Mentre va in
onda, in occasione delle elezioni del Presidente della Repubblica, il
disvelamento evidente del carattere di
interfaccia del del Pd rispetto agli interessi reali di Berlusconi
e non solo, con buona pace di tutti i suoi sostenitori, si avvicina il 25 aprile, ricorrenza della liberazione dal
fascismo nostrano e dall’ occupazione tedesca di memoria nazista e
hitleriana. Il
tragico e al tempo stesso farsesco
regime di Salò, credo, costituisca in assoluto, il peggior fenomeno
politico e sociale mai verificatosi su quel pur martoriato suolo che ancora
oggi si chiama Italia. Ma non solo questo succede, perché succede anche il
realizzarsi di una ulteriore tappa di quel golpe strisciante che in Italia ha
avuto il suo tragico inizio simbolico, per ciò che mi riguarda, il 9 maggio
1978 giorno dell’uccisione di Aldo Moro, creando una instabilità istituzionale mai
risoltasi. Infatti la rielezione di
Napolitano è una, l’ennesima perpetuata con questo singolare personaggio, violazione esplicita
della costituzione che recita al 1° comma dell’art. 85 della parte II, titolo II “ Il presidente della Repubblica è eletto per 7 anni”. Non c’è bisogno di costituzionalisti o di
esperti che argomentino sino a stravolgere la lettera e lo spirito di questo
articolo, basta una discreta conoscenza della lingua italiana, e neppure
eccelsa, perché l'articolo si riferisce ad una persona e non ad una carica, questa ipotizzabile come ciclica. Non è un caso che durante la cd prima repubblica così era interpretato questo articolo, anche perché, si argomentava, avendo il presidente un ruolo nello scioglimento delle camere potrebbe verificarsi il caso in cui un presidente in carica potesse in qualche modo procurarsi la rielezione, attribuendosi, in un genuino spirito antifascista, alla permanenza limitata delle singole persone nei luoghi del potere un evidente significato di democrazia in quanto si contrapponeva non a caso, al regime fascista, in cui il Re e il duce erano inamovibili. E’ sin troppo elementare
argomentare che nella costituzione il termine di sette anni è il massimo
consentito per la permanenza in carica di un presidente della repubblica diversamente sarebbe ipotizzabile un presidente della repubblica a vita con mandati rinnovabili ogni sette anni. Va da
sé che il problema non è solo formale, ma anche sostanziale, perché questa
rielezione costituisce un tassello importante verso l’edificazione, in salsa
italiana ovviamente, di un regime presidenzialista, già abbondantemente iniziato
nei fatti dallo stesso Napolitano, essendo questo il vero motivo della sua rielezione.
Sorvolo sull’evidenza del fatto che si è trattato di una manovra preordinata, perché,
tanto per dirne una, si sarebbe potuto insistere con la candidatura Marini, a voler mantenere il profilo delle "larghe intese". Ma ora
voglio ragionare di antifascismo, anche se il cambiamento di argomento sarà solo
formale. La retorica imperante durante la cd prima repubblica, intendeva l’antifascismo
come un presidio, oltre che come ricordo storico, contro la rinascenza del fascismo in camicia nera, con il fez e l’olio
di ricino. Non che il problema non fosse sussistente, perché perfino io, in gioventù mi sono adoperato nella misura delle mie possibilità perché non ci fosse un simile ritorno. La questione è che oltre il fascismo tradizionale vi è un la possibilità di un regime assonante con quello fascista, che mantenga la sostanziale tutela degli interessi economici e sociali, sia pure aggiornati ai tempi che viviamo, senza che ne riproduca i tratti più esteriori. Invece la retorica tradizionale esclude questa ipotesi, e all’ombra di questa retorica, si è conservato un apparato dello
stato sostanzialmente ereditato dal fascismo, con tutte le conseguenze del
caso. E tuttavia, almeno nella retorica delle dichiarazioni pubbliche e di
circostanza l’antifascismo era un punto fermo. Nella cd seconda repubblica
anche la retorica dell’antifascismo è in buona sostanza, tramontata. Berlusconi
non ha mai taciuto la sua ammirazione per Mussolini, e tanta parte del Pdl è
composta da persone che negli anni ’60 hanno partecipato attivamente ad attività squadristiche.
