venerdì 19 ottobre 2012

A Leonardo di Cittadella, provincia di Padova.




Lo ha detto il sottosegretario all'Interno Carlo De Stefano, riferendo alla Camera sul caso del ragazzino di Cittadella  e dell'esecuzione nei suoi confronti del provvedimento di allontanamento dalla famiglia materna disposto dal giudice dei minori, eseguito con sollevamento di peso del nostro Leonardo.  “Nella mattinata dello scorso 10 ottobre il padre del bambino ha comunicato via mail all'Ufficio minori della questura di Padova che la Corte d'appello di Venezia aveva appena rigettato il ricorso con il quale la madre aveva chiesto la sospensiva del provvedimento di allontanamento dall'ambiente familiare materno. Il responsabile dell'Ufficio minori prendeva contatto con i servizi sociali del Comune per valutare l'opportunità di eseguire immediatamente l'intervento, al fine di evitare che la madre, qualora giunta a conoscenza della decisione del giudice, potesse come già avvenuto in altre due circostanze, rendere impossibile l'esecuzione del provvedimento. L'assistente sociale, dopo aver consultato il padre del minore e lo psichiatra, ha ritenuto di procedere all'esecuzione, individuando l'area antistante la scuola come la piu' idonea per l'intervento, anche perché i precedenti tentativi fatti nella casa materna erano stati vanificati dalla resistenza del bambino supportato dai parenti''. Alle 12.15 cosi', ''la polizia, insieme allo psicologo, allo psichiatra e al padre sono andati nella scuola. Con la direttrice si e' deciso di farlo uscire dall'aula per prepararlo all'allontanamento. Ma il bambino si e' rifiutato, quindi si e' deciso di allontanare gli altri alunni dall'aula. Psichiatra e psicologo sono entrati quindi nell'aula insieme ai poliziotti. Data la difficile situazione per la resistenza del minore, e' stato chiesto l'intervento del padre affinché prelevasse il figlio per condurlo all'auto dei servizi sociali che lo avrebbe portato verso la comunita' di accoglienza. Il padre è riuscito con fatica a portarlo fuori dall'aula, ma nel corridoio la reazione del minore e' diventata ancora più energica, sfociando in manifestazioni a carattere violento anche nei confronti del genitore e' degli operatori intervenuti''. ''Il bambino - ha detto ancora De Stefano - appena uscito dall'edificio invocava con urla l'intervento dei familiari della madre che giungevano muniti di telecamere. Due poliziotti cercavano di fronteggiare i familiari mentre un terzo cercava di aiutare il padre a portare il figlio in auto. Nonostante la resistenza sempre più accesa dei familiari, i poliziotti riuscivano ad allontanarli consentendone la partenza''. “Ai familiari che protestavano chiedendo l'esibizione del provvedimento di diniego della sospensiva un ispettore capo ha replicato con espressioni assolutamente non professionali che il grado di parentela con il minore non giustificava la richiesta''.  Come tutti sanno, questo avvenimento ha avuto la ribalta grazie a delle immagini, girate con un telefonino dalla madre del ragazzo, e mandate in onda dalla trasmissione della terza rete Rai  “Chi l’ha visto?” dal cui sito ho tratto la relazione del sottosegretario De Stefano che ho riportato integralmente.  L’avvenimento ha avuto una grande eco sui giornali, sulle tv, su fb. Ci sono state: le scuse del governo per il comportamento poco professionale della polizia, diversamente dai fatidici fatti del G8 di Genova di infausta memoria,le indagini della procura e quant’altro, l’ intervento di Schifani, presidente del Senato, oltre agli sciacallaggii vari tentati o effettuati, come quello della  Mussolini e quant’altro.    Insomma chi più ne ha più ne metta.
