venerdì 30 settembre 2011

L’euro e gli strati nazionali.

Scrive Aldo Giannulli  sul suo blog,  aldogiannulli.it, che l’euro fu un errore, perché non poteva darsi una moneta senza uno stato, poiché una moneta va gestita politicamente in modo adeguato, non è un fatto meramente tecnico o meramente economico. Di conseguenza oggi si sconta questo peccato originale, per cui, detto in estrema sintesi, il problema che si pone, consiste nel cercare una soluzione a questa contraddizione autentica. Cosa complessa e di non facile soluzione, ammette Aldo, e tuttavia indispensabile. Propone una specie di doppia moneta, per cui la divisa europea rimane nei confronti di terzi ma  ogni stato gestisce all’interno dell’Europa con una moneta con una diversa convertibilità. Ammette Aldo medesimo che l’idea è vaga ma è una traccia di lavoro. Ebbene sono in disaccordo  tanto parziale quanto radicale. Infatti la considerazione di partenza per cui una moneta senza uno stato   è una contraddizioni in termini, ed è assolutamente condivisibile, per cui l’euro risulta essere un mostro, una creatura innaturale. Solo che nel nostro caso la contraddizione  è in qualche modo attenuata, per il fatto che l’euro ha una politica sottostante, solo che la fanno i banchieri ossia la Banca Centrale Europea, che ovviamente tutela i grandi gruppi finanziari. Ossia si sono invertiti i termini del problema:  non è la politica attraverso gli organismi elettivi che detta i criteri di gestione della moneta unica, ma sono organismi economici non eletti da chicchessia a dettare la politica agli stati membri, ossia agli organismi rappresentativi eletti “democraticamente” (si fa per dire). Secondo me la soluzione al problema è al capo opposto del bandolo di questa matassa, ossia nella elezione di organismi politici europei per fondare gli stati uniti d’Europa. Ho polemizzato a lungo col postmoderno, per la sua capacità mistificatoria, per confondere cioè il processo storico autentico, con scelte politiche spacciate come ineludibile portato della storia. In parole povere, l’iperliberismo imperante non è il portato ineludibile della storia ma scelte di dominio imposte con un mix di forza militare mista a grandi capacità manipolatorie. E tuttavia c’è una istituzione che sta pian piano esaurendo la sua funzione  storica, ed è lo stato nazionale. A determinarne la crisi irreversibile, è stato proprio il monopolio economico che è una forza sovranazionale, e che esprime una forza e degli interessi sovranazionali. E’ lì la radice del problema che pone Aldo. La questione non è cominciata con l’euro, ma con le concentrazioni monopolistiche e i grandi gruppi finanziari, la cui gestione manageriale, non è di fatto controllabile da nessuno stato. Per mettere sotto controllo la finanza internazionale servirebbero volontà congiunte di diversi stati, che tanto per cominciare mettano regole fiscali e poi di seguito di altro genere. Non sono un fanatico dell’Europa unita ma penso che sia un passo ineludibile,  avrei preferito organismi sovranazionali che accomunino i paesi che si affacciano sul mediterraneo, ma questo al momento credo sia utopico. L’Europa unita è il male minore, ma tornare indietro agli stati nazionali come dice Aldo, credo sia ancora più utopico e del tutto controproducente sotto tutti i profili.

