Lo ha detto il
sottosegretario all'Interno Carlo De Stefano, riferendo alla Camera sul caso
del ragazzino di Cittadella e
dell'esecuzione nei suoi confronti del provvedimento di allontanamento dalla
famiglia materna disposto dal giudice dei minori, eseguito con sollevamento di
peso del nostro Leonardo. “Nella mattinata
dello scorso 10 ottobre il padre del bambino ha comunicato via mail all'Ufficio
minori della questura di Padova che la Corte d'appello di Venezia aveva appena
rigettato il ricorso con il quale la madre aveva chiesto la sospensiva del
provvedimento di allontanamento dall'ambiente familiare materno. Il responsabile
dell'Ufficio minori prendeva contatto con i servizi sociali del Comune per
valutare l'opportunità di eseguire immediatamente l'intervento, al fine di
evitare che la madre, qualora giunta a conoscenza della decisione del giudice,
potesse come già avvenuto in altre due circostanze, rendere impossibile
l'esecuzione del provvedimento. L'assistente sociale, dopo aver consultato il
padre del minore e lo psichiatra, ha ritenuto di procedere all'esecuzione,
individuando l'area antistante la scuola come la piu' idonea per l'intervento,
anche perché i precedenti tentativi fatti nella casa materna erano stati
vanificati dalla resistenza del bambino supportato dai parenti''. Alle 12.15
cosi', ''la polizia, insieme allo psicologo, allo psichiatra e al padre sono andati
nella scuola. Con la direttrice si e' deciso di farlo uscire dall'aula per
prepararlo all'allontanamento. Ma il bambino si e' rifiutato, quindi si e'
deciso di allontanare gli altri alunni dall'aula. Psichiatra e psicologo sono
entrati quindi nell'aula insieme ai poliziotti. Data la difficile situazione
per la resistenza del minore, e' stato chiesto l'intervento del padre affinché
prelevasse il figlio per condurlo all'auto dei servizi sociali che lo avrebbe
portato verso la comunita' di accoglienza. Il padre è riuscito con fatica a
portarlo fuori dall'aula, ma nel corridoio la reazione del minore e' diventata
ancora più energica, sfociando in manifestazioni a carattere violento anche nei
confronti del genitore e' degli operatori intervenuti''. ''Il bambino -
ha detto ancora De Stefano - appena uscito dall'edificio invocava con urla
l'intervento dei familiari della madre che giungevano muniti di telecamere. Due
poliziotti cercavano di fronteggiare i familiari mentre un terzo cercava di
aiutare il padre a portare il figlio in auto. Nonostante la resistenza sempre
più accesa dei familiari, i poliziotti riuscivano ad allontanarli consentendone
la partenza''. “Ai familiari che protestavano chiedendo l'esibizione del
provvedimento di diniego della sospensiva un ispettore capo ha replicato con
espressioni assolutamente non professionali che il grado di parentela con il
minore non giustificava la richiesta''. Come tutti sanno, questo avvenimento ha
avuto la ribalta grazie a delle immagini, girate con un telefonino dalla madre
del ragazzo, e mandate in onda dalla trasmissione della terza rete Rai “Chi l’ha visto?” dal cui sito ho tratto la
relazione del sottosegretario De Stefano che ho riportato integralmente. L’avvenimento ha avuto una grande eco sui
giornali, sulle tv, su fb. Ci sono state: le scuse del governo per il
comportamento poco professionale della polizia, diversamente dai fatidici fatti
del G8 di Genova di infausta memoria,le indagini della procura e quant’altro, l’
intervento di Schifani, presidente del Senato, oltre agli sciacallaggii vari
tentati o effettuati, come quello della Mussolini e quant’altro. Insomma chi più ne ha più ne metta.
Ora una prima
riflessione s’impone. La notizia di
riferimento delle immagini del “rapimento” di Leonardo, proposte da “Chi
l’ha visto?” è la medesima della
relazione che ho riportato, copiata tra
l’altro, proprio dal sito della stessa trasmissione. Ora vorrei chiedere
idealmente a quella larga platea di orientamento democratico che si è indignata
per la “violenza” subita da Leonardo, se
il loro coinvolgimento avrebbe avuto la stessa intensità emotiva che se
avessero appreso la notizia del medesimo
avvenimento con le parole del sottosegretario De Stefano invece che dalle
immagini. In tutta onestà credo di no e
suppongo che, su questo in costanza di onestà intellettuale, tutti ne
possono convenire. Dal mio punto di vista questa vicenda, è l’illustrazione
pratica del post che precede in questo blog, è la dimostrazione di come le
immagini ottengano un effetto gravemente distorcente la realtà dei fatti.
