venerdì 19 ottobre 2012

A Leonardo di Cittadella, provincia di Padova.




Lo ha detto il sottosegretario all'Interno Carlo De Stefano, riferendo alla Camera sul caso del ragazzino di Cittadella  e dell'esecuzione nei suoi confronti del provvedimento di allontanamento dalla famiglia materna disposto dal giudice dei minori, eseguito con sollevamento di peso del nostro Leonardo.  “Nella mattinata dello scorso 10 ottobre il padre del bambino ha comunicato via mail all'Ufficio minori della questura di Padova che la Corte d'appello di Venezia aveva appena rigettato il ricorso con il quale la madre aveva chiesto la sospensiva del provvedimento di allontanamento dall'ambiente familiare materno. Il responsabile dell'Ufficio minori prendeva contatto con i servizi sociali del Comune per valutare l'opportunità di eseguire immediatamente l'intervento, al fine di evitare che la madre, qualora giunta a conoscenza della decisione del giudice, potesse come già avvenuto in altre due circostanze, rendere impossibile l'esecuzione del provvedimento. L'assistente sociale, dopo aver consultato il padre del minore e lo psichiatra, ha ritenuto di procedere all'esecuzione, individuando l'area antistante la scuola come la piu' idonea per l'intervento, anche perché i precedenti tentativi fatti nella casa materna erano stati vanificati dalla resistenza del bambino supportato dai parenti''. Alle 12.15 cosi', ''la polizia, insieme allo psicologo, allo psichiatra e al padre sono andati nella scuola. Con la direttrice si e' deciso di farlo uscire dall'aula per prepararlo all'allontanamento. Ma il bambino si e' rifiutato, quindi si e' deciso di allontanare gli altri alunni dall'aula. Psichiatra e psicologo sono entrati quindi nell'aula insieme ai poliziotti. Data la difficile situazione per la resistenza del minore, e' stato chiesto l'intervento del padre affinché prelevasse il figlio per condurlo all'auto dei servizi sociali che lo avrebbe portato verso la comunita' di accoglienza. Il padre è riuscito con fatica a portarlo fuori dall'aula, ma nel corridoio la reazione del minore e' diventata ancora più energica, sfociando in manifestazioni a carattere violento anche nei confronti del genitore e' degli operatori intervenuti''. ''Il bambino - ha detto ancora De Stefano - appena uscito dall'edificio invocava con urla l'intervento dei familiari della madre che giungevano muniti di telecamere. Due poliziotti cercavano di fronteggiare i familiari mentre un terzo cercava di aiutare il padre a portare il figlio in auto. Nonostante la resistenza sempre più accesa dei familiari, i poliziotti riuscivano ad allontanarli consentendone la partenza''. “Ai familiari che protestavano chiedendo l'esibizione del provvedimento di diniego della sospensiva un ispettore capo ha replicato con espressioni assolutamente non professionali che il grado di parentela con il minore non giustificava la richiesta''.  Come tutti sanno, questo avvenimento ha avuto la ribalta grazie a delle immagini, girate con un telefonino dalla madre del ragazzo, e mandate in onda dalla trasmissione della terza rete Rai  “Chi l’ha visto?” dal cui sito ho tratto la relazione del sottosegretario De Stefano che ho riportato integralmente.  L’avvenimento ha avuto una grande eco sui giornali, sulle tv, su fb. Ci sono state: le scuse del governo per il comportamento poco professionale della polizia, diversamente dai fatidici fatti del G8 di Genova di infausta memoria,le indagini della procura e quant’altro, l’ intervento di Schifani, presidente del Senato, oltre agli sciacallaggii vari tentati o effettuati, come quello della  Mussolini e quant’altro.    Insomma chi più ne ha più ne metta.
