lunedì 1 ottobre 2012

Libere elezioni

Ancora non ero nato, ma immagino che le elezioni politiche del ’48  siano state vissute dagli elettori del tempo come evento assolutamente fondamentale, il cui esito doveva essere tutt’altro che indifferente. Poi, mano a mano, il predominio elettorale della DC fu un dato acquisito, così come erano certi i nomi degli eletti prima del voto. Poi la stessa Dc incomincia a subire  una lenta ma continua  erosione. Tuttavia tale erosione fu l’esito di lotte memorabili di contadini, operai, comuni cittadini prima, e poi degli studenti, che sono giustamente entrate nel quadro storico del periodo. Insomma erano i mutamenti sociali  a determinare gli esiti elettorali e le rappresentanze politiche, perché la mobilità elettorale era un fenomeno poco significativo. Le campagne elettorali erano noiosissime, con tribune elettorali in tv ancora più noiose , o con comizi sul territorio, quelli legati alla notorietà di chi lo teneva o alla capacità retorica. In questo contesto il sistema elettorale basato sul proporzionale puro, concedeva alle opposizioni, e  quindi alla democrazia in quanto tale, spazi di governo indiretto limitati ma reali e significativi. Insomma era la maggioranza a tenere in conto le spinte delle opposizioni; tutto ciò in un contesto internazionale bipolare, che ci ha consentito una sorta di indipendenza reale anche dagli Usa pur essendo schierati inequivocabilmente dalla loro parte. Insomma la parola chiave del sistema della cd. “prima repubblica”, era “mediazione”, poi, insieme al mutamento del quadro internazionale si ebbe il  passaggio alla cd. “seconda repubblica” e le elezioni politiche e il loro esito, furono scientemente affidati alla gestione e al ruolo dei massmedia, restando del tutto scollegate da eventi di natura sociale essendosi, conformemente al quadro di americanizzazione forzata a partire dall’ affaire Moro. Così si dissolsero  i partiti che, nel bene e nel male, di erano effettivi rappresentanti, ed espressione dei vari ceti e classi sociali che abitavano l’Italia. Ora si valuti l’effetto combinato di due elementi: da un lato leggi elettorali maggioritarie, sicuramente non democratiche, perché, a differenza di quel che si sostiene, non garantiscono l’espressione di voto della maggioranza dei cittadini, ma solo una governabilità purché sia, rivelatasi spesso illusoria, che potrebbe e di fatto si è configurata come lesione della effettiva libertà di voto, in quanto appunto garantisce una maggioranza numerica nelle istituzioni che potrebbe non essere e di fatto non è mai l’ espressione della maggioranza dei cittadini aventi diritto, e dall’altro il dominio massmediatico che ha capacità di grandi condizionamenti sublimali che incide nel profondo sulla psiche, sulla cultura, sulla politica, sui costumi e sui consumi, insomma su ogni aspetto della vita delle persone. Ebbene è successo che l’effetto combinato di questi fattori  riducesse e di molto la connotazione democratica e partecipativa della competizione elettorale, e il restringersi progressivo del numero dei voti validi è cosa che credo, è una dimostrazione ulteriore di questo assunto, oltre ogni ragionevole dubbio, ed è in questo contesto che si è reso possibile il cd. “berlusconismo”.  Inoltre a questi elementi bisogna sommare l’effetto delle remunerazioni esagerate, anche al netto delle corruttele, che per altro vi sono strettamente connesse, degli eletti in qualsiasi sede istituzionale. Queste sono progredite nel tempo nel tempo, sino alla creazione di un ceto politico trasversale che comunemente viene chiamato “casta” in seguito al successo della pubblicazione nel 2007 dei due giornalisti Gian Antonio Stella e  Sergio Rizzo, dal titolo che recita appunto “La Casta” (ed. RCS libri). Si è selezionato per questa via un ceto politico assolutamente parassitario, che trova, nelle istituzioni, il luogo privilegiato della mobilità sociale, atteso che la crisi ha progressivamente prosciugato quasi ogni altro luogo. Il problema non è morale, ma strettamente psicosociale. Nella nostra società il fenomeno che gli americani chiamano con una sola parola “achivement”, ossia la tendenza, socialmente obbligata, alla progressione di status economico e sociale, è radicato nel profondo della nostra psiche. Tutto ciò comunque è sotteso al fenomeno della corruzione, che altro non è che uno scambio tra rinuncia al potere decisionale proprio della carica istituzionale, in cambio appunto di un potente avanzamento di status. Di modo che le elezioni servono principalmente alla selezione di questo tipo di personale, al quale viene richiesto come dote irrinunciabile, solo una certa capacità manipolatoria, del tutto disgiunta da convinzioni politiche, al contrario viene premiata l’assoluta indifferenza tra le opzioni politiche che non a caso cambiano in funzione di interessi contingenti, o addirittura degli effetti mediatici o che risultano dal loro pronunciamento.  