lunedì 5 dicembre 2011

Il governo Monti e la spoliazione dell’Italia


Certamente le premesse c’erano tutte, e non era difficile prevedere quello che è successo, con il condimento di lacrime ministeriali. Addirittura qualcuno su fb, ha definito un fatto rivoluzionario,  la lacrimazione del ministro Fornero, in quanto finalmente questa compagine governativa ha davvero un protagonismo femminile. Sono affermazioni che sollecitano lo sberleffo e persino l’insulto, ma mi sono astenuto per educazione. Il dato è che il sistema pensionistico pubblico, così come lo abbiamo conosciuto è tramontato per sempre, con argomenti assolutamente mistificanti in ordine alla sua necessità. La pensione, altro non è che  salario differito, il che vuol dire che dovrebbe essere, in ultima analisi, a carico dei datori di lavoro e non dei dipendenti. Enucleare una situazione  in modo tale da far intendere che si tratti di una partita contabile chiusa in sé, è ciò che una volta si sarebbe chiamata, appunto, mistificazione. Il problema, posto correttamente, sarebbe  chiedersi se il costo del lavoro in Italia è più o meno decoroso, ma posta così la questione solleciterebbe risposte diverse, ancora più lacrimevoli per i ministro Fornero, che rimarrebbe  davvero impressionata. Allora parlare di sistema contributivo in alternativa a quello retributivo, è una grande sciocchezza, perché, se per ipotesi in un sol colpo raddoppiassero le retribuzioni del lavoro dipendente, e conseguentemente aumentassero in proporzione gli accantonamenti per la pensione, il sistema contributivo potrebbe andare bene, non è una questione di principio, è una questione di soldi.  Inoltre prolungare la attività lavorativa, per ceti aspetti, è qualcosa che assomiglia ad una tortura psicofisica. In Italia di lavoro si muore perfino, ma a prescindera dai casi limite, sui quali tuttavia c'è un cinismo esasperante,  non è un piacere per la grande maggioranza di chi lavora. Ossia bisogna decidere se in Italia sia possibile o meno vivere dignitosamente essendo un lavoratore dipendente. Con questa manovra Monti e le forze che lo sostengono, ossia tutte quelle che gli anno dato la fiducia, rispondono con un NO netto e in equivoco, ancorché criptato; allora che abbiano  il coraggio di dirlo apertamente, ma così non è. E non si dica che è un problema di mercati, perché nulla è più artificioso del concetto di “mercato”. Non c’è nessuna tragedia all’orizzonte che non di possa evitare se lo si voglia.  La questione del  debito pubblico è un problema politico, che non ha nulla di oggettivo. Pensare che gli stati debbano chiedere soldi in prestito col sistema delle aste, è pura follia, perché non consente nessuna  trattativa, anzi con questa manovra il governa italiano garantisce le banche. Cito “La Repubblica” di oggi a pag. 3: “La norma contenuta nella manovra prevede che il ministro dell’Economia fino al 30 giugno 2012 è autorizzato a concedere la garanzia dello Stato sulle passività delle banche italiane, con scadenza da tre mesi fino a cinque anni, o a partire dal 1° gennaio 2012 a sette anni per le obbligazioni bancarie garantite. ”  Insomma, a spese nostre, le banche possono fare ciò che vogliono. Tuttavia al fondo c’è da ribadire che  capitali che ora possono speculare in borsa sul debito pubblico e che ora possono lucrare interessi usurai, sono capitali costituitisi grazie a legislazioni di favore, grazie a precise operazioni politiche che hanno origine negli anni  ‘80  con Reagan e la  Thatcher  che hanno prodotto poi ciò che molti definiscono “economia di carta” che mangia l’economia reale. Il ché   puntualmente accade.  Con questa manovra Monti esegue bene il suo compito che gli era stato affidato; spoglia letteralmente il ceto medio, colpisce  anche le abitazioni che diventeranno sempre più un lusso, mentre si era giunti ad una situazione in cui c’era una buona diffusione della proprietà  della casa. Si parla di una rivalutazione degli estimi catastali del 60%.  Non c’è nulla di equo in questa manovra, perché i bolli sui depositi bancari e sui titoli, non colpiranno in modo progressivo e significativo i grandi patrimoni. Il problema delle tasse, se si vuole davvero risolvere deve vedere una tassazione diretta a preferenza di quella indiretta, deve avere una logica di progressione assai stringente, dopo di che sarebbe giusto anche colpire duramente gli evasori. Invece assistiamo alle sterili polemiche sugli scontrini fiscali e sull’evasione dell’idraulico e simili. Se il sistema fosse davvero equo, tutto sarebbe diverso. Invece i grandi capitali non sono tassati in proporzione, quindi, grazie a ciò si alimentano tendenzialmente all’infinito,  investono nel debito pubblico degli stati e obbligano a tassazioni crescenti chi vive del proprio lavoro. Non solo non è giusto ma è insostenibile. Neppure la sforbiciata alle provincie mi convince, o meglio, sarebbe stata più opportuna, la soppressione  totale di un gran numero di esse, per esempio tutte quelle costituitesi negli ultimi venti anni, in aggiunta alla soppressione delle giunte provinciali, che di fatto sortiscono l’effetto di sopprimere giustamente, i consigli provinciali che si trasformeranno in giunte puramente elettive. Comunque il problema del ceto politico in Italia è che costituisce un inutile corpo a sé stante, selezionato sulla capacità di annuire ad ogni cosa, come se fosse una carriera impiegatizia, caratterizzata da una forte progressione di carriera. Si incomincia dai consigli di circoscrizione, sui quali sarebbe giusto abolire qualsiasi forma di compenso per chi ci partecipa, poi si diventa consigliere comunale, poi provinciale, poi regionale o nazionale, o europeo.   Costoro non decidono nulla, perché non sono le istituzioni elettive  il luogo dove si statuiscono le linee guida della politica, perché decidono tutto i poteri forti della finanza. Se questa casta fosse davvero intaccata, in modo tale da incrinare gli automatismi che la caratterizzano, forse i meccanismi del consenso verrebbero intaccati con l’auspicabile possibilità, almeno in ipotesi, di avviare un nuovo e più democratico sistema di creazione del consenso.   
                       