Ora una prima riflessione s’impone. La notizia di  riferimento delle immagini del “rapimento” di Leonardo, proposte da “Chi l’ha visto?”  è la medesima della relazione che ho riportato, copiata  tra l’altro, proprio dal sito della stessa trasmissione. Ora vorrei chiedere idealmente a quella larga platea di orientamento democratico che si è indignata per la “violenza”  subita da Leonardo, se il loro coinvolgimento avrebbe avuto la stessa intensità emotiva che se avessero appreso  la notizia del medesimo avvenimento con le parole del sottosegretario De Stefano invece che dalle immagini.  In tutta onestà credo di no e suppongo che,  su questo  in costanza di onestà intellettuale, tutti ne possono convenire. Dal mio punto di vista questa vicenda, è l’illustrazione pratica del post che precede in questo blog, è la dimostrazione di come le immagini ottengano un effetto gravemente distorcente la realtà dei fatti. Infatti la maggior parte dei commenti andavano nel segno di una indignazione  nei confronti  di chi ha eseguito questo intervento, ci sono stati articoli di stampa, e mi riferisco principalmente al “La Repubblica” e a “Il Fatto Quotidiano”.  Il dato per me preoccupante è che una larga fetta di opinione democratica, si è lasciata grandemente manipolare da una montatura perfino banale. Il fine politico della manovra è, come dicevo in diverse discussioni sulle bacheche di amici di fb, è quello di svilire il lavoro dei Tribunali per i Minorenni, che invece sono cosa assai meritoria, e in generale assolvono al loro compito che è quello di tutelare i minori. C’ è stata una coincidenza di interessi, tra gli ambienti politici interessati a questa campagna, e i particolari interessi della madre di Leonardo. Sullo sfondo, a fare da humus pronto alla bisogna, c’è stata una opinione democratica, di cui, in questa occasione, si è fatto portavoce “Il Fatto Quotidiano”  che ha contribuito a stravolgere i fatti. Innanzi tutto va ribadito che Leonardo è stato prelevato da scuola dal padre aiutato dalla polizia, che doveva contrastare l’intervento della madre e della sua famiglia. Che sia chiaro, che per quel che se può sapere, bisogna concludere che nessuna violenza è stata fatta sul ragazzo. Il distacco dalla madre, se si vuol essere obiettivi, è equivalente dal distacco dal padre. Purtroppo si è diffusa nella nostra società, anche per un malinteso senso di femminismo, secondo il quale la madre e le donne in genere sono superiori agli uomini, soprattutto per ciò che riguarda la prole. Solo che questo è una sorta di maschilismo rovesciato. Nella realtà vi sono ottime madri e ottimi padri, come vi sono pessime madri e pessimi padri. Nel caso specifico, oltre la sentenza su cui tornerò più avanti, sulla base degli avvenimenti pacificamente accertati, dirò che una buona madre non induce il figlio a dire bugie gravi su presunti abusi subiti dal padre, e conseguentemente non impedisce al figlio di vedere il padre. Inoltre una buona madre nell’interesse del figlio, non attira l’attenzione dei massmedia, i quali in Italia, da qualche tempo sono utilizzati come ennesimo grado di giudizio. I perdenti nelle sedi giudiziarie, usano le Tv come strumento per ribaltare a loro favore nei fatti, sentenze sfavorevoli. Il terreno è fertile, perché la televisione è logicamente interdetta agli operatori del settore che per nessun motivo, fatto ovvio e del tutto comprensibile, possono andare in televisione a rivelare gli esiti della loro attività professionale. Gli esempi sono tanti e da queste vicende i minori non vengono minimamente tutelati. Posso citare i casi più clamorosi come quello della signora Franzoni, nella tragedia di Cogne, in cui fu ucciso il piccolo Samuele, o come quello dell’ asilo “Olga Rovere” di  Rignano Flaminio, in cui un ministro della Pubblica Istruzione,  di un governo di centrosinistra, sospese d’autorità delle maestre, accusate di abusi orribili sui bambini loro affidati, nonostante tutti gli organismi interni alla scuola non ebbero a muovere rilievi di sorta sul loro comportamento. Già le indagini dei carabinieri nell’immediatezza dei fatti avevano trovato prove del contrario e che cioè le maestre in questione non avevano commesso abusi. Lì si scatenò il problema dell’ascolto dei bambini, ma anche su questo dirò più avanti. Per tornare al nostro Leonardo e a “Il Fatto Quotidiano”   vale invece il dato per cui la magistratura ha sentenziato a tutela dell’integrità psichica. Comunque è successo  che dopo i primi giorni, non potendosi gonfiare ulteriormente l’argomento della violenza sul ragazzo, si è attaccato la sentenza che ha legittimato l’intervento del padre. Esattamente come avevo previsto a caldo sulle bacheche di almeno due amici di fb.  A pag. 10 del giornale già citato,del 17 u.s. c’è un articolo di Sandra Amurri, che ha seguito la vicenda sin dall’inizio. Il titolo è “Leonardo e la malattia che non c’è” .
La sostanza è un attacco assai pronunciato sulla perizia di Rubens De Nicola che è stato il perito del magistratura sulla quale poi si sarebbe basata la sentenza. Il dato del contendere è il Pas ossia Parental Alienation Syndrome  che secondo alcuni è una malattia vera e secondo altri no. La malattia consisterebbe in alterazioni della psiche dei ragazzini, procurati dalle manipolazioni pronunciate e costanti di un genitore. In materia per convenzione internazionale fa testo il “Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders ” brevemente chiamato DSM con il numero di aggiornamento. Sembrerebbe che il DSM non elenchi il Pas tra le malattie mentali riconosciute, e pertanto, sempre secondo l’articolo in discussione, salta il fondamento della sentenza. Detto francamente questi articoli mi fanno incazzare, perché sono argomenti del tutto improponibili in un contesto serio. A riguardo devo fare due tipi di riflessione. Il primo è che le perizie sono semplicemente il nastro che infiocchetta la sentenza, ossia, posto che i giudici siano arrivati per altre vie, a determinate conclusioni includono le perizie confacenti nelle motivazioni delle sentenze. Sia chiaro che le perizie non sono vincolanti per i giudici. Se posso fare autobiografia dirò che negli anni ’80 il T.M di Bari, dovendo giudicare ragazzini che avevano sicuramente commesso dei reati, mi convocava nelle udienze per farmi relazionare sui ragazzi medesimi, se a me affidati, spesso privi di avvocati di fiducia e con semplici difensori d’ufficio,  per sentirsi dire cose  funzionali alla formula del cd “perdono giudiziale”  per escludere la reclusione in carcere dei minori in questione, sulla base della semplice e veritiera considerazione, che il carcere era una grande fucina di criminalità, per cui mettere in carcere un ragazzino significava condannarlo a vivere nelle file della grande criminalità. Ora va detto che la decisione del presidente del tempo di non comminare il carcere ai ragazzini era una sua decisione, e le mie relazioni erano solo un contorno, non ero certo io a determinare le sentenze.  