Tuttavia ciò che più mi ha amareggiato,
francamente, sono tutte le esibizioni istituzionali
da parte di personaggi che sulla carta dovevano essere ancorate al campo dell’antifascismo. Si è dovuto
ascoltare negli ultimi decenni, discorsi che mi suscitano repulsione, a partire da quello che più mi colpì, quello
che fu pronunciato nella seduta della Camera
del 9/5/1996, la prima della XIII legislatura quella che vide l’insediamento di
Luciano Violante alla presidenza, in cui egli stesso nel discorso d’insediamento,
ebbe a dire tra l’altro “Mi chiedo se l'Italia di oggi - e quindi noi tutti -
non debba cominciare a riflettere sui vinti di ieri; non perché avessero
ragione o perché bisogna sposare, per convenienze non ben decifrabili, una
sorta di inaccettabile parificazione tra le parti, bensì perché occorre
sforzarsi di capire, senza revisionismi falsificanti, i motivi per i quali
migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si
schierarono dalla parte di Salò e non dalla parte dei diritti e delle libertà.
Questo sforzo, a distanza di mezzo secolo, aiuterebbe a cogliere la complessità
del nostro paese, a costruire la liberazione come valore di tutti gli italiani,
a determinare i confini di un sistema politico nel quale ci si riconosce per il
semplice e fondamentale fatto di vivere in questo paese, di battersi per il suo
futuro, di amarlo, di volerlo più prospero e più sereno. Dopo, poi, all'interno
di quel sistema comunemente condiviso, potranno esservi tutte le legittime
distinzioni e contrapposizioni.”
Non è chiaro infatti che tipo di ulteriore riflessione debba farsi sui vinti di ieri, se si
esclude, come egli stesso esclude, sia pur
retoricamente quelle interpretazioni cui si potrebbe logicamente prestare
quell’espressione, se non che quei vinti di ieri non sono divenuti nel
frattempo, e ciò anche in virtù di un malinteso senso dell’antifascismo, i vincitori di oggi. Del resto il discorso di Violante è
volutamente e fortemente provocatorio, è una sorta di abiura, un rinnegare il
suo passato politico, e la storia della sua famiglia che del fascismo fu
vittima. Infatti si poteva limitare a richiamare le ragioni di chi negli
anni ’20 aderì al fascismo, ma sarebbe
stato troppo semplice e perfino scontato e privo di effetto e di radicalità
mediatica, e per questo l’antifascista Violante, che comunque deve la sua
carriera politica a quei militanti del PCI che antifascisti lo erano davvero,
senza di che quello stesso discorso avrebbe avuto un impatto inferiore. Tutto ciò a prescindere da quel “soprattutto
ragazze” quasi a voler nobilitare ignobilmente, al di fuori di qualsiasi
possibile riferimento storico, il fenomeno della Repubblica di Salò, con un
manto di femminismo. Comunque tornando
alla sostanza del discorso di Violante, la definizione “vinti di ieri” appare
un lapsus freudiano in senso stretto. Quel discorso infatti ha il sapore di una
resa dell’antifascismo di ieri, che di cui Violante è indiscutibilmente un
titolato rappresentante, agli eredi di quelli che ieri furono vinti, ma
che oggi sono diventati, a loro
volta, vincitori. Così l’antifascismo si
svuota definitivamente di contenuti e diventa il terreno politico e culturale dell’elaborazione
di un nuovo linguaggio in cui si
comunica l’avvenuta cessazione di ogni possibile contrasto radicale e reale politico
e culturale in Italia. Insomma non c’è più un possibile avversario politico, essendo del tutto risibile il riferimento a tali possibilità contenuto nel discorso di Violante.