giovedì 17 novembre 2011

Monti e il grande equivoco

Inutile dire che il dibattito ha appassionato tutti e soprattutto il popolo della sinistra, che ha salutato così, in prevalenza, gli anni del berlusconismo. A questo proposito rilevo che, purtroppo moltissimi tra coloro politicamente schierati con i partiti di centrosinistra,  spesso peccano di ingenuità e approssimazione, e sono vittime dei messaggi massmediatici, introiettati senza spirito critico. Infatti  è nella migliore delle ipotesi, finita solo la parte spettacolare dl berlusconismo, nel senso che non tengono più banco sui masmedia questi personaggi da autentico avanspettacolo di pessima fattura. Non si dà il giusto peso, a mio parere, nonostante Vendola, al fatto che Berlusconi ha la maggioranza al Senato e una quasi maggioranza alla Camera, e credere che non ne faccia uso e da ingenui a dir poco, sarebbe la vittoria dell'ottimismo cieco su qualsiasi intelligenza. Del resto non è un caso che non vi è stato mai un voto di sfiducia. In passato i presidenti della Repubblica, rinviavano alle camere i governi dimissionari, solo e soltanto per far certificare dal  parlamento la caduta dei medesimi. Napolitano, invece ha guidato con grande spregiudicatezza istituzionale,  una crisi seguendo un percorso rigorosamente extraparlamentare e mediatico. Basti pensare al tormentone dello spraed,  che continua nella sua altalena senza apprezzabili discontinuità tra le ultime fasi del periodo Berlusconi e quelle iniziali del governo Monti. Solo che nessuno rinfaccia a Monti di non avere la fiducia dei mercati.  Bersani a riguardo rasenta il grottesco. Ovviamente solo la stampa di proprietà berlusconiana ha rilevato la contraddizione. A sinistra invece a riguardo ci sono posizioni più articolate, ma a grande maggioranza sono per Monti. E’ tuttavia una maggiore prudenza sarebbe del tutto opportuna. C’è stata poi un minoranza che ha gridato allo scandalo, sostanzialmente, per gli stessi motivi di cui sopra, solo che sono stati considerati dirimenti e non derubricabili.  Dal mio punto di vista, ho invece apprezzato il profilo “tecnico” ossia il fatto che ci siano ministri competenti, convinto come sono che la competenza negli uomini di governo è un presupposto assolutamente necessario, pur non sufficiente, della democrazia. Per i problemi formali, vorrei ricordare invece il dibattito che suscitò la sortita  di Asor Rosa sul Manifesto del 13.04.2011, quando sembrava invocasse un golpe del presidente Napolitano. I più condannarono quell’intervento proprio in virtù del fatto che l’eventuale intervento del Capo dello Stato sarebbe stato incostituzionale. A quei medesimi critici vorrei ricordare che Napolitano è andato oltre per certi aspetti, l’ipotesi di Asor Rosa. Egli contemplava una supplenza dei poteri del presidente, in via del tutto eccezionale in una ben delineata parentesi temporale, per poi tornare alle urne e ripristinare la normale vita istituzionale. Invece Napolitano, per un verso ha operato una forzatura neppur lieve ma in direzione opposta, nel senso che ha impedito le elezioni. Certo, si può obiettare che  con questa legge elettorale le elezioni servono a ben poco, e tuttavia non siamo