Ora sul problema delle perizie psichiatriche, in generale, suggerisco la illuminante lettura de “ Gli anormali”   di Michel Foucault e in particolare della “Lezione dell’8  gennaio 1975  al  College de France” , Feltrinelli 2000. Per tornare all’art. della Amurri va detto che la questione di fondo che si è posta davanti ai giudici che hanno emesso la contestata sentenza non è se il DSM IV  o  V comprenda o non comprenda, o escluda  il Pas tra le malattie mentali, ma se la madre di Leonardo abbia manipolato pesantemente il figlio o meno. Evidentemente hanno concluso che la grave manipolazione ci fosse, e hanno sentenziato di conseguenza. Usare il DSM come una bibbia è un po’ come riproporre il metodo con cui la chiesa condannò Galileo. L’esistenza delle malattie va riscontrata nella realtà sociale, nella pratica psicoterapeutica, non nel DSM che certamente è uno strumento assolutamente necessario per gli psicoterapeuti, ma ripeto, non può essere la base di una sentenza civile in materia di minori.  Del resto la vicenda mediatica, così come l’abbiamo conosciuta lascia pochi dubbi sulle tendenze manipolatorie della madre di Leonardo; è giunta al punto da dare al solito “Il Fatto Quotidiano”   il testo di una lettera indirizza al marito, dopo di che risulta difficile dubitare della tendenze manipolatorie della madre del ragazzino. Dirò di più: per comprendere sino a che punto è giunto il danno  inferto al minore dalle manipolazioni materne, bisogna considerare la resistenza opposta da Leonardo al padre, agli operatori sociali e di polizia intervenuti. Chiunque abbia esperienza di questo tipo di intervento sa che i ragazzi di dieci anni, “normali” non trovano in sé la forza di resistere alle pressioni simultanee di un genitore di operatori sociali e della polizia,  punto da costringere ad evacuare l’aula per poterlo contenere.  Io solidarizzo col padre, perché delle due l’una: o le resistenze del figlio sono giustificate dal suo comportamento, il che pare possa escludersi per le stesse ammissioni indirette della madre,  o sono il frutto di manovre manipolatorie dell’intero nucleo familiare materno, esattamente come dice la sentenza. Quindi la via del disinteresse per le sorti del figlio era spianata, e posto che non ci siano risvolti economici, era la via maestra per uscire da  questa situazione, comprensiva di fiaccolate di mamme della scuola. Ha deciso invece di farsi carico  coerentemente dei problemi del figlio e di ciò sarebbe opportuno dargliene atto. Anche il suo rapporto con i media è risultato più corretto, tant’è che a differenza della madre, che ha rilasciato interviste a destra e a manca, è comparso una sola volta in tv col volto oscurato.     
In questi casi  comunque c’è un altro argomento che spesso viene usato, ed è stato pesantemente usato anche in questa circostanza,  è il cd “ascolto” del minore per fargli scegliere il genitore cui essere affidato. Tra le punizioni più severe che si possano infliggere ad un ragazzino , al di sotto della soglia dell’adolescenza, è proprio quella dell’ascolto. Per un ragazzino i motivi della separazione dei genitori restano incomprensibili perché il suo bisogno consiste nel fatto  che i genitori restino insieme. Generalmente tendono anche ad assumere su di loro , la “colpa” delle loro liti. Ascoltarlo per un giudice significa convocare il ragazzino sia pure opportunamente accompagnato, in determinato giorno, ad un determinata ora, per chiedergli di decidere se andare con l’uno o con l’altro. Ciò equivale a chiedere al ragazzino che in quel contesto vede gonfiarsi il suo senso di colpa, per quanto infondato, di ripudiare davanti a persone sconosciute, uno dei due genitori. E’ un po’ come rivoltare una lama rovente in una ferita aperta, è una afflizione che è bene non comminare a un ragazzino. E’ come se gli adulti affidassero a un piccolo la soluzione di un problema che loro non sono in grado di concordare.  Quindi i genitori che consentono questo compiono un atto di grave irresponsabilità. Ascoltare un bambino, o un ragazzino, comunque sotto la soglia dell’adolescenza, significa tutt’altro, significa cogliere attentamente tutte le sue manifestazioni, in parole e in comportamenti,  liberamente espressi nel suo ambiente naturale, è una operazione che non si può racchiudere in un momento preciso.   Insomma non si possono convocare i ragazzini in tribunale per porgli questo tipo di interrogativo.  La scuola di pensiero che  invece   teorizza “l’ascolto” in tribunale, è una scuola di pensiero postmoderna, che tende a rimuovere la psicanalisi, la psicologia dell’età evolutiva, perché nega l’evoluzione stessa della vita dell’uomo, nega il dato di fatto che ogni età ha specifiche componenti psichiche di cui bisogna tener conto. Insomma il bambino sarebbe  uguale all’adulto ma non è così. Chiunque abbia a che fare con la sofferenza delle persone sa che non è così. Del resto è il portato della civiltà dell’immagine, per cui l’importante è apparire, e se si è diversi da come si appare poco importa. Da piccolo, per concedermi un attimo di  nostalgia vista l’età,  avevo rigorosamente i pantaloncini corti anche d’inverno, e dal freddo mi riparavano calzettoni di lana sotto il ginocchio, perché i pantaloni lunghi erano cose da grandi, e indossarli, alla prima comunione, dava il segno di una grande conquista. Ora non è più così ma è certo che in questa nostra società l’attenzione per le nuove generazioni si riduce progressivamente. Non è possibile occuparsi di loro solo se vengono in televisione. Le trasmissioni che un po’ su tutti i canali,  infestano i pomeriggi  imperniate alla cd. Tv del “dolore”, come ormai viene definita questa tv spazzatura riecheggia spesso questa teoria.  Certo pare assai democratica e fascinosamente progressiva, ma è disastrosa per i ragazzini.  Le madri di  Rignano Flaminio, ad esempio,  quelle coinvolte nel famoso caso, hanno sostenuto addirittura la necessità di modificare la legge nel senso che la parola del minore deve avere valore di verità senza nessun tipo di verifica. Ora escludo che si arrivi a tento, ma ciò accadesse sarebbe un ulteriore passo verso una barbarie senza uguali.