Infatti la maggior parte dei commenti andavano nel segno di una
indignazione nei confronti di chi ha eseguito questo intervento, ci sono
stati articoli di stampa, e mi riferisco principalmente al “La Repubblica” e a “Il Fatto Quotidiano”. Il dato per me preoccupante è che una larga
fetta di opinione democratica, si è lasciata grandemente manipolare da una
montatura perfino banale. Il fine politico della manovra è, come dicevo in
diverse discussioni sulle bacheche di amici di fb, è quello di svilire il
lavoro dei Tribunali per i Minorenni, che invece sono cosa assai meritoria, e
in generale assolvono al loro compito che è quello di tutelare i minori. C’ è
stata una coincidenza di interessi, tra gli ambienti politici interessati a
questa campagna, e i particolari interessi della madre di Leonardo. Sullo
sfondo, a fare da humus pronto alla bisogna, c’è stata una opinione
democratica, di cui, in questa occasione, si è fatto portavoce “Il Fatto Quotidiano” che ha contribuito a stravolgere i fatti.
Innanzi tutto va ribadito che Leonardo è stato prelevato da scuola dal padre
aiutato dalla polizia, che doveva contrastare l’intervento della madre e della
sua famiglia. Che sia chiaro, che per quel che se può sapere, bisogna
concludere che nessuna violenza è stata fatta sul ragazzo. Il distacco dalla
madre, se si vuol essere obiettivi, è equivalente dal distacco dal padre.
Purtroppo si è diffusa nella nostra società, anche per un malinteso senso di
femminismo, secondo il quale la madre e le donne in genere sono superiori agli
uomini, soprattutto per ciò che riguarda la prole. Solo che questo è una sorta
di maschilismo rovesciato. Nella realtà vi sono ottime madri e ottimi padri,
come vi sono pessime madri e pessimi padri. Nel caso specifico, oltre la
sentenza su cui tornerò più avanti, sulla base degli avvenimenti pacificamente
accertati, dirò che una buona madre non induce il figlio a dire bugie gravi su
presunti abusi subiti dal padre, e conseguentemente non impedisce al figlio di
vedere il padre. Inoltre una buona madre nell’interesse del figlio, non attira
l’attenzione dei massmedia, i quali in Italia, da qualche tempo sono utilizzati
come ennesimo grado di giudizio. I perdenti nelle sedi giudiziarie, usano le Tv
come strumento per ribaltare a loro favore nei fatti, sentenze sfavorevoli. Il
terreno è fertile, perché la televisione è logicamente interdetta agli
operatori del settore che per nessun motivo, fatto ovvio e del tutto
comprensibile, possono andare in televisione a rivelare gli esiti della loro
attività professionale. Gli esempi sono tanti e da queste vicende i minori non
vengono minimamente tutelati. Posso citare i casi più clamorosi come quello
della signora Franzoni, nella tragedia di Cogne, in cui fu ucciso il piccolo
Samuele, o come quello dell’ asilo “Olga Rovere” di Rignano Flaminio, in cui un ministro della
Pubblica Istruzione, di un governo di
centrosinistra, sospese d’autorità delle maestre, accusate di abusi orribili
sui bambini loro affidati, nonostante tutti gli organismi interni alla scuola
non ebbero a muovere rilievi di sorta sul loro comportamento. Già le indagini
dei carabinieri nell’immediatezza dei fatti avevano trovato prove del contrario
e che cioè le maestre in questione non avevano commesso abusi. Lì si scatenò il
problema dell’ascolto dei bambini, ma anche su questo dirò più avanti. Per
tornare al nostro Leonardo e a “Il Fatto
Quotidiano” vale invece il dato per cui la magistratura ha
sentenziato a tutela dell’integrità psichica. Comunque è successo che dopo i primi giorni, non potendosi
gonfiare ulteriormente l’argomento della violenza sul ragazzo, si è attaccato
la sentenza che ha legittimato l’intervento del padre. Esattamente come avevo
previsto a caldo sulle bacheche di almeno due amici di fb. A pag. 10 del giornale già citato,del 17 u.s.
c’è un articolo di Sandra Amurri, che ha seguito la vicenda sin dall’inizio. Il
titolo è “Leonardo
e la malattia che non c’è” .
