giovedì 25 novembre 2010

Crisi e Postmoderno 2

Cito un passo che condivido pienamente tratto da un art. della rivista "Fenomenologia e società " n.2 /2007 gli autori sono Cassinari e Merlini, il titolo "L'Occidente dopo la storia"  il passo dice "Così accade, appunto, là dove, con la <<retorica della novità>> , la presa di distanza venga presentata come l'unica realtà effettiva o, almeno, come l'unica positiva. La presa di distanza senza riconoscimento di appartenenza, la retorica per cui ogni evento è <<epocale>> in quanto nuovo, rimuove la possibilità della trasformazione perchè rimuove la stessa possibilità di storia e rivoluzione, in una ripetizione che è tale senza accorgersi di esserlo,    perchè non può riconoscere, nell'alterità del passato, le qualità verso cui ha contratto il debito, nonchè quelle dalle quali essa ha preso congedo."  La sottolineatura è mia. Sembrano a me parole di verità, riscontrabili nella quotidianità della vita culturale, sociale e politica di questo benedetto Paese. Quante cose vecchie contrabbandate per nuove con una semplice rinominazione.Valga un esempio per tutti: la cd < flessibilità > nei rapporti di lavoro, sempre rappresentata come necessità di adegamento al "nuovo" della globalizzazione,  non assomiglia terribilmente all'antica abitudine borghese di sfruttare chi lavora oltre ogni limite, anche quelli  che molto faticosamente, la "modernità " aveva procurato?  A me sembra di si.

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