Con questo discorso l'allora presidente della Camera certifica il consolidamento di quel ceto politico
che poi si chiamò giustamente “casta” corpo separato dal contesto sociale del
Paese, che pertanto rimane sostanzialmente privo di luogo politico e culturale
dove fosse possibile la legittima coltivazione dei suoi legittimi interessi generali. Non a caso il “nemico” anche sotto il profilo psicologico, oltre
che culturale e politico, diviene in questo tempo della politica, l’immigrato, il nero nel senso del colore
della pelle, lo zingaro, realizzandosi così la legittimazione dell’apparato ideologico
proprio del peggior fascismo. Che il discorso di Violante non sia stato
estemporaneo è cosa del tutto evidente, perché è assolutamente coerente con
tutte le scelte politiche e istituzionali perseguite dal gruppo dirigente del
centrosinistra. In questo senso, sempre rimanendo in abito di discorsi
istituzionali, ricorderò l’infausto discorso del presidente Napolitano, che
tenne il 10 febbraio 2007 . “ Da un certo numero di anni a questa parte si
sono intensificate le ricerche e le riflessioni degli storici sulle vicende cui
è dedicato il "Giorno del Ricordo" : e si deve certamente farne
tesoro per diffondere una memoria che ha già rischiato di esser cancellata, per
trasmetterla alle generazioni più giovani, nello spirito della stessa legge del
2004. Così, si è scritto, in uno sforzo di analisi più distaccata, che già
nello scatenarsi della prima ondata di cieca violenza in quelle terre,
nell'autunno del 1943, si intrecciarono "giustizialismo sommario e
tumultuoso, parossismo nazionalista, rivalse sociali e un disegno di
sradicamento" della presenza italiana da quella che era, e cessò di
essere, la Venezia Giulia. Vi fu dunque un moto di odio e di furia sanguinaria,
e un disegno annessionistico slavo, che prevalse innanzitutto nel Trattato di pace
del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una "pulizia etnica". Ecco
qui il
discorso è esplicito, la falsificazione storica è netta, e così si racconta la storia che non fu. Infatti
nell’autunno del 1943 si badi bene, nel pieno del conflitto mondiale che ha
visto l’Italia in modo particolare, impegnata nell’aggressione alla Jugoslavia, con una ferocia che in nulla
cedeva a quella tedesca com’ è
documentato da letteratura storiografica non contestata per ciò che riguarda
episodi di crudeltà inaudita, i partigiani jugoslavi che insieme a quelli greci,erano impegnati nella caccia ai nazifascisti senza interventi, si badi bene, di truppe altrui sul loro territorio, diventano attuatori di un
disegno di pulizia etnica e di un disegno annessionistico slavo. Ora bisogna contestualizzare il discorso facendo caso alle date perché queste parole furono pronunciate da Napolitano nel
2007 mentre solo del 1999, otto anni prima ci furono i bombardamenti Nato con forte partecipazione
italiana, mentre, guarda caso, era in carica il governo D’Alema con l’appoggio
di Bertinotti e di Diliberto. Le cronache di quei bombardamenti raccontano di disastri e vittime civili oltre qualsiasi plausibile esigenza militare. In
questo contesto parlare di espansionismo
slavo costituì una provocazione grave tant’è che suscitò la
recriminazione e le proteste dell’allora presidente della Slovenia, che ovviamente lasciarono un segno quasi invisibile. Ora
la mia costante polemica, in questo blog, è con la ideologia del postmoderno da
un lato, e dall’altro, con la “sinistra che non c’è certo come sono che le due cose coincidono. Insomma
l’antifascismo non può ridursi alla riproposizione di foto storiche, cosa del
resto del tutto giusta e assolutamente necessaria, ma anche un attivo presidio contro
tutte le metamorfosi possibili del fascismo,
sotto il profilo della tutela dei medesimi interessi economici e sociali
ovviamente aggiornati ai tempi di oggi, e sotto questo profilo, indubbiamente l’antifascismo
