domenica 4 settembre 2011

Viva la Sardegna, abbasso la padania.


Compito in classe. Tema: come hai trascorso le vacanze?. Svolgimento: ho trascorso vacanze bellissime. Prima di tutto mi hanno rubato una macchina nuova di pochi mesi, e l’assicurazione rifiuta di pagare. (A proposito delle assicurazioni, come di tutta una serie di contratti assolutamente asimmetrici che siamo costretti a sottoscrivere occorrerebbe una riflessione seria. Perché mai si consente alle assicurazioni di decidere arbitrariamente se risarcire o meno il danno, mentre i comuni mortali devono solo pagare?) Sono stato rimasto in credito di svariati stipendi nei confronti del mio datore di lavoro, e ciò nonostante posso dire che ho trascorso una bella vacanza. Innanzi tutto al mio trullo sono stata fatte le grandi pulizie, faticosissime pulizie esterne oltre che interne, anche dai ceppi d’edera che assediavano i coni in modo potenzialmente letale per i coni stessi. Per fortuna  i miei figli Flavia e Filippo, si sono adoperati adeguatamente, e tutti insieme abbiamo fatto i lavori tutt’intorno che si imponevano. Dopo di che siamo partiti, (mia moglie ed io) per la Sardegna, grazie anche alla macchina prestatami generosamente da mio fratello Mario. E’ qui il problema serio di cui mi voglio occupare in questo post. La Sardegna. Ho cercato da Bari di avere qualche notizia in più   su di essa, a parte le informazioni ridondanti sulle ville di Berlusconi, e sugli stravizi dei vip ed dei figli di Gheddafi sulla costa Smeralda, di cui  francamente mi frega niente. Ebbene da Bari sulla Sardegna sono riuscito a sapere e a capire ben poco. Ora sono contento di saperne un po’ di più, ma quanta fatica. Abbiamo preso alloggio, per convenienza economica prima di tutto, a Nurachi, vicino ad Oristano, e di lì abbiamo visitato la Sardegna degli splendidi Nuraghi per cui abbiamo appreso che  è  stata la culla della civiltà del bronzo nell’area del Mediterraneo occidentale, grazie all’ossidiana e al rame di cui era ricca. Una civiltà, a differenza di quella Micenea, che non ha conosciuto grandi guerre, grandi migrazioni e grandi spedizioni belliche, grazie proprio ai Nuraghi, fortezze mastodontiche, incredibilmente robuste, costruite a secco, inserite in villaggi di capanne dove tutto era in comune e non vi era una stratificazione sociale equivalente a quella degli altri luoghi del mediterraneo orientale. Veneravano l’acqua in speciali pozzi sacri e avevano tombe comuni. Costruite in gran numero, (a seconda delle guide che ho ascoltato, una delle quali, l’archeologo Sebastiano Demurtas al nuraghe e pozzo sacro di Santa Cristina di Paulilatino, pareva straordinariamente competente e appassionato, il numero va dagli ottomila ai dodicimila individuati, anche se pochissimi sono quelli riportati alla luce) certamente in rapporto visivo tra loro, circondavano tutta la Sardegna. Così difesa, e con la reciproca assistenza tra i Nuraghi contigui,  la Sardegna ha conosciuto oltre un millennio di prosperità senza invasioni, spedizioni belliche e quant’altro. Certo il rovescio della medaglia consiste nel fatto che la Sardegna sia rimasta come schiacciata dall’imponenza geniale dei suoi Nuraghi, per cui non ha acquisito la necessaria dinamicità per consentirle di passare all’età del ferro con intatta maestosità, e senza doverla subire come di fatto un po’ è avvenuto. Il fatto è che non è riuscita a creare la grande città, così come nel mediterraneo orientale.  Il problema attuale, è se si debba considerare la storia della Sardegna, (tutta la storia non solo quella nuragica) parte integrante della storia italiana o meno. La questione è di quelle serie, perché altrimenti si deve assumere che tutta la storia dell’Europa è figlia esclusiva del momento carolingio, mentre così non è.  Ovviamente, per terminare il compito in classe,  abbiamo fatto bagni di mare su splendide spiagge con sabbia al quarzo, assai più facile, tra l’altro, da scuotere via.  E poi ho letto altro ancora, in questa estate, a partire da “La  sentenza” di Luciano Canfora, che induce a riflessioni in parte riconducibili a quelle già svolte, nel senso che la storia, la nostra storia, forse è un po’ diversa da quella che ci hanno raccontato, e che soprattutto ci raccontano ora.   Pensate un po’ che ci raccontano perfino dell’esistenza della padania. Che schifo.    

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