in presenza di un governo provvisorio che ha il compito limitato al cambio della legge elettorale, anzi, senza il referendum saremo alle prossime elezioni con la stesa legge. Quindi Napolitano ha creato un precedente non circoscrivibile in un lasso di tempo determinato né in un preciso contesto normativo, il che è ancora  più preoccupante  dal mio punto di vista. E tuttavia per chi come me non ha mai coltivato la sacralità immutabile delle istituzioni, e avendo un concetto di democrazia certamente poco compatibile con queste istituzioni, non posso dolermi più di tanto di questa circostanza. La cosa di cui mi dolgo invece è la nomina a ministro della difesa del Generale Giampaolo Di Paola. Leggo di lui sul “Il fatto quotidiano”  di oggi giovedì 17 : “Presidente del Comitato militare della Nato, il suo incarico sarebbe scaduto a giugno 2012. E’ stato capo di gabinetto ministero della Difesa con Carlo Scognamiglio e poi con Sergio Mattarella. Ha appreso la notizia della nomina durante una missione in Afghanistan.”   Ossia per la prima volta, diventa ministro un generale in carriera, e la generale sottovalutazione di questo elemento francamente mi disorienta più di quanto già non lo sia. Possibile che anche a sinistra si concepisce la crisi come fatto limitato alla contabilità dello stato, o meglio degli stati?. Possibile che non si comprenda come questa crisi va molto al di là di questo, e che le spese e la politica militari sono  dentro questa crisi,  e ne costituiscono una componente primaria? Se non si intaccano i poteri forti che lucrano da questa crisi, non la supereremo mai, e costoro sono già in guerra per difendere i loro interessi, e noi speriamo che proprio coloro che stanno facendo in prima persona queste guerre in cui non è coinvolto nessun interesse nazionale, ci portino fuori da questa crisi? Il dato per cui sono assai più presentabili di quelli di prima non deve fuorviarci. Gli ambienti da cui provengono e gli interessi che sono chiamati a tutelare non sono i nostri, con tutta evidenza.  Spero nessuno, a sinistra, creda ancora contro ogni evidenza, che in Afganistan, e prima ancora in Iraq  e in Libia, e in Siria, e in Iran, dove ci sono evidentemente già combattimenti in corso, la Nato intervenga per la democrazia. Siamo noi forse più democratici delle popolazioni che andiamo a bombardare, perché prima eleggiamo un parlamento nani e ballerine e poi cambiamo governo senza neppure una elezione finta? L’Italia, sotto il profilo sociale e istituzionale, è una palude, mal presidiata da un serio convincimento democratico dei suoi abitanti, e questo ne fa una sorta di terra di nessuno, dove è possibile ogni avventura. La classe dirigente, è con ogni evidenza, del tutto priva di senso dello stato e assolutamente indifferente agli interessi della collettività. In questa palude gli abitanti sembrano vivere sostanzialmente rintanati nelle loro palafitte, nonostante le bellissime piazze dedicate ormai solamente al turismo. Manca del tutto la consapevolezza di appartenere necessariamente ad una comunità, e in queste condizioni ogni cosa è possibile. Si tollera di tutto, e credo che meritiamo ciò che ci capita, e purtroppo ancora ci capiterà.

