giovedì 16 dicembre 2010

Ancora sulla truffa del debito pubblico e l’imperialismo.

Proseguendo sulla riflessione precedente del 5 dicembre vorrei ancora argomentare sul versante internazionale del problema del debito pubblico italiano ma anche greco e irlandese, stando alle cronache recenti. Si potrebbe riflettere che non è nell’interesse di una larga maggioranza del Paese Italia, così come di altri paesi, avere un così alto debito e così fortemente radicato. Quando parlo di una larga maggioranza, parlo di classi sociali anche ben differenziate, o addirittura in contrasto tra loro, e che tuttavia avrebbero in comune l’interesse a tenere in ordine i conti pubblici. Ora, almeno di grande ingenuità, o che  si voglia ripetere l’imprecazione famosa di Giuseppe Saragat che addusse al “destino cinico e baro” l’esito deludente di una tornata elettorale per il suo PSDI, bisogna chiedersi come mai le classi dirigenti -che hanno espresso i gruppi di politicanti che hanno governato l’Italia nel dopoguerra a oggi,  ma con una accentuazione sostanziale a partire dai governi  Craxi, - hanno scelto  una politica economica e sociale improntata ad un eccesso di debito pubblico, fuori quadro nel contesto dei paesi più sviluppati, entro cui pure è ancora collocabile l’Italia, sia pure in rapido declino. Prima che si cedesse, o meglio, prima che  la sinistra in Italia cedesse ai dettami del postmoderno, questi problemi si studiavano nell’ambito di quel capitolo politico ma anche e soprattutto economico e militare, detto “imperialismo”. Ora la parola risulta impronunciabile, o appannaggio di residui di gruppi connotati ideologicamente, ma privi di qualsiasi contatto con la realtà. Eppure gli studi della Monthly Review  di Huberman,  Sweezy e Baran erano studi molto analitici e assai poco ideologici. E tuttavia la parola risulta oggi impronunciabile anche e soprattutto a sinistra. Ma il debito pubblico era, una volta considerato come un fenomeno voluto artificiosamente da governi subordinati agli Usa di una volta, per tenere in soggezione i paesi del terzo mondo. Ora siamo sicuri che i cambiamenti intervenuti siano tali da inficiare del tutto  ciò?. Credo che bisogna riflettere attentamente sulle vicende Italiane degli ultimi trent’anni. C’è qualche scelta dei governi che si sono susseguiti, -  con l’eccezione ritengo, dei governi Prodi, che credo sia l’autentico erede di Moro, non a caso defenestrato dalla politica, e per sua fortuna , in modo meno traumatico di Moro stesso-  improntati a interessi nazionali e non a interessi Usa, o comunque del capitale finanziario, che si alimenta di speculazioni, anche e soprattutto sui titoli del debito pubblico dei Paesi in difficoltà. E per farla breve ritengo che il debito pubblico sia funzione non solo è  della criminalità e dei partiti politici, o meglio dei padroni dei partiti politici, ma anche e direi soprattutto del capitale finanziario, si sarebbe detto una volta, comunque capitali che vivono di speculazione, e fondamentalmente degli Usa. I nostri ultimi governi, con le eccezioni dette, in realtà sono stati governi di occupazione.  Credo che la sinistra italiana debba imparare di nuovo a chiamare le cose con   il loro nome per renderle comprensibili a tutti. L’ottimismo della volontà deve essere sempre accompagnato dal pessimismo della intelligenza, altrimenti non si va da nessuna parte, temo.

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