venerdì 7 ottobre 2011

Viva l’America, abbasso Wall Street


Dicono le cronache che sta dilagando negli Usa e non solo, un poderoso movimento  di massa contro la grande finanza. E’ una buona notizia, perché  finalmente  un grande movimento nasce proprio nel luogo dove si origina il problema per eccellenza del nostro tempo. Finalmente una moltitudine di persone, come non succedeva da molto, ha colto perfettamente qual è la radice del malessere che affligge miliardi di persone. Il dato nuovo è che ora la povertà morde anche l’America, sino a ieri il luogo del mito, anzi la parola stessa usata come sinonimo di benessere, di libertà, una sorta di paradiso in terra. Sempre la cronaca ci dice che ormai 15 milioni di nuovi poveri sono made in Usa. In Italia le manifestazioni a Milano contro la borsa sono andate maluccio, per il semplice motivo che in Italia non siamo ancora arrivati a comprendere qual è il cuore del problema. Le buffonate tragicomiche di Berlusconi fanno vela alla situazione reale, e non si riesce ad andare oltre. Anche in Grecia monta la protesta. Noi tutti credo, dobbiamo imparare il valore della solidarietà. I problemi della Grecia sono immediatamente anche i nostri problemi. Se fossi nei panni della C.G.I.L. valuterei seriamente l’ipotesi di scioperi generali concomitanti  contro le politiche dettate dai banchieri, che giusto negli Usa, dove il fenomeno è di casa, mostra finalmente il suo logoramento.   Insomma questa crisi travalica sicuramente i confini dei singoli stati, e la stessa grande finanza è transnazionale per sua intrinseca configurazione. Un grave sintomo dell’ arretratezza dei movimenti di protesta che pure ci sono in Italia è la mancata comprensione della natura internazionale dei problemi, la cui soluzione non può trovarsi solo in Italia. Obama tutto ciò ovviamente lo comprende benissimo, solo che stravolge la storia e la realtà dei fatti. Tant’è che cerca di cavalcare il movimento di protesta dicendo che comprende i motivi che lo ispirano, ma incolpa Europa e Cina  della gravità della crisi. Con ciò Obama esce definitivamente allo scoperto, con buona pace di quella sinistra italiana che a lui si ispira, scioccamente, se mi è concesso. Obama pensa che l’America debba  e posa ricoprire il ruolo egemone nel mondo  che ricopre ameno dalla fine dell’ultima guerra mondiale, se non da prima. Forse ha anche la ricetta giusta, per tentare seriamente di ripristinare tale egemonia, ma come in tutte le crisi che si avvitano su sé stesse non gli è dato operare di conseguenza. E’ il sistema America che non funziona più, e non funziona proprio per quei gruppi dell’ alta finanza che si annidano prevalentemente nel partito repubblicano che detengo il potere reale, e che non gli consentono di attuare le politiche che vorrebbe. Del resto egli stesso ha usato largamente dei soldi dei contribuenti americani, per salvare le banche in crisi tra il 2008 e il 2009.  Ora che è in piedi un grosso movimento contro quei poteri che egli ha sostenuto in modo così deciso Obama dovrebbe scegliere: come direbbe il mio amico Alfredo   non si possono servire due padroni, o dio o mammone, non tutti e due contemporaneamente.  Del resto negli ambienti ultraconservatori, che ora gli fanno  guerra, è maturata la folla  dell’attentato alle torri gemelle, propedeutico ad una teorizzata politica di aggressione militare permanete, come via per mantenere l’egemonia anche a danno del ceto medio americano. La storia ha dimostrato che hanno di molto sopravalutato le loro capacità militare, con pesanti ricadute  sul tenore di vita del ceto medio americano, che nel giro di pochi anni ha compreso esattamente qual è l’origine del suo malessere, ed ora manifesta giustamente contro il suo interlocutore vero, superando quell’orgoglio nazionale che i masmedia avevano tanto sbandierato nel periodo della crisi delle grandi banche.   Che dire,  speriamo che ce la caviamo.

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