martedì 8 novembre 2011

Il la fine di Berlusconi, lo stato nazione Italia, il medioevo prossimo venturo

Questa stucchevole telenovela sulle dimissioni di Berlusconi, e sul suo governo, conseguente alla mutata dislocazione politica (si fa per dire)  di personaggi di avanspettacolo, fa davvero rabbrividire. Le questioni sottostanti, pure individuati dagli osservatori più attenti,   che come al solito sono in minoranza, riguardano la crisi finanziaria e le possibili vie d’uscita. Ora viviamo in un situazione per cui, prevalendo i parametri aziendali assunti a modello di tutto, in modo sistematico e omnicomprensivo, non solo le Asl, le scuole, e qualsiasi sevizio, una volta “pubblico” ora è inserito in dinamiche e parametri aziendalistici, ma anche gli Stati nazione sono comparati ad aziende. Questo, si badi bene, è un dettato liberista, anche se ammantato con la finzione della ineluttabilità dei processi economici. Non è sempre stato così. In una tradizione liberaldemocratica di origine illuminista c’è spazio (o c’era spazio) per una diversa concezione dello stato e dei servizi pubblici. In realtà, al di là delle questioni di filosofia del diritto,m tra le due diverse concezioni dello stato, la differenza sostanziale è nella dinamiche pubblico-privato. I vecchi sistemi liberaldemocratici contemplavano la possibilità di un equilibrio  tra il pubblico e il privato, mentre l’attuale liberismo rompe questo equilibrio  determinando l’assoluto predominio del privato. Ora questa concezione arriva al parossismo, perche contempla la possibilità che dei privati prestino denaro ad uno stato non importa quale. Ora nessuno si chiede come mai sia possibile che ciò avvenga. E’ possibile, sulla base di  uno spontaneo gioco di mercato, che un privato accumuli più denaro di uno stato?.     E nel caso specifico, non di uno stato qualsiasi ma anche di stati importanti come la Grecia e l’Italia?. Nessuno si chiede come sia possibile che ciò sia avvenuto senza massicci spostamenti di capitali dalla sfera pubblica a quella privata senza nessuna contropartita per il pubblico?.    In realtà leggi economiche ineluttabili, entro certi limiti e sino a un certo punto non esistono, o meglio quelle che esistono sono sottaciute, e vengono spacciate per tali quelle che non lo sono.  E’ certamente vero che con l’ avvento dell’euro ci sia stata una parziale e progressiva cessione di sovranità da parte degli stati, e sotto una concezione liberaldemocratica, la cosa non dovrebbe risultare scandalosa se i processi di centralizzazione a livello europeo fossero avvenuti di pari passo tra economia e politica. In realtà si sono create strutture economiche, quali l’euro e la Banca Centrale Europea, senza che a fronte ci fosse un potere politico, legittimato democraticamente, al corrispondente livello, che determinasse la gestione di questi strumenti.   Conseguentemente questi strumenti, che sono privati, hanno espropriato di fatto gli stati nazione del primo  e più importante potere della sovranità, che è quello di battere moneta. Quindi si è creata una situazione per cui i privati hanno a disposizione il potere di battere moneta, che gli stati non hanno più. Questi organismi, ma non solo loro, per carità, anche fondi pensione americani, e ogni altro tipo di concentrazione finanziaria, possono prestare denaro agli stati e dettare le condizioni del rientro, condizionando in modo preciso e perentorio, sino alla determinazione delle crisi di governo.  Berlusconi in tutto ciò è una pedina di nessun conto, non capisce nulla di nulla, è un prestanome che ha avuto il fegato si speculare sulle operazioni che gli chiedevano di fare, per lucrare “in proprio”.  Così tanto per dire, la Libia di Gheddafi era, a chiamare le cose col loro nome, una semi colonia italiana, così come lo è tuttora l’Albania. Solo che Obama il simpaticone, con il marito di Carla Bruni, hanno deciso di impossessarsene, con buna pace dell’Eni e di Berlusconi. E Gheddafi è morto (posto che sia vero) perché fidava sulla protezione di Berlusconi di fronte agli squali nordatlantici, sui cui intendimenti da decenni nessuno dotato di senno può avere dubbi. Si dice, ma certamente si è fatto di tutto  dagli omicidi ai finti suicidi perché non fosse accertata la verità, che l’aereo di linea civile abbattuto sopra Ustica il 27.06. 1980 si sia caduto perché si è preso  per errore, un missile diretto ad una aereo militare su cui viaggiava Gheddafi.   Detto ciò per inciso, ora ci tocca sperare in un futuro migliore, nel contesto sopra delineato, perché le Carlucci, gli Stracquadanio, gli Scilipoti  hanno cambiato bandiera. Ma davvero gente così cambia bandiera?. Sono semplici banderuole, ma fanno parte del mondo della spettacolo e non della politica. E se poi tra i due mondi non c’è più distinzione, è problema nostro, perché è un problema che tocca a noi risolvere se ne saremo capaci, altrimenti meriteremo la sorte che ci toccherà. Intanto Il governo non ha più i numeri per reggersi, e tutti parlano del fatto che bisogna dare “fiducia ai mercati” . Cosi il fatidico libero mercato è diventato il moloch che se non fermato per tempo succhierà sangue come l’ha già succhiato da per tutto.  C’è una ultima riflessione a proposito della questione pubblico-privato. Ma non era nel medioevo, sino a prima della rivoluzione francese che gli stati erano consideratati alla stregua di proprietà privata dei regnanti? Certamente, si solo che ora ai regnanti, mica scomparsi del tutto, si sono sostituiti i banchieri, in uno scenario, appunto, di medioevo prossimo futuro.  