La sostanza è un
attacco assai pronunciato sulla perizia di Rubens De Nicola che è stato il
perito del magistratura sulla quale poi si sarebbe basata la sentenza. Il dato
del contendere è il Pas ossia Parental
Alienation Syndrome che secondo alcuni è una malattia vera e
secondo altri no. La malattia consisterebbe in alterazioni della psiche dei
ragazzini, procurati dalle manipolazioni pronunciate e costanti di un genitore.
In materia per convenzione internazionale fa testo il “Diagnostic
and Statistical Manual of Mental Disorders ” brevemente chiamato DSM
con il numero di aggiornamento. Sembrerebbe che il DSM non elenchi il Pas tra
le malattie mentali riconosciute, e pertanto, sempre secondo l’articolo in
discussione, salta il fondamento della sentenza. Detto francamente questi
articoli mi fanno incazzare, perché sono argomenti del tutto improponibili in
un contesto serio. A riguardo devo fare due tipi di riflessione. Il primo è che
le perizie sono semplicemente il nastro che infiocchetta la sentenza, ossia,
posto che i giudici siano arrivati per altre vie, a determinate conclusioni
includono le perizie confacenti nelle motivazioni delle sentenze. Sia chiaro
che le perizie non sono vincolanti per i giudici. Se posso fare autobiografia
dirò che negli anni ’80 il T.M di Bari, dovendo giudicare ragazzini che avevano
sicuramente commesso dei reati, mi convocava nelle udienze per farmi
relazionare sui ragazzi medesimi, se a me affidati, spesso privi di avvocati di
fiducia e con semplici difensori d’ufficio,
per sentirsi dire cose funzionali
alla formula del cd “perdono giudiziale”
per escludere la reclusione in carcere dei minori in questione, sulla
base della semplice e veritiera considerazione, che il carcere era una grande
fucina di criminalità, per cui mettere in carcere un ragazzino significava
condannarlo a vivere nelle file della grande criminalità. Ora va detto che la
decisione del presidente del tempo di non comminare il carcere ai ragazzini era
una sua decisione, e le mie relazioni erano solo un contorno, non ero certo io
a determinare le sentenze. Ora sul
problema delle perizie psichiatriche, in generale, suggerisco la illuminante
lettura de “
Gli anormali” di Michel Foucault e in particolare della “Lezione
dell’8 gennaio 1975 al
College de France” , Feltrinelli 2000. Per tornare all’art.
della Amurri va detto che la questione di fondo che si è posta davanti ai
giudici che hanno emesso la contestata sentenza non è se il DSM IV o V comprenda
o non comprenda, o escluda il Pas tra le
malattie mentali, ma se la madre di Leonardo abbia manipolato pesantemente il
figlio o meno. Evidentemente hanno concluso che la grave manipolazione ci
fosse, e hanno sentenziato di conseguenza. Usare il DSM come una bibbia è un
po’ come riproporre il metodo con cui la chiesa condannò Galileo. L’esistenza
delle malattie va riscontrata nella realtà sociale, nella pratica
psicoterapeutica, non nel DSM che certamente è uno strumento assolutamente
necessario per gli psicoterapeuti, ma ripeto, non può essere la base di una
sentenza civile in materia di minori. Del
resto la vicenda mediatica, così come l’abbiamo conosciuta lascia pochi dubbi
sulle tendenze manipolatorie della madre di Leonardo; è giunta al punto da dare
al solito “Il Fatto Quotidiano” il testo di una lettera indirizza al marito,
dopo di che risulta difficile dubitare della tendenze manipolatorie della madre
del ragazzino. Dirò di più: per comprendere sino a che punto è giunto il danno inferto al minore dalle manipolazioni materne,
bisogna considerare la resistenza opposta da Leonardo al padre, agli operatori
sociali e di polizia intervenuti. Chiunque abbia esperienza di questo tipo di
intervento sa che i ragazzi di dieci anni, “normali” non trovano in sé la forza
di resistere alle pressioni simultanee di un genitore di operatori sociali e
della polizia, punto da costringere ad
evacuare l’aula per poterlo contenere. Io
solidarizzo col padre, perché delle due l’una: o le resistenze del figlio sono
giustificate dal suo comportamento, il che pare possa escludersi per le stesse
ammissioni indirette della madre, o sono
il frutto di manovre manipolatorie dell’intero nucleo familiare materno, esattamente
come dice la sentenza. Quindi la via del disinteresse per le sorti del figlio
era spianata, e posto che non ci siano risvolti economici, era la via maestra per
uscire da questa situazione, comprensiva
di fiaccolate di mamme della scuola. Ha deciso invece di farsi carico coerentemente dei problemi del figlio e di
ciò sarebbe opportuno dargliene atto. Anche il suo rapporto con i media è
risultato più corretto, tant’è che a differenza della madre, che ha rilasciato
interviste a destra e a manca, è comparso una sola volta in tv col volto
oscurato.
