mercoledì 5 ottobre 2011

Su Amanda e Rafaele

Impossibile non parlarne, visto che l’argomento campeggia su giornali, tv, e anche fs. Un titolo sulle pag. interne de “la Repubblica” di oggi recitava “accolta come una eroina”. Poiché il non avevo colto subito la connessione ho equivocato la parola “eroina” prima di capire che l’articolo parlava dell’accoglienza riservata a Seattle ad Amanda. Dal mio punto di vista la discussione sulla innocenza o colpevolezza dei due personaggi, non è neppure proponibile. Il nostro sistema giudiziario è sempre più strutturalmente impossibilitato a dare risposte convincenti a quesiti simili. La normativa è assolutamente favorevole agli imputati, e questo perché deve garantire la criminalità organizzata, e la grande corruzione nella amministrazione e nella politica. Cosicché l’imputato non ha l’obbligo di dire la verità se interrogato, in omaggio ad un principio di barbarie giuridica e non di civiltà. Perché mai un imputato può dire il falso? La risposta è che un imputato è innocente sino alla condanna definitiva. E questo principio, giusto in astratto, trova una applicazione assolutamente dirompente sul piano della amministrazione della giustizia. La logica vorrebbe che nessuno dovrebbe essere condannato a una qualsiasi pena senza che sia dimostrata la sua colpevolezza in giudizio. Ma la  non presunzione della innocenza assoluta  è cosa diversa dall’espiazione di una pena.  Su una persona indagata la presunzione tanto dell’innocenza quanto della colpevolezza dovrebbe essere semplicemente sospesa sino al chiarimento definitivo, altrimenti diventa complicato oltre misura poter indagare. Dopo di che le dichiarazioni rese dagli imputati possono solo servire a depistare, attesa la loro assoluta liberà di dire ciò che vogliono. Così tutte le contraddizioni  e le bugie accertate rese da  Amanda non significano nulla, mentre sarebbe concludente una perizia controversa su un gancio di reggiseno. Siamo alla follia. Un giudice nomina periti che contraddicono altri periti e decidono che gli uni sono più bravi degli altri. Cosa abbia a che fare questo con la giustizia e con la logica più elementare è tutto da capire.   Il buon senso vorrebbe che il ricorso alle perizie sia usato con discernimento, in casi in cui effettivamente una perizia possa dare un risultato  non equivoco e decisivo, per l’assenza di altri metodi di prova, che in Italia, non a caso, è sempre più difficile raccogliere. Accanto a tutto ciò risulta urticante la canea mediatica e politica che conclude sempre per l’innocenza di qualsiasi inquisito e per la colpevolezza dei giudici inquirenti. Ricordo la enorme campagna mediatica a favore della Franzoni accusata e ora condannata in via definitiva, per l’uccisione del figlio Samuele, contro ogni evidenza logica. Era presente solo lei al momento del fatto e per ovviare a cotanto inconveniente la signora ha calunniato i vicini. Anche nel processo di Perugia c’è stata una vicenda di calunnia. Credo che una delle riforme più urgenti da farsi in Italia sia quella della giustizia, penale e civile, per i tempi, anche questi volutamente dilatati sino all’inverosimile  e sempre a favore di chi infrange la legge  a scapito di chi subisce un danno o una ingiustizia. Occorrerebbe restituire al sistema penale anche una funzione di deterrenza, in modo da penalizzare chi, sapendo di aver torto ricorre alla via giudiziaria solo e soltanto per lucrare sui tempi. In Italia vi sono problemi vistosissimi di criminalità organizzata e di corruzione. Se quantificano persino i costi. Solo la malafede e l’evidente interesse di un ampio arco di forze politiche può capovolgere la questione e porre in primo piano l’argomento del garantismo. Il nostro  vecchio sistema giuridico, che a dire il vero era eccellente, sotto il profilo della procedura, è stato modificato per uniformarlo a quello vigente in Usa. Ovviamente, guarda caso, non si sono riprodotte proprio quelle norme che assicurano velocità ed efficienza al sistema. Come perfino i telefilm made in Usa ci insegnano, la formula  che obbligatoriamente viene pronunciata quando si  arresta in un sospettato specifica che gli è consentito di tacere, ma non di dire il falso, al contrario,  deve rispondere di quello che dice, in relazione alla specifica accusa che gli viene mossa. In Italia in vece gli imputati possono parlare a vanvera, pesino confessare e ritrattare, proprio come ha fatto Amanda, se ben ricordo. 
PS.  Su "Il Fatto Quotidiano" di giovedì 6.10.2011 c'è un art. (firmato da Giuseppe Novelli, ed Emiliano Giardina,  entrambi dell'università di Tor Vergata  e consulenti dell'accusa al processo), a pag 12 dopo una introduzione in prima pag. in cui gli autori  argomentano, per me in modo convincente, che le analisi genetiche sul caso svolto da loro medesime sono corrette, mentre le contaminazioni sui reperti di cui parlano i periti della corte d'appello che ha assolto Amanda e Raffaele devono essere dimostrate, perchè esistono protocolli che prendono in considerazione l'eventualità di contaminazioni, che nel cso, sono risultati inesistenti. Specificano che le contaminazioni debbono compiere un percorso che deve essere, intanto possibile, e poi domostrato. Nulla di tutto ciò è avvenuto.    

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