giovedì 11 ottobre 2012

Libertà di stampa e il caso Sallusti.





Altro punto forte di quel che è mera propaganda del sistema valoriale dell’Occidente  è la cd. Libera Stampa, in aggiunta alle libere elezioni di cui ho già detto.  In realtà per libera stampa, come base di un sistema politico   si dovrebbe intendere  l’esistenza della possibilità di un giornale, o di un gruppo editoriale, di poter pubblicare notizie, ovviamente autentiche, senza condizionamenti. Questo dibattito esiste da decenni, e un tempo,  sarebbe stato possibile sostenere la tesi,  valutata come plausibile anche da chi la contraddiceva, per cui la semplice necessità di raccogliere pubblicità per consentire la sopravvivenza di una testata, era una sorta di condizionamento che in qualche modo limitava la libertà di stampa. Oggi non credo esistano aree politiche che condividano questo argomento. Intanto il quadro si  è stravolto nel frattempo, per il proliferare di mezzi di comunicazione di massa che rendono obsoleto l’argomento. Peccato che lo sviluppo tecnologico, applicato al sistema delle comunicazioni, non ha portato se non  solo  in misura residuale,  alla possibilità di uno sviluppo pluralistico delle fonti di informazione, o almeno di quelle destinate alla massima divulgazione. Prevalentemente  invece, ha determinato un grandioso processo di omologazione, un restringimento poderoso delle fonti di notizia a dispetto della moltiplicazione degli strumenti  e delle testate giornalistiche e televisive. In definitiva sono voci corali in grado, come  ripeto e continuerò a ripetere, di incidere profondamente perfino sull’apparato psichico dell’individuo, e ciò grazie alla sostituzione  della parola  con l’immagine come del veicolo prevalente della comunicazione. Julian Assange, che in Italia ha avuto meno solidarietà di quanta non ne abbia avuta Sallusti e  la vicenda di  WikiLeaks è una vicenda conclusiva, a mio parere, sullo stato delle cose circa la libertà di stampa nel sistema occidentale; il guaio è quasi nessuno  ci fa più caso. In Italia invece, anche grazie alle consistenti concentrazioni proprietarie dei gruppi editoriali di ogni genere, la riduzione della possibilità di fare libera informazione  è ancora più grave che nel resto del mondo relativo alla cd Occidente progredito. Fa senso constatare quando sia grave il senso di ottundimento delle intelligenze causato dall’apparato massmediatico. Il semplice annuncio di una notizia, poco importa quanto credibile in sé, o quanto sia in stridente incompatibilità  con fatti  già noti, o quale  sia il livello della sua fondatezza, o l’autorevolezza della fonte, ottiene sempre gli effetti voluti. Particolare impressione mi fa la capacità manipolatoria delle notizie che mi piace classificare come attinenti allo scontro di civiltà. Si fa leva al senso di appartenenza, che è tanto più forte e manipolabile quanto più grave è la crisi economica.   Qualsiasi notizia venga dalla parte del mondo che si scontra con l’Occidente ottiene l’effetto voluto, ossia di rafforzare la convinzione della superiorità valoriale del “nostro” occidente. E poco importa se da noi, qui, sotto i nostri occhi, o nel nostro mondo, succede manifestamente di più e di peggio, come se da noi non si uccidessero le donne, non si esercitasse la tortura, non lasciassimo morire per mare persone di ogni età provenienti dallo stesso mondo al quale pretendiamo di insegnare la democrazia a suon di bombe.   