giovedì 29 settembre 2011

La burla


Mi ero ripromesso di non postare (termine che mi fa rabbrividire) più nulla su questo blog, che riguardasse l’attualità politica, solo che alla fine non ho saputo resistere alla tentazione di dire la mia. E tuttavia la nausea è forte, anche e soprattutto perché gli avvenimenti della politica, assomigliano troppo ad una recita, che segue un canovaccio già conosciuto,  un po’ come una canzone nota, che si riconosce all’accenno delle prime note, quasi un film già visto. Insomma niente di nuovo. Mi spinge a scrivere l’irritazione per la strumentale confusione che si genera a proposito della crisi economica e di Berlusconi. Ho già tentato di argomentare su Berlusconi, per dire che la sua figura è un problema nel problema, non il PROBLEMA per eccellenza, risolto il quale, tutto il resto si aggiusta da solo. In automatico non si risolve alcunché, se non per l’azione mirata di gruppi organizzati, sufficientemente forti da far passare le proprie scelte. Ora tutta la campagna cui partecipa buona parte dell’opposizione in parlamento, e anche una sostanziosa parte dei media non berlusconiani, tendente a far dimettere Berlusconi, perché non ha “la fiducia dei mercati”, perché la borsa è in discesa e amenità simili, mi fa imbestialire. Simili ragionamenti si espongono al ridicolo, e infatti i giornali della famiglia Berlusconi ci  vanno a nozze,   e non appena la borsa di Milano risale, chiede che se ne renda merito a Berlusconi. E il peggio è che il ragionamento non fa una grinza. Ma a parlare seriamente, Berlusconi e il suo governo, sono i garanti dei gruppi finanziari che speculano in borsa e, al tempo stesso della grande criminalità, come abbondantemente provato dai salvataggi continui di parlamentari inquisiti e dall’evidente politica collusiva e specificatamente dalla “biografia” di Berlusconi stesso, a ciliegia sulla torta, la proposta di mettere sotto inchiesta i pubblici ministeri.  E’ quindi ridicolo chiedere a Berlusconi di dimettersi per compiacere proprio coloro che sono ampiamente beneficiati dall’azione, o non azione, che concretamente si traduce in un grande beneficio per quelle signorie.  Va dato atto a Gad Lerner che la sua trasmissione, “l’Infedele”  è l’unica in cui questi discorsi hanno spazio. Ma per il resto è tutto un assurdo. La Confindustria protesta, perché in nome del liberismo vuole, e rivendica assistenza dallo stato, essendo questo il volano reale dell’economia, alla faccia del libero mercato, che è l’alibi per abbattere tutto ciò che è pubblico. Quella che segue la citazione di una citazione. La traggo da Gallino “Con i soldi degli altri” Einaudi 2010. “ Eventi infelici accaduti in altri paesi ci hanno insegnato da capo due semplici verità in merito alla libertà di un popolo democratico. La prima verità è che la libertà di una democrazia   non è salda se il popolo tollera la crescita d’un potere privato al punto che esso diventa più forte dello stesso potere democratico [….]. La seconda verità è che la libertà di una democrazia non è salda se il suo sistema economico non fornisce occupazione e non produce e distribuisce beni in modo tale da sostenere un livello di vita accettabile.”  Ebbene questi non sono petizioni di principio socialiste ma borghesi, e questa citazione è tratta dal discorso di F.D. Roosevelt al congresso degli Stati Uniti il 29.4.1938. Solo che ora nemmeno Bersani conviene più su questo. Il problema è “dare fiducia ai mercati” a chi, in definitiva trae profitto da una legislazione assolutamente iniqua, e spesso anche in aperta violazione di essa accumula risorse tali da condizionare la vita degli stati. Solo che ciò non scandalizza più nessuno, tranne qualche grande economista americano, che resta comunque una voce nel deserto. Se si continua a scambiare l’effetto con la causa dei problemi non ne veniamo fuori neppure dopo le prossime elezioni, anche nel caso pure auspicabile che le vinca una coalizione di sinistra.

domenica 4 settembre 2011

Viva la Sardegna, abbasso la padania.


