sabato 27 novembre 2010

La fatidica "questione di Stalin" e le stragi italiane

Leggo sul Corriere della Sera di oggi un trafiletto a pag. 21 "Il massacro degli ufficiali polacchi" e poi il titolo del trafiletto "La svolta del Parlamento russo: "L'eccidio di Katyn ordinato da Stalin" E non riesco a sopprimere un certo fastidio, quello stesso fastidio che mi prende ad ogni manifestazione di "pensiero unico". Il problema è che non sono stalinista e non lo sono mai stato nemmeno negli anni settanta, quando esserlo non era così disdicevole come lo è diventato oggi. Al contrario mi sono nutrito, all'esordio della mia esperienza politica, di antistalinismo. Il problema mio, e l'auspicio conseguente, è che si elabori, si rifletta, e si discuta  in modo diffuso, anche e soprattutto a sinistra, con il maggiore  distacco possibile di questi problemi. Al fine di concretizzare una operazione politica e,  al tempo stesso, storica  culturale che movendo dalla "questione di Stalin" ( parafrasando uno scritto del Cirlolo Lenin di Puglia degli anni settanta,  elaborato da Pietro Mita,  anche se non più citato, se sono stato attento, neanche dalle più recenti rievocazioni di questo  gruppo, di cui mi vanto di averne fatto parte),  procuri  alcuni prerequisiti, secondo me ancora mancanti,   per la migiore comprensione di una pagina importantissima della storia del '900 non archiviabile nel limbo dell'accademia , o peggio di un morboso e impossibile tentativo di "riabilitazione" di Stalin. Questo passato ha conseguenze nell'oggi.   Alcuni importanti  autori lo fanno ma sono voci ancora isolate al di là dell'apprezzabile successo delle loro opere. Tuttavia uno strumento di analisi auspico che venga abbandonato, e consiste nella conta delle sue vttime. Francamente non ne posso più. Fosse anche vero ( ma ho qualche perplessità a riguardo) che l'eccidio di Katyn fu ornato da Stalin, difficilmente su questo versante si raggiungerebbe il pareggio con tutte le stragi che si sono perpetuate e si perpetuano  in regimi "democratici" per definizione, e che  vogliono trarre e in sia pur  piccola parte, effettivamene traggono, legittimazione dalla denuncia dei "crimini di Stalin", a partire da Krusciov .E mi riferisco a fatti  storici, inoppugnabili, che comproverebbero quanto asserisco. Ma uno dei  problemi è, a ben vedere, il linguaggio. Se di Stalin sono crimini, se di presidenti americani, sono incidenti, misteri da chiarire e via discorrendo. Del resto noi in Italia ne sappiamo qualcosa. Qualche giorno fa si è celebrato   l' esaurimento dell'ennesimo incolcludente processo su una strage italiana. Obiettivamente Stalin non c'entra, ma i mandanti e gli esecutori sono e rimangono e temo, rimarranno chissà per quanto, sconosciuti. Auspico che almeno la sinistra trovi la forza morale e politica , di sottraare il nostro Paese a  questo macabro "schiaffo del   soldato" a partire dalla consapevolezza che la magistratura, buona o cattiva che sia, non ha gli strumenti per risolvere un problema che non ha natura solo giuridica, ma anche e soprattuo, politica e perfino militare, se si vuole. Non lo sideve solo  ai parenti delle vittime. Anzi trovo assurdo che si possa privatizzare anche questo lutto. Noi tutti, fuor di retorica, siamo vittime di queste stragi. Come possiamo considerarci liberi cittadini se non  è possibile sottrarsi  al dubbio che in Italia il ricorso alle stragi possa essere, e in parte, per la cronaca già lo è, un normale strumento di lotta politica?

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