In questi giorni la cronaca ci fornisce un esempio davvero eloquente di queste manipolazioni, basti pensare a Renata Polverini che si vuol spacciare per un novello cristo che caccia i mercanti dal tempio, come se ella medesima potesse dirsi estranea al meccanismo politico, normativo e istituzionale, in cui si inquadra lo scandalo alla regione Lazio; come se appunto, a quelle stesse persone sarebbe stato consentito di lucrare quel che hanno lucrato se non avessero votato a scatola chiusa ogni provvedimento proposto dalla stessa Polverini, tant’ è che sino ad ora si è trattato di una mera operazione di facciata, perché in pratica continua il suo lavoro nel solco medesimo sin qui tracciato, a riprova del ricorso  massiccio alla manipolazione massmediatica. Non deve sfuggire che la “non notizia”ha una diffusione più estesa della notizia vera  delle sue dimissioni non avvenute. In effetti poi le dimissioni annunciate il 24.09, sono state realmente inoltrate il 27. I tre giorni di distanza dicono molto più di lasso di tempo accidentale, visto che nel frattempo ha liquidato assessori “infedeli”, a conferma del quadro che tento di tracciare qui.  Comunque questo è il quadro che viene fuori dalla cd. “seconda repubblica” nata, guarda caso col pretesto di moralizzare il quadro politico della  prima repubblica viziato, com’è evidente anch’esso da una corruzione diffusa.  La differenza sostanziale a riguardo, è, credo che la vecchia  Dc, era un luogo di certo un luogo di corruzione  ma al tempo stesso anche il luogo delle decisioni politiche come ripeto. Oggi le sede delle decisioni politiche sono altrove, al di fuori dei nostri confini nazionali e delle nostre istituzioni, e il Pdl è essenzialmente il luogo che coltiva corruzione ed esprime direttamente gli interessi della grande criminalità organizzata, ma al di fuori della tutela degli interessi particolari, non decide nulla. Non a caso il governo Berlusconi è caduto su pressioni internazionali, senza neppure un voto parlamentare di sfiducia. Quella vicenda segna la svolta che fa scivolar via la cd. “seconda repubblica”. Ora la novità consiste a mio parere proprio dalla esigenza di mettere in sordina, proprio  questo ceto politico, esoso perfino agli occhi degli effettivi padroni, i quali preferiscono a questo punto i cd “tecnici” che altro non sono che politici selezionati in modo più diretto e attraverso un percorso diverso dalla carriera nelle istituzioni elettive. La continuità tra seconda repubblica e la fase dei tecnici consiste nell’assenza di mediazione sociale e nella limitativa capacità e/o possibilità di decidere.  La più severa riforma delle pensioni l’ha messa in atto questo governo tecnico a riprova dell’assenza di mediazione sociale, e questo  con l’assenso del Pd,  il quale come spesso succede ai servi sciocchi, pagherà, forse, questo sostegno con la sua stessa esistenza. Infatti non è certo che sopravvivrà all’effetto combinato tra la presentazione di una “lista Monti” che si va profilando, e le primarie con Renzi che vi partecipa per conto terzi. Pare accertato che sia un burattino nelle mani di Giorgio Gori, che non è necessariamente sinonimo di Berlusconi, ma più probabilmente opera a sostegno dello stesso Monti, anche se su questo fa l’ondivago,  ora conferma di correre per Monti, ora lo nega. Ma le parole di costoro lasciano il tempo che trovano.  Egli non vuole rottamare il gruppo dirigente del Pd, ma lo stesso Pd in quanto tale. Tutto ciò la dice lunga sulla furbizia di Bersani, D’Alema, Veltroni, e compagnia bella che introducono primarie senza regole essenziali, col risultato di vedersi esplodere in mano il meccanismo, da sinistra a livello locale e da destra a livello nazionale.  