ha fallito. Un altro equivoco imperante per la connotazione di un regime fascista o autoritario, è dato dalla misura della libertà di stampa e di espressione. In realtà non si tiene conto che il sistema della comunicazione postmoderna, ha aggirato l'ostacolo. Con il dispiegamento di mezzi enormi sostanzialmente autofinanziato, si è dispiegato un apparato pluralistico in apparenza, ma sostanzailmente propagandistico di ciò che non a caso vien percepito come "pensiero unico" anche se non sempre, coloro che ricorrono a questa espressione, concludono coerentemente con questa premessa. E' indubbio che oggi vi sia una libertà di espressione sconosciuta durante il fascismo, e tuttavia, la valutazione del beneficio di tale libertà che non è distribuita in modo eguale tra tutti i possibili fruitori, va commisurata con la potenza degli attuali mezzi di comunicazione. La limitazione concretamente percepibile della possibilità di lanciare messaggi da posizioni di visibilità nel sistema mediatico, raggiunge nei fatti, lo stesso effetto di una limitazione della libertà di espressione. Vero è che non c'è violenza nel contenimento di questa libertà, e tuttavia e pure vero che essa è superflua, perché il sistema è tale da contenere le voci scomode in recinti virtuali ma nel medesimo tempo capaci di neutralizzare perentoriamente ogni messaggio scomodo, in modo che possa essere sicuramente sterilizzato.
sabato 20 aprile 2013
martedì 2 aprile 2013
Ragionando di Grillo e di democrazia
Recentemente
su fb mi è successo di vedere tutta una serie di post contro Grillo. Si dice di
tutto e di più, spesso a torto e a volte e a ragione; diciamolo pure, si va a
casaccio, non pare ci sia una specifica preoccupazione di stare ai fatti, il
che nuoce alla causa, posto che ce ne sia una di causa in comune. E per meglio dire anche su fb, spesso, non
sempre il dibattito cede il posto alla
propaganda, e con i propagandisti chiaramente non si discute. Loro lanciano
post esattamente come gli spot pubblicitari, non c’è trippa per gatti, non c’è
argomento o riflessione che tenga, le cose sono così e amen. Tentare di
argomentare è complicato perché servirebbero presupposti che mancano il più
delle volte. Io mi sforzo di ragionare su quel che accade, e poi dire qualcosa
ogni tanto su questo blog. Se mi riesce di suscitare delle riflessioni autentiche
sono contento altrimenti me ne faccio una ragione, infondo non tolgo nulla a
nessuno. Ora succede che Napolitano, il presidente della Repubblica, continua a
picconare la costituzione ben oltre quanto osò immaginare il vecchio Cossiga, e
lo ha fatto a 360 gradi, ha delegittimato la magistratura con la kafkiana
vicenda del contenzioso con la procura di Palermo a proposito delle
intercettazioni; ha di fatto assecondato la battaglia di Marchionne che ha
tentato riuscendoci in parte di delegittimare la Cgil escludendola dalla
contrattazione nazionale. Anziché dimettersi ha congelato, contro ogni sostanziale
spirito della costituzione contro ogni prassi consolidata, non solo il governo Monti ma anche il parlamento
appena eletto, e non sono certo né il primo né l’unico a pensarla così, e io
concordo con quei commentatori, pochi in vero, che sostengono questa tesi. Certamente, a quel che vedo e sento, nessuno
ricorda che si sono tenute elezioni anticipate, anche se per poco, proprio
perché Berlusconi ha sfiduciato Monti, con il paradosso che un governo, le cui
dimissioni hanno dato vita alle elezioni anticipate, ripeto sia pure di poco,
sia ancora in carica con il nuovo parlamento insediato, il tutto con l’alibi
che non c’è mai stato un voto di sfiducia. Il che è vero ma solo perché Napolitano ha espropriato di fatto il
parlamento del potere di dare e negare la fiducia ai governi tranne che per le
fiducie farsa collegate ai singoli provvedimenti legislativi. Non ha rinviato alle camere,
violando una prassi consolidata, per il
voto di fiducia, né l’ultimo governo Berlusconi, né Monti quando fu sfiduciato a parole da