 In Italia le vicende  della Rai e delle sue capacità censorie a partire da  Santoro, e poi a risalire indietro nel tempo a tutta una serie di personaggi oscurati perché provvisti di pervicace  indipendenza di giudizio, dicono appunto di una mancanza sostanziale della libertà di espressione, che è un diritto non graduabile, conquistato certamente nell’ambito della civiltà occidentale, ma dell’Occidente illuminista, cosa diversa e o addirittura opposta all’ Occidente liberista. La concentrazione proprietaria contraddice la pluralità delle testate o dei canali televisivi, e la concorrenza, come è noto ha smesso di essere motore di progresso economico da circa un secolo in modo irreversibile. La concorrenza esiste ancora e produce effetti, ma in modo del tutto diverso da quelli tradizionali , e certamente nei massmedia il fenomeno dell’omologazione trascende assolutamente gli effetti della concorrenza che, almeno nel settore, sono nulli.  Ne consegue che il sistema massmediatico si è trasformato lentamente nel tempo in un potente apparato manipolatorio organizzato in sistema di controllo e al tempo stesso di propaganda di regime, e questo non in virtù della  precedente instaurazione di un regime di del tipo conosciuto nel ‘900, ma della capacità acquisita nel frattempo, di essere esso stesso uno degli strumenti fondamentali nell’ instaurazione di un regime postmoderno, all’interno del quale viviamo senza che siano evidenti ai più, gli aspetti  propri che contraddistinguono un regime. Certo si tratta di un regime per certi aspetti sicuramente più soft  rispetto a quelli tradizionali ,  meno cruenti se volgiamo, ma sempre che ci si intenda, perché di sangue ne è scorso molto in questo regime scandito  da stragi, delitti eccellenti, o di omicidi di persone inermi usate come veicolo di terrore, che noi assimiliamo e al tempo stesso rimuoviamo, come nel caso di Melissa Bassi.  Per altri versi invece, cioè rispetto alla capacità di creare consenso pur in presenza di politiche ferocemente antipopolari, evidentemente incongruenti rispetto agli scopi dichiarati, alla capacità di distruggere cultura, dignità umana, forze di produzione, questo regime postmoderno è sicuramente più efficace e incisivo  di quelli del passato, e mi riferisco precisamente al regime fascista. Ho già detto delle questioni connesse all’istituto del voto, ma spero ci induca a riflessione ulteriore la constatazione che ora siamo in grado di eleggere “liberamente” i nostri grassatori.   Certo una riduzione dei salari della portata vista in Italia negli ultimi decenni  è senza precedenti perfino nel regime fascista. La libertà di esercitare diritti in fabbrica, è grosso modo allo stesso livello. Tuttavia questo tipo di regime è in grado di raggiungere  obiettivi non raggiungibili  con l’olio di ricino, a partire dall’annichilimento di qualsiasi opposizione di sistema.  Lo rilevava Marcuse negli anni 60. Per il resto non si vieta troppo ma si manipolano le possibilità di fruizione delle libertà sino neutralizzarle, vista la nostra capacità di eleggere “liberamente”  i nostri grassatori.  Basti pensare, ad esempio, che in Grecia la Germania (in conto Usa)  ha ottenuto gli effetti che Hitler e Mussolini non riuscirono a ottenere con l’aggressione militare, e neppure con la dittatura dei “Colonnelli”. Ma basta riflettere un attimo per cogliere la portata del potere manipolatorio del sistema massmediatico. Chi Renzi ?  E’ il sindaco di Firenze accreditato della possibilità di superare Bersani solo da effetti mas mediatici. Non so come finirà ma di certo che al di fuori di questo sistema le possibilità di Renzi di battere Bersani e Vendola sarebbero pari a zero. Consapevole di ciò Rernzi rivendica apertamente la possibilità di far votare alle primarie elettori di centrodestra, a conferma di una sostanziale omogeneità dei partiti politici esistenti oggi in parlamento. In questo contesto la vicenda di Alessandro Sallusti  mi fa incazzare. Tutta la stampa democratica e giornalisti come Travaglio con cui concordo quasi sempre, hanno preso l’abbaglio garantista. Un garantismo del tutto fuori luogo, perché  basato su presupposti del tutto inesistenti, quasi fossimo nell’’800 in cui la libertà di stampa coincideva con la libertà senza aggettivi. Certo anche oggi abbiamo spazi importati di libertà di stampa e di libertà tout-cout ancora da salvaguardare,  ma le minacce vengono proprio da persone come   Sallusti  e dagli organi di stampa da cui dipende.  Egli è il prodotto più classico e riconoscibile di questo nuovo status, di questo nuovo ruolo e nuova funzione cui gli attuali rapporti di potere così come si sono configurati in questo tipo di società postmoderna. Sallusti è l’equivalente del mazziere fascista degli anni trenta, quando gli intellettuali, anche quelli più schierati con il regime fascista, conservavano una qualche rivendicazione di autonomia in qualunque situazione, si veda la vicenda Gentile, nella ricostruzione che ne fa Luciano Canfora, che trovo del tutto condivisibile. (v . Canfora  “La sentenza”  Sellerio ed. 1985). L’articolo incriminato che ha portato alla condanna penale di Sallusti è solo una di una nutrita tipologia di articoli che i giornali di Berlusconi sfornavano per perseguire gli indocili, quelli che non si uniformano alle leggi non scritte di questo regime che comunque ha una grande capacità persecutoria a danno di magistrati che applicano la legge, che sono i bersagli preferiti in questo contesto. La solidarietà andava ribadita nei confronti di questa categoria di persone anche   in occasione della condanna di Sallusti, e invece a costoro è giunto un attacco di ritorno.   