martedì 13 gennaio 2015

Charlie Hebdo




Il 7.01.2015 mercoledì, a Parigi, un gruppo armato entra nella redazione del giornale satirico Charlie Hebdo e uccide 8 giornalisti, due agenti assegnati alla protezione del direttore, un ospite che era stato invitato alla riunione di redazione e il portiere dello stabile. Sono stati uccisi il direttore del settimanale, Stephan Charbonnier, detto Charb, e i vignettisti: Cabu, Tignous, Philippe Honore' e Georges Wolinski,. Nell'attentato è rimasto ucciso anche l'economista Bernard Maris, azionista della testata parigina e collaboratore di France Inter. E una donna: si chiamava Elsa Cayat, era psicologa e psicoterapeuta, e teneva una rubrica ogni due settimane sul magazine. In un mondo normale, di fronte a tanto strazio, altro non resterebbe da fare che manifestare il proprio cordoglio ai familiari delle vittime, ai loro amici e colleghi, a tutti coloro che hanno subito questo lutto in prima persona, e certo, cercare gli autori e capire il perché. Tuttavia non siamo in un mondo normale, in effetti siamo in guerra, luogo assai tetro dove tutto è permesso, diversamente che in amore a dispetto del famoso detto. Nei dibattiti televisivi, nei resoconti giornalistici, scarso spazio alla commemorazione delle vittime, ma tanta follia gettata a piene mani, che dimostra, al contrario di quel che retoricamente si è voluto affermare, la crisi culturale e di valori dell’Occidente. La realtà, credo, sia diametralmente opposta a quel che ci hanno voluto far credere. Se guerra c’è, e sotto tanti aspetti la guerra c’è davvero tant’è che sono tra i primi a sostenerlo, e da tempi non sospetti, l’Occidente l’ha persa. Per carità è da tempo che i leader dei Paesi che fanno parte dell’Occidente sviluppato danno pessima prova delle proprie capacità, ma credo che la strage al Charlie Hebdo segni il punto di non ritorno.  Certo c’è stata la grande manifestazione di Parigi, la messa all’anglo di Marine Le Pen, e mutamenti di opinione pubblica. Ma è solo un gioco, una farsa che durerà il tempo necessario perché un nuovo fatto attiri l’attenzione dei media, dopo di che torneranno a mordere i problemi di sempre.  Quindi al di fuori della capacità dei media di rendere unico un avvenimento “normale” in tempo di guerra non ci sarebbe altro al di fuori della morte violenta di numerose persone incolpevoli i cui nomi, posto che già in partenza non tutti hanno avuto la medesima notorietà, torneranno nel dimenticatoio tra breve. Quel che rischia di peggiore ulteriormente una situazione già drammatica di per sé è l’assordante campagna dei media, e mi riferisco a quelli italiani, su cui imperversano gli stessi personaggi che si fanno il giro su tutti i talk-show per ripetere teorie incredibili. In un contesto sano in cui la concentrazione proprietaria dei media non avesse i livelli che ha in Italia, tali personaggi non avrebbero trovato posto nei dibattiti su una questione così delicata, e invece imperversano indisturbati. C’è n’è uno in particolare di cui non voglio fare neppure il nome che la butta sulla guerra di religione, e sostiene che la religione cattolica, assunta proditoriamente come una religione identitaria di tutto l’Occidente, è superiore a quella mussulmana per via di una razionalità, questo è il termine che usa, che da un certo punto in poi l’ha attraversata. Anche questo verbo è suo. Ora dire di una religione che impone ai suoi sacerdoti il celibato, solo per fare un esempio, per poi creare tutti i problemi di pedofilia annessi e connessi, e sostenere che sia attraversata da razionalità è, a mio modestissimo parere, una enorme sciocchezza, ma tant’è. Del resto il dibattito sul rapporto tra fede e ragione in Italia è ricorrente, ma conciliare fede e ragione mi pare cosa onestamente improponibile.  