venerdì 25 marzo 2016

Ancora sangue


Ancora sangue in Europa, questa volta a Bruxelles e parlo ora di quelli del 22.03.2016. Ancora sangue di persone designate alla condanna capitale con l’inappellabile criterio della casualità, con il massimo della spettacolarizzazione. Ormai la guerra postmoderna non si fa più con gli eserciti schierati a contendersi trasparenti obiettivi territoriali, economici e politici. La guerra postmoderna la si fa colpendo a caso persone raccolte in luoghi di qualche rilevanza per lanciare messaggi multipli, subliminali, e quel che si contende è l’attenzione dei media. Ripeto ciò che ho detto altre volte: tale sistema è stato collaudato in Italia, a partire dalle bombe a Piazza Fontana e poi via via replicato nel tempo. Non ripeterò invece esercizi di dietrologia, se non per esprimere rabbia per le notizie che unanimemente tutti i media danno per certe senza alcuna verifica. Ossia che i servizi segreti siano stati lacunosi e mal collegati, escludendo tassativamente che vi possa essere anche la materiale possibilità che vi siano state delle collusioni. Così come tutti danno per certo che i mandanti e i responsabili primi di queste stragi siano mediorientali e di religione mussulmana. Esseri cioè appartenenti a razze inferiori e perciò capaci di simili atrocità, mentre noi, notoriamente illuminati da un dio superiore, nulla possiamo avere mai a che spartire con simili efferatezze. Succede così che il sangue versato tanto a Parigi quanto a Bruxelles, - perché, si noti bene, se a Bagdad, per esempio, il caso è ben diverso proprio perché gli abitanti di Bagdad, poveri loro, appartengono, come si diceva, ad una razza inferiore – diventa l’occasione per celebrare la superiorità dell’Occidente, sul piano della retorica e del mito. Sul piano della realtà invece, tale celebrazione avviene nella forma più retriva possibile, quella della guerra di religione di sapore medioevale, a conferma che il postmoderno ha in sé formidabili contenuti regressivi. Il sangue versato e i commenti cui danno origine sui media sono da considerarsi, a questo punto, due facce della stessa medaglia; sono l’autentica celebrazione della crisi totale e irreversibile di ciò che era la civiltà occidentale. Purtroppo la guerra continua, senza frontiere, senza trincee, senza possibili ripari. Non ci sono possibili deleghe, siamo tutti coinvolti e siamo tutti in prima linea, soli come da imperativo ideologico, senza poter sapere preventivamente se chi ci è a fianco è anche solidale o indifferente, o addirittura avverso. La tragedia è che tale condizione noi l’abbiamo scelta, oserei dire quasi “liberamente”, in nome delle libertà occidentali, e che dio ce la mandi buona