lunedì 31 ottobre 2011

Matteo Renzi e Oriana Fallaci.

Matteo Renzi sarebbe un personaggio da nulla se l’apparato massmediatico non funzionasse in modo tale da farne un caso. Ora a prendere in considerazione quello che dice, si ricava poco, né lui si fa carico di negare questo aspetto della sua vicenda, di originale non c’è davvero nulla.  In questo per una volta devo dare ragione a Bersani quanto sostiene che Renzi altro non fa che riciclare cose vecchie. Questo è un tipico fenomeno del postmoderno, fondato essenzialmente sulla rimozione del passato e la sua riproposizione in altra veste, come novità assoluta. Il problema in questi casi  è cercare di capire come funziona il meccanismo, ossia perché un personaggio simile, sia pure per qualche giorno, occupa il centro della scena politica e degli osservatori. Anche su Fb si parla tanto di Renzi. Il problema non è in quello che dice, ma nel rapporto tra ciò che dice e il suo ruolo. Fa sensazione che il sindaco della rossa Firenze faccia discorsi  sincretici, o apparentemente tali. Se, in ipotesi, gli stessi discorsi li facesse un sindaco di centro destra di una città tradizionalmente di destra,   la cosa non farebbe  scalpore alcuno. E’ il medesimo meccanismo che ha usato lucidamente la Fallaci nella seconda metà della sua vita e della sua carriera. Ha detto cose che hanno fatto scalpore perché provenienti da un personaggio collocato, nell’immaginario collettivo, su tutt’altre posizioni politiche, perché le stesse e identiche cose, se  dette, come pure avviene, da tanti altri, non suscitano scalpore alcuno.
  Alla fine il gioco è facile. Se un personaggio di destra dice cose di sinistra passa per essere incoerente ed opportunista, al contrario, come nel caso di Renzi, si diventa un personaggio coraggioso e degno di attenzione.  Questi sono gli esiti della americanizzazione del Pd. Ci si è prestati alla manovra di  riproporre in Italia, senza  voler tener  conto della specificità della nostra situazione, un partito che ricalcasse il più noto omologo americano, solo che la diversità intrinseca nelle rispettive situazioni, è che l’Italia ha bisogno di alternative reali di sistema perché in Italia non c’è mai stato un sistema politico che regga più di qualche decennio, mentre in America e nella più parte degli altri paesi europei, vi sono sistemi stabilissimi, che reggono sostanzialmente da secoli. Certo la discussione a riguardo è lunga perché si potrebbe sicuramente argomentare a lungo a riguardo, ma al nocciolo del problema tra Noi e gli Americani, è che da noi dobbiamo ancora trovare un configurazione di sistema istituzionale, convincente, efficace ed unificante ( e anche su questo la discussione è lunga e complicata) mentre in USA il sistema c’è. Ne consegue che di lì ci si può concedere alternanze sostanzialmente equivalenti, da noi invece questa cosa non funziona. Il gruppo dirigente del PD di sempre, ha cercato questa grande impresa, proveniente da un partito, il PCI  che ha funzionato, nella misura in cui  ha rappresentato, sempre nell’immaginario collettivo, una alternativa di sistema. Il Pd invece si è reso “liquido” , neppure un contenitore di idee diverse, ma semplicemente un grumo elettorale, che riviene esito di una rendita di posizione, nato proprio da quella eredità che vuole essere effettivamente superata. Non si tratta solo di Renzi, perché ogni sindaco di città importante, compreso il nostro Emiliano, ogni presidente di Regione, ( ma qui dobbiamo dire che Nichi c’è già riuscito) vuol fare un partito a sé, spesso anche quelli di provincia. A Bari, in questo senso non ci facciamo mancare nulla. Solo che ora  con Renzi,  è davvero cominciato l’assalto finale alla dirigenza. Io da tempo sostengo che l’architrave su cui poggia l’intero sistema politico italiano è il Pd, se crolla si può davvero rimescolare le carte e cercare vie nuove. Con l’avvertenza, per noi che siamo il 99% che la crisi la subisce, di ben  distinguere tra le novità autentiche e i revival del passato.  

martedì 25 ottobre 2011

Le pensioni, l’Italia e la crisi finanziaria internazionale.