Gli unici commentatori, tra quelli che ho avuto modo di ascoltare in questi giorni e che hanno detto cose sensate sono Giulietto Chiesa e Massimo Fini. Tuttavia sono voci sommerse dal diluvio di altre voci, soprattutto i politici di centro-destra, notoriamente allergici a letture impegnative, improvvisamente divenuti esperti di non si sa bene cosa, e sempre presenti nei talk-show, non è chiaro a che titolo. Questo è uno dei motivi per cui sostengo che la guerra per l’Occidente è persa, perché altrove, tra “gli altri” sicuramente si trovano persone più colte e intelligenti che gestiscono le situazioni difficili. L’Occidente è davvero al tramonto. Il Califfato, sedicente stato islamico con bandiera nera, che ricorda quella dei pirati di altri tempi, mi fa venire in mente la vicenda dei Normanni e del regno di Sicilia, solo che è un fenomeno storico analogo per certi versi ma con una enorme differenza, al di là delle ovvie distanze temporali. Sia i Califfato che i Normanni attengono al percorso dello Stato Nazionale, solo che i Normanni ne segnano gli albori eroici, mentre i Califfato ne rappresenta la morte definitiva, fatto quasi sottolineato dalla bandiera nera. Ambedue, il Califfato e il regno di Sicilia riescono ad affermarsi in un quadro di crisi   dei grandi imperi nelle epoche relative, gli Usa e la Russia per oggi, e l’impero tedesco e quello bizantino per l’epoca. Come i Normanni anche le milizie dell’ Is o Isis o come diavolo si fanno chiamare, hanno iniziato come mercenari,  salvo ad accorgersi che erano diventati più forti dei loro reclutatori, ragion per cui trovano conveniente mettersi in proprio. Gli Usa e relativi alleati con il cumulo dei disastri militari in Afghanistan e in Iraq, non hanno più la diponibilità di schierare grandi forze militari di terra, e per questa ragione, ma non solo, hanno affidato ai mercenari compiti che una volta svolgevano con eserciti regolari. Il Medio Oriente e il Nord Africa erano già stati conquistati e riconquistati dalle potenze Occidentali, ma ne hanno sempre perso il controllo. Lì ci sono ancora grandi risorse naturali a partire dal petrolio, ma non ne hanno più il controllo, o non ne hanno  in termini di proprietà esclusiva, come pare necessario a lor signori. Poi c’è la questione mediorientale per eccellenza che è la questione di Israele, avamposto occidentale per eccellenza, per mantenere il quale non si risparmiano atrocità di nessun genere, sempre sotto assedio, per rompere il quale hanno deciso di attaccare la Siria, effettivo anello debole, come debole era Gheddafi e come debole era Mohamed Morsi, in Egitto. Allora armano bande di mercenari recluti tra i disperati di tutte le latitudini, con molti europei. Non è pensabile che tale reclutamento in Europa sia avvenuto davvero spontaneamente. Sfido qualsiasi persona in buona fede, a prendere l’iniziativa di andare a combattere in Siria o in Iraq, credo constaterà che senza appoggi giusti non gli riuscirà, e metterà a repentaglio perfino la vita solo per questo. Insomma tale arruolamento in Occidente, nei tempi in cui è stato effettuato non poteva essere svolto che dai servizi segreti, o per meglio dire, dell’unico super servizio occidentale noto come Central Intelligence Agency, ancor più noto con l’acronimo C.I.A. di cui tutti gli altri sono affiliati, come giustamente e documentatamente afferma Giulietto Chiesa.  