In questi
casi comunque c’è un altro argomento che
spesso viene usato, ed è stato pesantemente usato anche in questa
circostanza, è il cd “ascolto” del
minore per fargli scegliere il genitore cui essere affidato. Tra le punizioni
più severe che si possano infliggere ad un ragazzino , al di sotto della soglia
dell’adolescenza, è proprio quella dell’ascolto. Per un ragazzino i motivi
della separazione dei genitori restano incomprensibili perché il suo bisogno
consiste nel fatto che i genitori
restino insieme. Generalmente tendono anche ad assumere su di loro , la “colpa”
delle loro liti. Ascoltarlo per un giudice significa convocare il ragazzino sia
pure opportunamente accompagnato, in determinato giorno, ad un determinata ora,
per chiedergli di decidere se andare con l’uno o con l’altro. Ciò equivale a
chiedere al ragazzino che in quel contesto vede gonfiarsi il suo senso di
colpa, per quanto infondato, di ripudiare davanti a persone sconosciute, uno
dei due genitori. E’ un po’ come rivoltare una lama rovente in una ferita
aperta, è una afflizione che è bene non comminare a un ragazzino. E’ come se
gli adulti affidassero a un piccolo la soluzione di un problema che loro non sono
in grado di concordare. Quindi i
genitori che consentono questo compiono un atto di grave irresponsabilità.
Ascoltare un bambino, o un ragazzino, comunque sotto la soglia
dell’adolescenza, significa tutt’altro, significa cogliere attentamente tutte
le sue manifestazioni, in parole e in comportamenti, liberamente espressi nel suo ambiente
naturale, è una operazione che non si può racchiudere in un momento preciso. Insomma
non si possono convocare i ragazzini in tribunale per porgli questo tipo di
interrogativo. La scuola di pensiero
che invece teorizza “l’ascolto” in tribunale, è una
scuola di pensiero postmoderna, che tende a rimuovere la psicanalisi, la
psicologia dell’età evolutiva, perché nega l’evoluzione stessa della vita
dell’uomo, nega il dato di fatto che ogni età ha specifiche componenti
psichiche di cui bisogna tener conto. Insomma il bambino sarebbe uguale all’adulto ma non è così. Chiunque
abbia a che fare con la sofferenza delle persone sa che non è così. Del resto è
il portato della civiltà dell’immagine, per cui l’importante è apparire, e se
si è diversi da come si appare poco importa. Da piccolo, per concedermi un
attimo di nostalgia vista l’età, avevo rigorosamente i pantaloncini corti anche
d’inverno, e dal freddo mi riparavano calzettoni di lana sotto il ginocchio,
perché i pantaloni lunghi erano cose da grandi, e indossarli, alla prima
comunione, dava il segno di una grande conquista. Ora non è più così ma è certo
che in questa nostra società l’attenzione per le nuove generazioni si riduce
progressivamente. Non è possibile occuparsi di loro solo se vengono in
televisione. Le trasmissioni che un po’ su tutti i canali, infestano i pomeriggi imperniate alla cd. Tv del “dolore”, come
ormai viene definita questa tv spazzatura riecheggia spesso questa teoria. Certo pare assai democratica e fascinosamente
progressiva, ma è disastrosa per i ragazzini. Le madri di
Rignano Flaminio, ad esempio,
quelle coinvolte nel famoso caso, hanno sostenuto addirittura la
necessità di modificare la legge nel senso che la parola del minore deve avere
valore di verità senza nessun tipo di verifica. Ora escludo che si arrivi a
tento, ma ciò accadesse sarebbe un ulteriore passo verso una barbarie senza
uguali.
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