Ora una prima riflessione s’impone. La notizia di  riferimento delle immagini del “rapimento” di Leonardo, proposte da “Chi l’ha visto?”  è la medesima della relazione che ho riportato, copiata  tra l’altro, proprio dal sito della stessa trasmissione. Ora vorrei chiedere idealmente a quella larga platea di orientamento democratico che si è indignata per la “violenza”  subita da Leonardo, se il loro coinvolgimento avrebbe avuto la stessa intensità emotiva che se avessero appreso  la notizia del medesimo avvenimento con le parole del sottosegretario De Stefano invece che dalle immagini.  In tutta onestà credo di no e suppongo che,  su questo  in costanza di onestà intellettuale, tutti ne possono convenire. Dal mio punto di vista questa vicenda, è l’illustrazione pratica del post che precede in questo blog, è la dimostrazione di come le immagini ottengano un effetto gravemente distorcente la realtà dei fatti. Infatti la maggior parte dei commenti andavano nel segno di una indignazione  nei confronti  di chi ha eseguito questo intervento, ci sono stati articoli di stampa, e mi riferisco principalmente al “La Repubblica” e a “Il Fatto Quotidiano”.  Il dato per me preoccupante è che una larga fetta di opinione democratica, si è lasciata grandemente manipolare da una montatura perfino banale. Il fine politico della manovra è, come dicevo in diverse discussioni sulle bacheche di amici di fb, è quello di svilire il lavoro dei Tribunali per i Minorenni, che invece sono cosa assai meritoria, e in generale assolvono al loro compito che è quello di tutelare i minori. C’ è stata una coincidenza di interessi, tra gli ambienti politici interessati a questa campagna, e i particolari interessi della madre di Leonardo. Sullo sfondo, a fare da humus pronto alla bisogna, c’è stata una opinione democratica, di cui, in questa occasione, si è fatto portavoce “Il Fatto Quotidiano”  che ha contribuito a stravolgere i fatti. Innanzi tutto va ribadito che Leonardo è stato prelevato da scuola dal padre aiutato dalla polizia, che doveva contrastare l’intervento della madre e della sua famiglia. Che sia chiaro, che per quel che se può sapere, bisogna concludere che nessuna violenza è stata fatta sul ragazzo. Il distacco dalla madre, se si vuol essere obiettivi, è equivalente dal distacco dal padre. Purtroppo si è diffusa nella nostra società, anche per un malinteso senso di femminismo, secondo il quale la madre e le donne in genere sono superiori agli uomini, soprattutto per ciò che riguarda la prole. Solo che questo è una sorta di maschilismo rovesciato. Nella realtà vi sono ottime madri e ottimi padri, come vi sono pessime madri e pessimi padri. Nel caso specifico, oltre la sentenza su cui tornerò più avanti, sulla base degli avvenimenti pacificamente accertati, dirò che una buona madre non induce il figlio a dire bugie gravi su presunti abusi subiti dal padre, e conseguentemente non impedisce al figlio di vedere il padre. Inoltre una buona madre nell’interesse del figlio, non attira l’attenzione dei massmedia, i quali in Italia, da qualche tempo sono utilizzati come ennesimo grado di giudizio. I perdenti nelle sedi giudiziarie, usano le Tv come strumento per ribaltare a loro favore nei fatti, sentenze sfavorevoli. Il terreno è fertile, perché la televisione è logicamente interdetta agli operatori del settore che per nessun motivo, fatto ovvio e del tutto comprensibile, possono andare in televisione a rivelare gli esiti della loro attività professionale. Gli esempi sono tanti e da queste vicende i minori non vengono minimamente tutelati. Posso citare i casi più clamorosi come quello della signora Franzoni, nella tragedia di Cogne, in cui fu ucciso il piccolo Samuele, o come quello dell’ asilo “Olga Rovere” di  Rignano Flaminio, in cui un ministro della Pubblica Istruzione,  di un governo di centrosinistra, sospese d’autorità delle maestre, accusate di abusi orribili sui bambini loro affidati, nonostante tutti gli organismi interni alla scuola non ebbero a muovere rilievi di sorta sul loro comportamento. Già le indagini dei carabinieri nell’immediatezza dei fatti avevano trovato prove del contrario e che cioè le maestre in questione non avevano commesso abusi. Lì si scatenò il problema dell’ascolto dei bambini, ma anche su questo dirò più avanti. Per tornare al nostro Leonardo e a “Il Fatto Quotidiano”   vale invece il dato per cui la magistratura ha sentenziato a tutela dell’integrità psichica. Comunque è successo  che dopo i primi giorni, non potendosi gonfiare ulteriormente l’argomento della violenza sul ragazzo, si è attaccato la sentenza che ha legittimato l’intervento del padre. Esattamente come avevo previsto a caldo sulle bacheche di almeno due amici di fb.  A pag. 10 del giornale già citato,del 17 u.s. c’è un articolo di Sandra Amurri, che ha seguito la vicenda sin dall’inizio. Il titolo è “Leonardo e la malattia che non c’è” .