Recentemente, si sono tenute in Argentina, elezioni politiche per la presidenza della Repubblica, vinte da Cristina Elisabet Fernández de Kirchner. Potremmo dire, al là di paragoni certamente complicati con la situazione italiana, che potrebbe definirsi un esponente di centrosinistra, sia pure in versione populista, che da noi, invece caratterizza il centrodestra.   Si tratta di una riconferma, poiché la signora è già in carica.  Il dato è che è stata rieletta al primo turno senza neppure il ballottaggio. Le politiche attuate dalla signora sono di chiara impronta socialdemocratica, ha esteso il welfare per contrastare la povertà che era una piaga caratterizzante l’Argentina e tutto il sud America. Ha nazionalizzato l’industria aeronautica sottraendola alla famigerata  Lokheed  Martin ( chi si ricorda dello scandalo Lokheed?) e ha nazionalizzato i fondi pensione, che altrove sono tra gli attori delle speculazione e del malaffare.  Pare che i risultati siano soddisfacenti, perché la situazione Argentina in via di netto miglioramento. Non solo L’Argentina, ma la Bolivia, il Brasile, il Venezuela di  Hugo Rafael Chávez Frías, che tanta parte della sinistra italiana che si ispira ad Obama avversa, al limita da farne un sol fascio con Gheddafi, per cui se se la Nato dovesse andare a  bombardarli farebbe cosa accettabile. Così il sud America, un tempo sinonimo di arretratezza e povertà ora conosce una stagione di progresso con un apprezzabile protagonismo femminile. Infatti non solo l’Argentina, ma anche il Brasile ha una presidentessa che  attua politiche di progresso. Noi in Italia e in Europa, conosciamo  un stagione di declino doloroso, stupidamente schiavi di un liberismo che ha conquistato in toto il modo di pensare in Europa ma soprattutto in Italia, alle prese con una kafkhiana discussione sulle pensioni, su cui paradossalmente solo la Lega nord, partito neonazista, si dichiara indisponibile ad un allungamento dell’età pensionabile. Il fine ultimo della manovra, è quello di privatizzare del tutto il sistema pensionistico, così da avere anche da noi i famigerati fondi pensione, quelli che la Kirchner ha nazionalizzato opportunamente.   Così mentre i manager fanno vita da sogno, i poveracci devono sgobbare in loro favore, sino a tarda età, e in funzione delle loro capacità speculative, che, si badi bene, da sole non servirebbero a nulla, senza le politiche liberiste che negli Usa e in Europa, (ma non da per tutto, v l’Irlanda) ha loro concesso, in materia di fiscalità e della possibilità legale di truffare i risparmiatori, di tutto e di più. In Italia anche la sinistra  e l’opposizione parla di liberalizzazioni come se la strada non fosse già stata ampiamente percorsa, con esiti disastrosi in fatto di industrializzazione del paese, con conseguente crescita della disoccupazione e del decremento delle retribuzioni, in termini di reali capacità di acquisto, e di disponibilità a innalzare l’età pensionabile. E’ una follia. Così si alimenta la speculazione e si aggrava la situazione in un circolo vizioso di cui non si scorge la fine. La maggior parte delle mansioni da lavoro dipendente sono decisamente usuranti, e pensare di allungare l’attività lavorativa è pura crudeltà psicofisica. Che lavorassero sul serio lor signori, sulle strade, negli uffici che svolge attività con il pubblico, nelle fabbriche, sui cantieri, nelle scuole. Se avessero idea di quel che significa davvero, parlerebbero diversamente. Ma, come vado dicendo su questo blog, la crisi si è avvitata più volte su sé stessa, per cui non si scorgono neppure in lontananza, le capacità di ripresa, poiché la sedimentazione del malessere tra le persone  comuni,  ha prodotto cultura e modi di pensare intrisi di liberismo deleterio assai diffusi, e resi inossidabili da tutto l’apparato mas mediatico.   Per carità ora anche la Chiesa critica l’alta finanza, come a dire, finte lacrime di coccodrillo, dal momento che anche lei lucra e non poco, da questo stato di cose.