Il 7.01.2015 mercoledì, a
Parigi, un gruppo armato entra nella redazione del giornale satirico Charlie
Hebdo e uccide 8 giornalisti, due agenti assegnati alla protezione del
direttore, un ospite che era stato invitato alla riunione di redazione e il
portiere dello stabile. Sono stati uccisi il direttore del settimanale, Stephan
Charbonnier, detto Charb, e i vignettisti: Cabu, Tignous, Philippe Honore' e
Georges Wolinski,. Nell'attentato è rimasto ucciso anche l'economista Bernard
Maris, azionista della testata parigina e collaboratore di France Inter. E una
donna: si chiamava Elsa Cayat, era psicologa e psicoterapeuta, e teneva una
rubrica ogni due settimane sul magazine. In un mondo normale, di fronte a tanto
strazio, altro non resterebbe da fare che manifestare il proprio cordoglio ai
familiari delle vittime, ai loro amici e colleghi, a tutti coloro che hanno
subito questo lutto in prima persona, e certo, cercare gli autori e capire il perché.
Tuttavia non siamo in un mondo normale, in effetti siamo in guerra, luogo assai
tetro dove tutto è permesso, diversamente che in amore a dispetto del famoso
detto. Nei dibattiti televisivi, nei resoconti giornalistici, scarso spazio
alla commemorazione delle vittime, ma tanta follia gettata a piene mani, che
dimostra, al contrario di quel che retoricamente si è voluto affermare, la
crisi culturale e di valori dell’Occidente. La realtà, credo, sia
diametralmente opposta a quel che ci hanno voluto far credere. Se guerra c’è, e
sotto tanti aspetti la guerra c’è davvero tant’è che sono tra i primi a
sostenerlo, e da tempi non sospetti, l’Occidente l’ha persa. Per carità è da
tempo che i leader dei Paesi che fanno parte dell’Occidente sviluppato danno
pessima prova delle proprie capacità, ma credo che la strage al Charlie Hebdo
segni il punto di non ritorno. Certo c’è
stata la grande manifestazione di Parigi, la messa all’anglo di Marine Le Pen,
e mutamenti di opinione pubblica. Ma è solo un gioco, una farsa che durerà il
tempo necessario perché un nuovo fatto attiri l’attenzione dei media, dopo di
che torneranno a mordere i problemi di sempre.
Quindi al di fuori della capacità dei media di rendere unico un
avvenimento “normale” in tempo di guerra non ci sarebbe altro al di fuori della
morte violenta di numerose persone incolpevoli i cui nomi, posto che già in partenza
non tutti hanno avuto la medesima notorietà, torneranno nel dimenticatoio tra
breve. Quel che rischia di peggiore ulteriormente una situazione già drammatica
di per sé è l’assordante campagna dei media, e mi riferisco a quelli italiani,
su cui imperversano gli stessi personaggi che si fanno il giro su tutti i talk-show
per ripetere teorie incredibili. In un contesto sano in cui la concentrazione
proprietaria dei media non avesse i livelli che ha in Italia, tali personaggi
non avrebbero trovato posto nei dibattiti su una questione così delicata, e
invece imperversano indisturbati. C’è n’è uno in particolare di cui non voglio
fare neppure il nome che la butta sulla guerra di religione, e sostiene che la
religione cattolica, assunta proditoriamente come una religione identitaria di
tutto l’Occidente, è superiore a quella mussulmana per via di una razionalità, questo è il termine che
usa, che da un certo punto in poi l’ha attraversata.