La sostanza è un attacco assai pronunciato sulla perizia di Rubens De Nicola che è stato il perito del magistratura sulla quale poi si sarebbe basata la sentenza. Il dato del contendere è il Pas ossia Parental Alienation Syndrome  che secondo alcuni è una malattia vera e secondo altri no. La malattia consisterebbe in alterazioni della psiche dei ragazzini, procurati dalle manipolazioni pronunciate e costanti di un genitore. In materia per convenzione internazionale fa testo il “Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders ” brevemente chiamato DSM con il numero di aggiornamento. Sembrerebbe che il DSM non elenchi il Pas tra le malattie mentali riconosciute, e pertanto, sempre secondo l’articolo in discussione, salta il fondamento della sentenza. Detto francamente questi articoli mi fanno incazzare, perché sono argomenti del tutto improponibili in un contesto serio. A riguardo devo fare due tipi di riflessione. Il primo è che le perizie sono semplicemente il nastro che infiocchetta la sentenza, ossia, posto che i giudici siano arrivati per altre vie, a determinate conclusioni includono le perizie confacenti nelle motivazioni delle sentenze. Sia chiaro che le perizie non sono vincolanti per i giudici. Se posso fare autobiografia dirò che negli anni ’80 il T.M di Bari, dovendo giudicare ragazzini che avevano sicuramente commesso dei reati, mi convocava nelle udienze per farmi relazionare sui ragazzi medesimi, se a me affidati, spesso privi di avvocati di fiducia e con semplici difensori d’ufficio,  per sentirsi dire cose  funzionali alla formula del cd “perdono giudiziale”  per escludere la reclusione in carcere dei minori in questione, sulla base della semplice e veritiera considerazione, che il carcere era una grande fucina di criminalità, per cui mettere in carcere un ragazzino significava condannarlo a vivere nelle file della grande criminalità. Ora va detto che la decisione del presidente del tempo di non comminare il carcere ai ragazzini era una sua decisione, e le mie relazioni erano solo un contorno, non ero certo io a determinare le sentenze.  Ora sul problema delle perizie psichiatriche, in generale, suggerisco la illuminante lettura de “ Gli anormali”   di Michel Foucault e in particolare della “Lezione dell’8  gennaio 1975  al  College de France” , Feltrinelli 2000. Per tornare all’art. della Amurri va detto che la questione di fondo che si è posta davanti ai giudici che hanno emesso la contestata sentenza non è se il DSM IV  o  V comprenda o non comprenda, o escluda  il Pas tra le malattie mentali, ma se la madre di Leonardo abbia manipolato pesantemente il figlio o meno. Evidentemente hanno concluso che la grave manipolazione ci fosse, e hanno sentenziato di conseguenza. Usare il DSM come una bibbia è un po’ come riproporre il metodo con cui la chiesa condannò Galileo. L’esistenza delle malattie va riscontrata nella realtà sociale, nella pratica psicoterapeutica, non nel DSM che certamente è uno strumento assolutamente necessario per gli psicoterapeuti, ma ripeto, non può essere la base di una sentenza civile in materia di minori.  Del resto la vicenda mediatica, così come l’abbiamo conosciuta lascia pochi dubbi sulle tendenze manipolatorie della madre di Leonardo; è giunta al punto da dare al solito “Il Fatto Quotidiano”   il testo di una lettera indirizza al marito, dopo di che risulta difficile dubitare della tendenze manipolatorie della madre del ragazzino. Dirò di più: per comprendere sino a che punto è giunto il danno  inferto al minore dalle manipolazioni materne, bisogna considerare la resistenza opposta da Leonardo al padre, agli operatori sociali e di polizia intervenuti. Chiunque abbia esperienza di questo tipo di intervento sa che i ragazzi di dieci anni, “normali” non trovano in sé la forza di resistere alle pressioni simultanee di un genitore di operatori sociali e della polizia,  punto da costringere ad evacuare l’aula per poterlo contenere.  Io solidarizzo col padre, perché delle due l’una: o le resistenze del figlio sono giustificate dal suo comportamento, il che pare possa escludersi per le stesse ammissioni indirette della madre,  o sono il frutto di manovre manipolatorie dell’intero nucleo familiare materno, esattamente come dice la sentenza. Quindi la via del disinteresse per le sorti del figlio era spianata, e posto che non ci siano risvolti economici, era la via maestra per uscire da  questa situazione, comprensiva di fiaccolate di mamme della scuola. Ha deciso invece di farsi carico  coerentemente dei problemi del figlio e di ciò sarebbe opportuno dargliene atto. Anche il suo rapporto con i media è risultato più corretto, tant’è che a differenza della madre, che ha rilasciato interviste a destra e a manca, è comparso una sola volta in tv col volto oscurato.     