Il problema di fondo, che questa vicenda mette in evidenza, è l’enorme arretratezza culturale di una sinistra italiana che proprio sul problema degli esiti psicologici, politici e sociali insite nella applicazione delle nuove tecnologie agli strumenti di comunicazione di massa, che sono in fondo gli strumenti moderni del dominio di classe, si sarebbe detto un tempo, si dimostra assolutamente impotente. Invece, ridicolmente, la sinistra italiana ha accetto la nuova situazione come se fosse un semplice portato “naturale” e politicamente neutro della modernità. Tutto ciò ha conseguito l’assenza di qualsiasi battaglia sulla enormità del conflitto di interesse di Berlusconi, cui ha concesso il monopolio quasi assoluto sul sistema di comunicazione in Italia, ha emarginato al suo interno i singoli intellettuali che questo problema avevano colto, ha lascito andare l’interessante sperimentazione del terzo cale della Rai di Angelo Guglielmi,  Michele Santoro,  Sandro Curzi, e via dicendo, per non parlare della carta stampata di cui la sinistra non ha colto la marginalità sopravvenuta, impegnandosi allo spasimo per mantenere piccole testate di nessuna capacità politica e informativa, visto l’incapacità di attenersi alla lezione gramsciana a riguardo, e nella totale indifferenza alla necessità di decifrare per neutralizzare l’efficacia dei nuovi linguaggi imposti dal postmoderno. Al contrario è stata proprio la sinistra a costituire il terreno di cultura dei nuovi linguaggi, prospettandoli come neutrali sotto il profilo socio politico. Su questo, se ne avrò la forza, dovrò scrivere un saggio che ripercorra l’evoluzione del significato delle parole, e qui parlo solo di parole considerate come separate dalle immagini, che pure una importanza non trascurabile continuano a esercitarla . Il tutto a rivestire di neutralità e obbiettività dati che invece non erano per nulla neutrali. Qui faccio solo un esempio banale, certamente riduttivo rispetto alla complessità del fenomeno cui alludo, che attiene ai temi  del lavoro. Parole come “flessibilità” applicate ai rapporti di lavoro hanno effetti devastanti ma sono accettate da sinistra come se fossero neutre e obbiettive, mentre invece sono tutt’altro. Per concludere dirò che delle sorti di Sallusti sono del tutto indifferente, e che certamente in Italia nell’ambito dell’informazione vi sono sicuramente parecchi “soldati” da salvare, ma non credo che vi sia nessuno che risponda a questo nome.     

lunedì 1 ottobre 2012

Libere elezioni

Ancora non ero nato, ma immagino che le elezioni politiche del ’48  siano state vissute dagli elettori del tempo come evento assolutamente fondamentale, il cui esito doveva essere tutt’altro che indifferente. Poi, mano a mano, il predominio elettorale della DC fu un dato acquisito, così come erano certi i nomi degli eletti prima del voto. Poi la stessa Dc incomincia a subire  una lenta ma continua  erosione. Tuttavia tale erosione fu l’esito di lotte memorabili di contadini, operai, comuni cittadini prima, e poi degli studenti, che sono giustamente entrate nel quadro storico del periodo. Insomma erano i mutamenti sociali  a determinare gli esiti elettorali e le rappresentanze politiche, perché la mobilità elettorale era un fenomeno poco significativo. Le campagne elettorali erano noiosissime, con tribune elettorali in tv ancora più noiose , o con comizi sul territorio, quelli legati alla notorietà di chi lo teneva o alla capacità retorica. In questo contesto il sistema elettorale basato sul proporzionale puro, concedeva alle opposizioni, e  quindi alla democrazia in quanto tale, spazi di governo indiretto limitati ma reali e significativi. Insomma era la maggioranza a tenere in conto le spinte delle opposizioni; tutto ciò in un contesto internazionale bipolare, che ci ha consentito una sorta di indipendenza reale anche dagli Usa pur essendo schierati inequivocabilmente dalla loro parte. Insomma la parola chiave del sistema della cd. “prima repubblica”, era “mediazione”, poi, insieme al mutamento del quadro internazionale si ebbe il  passaggio alla cd. “seconda repubblica” e le elezioni politiche e il loro esito, furono scientemente affidati alla gestione e al ruolo dei massmedia, restando del tutto scollegate da eventi di natura sociale essendosi, conformemente al quadro di americanizzazione forzata a partire dall’ affaire Moro. Così si dissolsero  i partiti che, nel bene e nel male, di erano effettivi rappresentanti, ed espressione dei vari ceti e classi sociali che abitavano l’Italia. Ora si valuti l’effetto combinato di due elementi: da un lato leggi elettorali maggioritarie, sicuramente non democratiche, perché, a differenza di quel che si sostiene, non garantiscono l’espressione di voto della maggioranza dei cittadini, ma solo una governabilità purché sia, rivelatasi spesso illusoria, che potrebbe e di fatto si è configurata come lesione della effettiva libertà di voto, in quanto appunto garantisce una maggioranza numerica nelle istituzioni che potrebbe non essere e di fatto non è mai l’ espressione della maggioranza dei cittadini aventi diritto, e dall’altro il dominio massmediatico che ha capacità di grandi condizionamenti sublimali che incide nel profondo sulla psiche, sulla cultura, sulla politica, sui costumi e sui consumi, insomma su ogni aspetto della vita delle persone. Ebbene è successo che l’effetto combinato di questi fattori  riducesse e di molto la connotazione democratica e partecipativa della competizione elettorale, e il restringersi progressivo del numero dei voti validi è cosa che credo, è una dimostrazione ulteriore di questo assunto, oltre ogni ragionevole dubbio, ed è in questo contesto che si è reso possibile il cd. “berlusconismo”.  