Anche questo verbo è suo. Ora dire di una religione che impone ai suoi
sacerdoti il celibato, solo per fare un esempio, per poi creare tutti i
problemi di pedofilia annessi e connessi, e sostenere che sia attraversata da
razionalità è, a mio modestissimo parere, una enorme sciocchezza, ma tant’è. Del
resto il dibattito sul rapporto tra fede e ragione in Italia è ricorrente, ma
conciliare fede e ragione mi pare cosa onestamente improponibile. Gli unici commentatori, tra quelli che ho
avuto modo di ascoltare in questi giorni e che hanno detto cose sensate sono
Giulietto Chiesa e Massimo Fini. Tuttavia sono voci sommerse dal diluvio di
altre voci, soprattutto i politici di centro-destra, notoriamente allergici a
letture impegnative, improvvisamente divenuti esperti di non si sa bene cosa, e
sempre presenti nei talk-show, non è chiaro a che titolo. Questo è uno dei
motivi per cui sostengo che la guerra per l’Occidente è persa, perché altrove,
tra “gli altri” sicuramente si trovano persone più colte e intelligenti che
gestiscono le situazioni difficili. L’Occidente è davvero al tramonto. Il
Califfato, sedicente stato islamico con bandiera nera, che ricorda quella dei
pirati di altri tempi, mi fa venire in mente la vicenda dei Normanni e del regno
di Sicilia, solo che è un fenomeno storico analogo per certi versi ma con una
enorme differenza, al di là delle ovvie distanze temporali. Sia i Califfato che
i Normanni attengono al percorso dello Stato Nazionale, solo che i Normanni ne
segnano gli albori eroici, mentre i Califfato ne rappresenta la morte
definitiva, fatto quasi sottolineato dalla bandiera nera. Ambedue, il Califfato
e il regno di Sicilia riescono ad affermarsi in un quadro di crisi dei
grandi imperi nelle epoche relative, gli Usa e la Russia per oggi, e l’impero
tedesco e quello bizantino per l’epoca. Come i Normanni anche le milizie dell’
Is o Isis o come diavolo si fanno chiamare, hanno iniziato come mercenari, salvo ad accorgersi che erano diventati più
forti dei loro reclutatori, ragion per cui trovano conveniente mettersi in
proprio. Gli Usa e relativi alleati con il cumulo dei disastri militari in
Afghanistan e in Iraq, non hanno più la diponibilità di schierare grandi forze
militari di terra, e per questa ragione, ma non solo, hanno affidato ai
mercenari compiti che una volta svolgevano con eserciti regolari. Il Medio
Oriente e il Nord Africa erano già stati conquistati e riconquistati dalle
potenze Occidentali, ma ne hanno sempre perso il controllo. Lì ci sono ancora
grandi risorse naturali a partire dal petrolio, ma non ne hanno più il
controllo, o non ne hanno in termini di
proprietà esclusiva, come pare necessario a lor signori. Poi c’è la questione
mediorientale per eccellenza che è la questione di Israele, avamposto
occidentale per eccellenza, per mantenere il quale non si risparmiano atrocità
di nessun genere, sempre sotto assedio, per rompere il quale hanno deciso di
attaccare la Siria, effettivo anello debole, come debole era Gheddafi e come
debole era Mohamed Morsi, in Egitto. Allora armano bande di mercenari recluti
tra i disperati di tutte le latitudini, con molti europei. Non è pensabile che
tale reclutamento in Europa sia avvenuto davvero spontaneamente. Sfido qualsiasi
persona in buona fede, a prendere l’iniziativa di andare a combattere in Siria
o in Iraq, credo constaterà che senza appoggi giusti non gli riuscirà, e
metterà a repentaglio perfino la vita solo per questo. Insomma tale arruolamento
in Occidente, nei tempi in cui è stato effettuato non poteva essere svolto che
dai servizi segreti, o per meglio dire, dell’unico super servizio occidentale
noto come Central Intelligence Agency, ancor più noto con l’acronimo C.I.A. di
cui tutti gli altri sono affiliati, come giustamente e documentatamente afferma
Giulietto Chiesa. Perciò pensare che i
fratelli Kouachi, o la Boumedienne e Coubaly siano personaggi in grado di sottrattisi
