giovedì 18 novembre 2010

Sempre su Formazione e Cultura, continuando le riflessioni del 16 Nov

L'affermazione precedente per cui la società postmoderna ha rinunciato all'educazione delle nuove generazioni, non è solo una deduzione intellettuale derivante dalla lettura di Lyotard, ma è anche e soprattutto una constatazione di fatto. Chi, come me, lavora nella formazione professionale, soprattutto in corsi cd. di obbligo formativo, volto cioè a ragazzi che altrimenti risulterebbero evasori dall'obbligo medesimo, può cogliere diverse  contraddizioni, ma tra le tante voglio evdenziarne solo una per ora. Questi sono corsi che dovrebbero preparare i ragazzi, con chiare difficoltà di frequenza nella scuola normale, a svolgere professioni, o meglio dei lavori ben specificati. Per es. il corso su cui sono impegato ora è volto alla preparazione di "Operatori alla accoglienza e alla promozione turistica". Bene, c'è in tutto ciò l'idea per cui ragazzi in difficoltà in processi formativi più complessi, dovrebero trovare sollievo in percorsi formativi più semplici e con maggior ricorso alla "praticità" rispetto a momenti con più forte densità teorica. Basta vivere in questi corsi per capire che così non funziona. Ossia il bisogno di questi ragazzi, i messaggi che porgono con le loro manifestazioni di disagio, vertono su problemi affettivi, molto più che formativi; pongono problemi di "contenimento" in senso psicanalitico, e di ricerca di persone di riferimento solide, in grado si dar loro quelle sicurezze e quelle "tranquillità" che ogni bambino vuole, ma che ormai non sempre e non tutti hanno dai lor genitori. In ultima analisi, se vogliamo restringere la riflessione all'ambito scolastico, esprimono un forte bisogno di "formazione"  quella che secondo Lyotard non và più di moda, perchè a questi ragazzi, gli indirizzi professionali sono indifferenti. L'operatore turistico o l'astronauta per loro pari sono. Mi interrompo quì ma la narrazione proseguirà .   

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