Inoltre a questi elementi bisogna sommare l’effetto delle remunerazioni esagerate, anche al netto delle corruttele, che per altro vi sono strettamente connesse, degli eletti in qualsiasi sede istituzionale. Queste sono progredite nel tempo nel tempo, sino alla creazione di un ceto politico trasversale che comunemente viene chiamato “casta” in seguito al successo della pubblicazione nel 2007 dei due giornalisti Gian Antonio Stella e  Sergio Rizzo, dal titolo che recita appunto “La Casta” (ed. RCS libri). Si è selezionato per questa via un ceto politico assolutamente parassitario, che trova, nelle istituzioni, il luogo privilegiato della mobilità sociale, atteso che la crisi ha progressivamente prosciugato quasi ogni altro luogo. Il problema non è morale, ma strettamente psicosociale. Nella nostra società il fenomeno che gli americani chiamano con una sola parola “achivement”, ossia la tendenza, socialmente obbligata, alla progressione di status economico e sociale, è radicato nel profondo della nostra psiche. Tutto ciò comunque è sotteso al fenomeno della corruzione, che altro non è che uno scambio tra rinuncia al potere decisionale proprio della carica istituzionale, in cambio appunto di un potente avanzamento di status. Di modo che le elezioni servono principalmente alla selezione di questo tipo di personale, al quale viene richiesto come dote irrinunciabile, solo una certa capacità manipolatoria, del tutto disgiunta da convinzioni politiche, al contrario viene premiata l’assoluta indifferenza tra le opzioni politiche che non a caso cambiano in funzione di interessi contingenti, o addirittura degli effetti mediatici o che risultano dal loro pronunciamento.  In questi giorni la cronaca ci fornisce un esempio davvero eloquente di queste manipolazioni, basti pensare a Renata Polverini che si vuol spacciare per un novello cristo che caccia i mercanti dal tempio, come se ella medesima potesse dirsi estranea al meccanismo politico, normativo e istituzionale, in cui si inquadra lo scandalo alla regione Lazio; come se appunto, a quelle stesse persone sarebbe stato consentito di lucrare quel che hanno lucrato se non avessero votato a scatola chiusa ogni provvedimento proposto dalla stessa Polverini, tant’ è che sino ad ora si è trattato di una mera operazione di facciata, perché in pratica continua il suo lavoro nel solco medesimo sin qui tracciato, a riprova del ricorso  massiccio alla manipolazione massmediatica. Non deve sfuggire che la “non notizia”ha una diffusione più estesa della notizia vera  delle sue dimissioni non avvenute. In effetti poi le dimissioni annunciate il 24.09, sono state realmente inoltrate il 27. I tre giorni di distanza dicono molto più di lasso di tempo accidentale, visto che nel frattempo ha liquidato assessori “infedeli”, a conferma del quadro che tento di tracciare qui.  Comunque questo è il quadro che viene fuori dalla cd. “seconda repubblica” nata, guarda caso col pretesto di moralizzare il quadro politico della  prima repubblica viziato, com’è evidente anch’esso da una corruzione diffusa.  La differenza sostanziale a riguardo, è, credo che la vecchia  Dc, era un luogo di certo un luogo di corruzione  ma al tempo stesso anche il luogo delle decisioni politiche come ripeto. Oggi le sede delle decisioni politiche sono altrove, al di fuori dei nostri confini nazionali e delle nostre istituzioni, e il Pdl è essenzialmente il luogo che coltiva corruzione ed esprime direttamente gli interessi della grande criminalità organizzata, ma al di fuori della tutela degli interessi particolari, non decide nulla. Non a caso il governo Berlusconi è caduto su pressioni internazionali, senza neppure un voto parlamentare di sfiducia. Quella vicenda segna la svolta che fa scivolar via la cd. “seconda repubblica”. Ora la novità consiste a mio parere proprio dalla esigenza di mettere in sordina, proprio  questo ceto politico, esoso perfino agli occhi degli effettivi padroni, i quali preferiscono a questo punto i cd “tecnici” che altro non sono che politici selezionati in modo più diretto e attraverso un percorso diverso dalla carriera nelle istituzioni elettive. La continuità tra seconda repubblica e la fase dei tecnici consiste nell’assenza di mediazione sociale e nella limitativa capacità e/o possibilità di decidere.  