Compito in classe. Tema: come hai trascorso le vacanze?. Svolgimento: ho trascorso vacanze bellissime. Prima di tutto mi hanno rubato una macchina nuova di pochi mesi, e l’assicurazione rifiuta di pagare. (A proposito delle assicurazioni, come di tutta una serie di contratti assolutamente asimmetrici che siamo costretti a sottoscrivere occorrerebbe una riflessione seria. Perché mai si consente alle assicurazioni di decidere arbitrariamente se risarcire o meno il danno, mentre i comuni mortali devono solo pagare?) Sono stato rimasto in credito di svariati stipendi nei confronti del mio datore di lavoro, e ciò nonostante posso dire che ho trascorso una bella vacanza. Innanzi tutto al mio trullo sono stata fatte le grandi pulizie, faticosissime pulizie esterne oltre che interne, anche dai ceppi d’edera che assediavano i coni in modo potenzialmente letale per i coni stessi. Per fortuna  i miei figli Flavia e Filippo, si sono adoperati adeguatamente, e tutti insieme abbiamo fatto i lavori tutt’intorno che si imponevano. Dopo di che siamo partiti, (mia moglie ed io) per la Sardegna, grazie anche alla macchina prestatami generosamente da mio fratello Mario. E’ qui il problema serio di cui mi voglio occupare in questo post. La Sardegna. Ho cercato da Bari di avere qualche notizia in più   su di essa, a parte le informazioni ridondanti sulle ville di Berlusconi, e sugli stravizi dei vip ed dei figli di Gheddafi sulla costa Smeralda, di cui  francamente mi frega niente. Ebbene da Bari sulla Sardegna sono riuscito a sapere e a capire ben poco. Ora sono contento di saperne un po’ di più, ma quanta fatica. Abbiamo preso alloggio, per convenienza economica prima di tutto, a Nurachi, vicino ad Oristano, e di lì abbiamo visitato la Sardegna degli splendidi Nuraghi per cui abbiamo appreso che  è  stata la culla della civiltà del bronzo nell’area del Mediterraneo occidentale, grazie all’ossidiana e al rame di cui era ricca. Una civiltà, a differenza di quella Micenea, che non ha conosciuto grandi guerre, grandi migrazioni e grandi spedizioni belliche, grazie proprio ai Nuraghi, fortezze mastodontiche, incredibilmente robuste, costruite a secco, inserite in villaggi di capanne dove tutto era in comune e non vi era una stratificazione sociale equivalente a quella degli altri luoghi del mediterraneo orientale. Veneravano l’acqua in speciali pozzi sacri e avevano tombe comuni. Costruite in gran numero, (a seconda delle guide che ho ascoltato, una delle quali, l’archeologo Sebastiano Demurtas al nuraghe e pozzo sacro di Santa Cristina di Paulilatino, pareva straordinariamente competente e appassionato, il numero va dagli ottomila ai dodicimila individuati, anche se pochissimi sono quelli riportati alla luce) certamente in rapporto visivo tra loro, circondavano tutta la Sardegna. Così difesa, e con la reciproca assistenza tra i Nuraghi contigui,  la Sardegna ha conosciuto oltre un millennio di prosperità senza invasioni, spedizioni belliche e quant’altro. Certo il rovescio della medaglia consiste nel fatto che la Sardegna sia rimasta come schiacciata dall’imponenza geniale dei suoi Nuraghi, per cui non ha acquisito la necessaria dinamicità per consentirle di passare all’età del ferro con intatta maestosità, e senza doverla subire come di fatto un po’ è avvenuto. Il fatto è che non è riuscita a creare la grande città, così come nel mediterraneo orientale.  Il problema attuale, è se si debba considerare la storia della Sardegna, (tutta la storia non solo quella nuragica) parte integrante della storia italiana o meno. La questione è di quelle serie, perché altrimenti si deve assumere che tutta la storia dell’Europa è figlia esclusiva del momento carolingio, mentre così non è.  Ovviamente, per terminare il compito in classe,  abbiamo fatto bagni di mare su splendide spiagge con sabbia al quarzo, assai più facile, tra l’altro, da scuotere via.  E poi ho letto altro ancora, in questa estate, a partire da “La  sentenza” di Luciano Canfora, che induce a riflessioni in parte riconducibili a quelle già svolte, nel senso che la storia, la nostra storia, forse è un po’ diversa da quella che ci hanno raccontato, e che soprattutto ci raccontano ora.   Pensate un po’ che ci raccontano perfino dell’esistenza della padania. Che schifo.