Berlusconi ma senza appunto il voto sulla fiducia, né Bersani in questi giorni,
che aveva tutto il diritto di presentarsi in parlamento. Inoltre correttezza
vorrebbe che rinviasse proforma Monti di fronte al nuovo parlamento, salvo a farlo
rimanere in carica per “l’ordinaria amministrazione”, come si dice di solito, e arrivare perfino a
nuove elezioni anticipate, il che implicherebbe sue dimissioni immediate. Dal mio punto di vista, sotto il profilo della
correttezza, l’unico percorso plausibile, era quello che prevedeva il voto di
fiducia a Bersani alla Camera, e successivamente lo scioglimento del solo
Senato con un accordo per modificare la legge elettorale così da avere una medesima
legge per le due camere. Certo che ci sono rischi evidentissimi ma questo è il
gioco. Ma passando invece alla sostanza delle cose, voglio dire che ormai siamo
di fronte a un bivio. Da un lato c’è il gruppo storico già al potere che è dato
sostanzialmente da Pd + Pdl, che ha gestito la cd seconda repubblica, e dall’altro M5Stelle. Le differenze, sul
piano della democrazia formale sono flebili o poco percepibili, ed è stato uno
dei miei motivi di riserva sui post dei miei amici di fb che sul tema specifico
attaccavano Grillo. Ho già detto di Napolitano che si comporta come un monarca
d’altri tempi, che riserva a sé medesimo l’ultima parola sui governi, cosa che
la costituzione non gli concede. Il piano generale, che temo sia stato
partorito da qualche specifico staff della Casa Bianca, prevede il passaggio da
un monopartitismo mascherato, quello appunto che vede associati Pd+Pdl, ad un
monopartitismo trasparente, quello di
Grillo. Va detto pure che anche Napolitano pensava ad un passaggio al
monopartitismo, in tempi un po’ più lunghi,
incentrato su Monti, con assorbimento in modalità striscianti del
problema Berlusconi, ma senza ricorrere a nulla che producesse una qualche
forma di palese contrapposizione. Il
problema di fondo, agli occhi di Obama, è che in questo apparato è molto
costoso, corrotto in parti consistenti, legato in quota parte al sistema della
grande criminalità, e ormai incapace di gestire il consenso. Non ha prodotto benefici di sorta, anzi porta politiche
recessive, che con tutta evidenza servono solo a una ristrettissima cerchia di
persone racchiuse nei circoli del Partito Repubblicano, ed è incentrato sulla
figura di Berlusconi, che è un servo indocile, pretende troppo per sé e si è
schierato apertamente contro Obama e non garantisce, per i fini che contano,
nulla di importante, ed è disponibile a vendersi pure al suo “amico” Putin. Al contrario Grillo, punta sul consenso garantito da misure di
welfare, seleziona un personale politico più docile, assai meno costoso, e più
produttivo, nel senso della disponibilità al sostegno alla piccola e media impresa, che è
l’ossatura portante del sistema produttivo italiano, sin qui pesantemente
penalizzato col pretesto assai ridicolo, in vero del cd. “patto di stabilità”
che a null’altro serve se non a rottamare il sistema Italia, dove si continua a
ragionare come se fossimo uno stato indipendente cosa che non è in tutta evidenza. Le cronache, per edulcorate
che siano, dicono di contatti telefonici tra Napolitano e Draghi, presidente
della Bce, in merito alla crisi in atto, e dicono pure dell’intervento
dell’ambasciatore Usa Thorne al liceo Visconti
che elogia Grillo, in piena campagna elettorale. Certamente poi ci sono state dichiarazioni
che precisano, smentiscono e via discorrendo ma i dati di fatto restano, solo
che, a quanto pare, nessuno ha voglia di sommare due più due in Italia, tanto è alto il rischio di sbagliare. Sullo sfondo rimangono le grandi questioni
che attengono al tema dell’Europa, del debito e dell’euro. Grillo a riguardo
appare più possibilista, invece dell’assoluta e ferma acquiescenza all’euro da
parte del partito Pd+Pdl, dovendosi prendere per strumentali i discorsi di