La più severa riforma delle pensioni l’ha messa in atto questo governo tecnico a riprova dell’assenza di mediazione sociale, e questo  con l’assenso del Pd,  il quale come spesso succede ai servi sciocchi, pagherà, forse, questo sostegno con la sua stessa esistenza. Infatti non è certo che sopravvivrà all’effetto combinato tra la presentazione di una “lista Monti” che si va profilando, e le primarie con Renzi che vi partecipa per conto terzi. Pare accertato che sia un burattino nelle mani di Giorgio Gori, che non è necessariamente sinonimo di Berlusconi, ma più probabilmente opera a sostegno dello stesso Monti, anche se su questo fa l’ondivago,  ora conferma di correre per Monti, ora lo nega. Ma le parole di costoro lasciano il tempo che trovano.  Egli non vuole rottamare il gruppo dirigente del Pd, ma lo stesso Pd in quanto tale. Tutto ciò la dice lunga sulla furbizia di Bersani, D’Alema, Veltroni, e compagnia bella che introducono primarie senza regole essenziali, col risultato di vedersi esplodere in mano il meccanismo, da sinistra a livello locale e da destra a livello nazionale.  Tuttavia  oggi,  giovi ripeterlo, le decisioni politiche vengono prese dalle banche e in ultima analisi dalla grande finanza i cui elementi di spicco sono sostanzialmente racchiusi nella destra radicale Usa, che ormai gestisce il mondo occidentale e in particolar modo l’Italia, senza mediazioni di sorta ad eccezione di quelle del partito democratico di Obama. Come vado sostenendo da tempo siamo una “colonia” Usa, e ci assoggettiamo al normale destino delle colonie. Ma la sinistra italiana sembra ancora vittima di quel tipo di propaganda borghese si direbbe una volta, per cui le cd “ libere elezioni”, unitamente alla “libera stampa”  sono la quintessenza della democrazia. Eppure rapida scorsa alla storia tout-cour, o alla storia dei sistemi politici con particolare riferimento alla storia della Gran Bretagna, patria dei sistemi liberali, vediamo che non è così. Il suffragio universale è una conquista relativamente recente, tanto in Gran Bretagna quanto nel resto dell’occidente. E poi ci sono le libere elezioni che sono tali solo se si vincono, altrimenti se ne può fare a meno, (tra i motivi della guerra del Vietnam c’è il rifiuto Usa a consentire libere elezioni in tutto il paese come previsti dagli accordi di Ginevra del ’54) per non parlare del colpo di stato in Cile che si concluse con la morte di Salvador Allende, vincitore di libere elezioni, appunto. Ma anche in Algeria l’occidente ha favorito ogni sorta di manipolazione a partire dal colpo di stato del ’92 per vanificare la vittoria del Fronte Islamico di Salvezza che costò la vita a oltre 250.000 algerini, e così via, perché l’elenco potrebbe continuare anche oltre il 2000 anno in cui Busch senior vinse le elezioni facendo interrompere il conteggio dei voti in Florida. Poi gettando la maschera, si assale la Libia e si uccide Gheddafi, senza un motivo diverso da quello dell’assoggettamento più diretto delle risorse petrolifere della Libia, si tenta la stessa manovra per motivi diversa in Siria, ma senza appoggio aereo, e questo fa la differenza. L’Iraq insegna che le truppe americane sono come il cavallo di Attila, da dove passano si distrugge ogni simulacro di democrazia e si compete a suon di bombe tra civili inermi. L’Iraq di oggi potrebbe essere l’icona della democrazia occidentale oggi. Insomma non è vero che le libere elezioni siano un tratto fondante della suddetta civiltà occidentale, ma la sinistra nostrana sembra convinta del contrario. Oggi che abbiamo un sistema elettorale così poco democratico da far sembrare preferibile quello  concepito da Acerbo nel ‘  23  imperante il Duce, che comunque prevedeva una soglia minima per il premio di maggioranza per quanto ridicola, mentre quella in vigore non lo prevede. Insomma ormai definire democratiche le elezioni è un non senso. Tuttavia in Italia, a sinistra soprattutto, pare che tutto ciò sia privo di significato, per cui si annette all’esito elettorale una importanza che non ha né può avere. A sinistra le tematiche relative alla forma dello stato non trovano udienza, pare che la cosa non sia importante e comunque viene vista troppo lontana dalla possibile comprensione dei cittadini elettori, per cui non mette in conto di parlarne. Invece credo sia quello un tema centrale di questo passaggio d’epoca, in cui i sistemi elettorali cambiano ad ogni piè sospinto  a testimoniare di una crisi profonda che si aggrava di continuo avvitandosi su sé  stessa. Al punto che non si tiene in alcun conto che i sistemi elettorali siano un tutt’ uno con la forma dello Stato, e che la costituzione del ‘48 (ormai significativamente rimaneggiata in negativo ) contemplava, pur in assenza di una  norma esplicita, solo il sistema proporzionale puro.  Con ciò non voglio indicare nell’astensionismo una soluzione al problema, al contrario sono convinto che l’astensionismo non è soluzione di nulla, ragion per cui tra tormenti e sballottamenti vari alla fine ho sempre votato. Vendola è l’ultimo “baluardo” di una sinistra democratica, ma credo che anche per lui si stiano chiudendo gli spazi. Le vicende siciliane con l’estromissione di Fava dalla campagna elettorale sono un ulteriore  sintomo di questo processo. Il quadro che si apre davanti a noi è drammatico, con moltissimi interrogativi sui possibili sviluppi, senza che nessuno degli scenari possibili che si aprono sul prossimo futuro possano rassicurarci sui residui spazi di democrazia nel nostro paese; peccato che non si possano intravedere controtendenze.