Perciò pensare che i fratelli Kouachi, o la Boumedienne e Coubaly siano personaggi in grado di sottrattisi realmente al controllo dei servizi o che in Europa potessero davvero muoversi alle dipendenze del Califfato o che si siano mossi di loro iniziativa (chissà se leggevano Charlie Hebdo) è da stupidi. In ogni caso un po’ di casino deve essere successo, perché non è chiaro come mai il nome di Hayat Boumedienne è stato annoverato tra gli attentatori salvo poi constatare, a quel che dicono, che era in Siria da Gennaio, così come nessuno dà conto del suicidio di un poliziotto di livello che indagava sulla strage di cui non danno il nome. Riporto col copia-incolla una nota dell’agenzia Agi : - Parigi, 9 gen. - Si e' suicidato nella notte tra mercoledi' e giovedi' un dirigente di polizia che aveva indagato sulla strage al Charlie Hebdo. Ne danno notizia i quotidiani Le Populaire e Le Parisienne. Si tratta del numero due della polizia giudiziaria di Limoges e faceva parte di una missione che collaborava al caso. L'uomo, che si e' sparato alla testa nel suo ufficio con l'arma d'ordinanza, aveva 44 anni, e aveva cominciato la propria carriera in polizia nel 1997 a Versailles. Nel 2007 era diventato commissario e poi capo della sicurezza del dipartimento della Haute-Vienne. Era arrivato a Limoges nel 2012 nella veste di vice direttore del servizio di polizia regionale. E' stata aperta un'inchiesta ma non e' stato stabilito finora alcun legame diretto con il caso che sta sconvolgendo la Francia. (AGI) .
Come ripeto, non ho sentito, né letto la notizia su nessun media di grande diffusione. Ma tornando a noi dirò in tutta onestà non seguivo le pubblicazioni di Charlie Hebdo. Apprendo oggi che era messo male economicamente e con un avvenire problematico. Per l’occasione ho visto le vignette più famose e chiacchierate. A me pare evidente che si seguisse una linea editoriale politicamente inspirata per cui comprendo le polemiche che ha suscitato. Mai e poi mai, in un mondo normale si dovrebbe morire per delle vignette, ma non viviamo in un mondo normale. Tuttavia prendersela con Maometto o con Cristo, o con Abramo e il figlio Isacco, è cosa assai stupida, perché con tutta evidenza la colpa è nostra, e auspico un mondo senza religioni. Tuttavia la satira è tale se fa divertire. Può essere certamente irriverente e dissacrante, anzi deve esserlo. Tuttavia dipende dai contesti, infatti come i motti di spirito, anche le vignette possono essere comprese solo in un contesto ben preciso, mentre in altri lascerebbero tutti indifferenti. E’ chiaro che talune vignette di Charlie Hebdo volevano suscitare l’ilarità di alcuni e rabbia in altri, e questo è l’esito di una scelta voluta, una scelta necessariamente politica, che con la libertà di espressione ha poco a che vedere. Tempo fa, in Italia, un giudice, Luigi Tosti, tanto per dirne una, ha perso il posto perché si rifiutava di tenere udienze in un aula in cui c’era il crocifisso appeso alla parete dietro il suo banco. Quindi Charlie Hebdo era in qualche modo “arruolato” nel tentativo di far vivere una la menzogna di una guerra di religione come se davvero fossimo nel Medioevo.  Ecco perché mai dirò Je suis Charlie. A tal proposito ho condiviso sulla mia bacheca una bellissima riflessione in tal senso di Silvia Pinelli che condivido parola per parola.  La libertà di stampa in questa vicenda orribile non c’entra, è una questione di arruolamenti e io non voglio più arruolarmi, ho già dato in questo senso, e meno che mai voglio in nessun modo supportare guerre di religione o pseudo tali. Temo che si avvicini il tempo, per altro ben delineato in prospettiva, in cui le guerre autentiche con armi da fuoco e quant’altro non si faranno più con i soldati di professione, ma coinvolgeranno volenti o nolenti ciascuno individuo preso singolarmente, e in alcune parti del globo è già drammaticamente così, e prima ci svegliamo da questo sonno rumoroso della ragione e meglio sarà per tutti.

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