martedì 14 giugno 2011

Esito referendario del 12 e 13 giugno 2011


Certamente, la botta è di quelle forti. Una maggioranza assoluta di italiani ha sconfitto Berlusconi. E’ indubbio. Come al solito, il colpo  tuttavia non è immediatamente “mortale” per la pochezza dei quadri politici del centrosinistra. Bersani  non ha mai creduto a questi referendum, e, tuttora la sua interpretazione sul concetto di  dell’acqua come bene pubblico, indisponibile par operazioni di profitto, è tentennante, salvo ad appropriarsi del risultato. Di Pietro, credendo di fare una furbata tipica del politichese, afferma che questi referendum hanno un valore esclusivamente tecnico, sono “neutri” politicamente, senza stringenti implicazioni politiche per lo stesso Berlusconi. A proposito, ha ragione la Camusso, quando, ribadendo l’ovvio,  ricorda che il Governo, ha fatto carte false per evitarli, alterando in modo truffaldino le norme sottoposte a rischio di abrogazione sul nucleare; ha mobilitato l’apparato di regime nell’informazione per non informare o disinformare sui referendum, ricorrendo perfino al servizio sulle previsioni del tempo in chiave astensionista.  Del resto è impensabile che il successo nel referendum abrogativo, possa essere neutro per un governo che sicuramente, ha una strada più facile per cambiare una legge. E tuttavia il quesito sul cd “legittimo impedimento”, nega alla radice, qualsiasi possibilità di equivoco sulla portata antiberlusconiana del referendum. La memoria corta del politichese, non deve impedirci di ricordare, che l’assunto di fondo delle “teorie” berlusconiane, sulla giustizia, consistono sulla intangibilità della sua persona, in quanto eletto dal popolo. Di qui una campagna denigratoria vergognosa contro i giudici, che come per incanto è cessata a partire dalle elezioni amministrative di Milano, anche quelle invocate a sancire il principio della intangibilità del presidente del consiglio.  E tuttavia, l’esito del quesito sul legittimo impedimento, ha una portata appunto “delegittimante” di Berlusconi, che non può essere, in nessun modo, nascosto o minimizzato. Per fortuna il tenore delle dichiarazioni di Vendola paiono corrette, ha detto il giusto e ha evitato di “appropriarsi” dell’esito referendario. Credo che comunque le questioni legate al rapporto tra SEL e PD siano piene di nodi e contraddizioni che attendono di essere sciolte. Adesso, sembra, dal punto di vista della resa mediatica, che Vendola tiri le castagne dal fuoco del PD, che lasciato a sé stesso, avrebbe verosimilmente perso le elezioni sia a Milano, ma soprattutto a Napoli. Salvo poi assistere alla messa in scena in cui appare che sia il PD l’attore principale del cambiamento, mentre si limita a cavalcare l’onda. Comunque, sarebbe ora, sulla base del risultato referendario, di continuare a sostenere che l’elettorato italiano, abbia il moderatismo nel suo  DNA, ragion per cui altri spazi per politiche diverse non sono consentite. Invece, sarebbe questo il momento per alzare il tiro, perché tutta la sinistra, con fermezza, proponga una “patrimoniale” seria in ambito fiscale, abolisca, o proponga di abrogare tutte le leggi sulla “flessibilità” nei rapporti di lavoro, invertendo la tendenza alla distribuzione iniqua delle risorse del paese, per cui chi ha di più ha sempre più risorse, mentre l’esatto contrario avviene sul versante opposto delle gerarchie sociali. Se la sinistra non ha il coraggio di affrontare “di petto” questi temi, con il contorno di una soluzione radicale del conflitto di interesse berlusconiano, questa vittoria referendaria resterà un potenziale politico di enorme portata, che tuttavia rischia di non realizzare nulla sul piano più strettamente politico.     

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