Tuttavia  oggi,  giovi ripeterlo, le decisioni politiche vengono prese dalle banche e in ultima analisi dalla grande finanza i cui elementi di spicco sono sostanzialmente racchiusi nella destra radicale Usa, che ormai gestisce il mondo occidentale e in particolar modo l’Italia, senza mediazioni di sorta ad eccezione di quelle del partito democratico di Obama. Come vado sostenendo da tempo siamo una “colonia” Usa, e ci assoggettiamo al normale destino delle colonie. Ma la sinistra italiana sembra ancora vittima di quel tipo di propaganda borghese si direbbe una volta, per cui le cd “ libere elezioni”, unitamente alla “libera stampa”  sono la quintessenza della democrazia. Eppure rapida scorsa alla storia tout-cour, o alla storia dei sistemi politici con particolare riferimento alla storia della Gran Bretagna, patria dei sistemi liberali, vediamo che non è così. Il suffragio universale è una conquista relativamente recente, tanto in Gran Bretagna quanto nel resto dell’occidente. E poi ci sono le libere elezioni che sono tali solo se si vincono, altrimenti se ne può fare a meno, (tra i motivi della guerra del Vietnam c’è il rifiuto Usa a consentire libere elezioni in tutto il paese come previsti dagli accordi di Ginevra del ’54) per non parlare del colpo di stato in Cile che si concluse con la morte di Salvador Allende, vincitore di libere elezioni, appunto. Ma anche in Algeria l’occidente ha favorito ogni sorta di manipolazione a partire dal colpo di stato del ’92 per vanificare la vittoria del Fronte Islamico di Salvezza che costò la vita a oltre 250.000 algerini, e così via, perché l’elenco potrebbe continuare anche oltre il 2000 anno in cui Busch senior vinse le elezioni facendo interrompere il conteggio dei voti in Florida. Poi gettando la maschera, si assale la Libia e si uccide Gheddafi, senza un motivo diverso da quello dell’assoggettamento più diretto delle risorse petrolifere della Libia, si tenta la stessa manovra per motivi diversa in Siria, ma senza appoggio aereo, e questo fa la differenza. L’Iraq insegna che le truppe americane sono come il cavallo di Attila, da dove passano si distrugge ogni simulacro di democrazia e si compete a suon di bombe tra civili inermi. L’Iraq di oggi potrebbe essere l’icona della democrazia occidentale oggi. Insomma non è vero che le libere elezioni siano un tratto fondante della suddetta civiltà occidentale, ma la sinistra nostrana sembra convinta del contrario. Oggi che abbiamo un sistema elettorale così poco democratico da far sembrare preferibile quello  concepito da Acerbo nel ‘  23  imperante il Duce, che comunque prevedeva una soglia minima per il premio di maggioranza per quanto ridicola, mentre quella in vigore non lo prevede. Insomma ormai definire democratiche le elezioni è un non senso. Tuttavia in Italia, a sinistra soprattutto, pare che tutto ciò sia privo di significato, per cui si annette all’esito elettorale una importanza che non ha né può avere. A sinistra le tematiche relative alla forma dello stato non trovano udienza, pare che la cosa non sia importante e comunque viene vista troppo lontana dalla possibile comprensione dei cittadini elettori, per cui non mette in conto di parlarne. Invece credo sia quello un tema centrale di questo passaggio d’epoca, in cui i sistemi elettorali cambiano ad ogni piè sospinto  a testimoniare di una crisi profonda che si aggrava di continuo avvitandosi su sé  stessa. Al punto che non si tiene in alcun conto che i sistemi elettorali siano un tutt’ uno con la forma dello Stato, e che la costituzione del ‘48 (ormai significativamente rimaneggiata in negativo ) contemplava, pur in assenza di una  norma esplicita, solo il sistema proporzionale puro.  Con ciò non voglio indicare nell’astensionismo una soluzione al problema, al contrario sono convinto che l’astensionismo non è soluzione di nulla, ragion per cui tra tormenti e sballottamenti vari alla fine ho sempre votato. Vendola è l’ultimo “baluardo” di una sinistra democratica, ma credo che anche per lui si stiano chiudendo gli spazi. Le vicende siciliane con l’estromissione di Fava dalla campagna elettorale sono un ulteriore  sintomo di questo processo. Il quadro che si apre davanti a noi è drammatico, con moltissimi interrogativi sui possibili sviluppi, senza che nessuno degli scenari possibili che si aprono sul prossimo futuro possano rassicurarci sui residui spazi di democrazia nel nostro paese; peccato che non si possano intravedere controtendenze. 

Nessun commento:

Posta un commento