martedì 15 febbraio 2011

I figli, la famiglia, lo Stato.


Sui giornali di oggi 15.02.2011, con lo spunto fornito dalla Corte di Cassazione, che apre sulle adozioni da parte di singoli, abbondano riflessioni sul problema del rapporto con le nuove generazioni. La cosa non può che far piacere, anche perché tra banalità o riflessioni di basso profilo, ve ne sono alcune pongono il problema vero. I bambini sono le prime vittime della crisi sociale che a partire dagli anni ’80, ma si potrebbe risalire anche più indietro nel tempo, sta alterando irrimediabilmente “l’abitat” l’ambiente adatto ad accogliere e far crescere adeguatamente i bambini. Le famiglie in crisi, soprattutto per motivi economici, ad effetto del brusco calo del potere d’acquisto delle retribuzioni, sono costrette a dedicare più tempo al lavoro. E poco cambia se si sale più in alto nella gerarchia sociale. Poiché il problema è, per così dire, travasato nella psiche, e quindi nel costume e nei modelli sociali di riferimento. Cosi ché anche le famiglie benestanti, sono costrette a dedicarsi alla carriera e al lavoro, o ai problemi derivati dalla necessità di confrontarsi nel contesto sociale con esibizioni di status, che stritolano la possibilità di prestare attenzione ai bambini. Per cui succede che essi, mi ripeto, non hanno più abitat, e peggio si fa ricorso a surrogati terribili , quali la televisione , almeno in alcunne fasce d'età. . L’effetto combinato di queste situazioni protratte nel tempo, ha determinato l’effetto della scomparsa sostanziale, (non totale e assoluta, per fortuna) di capacità genitoriali, capacità che consistono nel prestare attenzione costante e privilegiata ai figli, a prescindere dalle sollecitazioni a farlo che provengono da loro stessi, e dalla capacità di dialogare,   che non è solo eloquio,  ma dimostrazione di coerenza tra le cose che si dicono e le cose che si fanno, in modo da fornire modelli da imitare e da introiettare. E i dialogo in questo contesto, si sviluppa a partire dalla capacità di porre divieti e paletti di confine, perché i bambini dalla più tenera età  hanno bisogno di sicurezze, che si concretizzano nella ricezione di messaggi che aiutano a capire che vi sono cose che si possono fare e cose che non vanno fatte.   Questo è un lavoro faticoso ma fondamentale, essenziale per il benessere psichico. Per i bambini è traumatico essere lasciti soli a decidere, pèrché non ne hanno la capacità che verranno col tempo se assistiti in questo. Oggi i genitori non hanno tempo, né pazienza. Nel migliore dei casi rimandano alla scuola, che viene investita di problemi che non le competono in toto, e che intralciano il percorso di apprendimento. In un altro post di questo blog parlavo di “anomia”. Da qui trae origine l’ anomia dei nostri giorni, che ha effetti devastanti soprattutto sulla vita dei giovani delle grandi periferie urbane, sui percorsi di apprendimento dei nostri giovani. Ora viene da chiedersi se tutto ciò ha un senso politico, in senso stretto. La mia risposta è assolutamente affermativa. Le scienze moderne si sono sviluppate anche grazie alle specializzazioni crescenti. Solo che oggi si è andati oltre la specializzazione, oggi siamo di fronte alla frammentazione dei saperi. Occorre capacità di sintesi, capacità di non perdere di vista quello che accomuna in origine i vari specialismi. Questo è un elemento portante della crisi dei nostri giorni. A voler sviluppare il discorso oltre gli spazi di un post, su un blog, si può argomentare sulla connessione tra questi discorsi e la crisi dello stato moderno, così come lo abbiamo conosciuto sino ad alcuni decenni addietro, che più specificamente ha prodotto la crisi irreversibile della nostra democrazia parlamentare, se è vero come è vero che si discute perfino della possibilità del capo dello stato di sciogliere il parlamento pur in presenza di una maggioranza formale. Qualche tempo fa una ipotesi del genere avrebbe fatto gridare al “Golpe” .  Oggi invece, proprio sui giornali di oggi, si discute se la firma del presidente del consiglio affianco a quella del Presidente della Repubblica, nel decreto di scioglimento delle camere sia formale,, un semplice atto dovuto, o sostanziale, e così via.  La questione che non si coglie, è che non c’è più un parlamento, o perlomeno non c’è più il parlamento così come fu concepito nella costituzione del ’48. Sono incompatibili sia il premio di maggioranza che la nomina di parlamentari non  designati dalla preferenza degli elettori. Sembra che abbia affrontato due temi diversi in questo post, invece tutto si tiene.  L’argine è già stato rotto, per cui ora è possibile che passi di tutto.  

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