domenica 26 giugno 2011

Il debito Greco, Solone e l’ironia della storia.


Da tempo la questione del debito pubblico greco, l’ eventuale fallimento e la fuoriuscita della Grecia dall’euro,  occupa un posto preminente nel dibattito politico e finanziario. Me ne sono già occupato in questo blog. La questione, dal mio punto di vista, è paradossale. Nella mia concezione della vita e dello stato, gli interessi privati, non dovrebbero mai sopravanzare gli interessi di uno stato e della collettività. Ma in  questi tempi, da queste parti, succede che dei privati possano accumulare tanto denaro da prestarne agli stati, e deciderne della loro sopravvivenza in quanto stati. Ovviamente per me è un paradosso, legato nient’affatto alle leggi obiettive del mercato, ma alla gestione politica degli Stati, che decidono di non tassare proporzionalmente le ricchezze, creando una ingiustizia di “secondo livello “ per così dire. Le tasse le pagano i fessi mentre le rendite finanziarie godono di tutele straordinarie di vario genere. Se tutti gli stati, Usa in testa, praticassero la giustizia fiscale queste situazioni non si porrebbero. Ma così non è, e la circostanza presenta delle similitudini storiche. Quando si dice l’ironia della sorte. Questa situazione, mutatis mutandis   ricorda la situazione di Atene del V secolo ac, quando il ceto medio dei proprietari terrieri medi e piccoli, era praticamente scomparso, perché ridotti in schiavitù per debiti. Per porre rimedio, a Solone altro non rimase da fare che abolire la schiavitù  per debiti, liberare gli schiavi finiti come tali per via dei debiti non soddisfatti,  e restituire allo stato ateniese, lo status di organismo collettivo, in cui appunto gli interessi dello stato erano prevalenti su quello dei singoli. Ovviamente tutta la storia può essere letta sulla falsariga della dicotomia pubblico- privato. Non fosse altro che per l’antico principio per cui il prodotto del lavoro collettivo è sempre superiore alla somma aritmetica del lavoro dei singoli del medesimo collettivo, i momenti di maggior progresso della storia sono sempre stati legati alla applicazione, con tutte le approssimazioni del caso, ad una concezione  in cui il senso della collettività sopravanzava quello del “ privato ” . Perfino nella crisi del ’29 gli statisti liberali, ma anche quelli fascisti, capirono che la crisi si poteva superare solo ricorrendo ad un massiccio intervento dello Stato, in sostituzione delle prerogative dei capitalisti privati, in deroga ai principi del liberismo puro. Oggi non è più così. Si pensa, al contrario, che per uscire dalla crisi bisogna favorire le attività dei privati. Così la crisi si avvita su se stessa,  perché in fondo si pretende di curare il male con una medicina coincidente col male medesimo In realtà di privato, non è rimasto nulla, tranne che ciò che il pubblico consente che si chiami ancora privato. E questa è l’ironia della situazione Greca. Lì per la prima volta nella storia dell’Occidente si sperimentò l’importanza della supremazia del pubblico, mentre ora rischia il fallimento con ulteriore peggioramento delle condizioni di vita dei cittadini e dei lavoratori,   in ossequi del principio opposto. Bisogna andare oltre.

Nessun commento:

Posta un commento