lunedì 5 dicembre 2016

Il referendum; il giorno dopo



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E’ andata bene, molto meglio di quanto mi aspettassi. Renzi ha messo in campo una potenza di fuoco propagandistica impressionate, soprattutto nell’uso della televisione e, ovviamente di tutti i canali clientelari, basta ricordare l’episodio di De Luca e delle sue fritture di pesce. Tuttavia non è bastato. La crisi economica, come spesso accade nella storia “apre gli occhi”. La stessa crisi che Renzi voleva cavalcare gli si è ritorta contro perché non è stato credibile come attore positivo di questa stessa crisi. Il No è l’esito in gran parte spontaneo, per cui ritengo fuori luogo l’appropriazione da parte di chicchessia. Le dichiarazioni di Salvini subito dopo i primissimi exit-pool mi hanno fatto raccapricciare, perché tendevano implicitamente ad intestarsi la vittoria. Per fortuna di altro tenore le dichiarazioni dei pentastellati.  Ha vinto la Costituzione e le dichiarazioni della casta che la voleva sostanzialmente abolire non sono andate nella direzione corretta di presa d’atto del risultato. Alcuni commentatori si sono spinti a ragionamenti demenziali, come quello per cui i 13 milioni 500.000 scarsi che hanno votato pe il Si costituiscono il partito personale di Renzi, che sarebbe per ciò il più forte partito politico esistente, perché quei voti sarebbero pari pari, spendibili anche in elezioni politiche. Ho sentito queste sciocchezze proporsi seriamente durante una trasmissione del pomeriggio di oggi su La7, e Sgarbi era tra i sostenitori di questa “teoria”. Questi ragionamenti tendono in realtà a negare l’evidenza, e che Renzi ha perso e non ha vinto. Inoltre il voto multiplo, del tipo “prendi due e paghi uno” non esiste in natura e il tentativo di introdurlo per l’elezione dei senatori è stato clamorosamente sconfitto. Il voto vale per le circostanze, nelle modalità e finalità per cui è stato espresso, e i tentativi di farlo valere anche per altro, non nuovi per la verità, sono sempre falliti. Ricordo a mia memoria, che qualcuno nel vecchio Pci, fece la stessa riflessione a proposito dei voti espressi nel referendum sulla scala mobile, perso dalla C.G.I.L. e col sostegno del solo PCI. I voti presi per il ripristino della scala mobile in busta paga furono accarezzati come voti politici per il PCI e il loro numero sarebbe stato sufficiente fare del PCI medesimo il sicuro vincitore delle elezioni politiche successive. Ovviamente non andò così. Insomma le valutazioni di una esito referendario, sotto il profilo numerico sono un tutt’uno, e dovrebbero saperlo anche le pietre. L’analisi del voto dei 13 milioni e mezzo del Si deve essere contestuale ai 20 milioni scarsi del NO altrimenti non se ne esce, perché sono voti strettamente intrecciati tra loro, gli uni non esistono senza gli altri, e non ne possiamo fare ciò che ne volgiamo. Renzi ha perso, e non c’è modo di trasformare questa sconfitta in qualcosa che apre prospettive politiche ottimistiche per lui. I “voti di Renzi” semplicemente non esistono, e se ci sono sono comunque indistinguibili da quelli del Pd. Bisognerebbe, per valutare questo dato, che uscisse dal Pd e che presentasse una sua lista alle elezioni politiche, ma non lo farà, non ci pensa neppure e non è un caso. I dati sull’affluenza sono eccezionali per i tempi che corrono, e egli stesso ha contribuito a farne l’avvenimento importante che poi è stato, bene ribadirlo prima che questo referendum passi nel dimenticatoio, perché questa Costituzione ha vinto una battaglia importante, ma la guerra continua, e il pericolo non passato. L’antidoto ai veleni con cui vogliono eliminarla sono la partecipazione costante dei cittadini e delle “persone normali” quelle che vivono senza usufruire di privilegi di sorta, e ritocchi alla medesima per aggiornarla e preservarne i principi generali. Penso che innanzi tutto a un sistema elettorale che preveda il ritorno ad un proporzionale puro, sancito da una legge costituzionale per evitare che i gravissimi scompensi registrato negli ultimi decenni con un sistema maggioritario che ha visto l’Italia governata da un Berlusconi soccorso dal suo stalliere Mangano e da personaggi tipo Dell’Utri e via discorrendo. E per evitare, in oltre che bulletti come Renzi cerchino di cambiare legge elettorale ogni volta che piove, non è possibile, perché in questo conferirebbe all’instabilità carattere distintivo alle istituzioni italiane rendendola con ciò stesso ineliminabile. Persino superfluo aggiungere poi che questa Carta va applicata sul serio, e senza consentire a modifiche di fatto, alcune mai sanzionate e praticamente insanzionabili, a partire dalla durata in carica del Presidente della Repubblica che dura in carica 7 anni e non a piacimento di qualcuno. Ritorno sulla vicenda Napolitano perché mi è venuto in mente un altro argomento che stronca, a mio parere, qualsiasi dubbio interpretativo sull’articolo della Carta che regola questo problema ed è il cd. “semestre bianco” ossia l’ultimo semestre del mandato di un Presidente della Repubblica  in cui non può sciogliere le camere, proprio perché non sia possibile ricattare le stesse in vista del conferimento di un nuovo mandato. Così come non deve essere possibile la cd. “decretazione” d’urgenza senza urgenza alcuna, fatta apposta per ridurre i poteri del parlamento. Insomma, come tentavo di argomentare su questo sito, l’assalto alla costituzione viene da lontano e non cesserà con questa pur importantissima battuta d’arresto.

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