mercoledì 9 maggio 2012

Ancora sull’Italia e la Sardegna


All’indomani del primo turno di queste pur parziali elezioni amministrative, leggendo i dati pubblicati su “La Repubblica” di oggi che confronta glie esiti attuali, in termini di numeri di voti, con le ultime regionali, è evidente che la PdL subisce una flessione che non coincide perfettamente con l’azzeramento matematico, coincide in vece con l’azzeramento politico, perché alla sua gravissima flessione  non è tale da potersi  connotare come oscillazione elettorale fisiologica,   perché è qualcosa di molto più grave, tanto più che si somma con analogo arretramento della Lega Nord, che cessa di essere un importante partito di riferimento per il nord Italia. Ciò significa che il centrodestra che ha pesantemente governato nei passati decenni con politiche improntate al razzismo più puro, alla disarticolazione dello Stato nella sua configurazione uscito dalla Resistenza non esiste più. E’ stato travolto da una crisi drammatica che ha indotto cittadini a pronunciamenti elettorali, si badi bene, che sconfessano le politiche di tutti i partiti presenti in parlamento. Ancora una volta fa velo mediatico a questa realtà l’atteggiamento del Pd, che ha, con Bersani, la faccia tosta di dire che avanza sulla base del numero di amministrazioni che passano o passeranno dal centrodestra al centrosinistra. Questo calcolo, sotto il profilo politico è assai fuorviante, perché il Pd, dal punto di vista del numero dei voti, subisce un severissimo arretramento certamente non uguale a quello subito dal PdL ma resta comunque un arretramento gravissimo. Tale gravità sfugge alla visibilità mediatica che pure merita, per effetto, come vien fatto notare da più parti di una forma partito più elastica. In realtà il Pd è un partito contenitore, in cui è possibile trovarci di tutto. In Puglia, ad esempio  ci sono diversi comuni in cui vanno al ballottaggio due candidati di centrosinistra. Se vogliamo essere seri dobbiamo dire che il radicamento del gruppo dirigente del Pd, nel Paese Italia,  non è molto diverso da quello del PdL. Le situazioni di Genova, Palermo, che si aggiungono a quelle di Napoli e Milano nelle passate tornate elettorali, dimostra appunto questo, che sono le stesse primarie a sconfessare le indicazioni della segreteria, senza di che la sconfessione si riscontrerebbe inevitabilmente nel voto vero. Insomma il Pd resiste un po’ grazie a Vendola, è un paradosso, ma è così. Infatti sono convinto che Vendola, se avesse il coraggio di un attacco frontale al Pd, perderebbe sicuramente la Regione Puglia, ma raccoglierebbe, verosimilmente, più voti di Grillo a livello nazionale, invece anche Sel perde voti rispetto alle regionali, seppur di poco, e anzi è cresciuta nei capoluogo di provincia. Del resto non si può avere tutto. Ma c’è un fatto importantissimo che non ha ricevuto il dovuto spazio mediatico, ma ne meriterebbe di più dell’esito del voto e del successo di Grillo. In  Sardegna, domenica 6 maggio u.s. appena tre giorni addietro, 535.000 elettori hanno partecipato ad un referendum sull’abrogazione delle ultime provincie sorte nel 2001, ossia: Carbonia Iglesias, il Medio Campidano, Olbia Tempio e l’Ogliastra.  Il referendum ha retto al quorum richiesto per cui queste provincie verranno abolite, mentre il medesimo referendum ha dato parere favorevole all’abolizione delle provincie storiche. Ecco la Sardegna ha dato un messaggio importante a tutta l’Italia, grillini compresi, mentre noi pugliesi, ad esempio in condizioni politiche e ambientali ben diverse rispetto alla Sardegna, ci teniamo anche la BAT, ossia Barletta, Andria Trani, perché non si sono messi d’accordo neppure per un capoluogo di provincia, a dire quale impulso nobile presieda la sua nascita.  