Berlusconi a corrente alterna sull’euro, atteso che al suddetto, nulla lo
interessa oltre il conteggio di quanto potere e denaro possa disporre e poco
importa la valuta, di modo che prendere sul serio Berlusconi quando parla
d’altro è uno spreco di attenzione. Ma
la questione dell’euro, è una vicenda politica da cui discende poi quella
economica. E la vicenda politica ci dice,
a voler vedere i fatti, ma su questo mi propongo un post specifico e più
documentato , che l’euro è uno strumento di politica tout court chiaramente iperliberista, voluta sicuramente dagli Usa
in versione Repubblicana, che prevedeva la delega dei problemi europei alla
Germania, la quale deve essere ed è, il caposaldo politico e militare degli
interessi Usa in questa parte di mondo. In compenso alla Germania le si è concesso una riunificazione assai onerosa
e la libertà di imporre i costi relativi ad essa e non solo quelli, grazie a politiche
“comunitarie”, agli altri paesi, soprattutto quelli del
mediterraneo. Il drenaggio avviene con il meccanismo del debito, che in modo
fraudolento viene ingigantito e manipolato dalle cd “banche d’affari” . In
realtà attraverso l’euro e le implicazioni annesse, in fatto di politiche
economiche e finanziarie si realizza l’inversione
degli esiti dell’ultimo conflitto mondiale. E’ come se i danni di guerra li dovesse
pagare mezza Europa alla Germania, salvo a rappresentare,
sul piano della propaganda, una situazione opposta, come se fossero i paesi
mediterranei a chiedere alla Germania di pagare il debito altrui. E’ di
fatto, in termini certamente più soft, il ritorno alle politiche razziste sulla
superiorità della razza germanica. Probabilmente a Obama la cosa non va proprio
bene perché indebolisce il suo impero sul fronte importantissimo di questa
parte del mondo, dove è sfidato da Putin e da Ahmadinejad, ed è ormai preda di
instabilità che si sta cronicizzando in tutto il nordafrica e magari auspica politiche meno recessive in
tutto il suo impero. E la sfide si giocano anche e soprattutto, come dimostra
la cd guerra fredda ai tempi dell’Urss, sugli stili di vita, e omologare gli
stili di vita dei paesi del mediterraneo europeo con i paesi mediterranei di altre sponde non è cosa
saggia. Ora tornando alla questione “Grillo” dirò che
ci sono aspetti davvero preoccupanti, perché impone una concezione
individualista in termini rigorosi. Mi ha spaventato il fatto che al Comune di
Parma il sindaco Pizzarotti di M5Stelle rifiuta per principio di ricevere i
sindacati in quanto espressione di associazione di persone. Non si tratta di
difendere sindacati che, se posso dirlo avrebbero bisogno di un rinnovamento
profondo, soprattutto in termini di democrazia interna e di capacità di
associare davvero il mondo del lavoro dipendente, che è, al contrario
scarsamente associato, e questo non certo a causa dei grillini, vedi la vicenda
Marchionne e tutte le implicazioni, ma perché penso che l’uomo sia davvero una dimensione collettiva, e che
gli individui, al di fuori del contesto in cui vivono sono inesistenti. Questo
discorso che in sociologia passa, non passa però in politica e in economia, con
danni stratosferici. Ora imporre con maggiore violenza di quanto non si sia già
fatto sin ora, una visione individualista dell’uomo è cosa che ritengo assai
grave. Tornando ai problemi della cronaca di questi giorni, ribadisco, l’unico contributo possibile che poteva dare
Napolitano, all’interno della costituzione era quello di dimettersi subito, in modo da conferire al
parlamento la sua centralità invece di nominare dieci “saggi” che è cosa che
non sta né in cielo né in terra che vuol dire al Pd e al PDL di mettersi d’accordo e fare un governo che
lasci fuori i grillini. Ora non bisogna lasciarsi ingannare dal numero, perché
dieci sono perfino troppi e infatti quelli veri sono due ossia Violante e
Quagliariello, che avendo i rispettivi partiti alle spalle, hanno
