martedì 25 ottobre 2011

Le pensioni, l’Italia e la crisi finanziaria internazionale.


Recentemente, si sono tenute in Argentina, elezioni politiche per la presidenza della Repubblica, vinte da Cristina Elisabet Fernández de Kirchner. Potremmo dire, al là di paragoni certamente complicati con la situazione italiana, che potrebbe definirsi un esponente di centrosinistra, sia pure in versione populista, che da noi, invece caratterizza il centrodestra.   Si tratta di una riconferma, poiché la signora è già in carica.  Il dato è che è stata rieletta al primo turno senza neppure il ballottaggio. Le politiche attuate dalla signora sono di chiara impronta socialdemocratica, ha esteso il welfare per contrastare la povertà che era una piaga caratterizzante l’Argentina e tutto il sud America. Ha nazionalizzato l’industria aeronautica sottraendola alla famigerata  Lokheed  Martin ( chi si ricorda dello scandalo Lokheed?) e ha nazionalizzato i fondi pensione, che altrove sono tra gli attori delle speculazione e del malaffare.  Pare che i risultati siano soddisfacenti, perché la situazione Argentina in via di netto miglioramento. Non solo L’Argentina, ma la Bolivia, il Brasile, il Venezuela di  Hugo Rafael Chávez Frías, che tanta parte della sinistra italiana che si ispira ad Obama avversa, al limita da farne un sol fascio con Gheddafi, per cui se se la Nato dovesse andare a  bombardarli farebbe cosa accettabile. Così il sud America, un tempo sinonimo di arretratezza e povertà ora conosce una stagione di progresso con un apprezzabile protagonismo femminile. Infatti non solo l’Argentina, ma anche il Brasile ha una presidentessa che  attua politiche di progresso. Noi in Italia e in Europa, conosciamo  un stagione di declino doloroso, stupidamente schiavi di un liberismo che ha conquistato in toto il modo di pensare in Europa ma soprattutto in Italia, alle prese con una kafkhiana discussione sulle pensioni, su cui paradossalmente solo la Lega nord, partito neonazista, si dichiara indisponibile ad un allungamento dell’età pensionabile. Il fine ultimo della manovra, è quello di privatizzare del tutto il sistema pensionistico, così da avere anche da noi i famigerati fondi pensione, quelli che la Kirchner ha nazionalizzato opportunamente.   Così mentre i manager fanno vita da sogno, i poveracci devono sgobbare in loro favore, sino a tarda età, e in funzione delle loro capacità speculative, che, si badi bene, da sole non servirebbero a nulla, senza le politiche liberiste che negli Usa e in Europa, (ma non da per tutto, v l’Irlanda) ha loro concesso, in materia di fiscalità e della possibilità legale di truffare i risparmiatori, di tutto e di più. In Italia anche la sinistra  e l’opposizione parla di liberalizzazioni come se la strada non fosse già stata ampiamente percorsa, con esiti disastrosi in fatto di industrializzazione del paese, con conseguente crescita della disoccupazione e del decremento delle retribuzioni, in termini di reali capacità di acquisto, e di disponibilità a innalzare l’età pensionabile. E’ una follia. Così si alimenta la speculazione e si aggrava la situazione in un circolo vizioso di cui non si scorge la fine. La maggior parte delle mansioni da lavoro dipendente sono decisamente usuranti, e pensare di allungare l’attività lavorativa è pura crudeltà psicofisica. Che lavorassero sul serio lor signori, sulle strade, negli uffici che svolge attività con il pubblico, nelle fabbriche, sui cantieri, nelle scuole. Se avessero idea di quel che significa davvero, parlerebbero diversamente. Ma, come vado dicendo su questo blog, la crisi si è avvitata più volte su sé stessa, per cui non si scorgono neppure in lontananza, le capacità di ripresa, poiché la sedimentazione del malessere tra le persone  comuni,  ha prodotto cultura e modi di pensare intrisi di liberismo deleterio assai diffusi, e resi inossidabili da tutto l’apparato mas mediatico.   Per carità ora anche la Chiesa critica l’alta finanza, come a dire, finte lacrime di coccodrillo, dal momento che anche lei lucra e non poco, da questo stato di cose.

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