Questo messaggio tuttavia è passato sotto il sostanziale silenzio dei massmedia, che hanno dato maggior rilievo al battibecco tra Napolitano e Grillo. In questo blog ho già trattato del rapporto tra l’Italia e Sardegna, quasi che questa meravigliosa isola fosse qualcosa di marginale alla nazione stessa. Ho già detto dell’emarginazione della sua storia dai nostri testi di studio, e non solo dai manuali scolastici, a riprova di un limite culturale, in un contesto in cui viceversa ha potuto prendere corpo in Italia un partito folle, animato da ideologie folli, gestito da personaggi folli a loro volta che solo ora pare destinato al declino, che l’ha  dominata per decenni, imponendo leggi assurde e dispendiose, neppure abrogate ora che è, teoricamente, all’opposizione, che pare coinvolta in operazioni di riciclaggio della ‘ndrangheta. Questo partito della Lega Nord era gestita in regime monarchico da un signore assai caratterizzato da una capacità comunicativa, tutta imperniata su monosillabi, al massimo bisillabi, o gesti e gestacci di vario tipo, e aveva come erede designato ufficialmente e pubblicamente, un erede le cui imprese culturali, si fa per dire, riempiono le cronache di questi giorni prima del voto. Questo stesso paese, nel secolo scorso ha tenuto un intellettuale come Gramsci, nato ad Ales, in Sardegna, provincia di Oristano, che non fa più notizia dai tempi del banditismo,  a morire in carcere, altri ne ha esiliati, altri ancora li ha ridotti al silenzio, e li emargina in continuazione. Questo paese, i suoi intellettuali, non avrà davvero un periodo di pace e prosperità, se non ha la capacità di riflettere su sé stesso e sulla sua propria storia,  se non sarà capace di dibattere sottraendosi alla dittatura delle priorità  mediatiche, se non comprende l’impossibilità di una Europa continentale che vuole stritolare i paesi del Mediterraneo, autentico nodo di possibile pace e sviluppo, più di quanto non lo siano le banche tedesche. Se non si apprendono sino in fondo i valori della democrazia, quei valori nati in quella Grecia che l’Europa sta martirizzando. Quella democrazia alla luce della quale, si dovrebbe comprendere come in Italia,  questo parlamento rappresenta, mai con tanta evidenza come in questo momento alla luce di questi pronunciamenti popolari, seppur parziali, solo se stesso e i poteri più o meno occulti che gli sono sottostanti.   Ci sono questioni aperte come la nomina del nuovo CdA della Rai, le possibili riforme della giustizia su cui pendono ancora gli interessi di Berlusconi nell’ultimo e più pittoresco dei suoi processi, quei processi cui si voleva sottrarre in quanto eletto dal popolo. Sono questioni cui l’insieme dei massmedia ancora controllati dal medesimo Berlusconi, non dà il dovuto risalto, con i giornali di sua proprietà che invocano l’abbandono del governo Monti ma non, ovviamente, che restituisca il maltolto agli italiani. Governo Monti che platealmente ormai si regge solo sul Pd. Riporta un trafiletto a pag. 9 de “Il Fatto Quotidiano”  di oggi  a firma di Caterina Perniconi, che: ‹‹ Il deputato democratico Roberto Giachetti ha presentato una proposta per limitare le prestazioni “fuori ruolo” di magistrati ordinari, amministrativi e contabili e degli avvocati e procuratori dello Stato. (….) Una misura che fa infuriare molti papaveri di Stato. Ma che, incredibilmente, nonostante il parere contrario  del governo, ha ricevuto l’ok da tutti i partiti politici. Pd escluso. Sì, proprio il partito del proponente, Giachetti. ››. Il provvedimento è volto a limitare poteri e prebende degli apparati burocratici dello stato, ma il governo che taglia le pensioni,   non vuole tagliare le prebende dei propri collaboratori. Il ruolo del Pd, diventa sempre più kafkiano. Fosse possibile fermare, come con uno scatto fotografico del mio amico Mammone,  l’immagine questo momento storico, risulterebbero con una evidenza impensabile in altri momenti, i problemi strutturali del nostro Paese, tutto sta a vedere a quante persone farebbe piacere guardarla.

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