A pag. 9 de “Il Fatto Quotidiano”
di ieri 12 maggio, leggo di un
intervista a Oliviero Diliberto a cura di Wanda Marra, dal titolo “ Noi Sel e IdV
insieme batteremmo Grillo”.
Leggo l’intervista e vengo preso da un moto di autentica indignazione, e
rimango allibito ed esterrefatto. Diliberto lamenta la frantumazione della
sinistra senza la quale la sinistra medesima sarebbe ad una percentuale a due
cifre, per ciò che riguarda i voti. Il problema è che la giornalista non chiede
a Diliberto come mai la sinistra in Italia è frantumata, eppure egli
ha usato la scissione da Rifondazione Comunista per marcare un dissenso
politico, in occasione della caduta del governo Prodi del 1998. Per carità la scelta di Bertinotti fu tanto infelice
quanto sospetta tant’è che sono convinto che agì su mandato di altri. Tuttavia
il susseguirsi di scissioni con conseguenti fallimenti elettorali è il percorso
che ha caratterizzato questi parti che, in buona sostanza, si richiamano al
vecchio PCI. Ne ereditano una sorta di pragmatismo politichese, tutto
schiacciato sulle tattiche del momento, senza nessuna capacità di elaborazione
politica, né analisi teorica
conseguente, all’altezza della crisi. Si rifugiano in un economicismo becero,
che si limita a denunciare le inefficienze e le contraddizioni più plateali e superficiali
dei governi che si susseguono, salvo poi accodarsi al Pd per ottenere qualche
seggio in parlamento, e partecipare alla spartizione del bottino dei rimborsi
elettorali. Non è possibile scorgere null’altro dai discorsi. In questa
intervista infatti Diliberto batte, non certo per la prima volta, il tasto
dell’alleanza a sinistra col Pd, anche lui come Bersani, contento del risultato
elettorale. L’alibi di questa comune contentezza è l’aumento delle
amministrazioni di sinistra. A parte il fatto che il contributo di Diliberto a
questo successo, è davvero
imponderabile, rimane il dato che queste elezioni segnano un arretramento in
termini di voti di tutti i partiti, compresi quelli di sinistra. Di Pietro e la
sua IdV sono stati quasi del tutto risucchiati da Grillo, ma di tutto ciò
Diliberto non se ne cura, e sfida il ridicolo quando lamenta la frammentazione
della sinistra, e auspica l’unità di tre forze per battere Grillo quando sino a
prima del voto, da sola l’ IdV era superiore
a Grillo. Siamo di fronte ad una drammatica testimonianza di come un
esponente del livello di Diliberto non abbia capito assolutamente nulla dell’attuale momento politico, insiste
su ricette meramente “politichesi” ossia di schieramento senza contenuti, non
riesce a dar conto del fallimento irreversibile e storico di queste ricette uguali da decenni,
che hanno portato questi parti a scomparire dal panorama politico italiano. Del resto Diliberto ha a disposizione uno
strumento efficacissimo per ridurre la frammentazione a sinistra, che consiste
nello sciogliere il suo partito e confluire in Sel, eventualmente. Sotto il profilo
politico tra Diliberto, Ferrero e
Vendola non ci sono apprezzabili differenze politiche, e non si dica che è una
questione di simboli, perché i partiti che si richiamano al comunismo e che
fanno della presenza in parlamento l’unico
oggetto di desiderio, senza nessuna capacità di radicamento nel mondo del
lavoro si configurano come contraddizione in termini. Di contro ho ascoltato su Fb e condiviso sulla
mia pagina uno splendido intervento di Lidia Undiemi “ Il Mes, la finanziarizzazione della democrazia”
postato su youtube che invito a seguire
con attenzione lo si trova facilmente su Fb sulla pagina della stessa Lidia e,
ad ogni buon conto, l’ho condiviso sulla mia bacheca. E’ un allarme sulla
cessione totale di sovranità nazionale a favore di organismi comunitari a
carattere finanziario che sono al di fuori di un possibile controllo di
qualsiasi autorità giudiziaria. Peccato che nessuno dei nostri politici sia
interessato a queste questioni,
Diliberto meno che mai, e neppure Di Pietro, visto che la stessa Lidia
si proclama uscente da IdV per questo motivo. La questione è che i massmedia
raccontano banalità sulla situazione europea, lasciando che ci si appassioni su
quanto Hollande riuscirà ad incidere sulla Merkel per far cambiare la politica
ultraliberista, quasi che la stessa Merkel abbia un potere coercitivo sugli
altri governi per la firma dei trattati. E’ davvero qualcosa di una gravità
inaudita. Una reale cessione di sovranità al fine di favorire la speculazione
finanziaria, che acquisisce il diritto a gestire il debito pubblico degli stati
a suo piacimento. Con l’evidenza, già
denunciata su questo blog, che il debito pubblico diventa in modo consolidato
istituzionalmente, un fattore di guadagni dei grandi gruppi finanziari, che,
ovviamene non hanno nessun interesse a farlo regredire. Siamo di fronte ad un
prelievo senza precedenti sulle tasche dei cittadini italiani a favore delle
banche d’affari, garantito da tutti i partiti in parlamento, che sono stati
giustamente puniti in questa tornata amministrativa, e tra questi il Pd, che
rivendica la più assoluta fermezza nel sostegno al governo che ha effettuato questo esproprio letterale, che voteranno il 29 maggio p.v. a Berlino per
la sottoscrizione di questi trattati, il Mes ossia “Meccanismo europeo di stabilità” e il Fiscal
Compact, ossia “Trattato
sulla stabilità, coordinamento e governance nell'unione economica e monetaria”
nell’indifferenza dell’opinione pubblica assolutamente non informata, e di quel Pd che è tra i principali propugnatori di
queste politiche davvero incostituzionali che a parole invocano una svolta
politica nella politica europea e italiana, ma in concreto i suoi parlamentari
votano e ratificano tutto ciò che Monti e la Merkel decidono. La tragedia è che
per effetto del sistema massmediatico, non c’è nessuna possibilità di opporsi
perché in realtà non c’è opposizione in parlamento, e al di fuori, a parte voci
isolate come quella di Lidia Undiemi, nulla si muove. La questione delle istituzioni europee sta diventando una questione di importanza
crescente, e perfino prevalente rispetto a le questioni nazionali, assolutamente
sottaciute dai media che continuano a imperversare su Grillo e sul significato
del suo movimento. Ora si dice che la Grecia, avviandosi a nuove elezioni, possa
uscire dall’euro, con conseguenze che si vogliono catastrofiche per la Grecia
medesima. Nessuno vuole fare bilanci, nessuno dice quest’euro e questa Europa
quanto è costata in termini contabili e in termini di progresso complessivo
delle società europee, nessuno offre una lettura corretta del bilanciamento tra
costi e benefici sino ad ora. Poi giungono ancora notizie di crolli finanziari
di banche Usa, vere idrovore dei soldi nostri ma noi in Italia discutiamo di altro,
e come sempre in questi casi si torna a parlare di terrorismo. Ormai il copione
è arcinoto, e non serve manco parlarne ancora.
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