realmente al controllo dei servizi o che in Europa potessero davvero muoversi
alle dipendenze del Califfato o che si siano mossi di loro iniziativa (chissà
se leggevano Charlie Hebdo) è da stupidi. In ogni caso un po’ di casino deve
essere successo, perché non è chiaro come mai il nome di Hayat Boumedienne è stato
annoverato tra gli attentatori salvo poi constatare, a quel che dicono, che era
in Siria da Gennaio, così come nessuno dà conto del suicidio di un poliziotto
di livello che indagava sulla strage di cui non danno il nome. Riporto col
copia-incolla una nota dell’agenzia Agi : - Parigi, 9 gen. - Si e' suicidato
nella notte tra mercoledi' e giovedi' un dirigente di polizia che aveva
indagato sulla strage al Charlie Hebdo. Ne danno notizia i quotidiani Le
Populaire e Le Parisienne. Si tratta del numero due della polizia giudiziaria
di Limoges e faceva parte di una missione che collaborava al caso. L'uomo, che
si e' sparato alla testa nel suo ufficio con l'arma d'ordinanza, aveva 44 anni,
e aveva cominciato la propria carriera in polizia nel 1997 a Versailles. Nel
2007 era diventato commissario e poi capo della sicurezza del dipartimento
della Haute-Vienne. Era arrivato a Limoges nel 2012 nella veste di vice
direttore del servizio di polizia regionale. E' stata aperta un'inchiesta ma
non e' stato stabilito finora alcun legame diretto con il caso che sta sconvolgendo
la Francia. (AGI) .
Come ripeto, non ho sentito,
né letto la notizia su nessun media di grande diffusione. Ma tornando a noi
dirò in tutta onestà non seguivo le pubblicazioni di Charlie Hebdo. Apprendo
oggi che era messo male economicamente e con un avvenire problematico. Per
l’occasione ho visto le vignette più famose e chiacchierate. A me pare evidente
che si seguisse una linea editoriale politicamente inspirata per cui comprendo
le polemiche che ha suscitato. Mai e poi mai, in un mondo normale si dovrebbe
morire per delle vignette, ma non viviamo in un mondo normale. Tuttavia
prendersela con Maometto o con Cristo, o con Abramo e il figlio Isacco, è cosa
assai stupida, perché con tutta evidenza la colpa è nostra, e auspico un mondo
senza religioni. Tuttavia la satira è tale se fa divertire. Può essere
certamente irriverente e dissacrante, anzi deve esserlo. Tuttavia dipende dai contesti,
infatti come i motti di spirito, anche le vignette possono essere comprese solo
in un contesto ben preciso, mentre in altri lascerebbero tutti indifferenti. E’
chiaro che talune vignette di Charlie Hebdo volevano suscitare l’ilarità di
alcuni e rabbia in altri, e questo è l’esito di una scelta voluta, una scelta
necessariamente politica, che con la libertà di espressione ha poco a che
vedere. Tempo fa, in Italia, un giudice, Luigi Tosti, tanto per dirne una, ha
perso il posto perché si rifiutava di tenere udienze in un aula in cui c’era il
crocifisso appeso alla parete dietro il suo banco. Quindi Charlie Hebdo era in
qualche modo “arruolato” nel tentativo di far vivere una la menzogna di una
guerra di religione come se davvero fossimo nel Medioevo. Ecco perché mai dirò Je suis Charlie. A tal proposito ho condiviso sulla mia bacheca una
bellissima riflessione in tal senso di Silvia Pinelli che condivido parola per
parola. La libertà di stampa in questa vicenda
orribile non c’entra, è una questione di arruolamenti e io non voglio più
arruolarmi, ho già dato in questo senso, e meno che mai voglio in nessun modo supportare guerre di religione o pseudo tali.
Temo che si avvicini il tempo, per altro ben delineato in prospettiva, in cui
le guerre autentiche con armi da fuoco e quant’altro non si faranno più con i
soldati di professione, ma coinvolgeranno volenti o nolenti ciascuno individuo
preso singolarmente, e in alcune parti del globo è già drammaticamente così, e
prima ci svegliamo da questo sonno rumoroso della ragione e meglio sarà per
tutti.
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