venerdì 21 ottobre 2011

La morte di Gheddafi, la violenza delle immagini e le strane coincidenze.

Muʿammar Abū Minyar ʿAbd al-Salām al-Qadhdhāfī  n. Sirte, 7 giugno 1942, m. sempre a Sirte, 20 ottobre 2011 (forse)andò al potere di fatto con un colpo di stato incruento nel settembre 1969 con cui fu deposto re Sayyid Hasan I di Libia, re per un giorno, figlio del più famoso re Idris, che venne a soggiornare in Italia prima di andare a morire al Cairo. Al tempo frequentavo il 2° liceo classico al Convitto Nazionale “Domenico Cirillo”.  Gheddafi espropriò i beni di tutti gli italiani, e scacciò tuti coloro che lavoravano lì. Il governo italiano dell’epoca, garantì ai cittadini italiani espulsi dalla Libia,  le stesse condizioni che avevano perso. Fu così che mi ritrovai nel febbraio del ’70 una insegnante di scienze dichiaratamente fascista, che sin dal suo  primo ingresso in aula, riempì di contumelie dense di un rancore accecante, tutti i promotori delle occupazioni  avvenute che anche quell’anno scolastico. Se nonché ella al momento, ignorava con chi avesse a che fare, perché in quella classe,  c’era il nucleo portante della contestazione studentesca, tra cui anche chi scrive, e in un ruolo non secondario.  Insomma ci stava offendendo pesantemente senza neppure conoscerci, per cui decidemmo, tutti insieme che di non consentirle l’identificazione certa di ciascuno di noi. Ebbene riuscimmo nell’intento dando vita a episodi esilaranti, perché cambiavamo ogni giorno la disposizione dei banchi, ci si presentava alle interrogazioni sempre in vece di altri e così via. Quando capì in che guaio si era cacciata anche lei diede vita a una serie di sotterfugi  e di minacce. Ma a quel tempo non era possibile intimorirci. Noi studenti solidarizzammo con Gheddafi, solo per la convinzione che faceva bene a liberarsi di soggetti come quella docente che ci era capitata.  Ho voluto rievocare questo episodio di gioventù per dire del clima dell’epoca a riguardo di Gheddafi. Oggi è morto, o così sembra, va detto, perché in questo clima intriso di bugie propagandistiche oltre il sopportabile, tutto è possibile.  Scrisse su “La repubblica”  un giorno lontano Baudrillard :La violenza dell'immagine (e, in generale, dell'informazione o del virtuale) consiste nel far sparire il Reale. Tutto deve esser visto, tutto deve essere visibile. L'immagine è il luo­go per eccellenza di questa visibilità. Tutto il reale deve convertirsi in immagine, ma qua­si sempre è a costo della sua scomparsa. È d'altronde proprio nel fatto che qualcosa in essa è scomparso che risiede la seduzione, il fascino dell'immagine, ma anche la sua ambiguità; in particolare quella dell'immagine-reportage, dell'immagine-messaggio, dell'immagine-testimonianza. Facendo apparire la realtà, anche la più violenta, all'imma­ginazione, essa ne dissolve la sostanza reale.  È’ un po' come nel mito di Euridice: quan­do Orfeo si volta per guardarla, Euridice sparisce e ricade negli inferi. Così il traffico di immagini sviluppa un'immensa indifferenza nei confronti del mondo reale. In ultima istanza, il mondo reale si converte in una funzione inutile, un insieme di forme ed eventi fantasma. Non siamo lontani dalle om­bre sui muri della caverna di Platone.” Dal mio punto di vista  queste sono verità sempre constatabili in ogni circostanza è la morte di Gheddafi è una di queste. L’immagine violenta e francamente barbara con cui si è voluto dire della morte di Gheddafi contiene, a sua volta ancora un messaggio, neppure negato da chi queste immagini ha diffuso. Ossia che la guerra in Libia è finita. Nessuno, tra i commentatori, ha notato, che qualche giorno addietro il PD aveva sollevato in parlamento il problema della legittimità della prosecuzione della guerra in Libia perché il governo non aveva chiesto in aula la prosecuzione del finanziamento della operazioni. Il governo ha risposto che non ce n’era più bisogno, perché l’intervento è finito. Ora è chiaro perché è finita la guerra in Libia. Solo che tra le immagini televisive e la realtà a volte c’è un abisso. E il fatto è che, ufficialmente, non lo si nega neppure che le “complicazioni” non mancheranno, solo che poi non se ne traggono le logiche conseguenze, perché basta fare un gioco di parole e va tutto a posto. Probabilmente, come per Saddam, la morte di Gheddafi è sicuramente una svolta ma non sappiamo in quale direzione. E’ certo che questo intervento è stato assolutamente pretestuoso, perché degli eccidi voluti da Gheddafi non c’è nessuna testimonianza credibile. Il dato obiettivo e incontrovertibile, è che la cd ribellione nascondeva una potente invasione della Libia dal cielo e da terra. La Nato non nega che vi sono stati impegnati truppe britanniche, francesi, giordane, e di altri paesi che sono intervenute travestite da ribelli. Invertendo la realtà si era detto che per contrastare la sollevazione del suo popolo Gheddafi aveva arruolato mercenari, mentre è morto tra la sua gente, nella città dove è nato. Non sono dell’idea che vadano tributati onori a Gheddafi. In realtà ha pensato più al suo potere e al  benessere suo e della sua famiglia,  che agli interessi del suo popolo. Poi ha peccato per eccesso di furbizia, si era alleato con le potenze occidentali che lo avevano sempre avversato, pensando così di essere al sicuro. Aveva stretto, figuriamoci un po’ , un rapporto privilegiato con l’Italia e con Berlusconi, tradendo le ragioni del suo originario colpo di stato. E qui è cascato l’asino. La protezione di Berlusconi a livello internazionale vale meno che zero, e ha pagato con una morte disumana questo errore.  In tempi di corsa al controllo del petrolio, resa ancor più affannosa dalla crisi che sta stritolando l’Occidente,  ha ceduto l’anello più  debole  della catena, che si era illuso di poter trattare da pari a pari con i grandi della terra.  Povero illuso! Ora quando leggo su Fb o altrove, commenti sulla sue qualità tiranniche francamente mi demoralizzo. Ma si può essere così ciechi?          

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