  un grande movimento nasce proprio nel luogo dove si origina il problema per eccellenza del nostro tempo. Finalmente una moltitudine di persone, come non succedeva da molto, ha colto perfettamente qual è la radice del malessere che affligge miliardi di persone. Il dato nuovo è che ora la povertà morde anche l’America, sino a ieri il luogo del mito, anzi la parola stessa usata come sinonimo di benessere, di libertà, una sorta di paradiso in terra. Sempre la cronaca ci dice che ormai 15 milioni di nuovi poveri sono made in Usa. In Italia le manifestazioni a Milano contro la borsa sono andate maluccio, per il semplice motivo che in Italia non siamo ancora arrivati a comprendere qual è il cuore del problema. Le buffonate tragicomiche di Berlusconi fanno vela alla situazione reale, e non si riesce ad andare oltre. Anche in Grecia monta la protesta. Noi tutti credo, dobbiamo imparare il valore della solidarietà. I problemi della Grecia sono immediatamente anche i nostri problemi. Se fossi nei panni della C.G.I.L. valuterei seriamente l’ipotesi di scioperi generali concomitanti  contro le politiche dettate dai banchieri, che giusto negli Usa, dove il fenomeno è di casa, mostra finalmente il suo logoramento.   Insomma questa crisi travalica sicuramente i confini dei singoli stati, e la stessa grande finanza è transnazionale per sua intrinseca configurazione. Un grave sintomo dell’ arretratezza dei movimenti di protesta che pure ci sono in Italia è la mancata comprensione della natura internazionale dei problemi, la cui soluzione non può trovarsi solo in Italia. Obama tutto ciò ovviamente lo comprende benissimo, solo che stravolge la storia e la realtà dei fatti. Tant’è che cerca di cavalcare il movimento di protesta dicendo che comprende i motivi che lo ispirano, ma incolpa Europa e Cina  della gravità della crisi. Con ciò Obama esce definitivamente allo scoperto, con buona pace di quella sinistra italiana che a lui si ispira, scioccamente, se mi è concesso. Obama pensa che l’America debba  e posa ricoprire il ruolo egemone nel mondo  che ricopre ameno dalla fine dell’ultima guerra mondiale, se non da prima. Forse ha anche la ricetta giusta, per tentare seriamente di ripristinare tale egemonia, ma come in tutte le crisi che si avvitano su sé stesse non gli è dato operare di conseguenza. E’ il sistema America che non funziona più, e non funziona proprio per quei gruppi dell’ alta finanza che si annidano prevalentemente nel partito repubblicano che detengo il potere reale, e che non gli consentono di attuare le politiche che vorrebbe. Del resto egli stesso ha usato largamente dei soldi dei contribuenti americani, per salvare le banche in crisi tra il 2008 e il 2009.  Ora che è in piedi un grosso movimento contro quei poteri che egli ha sostenuto in modo così deciso Obama dovrebbe scegliere: come direbbe il mio amico Alfredo   non si possono servire due padroni, o dio o mammone, non tutti e due contemporaneamente.  Del resto negli ambienti ultraconservatori, che ora gli fanno  guerra, è maturata la folla  dell’attentato alle torri gemelle, propedeutico ad una teorizzata politica di aggressione militare permanete, come via per mantenere l’egemonia anche a danno del ceto medio americano. La storia ha dimostrato che hanno di molto sopravalutato le loro capacità militare, con pesanti ricadute  sul tenore di vita del ceto medio americano, che nel giro di pochi anni ha compreso esattamente qual è l’origine del suo malessere, ed ora manifesta giustamente contro il suo interlocutore vero, superando quell’orgoglio nazionale che i masmedia avevano tanto sbandierato nel periodo della crisi delle grandi banche.   Che dire,  speriamo che ce la caviamo.