obiettivamente un peso diverso dagli
altri, e quindi dico, con tutta la malignità che mi caratterizza, che sono loro la vera commissione, e tutti gli
altri sono foglie di fico. Grillo inoltre ripropone il problema della
comunicazione, che la sinistra che non c’è ignora, nonostante sia già il
secondo fenomeno che cresce in Italia grazie ad una capacità specifica di usare il
sistema dei media , il primo fu Berlusconi manco a dirlo. Oggi l’equivoco di
fondo della rete consiste nella sensazione che tutti possano parlare a
prescindere dalla consapevolezza di un possibile uditorio. Invece per risolvere
i problemi serve sviluppare un confronto intenso che deve svolgersi necessariamente “de visu”,
guardandosi in faccia, essendo disponibili a recepire le idee altrui e cercare
di modificarle. Certo, la conoscenza personale, una volta acquisita, consente
in modo assolutamente vantaggioso l’uso della rete che serve per facilitare i
rapporti reciproci tra le persone, ma non a soppiantare la necessità di un
rapporto diretto, una volta definito “umano”. Le decisioni democratiche devono essere assolutamente collegiali. Il processo decisionale deve prevedere la
presenza simultanea di coloro che
portano la responsabilità delle decisioni assunte.
Questo è il grande problema di
Grillo che mi fa dire che il fenomeno potrebbe essere effimero, a condizione
che… ma questo è un discorso che porta lontano. Grillo
è fautore di discorsi che una volta si sarebbero definiti di
“razionalizzazione” e poco importa quanto siano praticabili, il dato è che in effetti sono in parte necessari, e
parlo del razionamento dell’uso delle fonti di energia, delle sue proposte di
risparmio energetico, contro la megatruffa delle cd “grandi opere” a partire
dalla Tav. Certo in questo contesto appaiono cose radicali solo per la ottusità
e la malafede oltre che alla forza anche militare dei poteri che da queste
“grandi opere” già traggono profitti senza che vi sia neppure una certezza del
loro compimento. E tornando alle vicende di questi giorni dalla crisi si
potrebbe uscire, a condizione che Napolitano lasci subito il Quirinale dove
come dicevo ha fatto danni gravissimi, la cui estensione è ancora da valutare.
Al momento sembra che abbia introdotto un presidenzialismo di fatto che
potrebbe in un futuro più vicino di quanto ci si immagini, diventare anche
norma in costituzione, sulla strada dello svuotamento della costituzione del ’48,
per altro già avviata. Tant’è che ricorre l’espressione di “governo del
presidente” come è stato il governo Monti, il che vuol dire che la carica di
presidente della repubblica diventa una carica politica a tutto tondo, e nient’affatto
una istituzione di garanzia come nella costituzione ancora vigente. Condivido l’opinione
di quanti dicono che ormai la partita vera che si giocherà in parlamento sarà
la contesa per la carica di presidente della repubblica a seconda della maggioranza che lo voterà
vedremo che ha vinto la partita. La sinistra che non c’è ovviamente è fuori da
tutti i giochi, per cui ritengo, in attesa che rinasca, su basi di autenticità
e su scala europea come minimo, così come nacque nell’800, auspico una
maggioranza Pd + M5Stelle, che elegga prima il presidente della repubblica, e poi il governo che con tutta evidenza non
può essere presieduto da Bersani. Perché ormai credo che, salvo imprevisti, a questo si arrivi, e non
escludo neppure la rielezione di Napolitano, pure a rischio che non finisca il
secondo settennato. Dietro questo
congelamento della situazione che egli stesso ha imposto leggo solo la sua voglia
di protagonismo smisurata, e il timore che il congelamento diventi cronico nel
senso che si continui con un monopartitismo non più mascherato da due ma
addirittura da tre partiti, che comprenda anche M5Stelle, che tra tutte le
ipotesi è davvero la peggiore.
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