In questi casi  comunque c’è un altro argomento che spesso viene usato, ed è stato pesantemente usato anche in questa circostanza,  è il cd “ascolto” del minore per fargli scegliere il genitore cui essere affidato. Tra le punizioni più severe che si possano infliggere ad un ragazzino , al di sotto della soglia dell’adolescenza, è proprio quella dell’ascolto. Per un ragazzino i motivi della separazione dei genitori restano incomprensibili perché il suo bisogno consiste nel fatto  che i genitori restino insieme. Generalmente tendono anche ad assumere su di loro , la “colpa” delle loro liti. Ascoltarlo per un giudice significa convocare il ragazzino sia pure opportunamente accompagnato, in determinato giorno, ad un determinata ora, per chiedergli di decidere se andare con l’uno o con l’altro. Ciò equivale a chiedere al ragazzino che in quel contesto vede gonfiarsi il suo senso di colpa, per quanto infondato, di ripudiare davanti a persone sconosciute, uno dei due genitori. E’ un po’ come rivoltare una lama rovente in una ferita aperta, è una afflizione che è bene non comminare a un ragazzino. E’ come se gli adulti affidassero a un piccolo la soluzione di un problema che loro non sono in grado di concordare.  Quindi i genitori che consentono questo compiono un atto di grave irresponsabilità. Ascoltare un bambino, o un ragazzino, comunque sotto la soglia dell’adolescenza, significa tutt’altro, significa cogliere attentamente tutte le sue manifestazioni, in parole e in comportamenti,  liberamente espressi nel suo ambiente naturale, è una operazione che non si può racchiudere in un momento preciso.   Insomma non si possono convocare i ragazzini in tribunale per porgli questo tipo di interrogativo.  La scuola di pensiero che  invece   teorizza “l’ascolto” in tribunale, è una scuola di pensiero postmoderna, che tende a rimuovere la psicanalisi, la psicologia dell’età evolutiva, perché nega l’evoluzione stessa della vita dell’uomo, nega il dato di fatto che ogni età ha specifiche componenti psichiche di cui bisogna tener conto. Insomma il bambino sarebbe  uguale all’adulto ma non è così. Chiunque abbia a che fare con la sofferenza delle persone sa che non è così. Del resto è il portato della civiltà dell’immagine, per cui l’importante è apparire, e se si è diversi da come si appare poco importa. Da piccolo, per concedermi un attimo di  nostalgia vista l’età,  avevo rigorosamente i pantaloncini corti anche d’inverno, e dal freddo mi riparavano calzettoni di lana sotto il ginocchio, perché i pantaloni lunghi erano cose da grandi, e indossarli, alla prima comunione, dava il segno di una grande conquista. Ora non è più così ma è certo che in questa nostra società l’attenzione per le nuove generazioni si riduce progressivamente. Non è possibile occuparsi di loro solo se vengono in televisione. Le trasmissioni che un po’ su tutti i canali,  infestano i pomeriggi  imperniate alla cd. Tv del “dolore”, come ormai viene definita questa tv spazzatura riecheggia spesso questa teoria.  Certo pare assai democratica e fascinosamente progressiva, ma è disastrosa per i ragazzini.  Le madri di  Rignano Flaminio, ad esempio,  quelle coinvolte nel famoso caso, hanno sostenuto addirittura la necessità di modificare la legge nel senso che la parola del minore deve avere valore di verità senza nessun tipo di verifica. Ora escludo che si arrivi a tento, ma ciò accadesse sarebbe un ulteriore passo verso una barbarie senza uguali.

Nessun commento:

Posta un commento